PLANCTON

Enciclopedia Italiana (1935)

PLANCTON (dal gr. πλάζω "vado vagando")

Raffaele ISSEL

È una delle tre categorie ecologiche di esseri acquatici e si definisce come l'insieme di tutti gli organismi acquatici, vegetali e animali, che godono delle seguenti proprietà: 1. vivono a galla o sospesi in seno alle acque, indipendenti dalle rive e dal fondo; 2. sono incapaci di movimento proprio, oppure hanno movimenti attivi, talvolta anche rapidi e vivaci, ma senza orientazione ben definita e con scarsa autonomia, per cui si può dire che vivano in balia delle correnti. In base a questa definizione, ormai accettata dalla grande maggioranza dei biologi, i termini "vita pelagica" e "vita planctonica" non sono sinonimi, poiché il primo si riferisce a tutti gli esseri che vivono sospesi, il che non esclude un apparato locomotore potente né migrazioni, epperò anche ai Pesci, ai Cetacei, a molti Cefalopodi. Questi buoni nuotatori costituiscono il cosiddetto "necton".

Sebbene il plancton comprenda una grande varietà di forme, da oltre un quarantennio lo si considera come un complesso biologico a parte e talune condizioni monologiche e fisiologiche sono comuni a tutti i suoi membri. Nessun'altra categoria di organismi acquatici è forse meglio atta a porre in evidenza i molteplici nessi fra l'idrologia fisica e quella biologica.

Plancton marino.

Composizione. - Nei saggi di plancton si trovano generalmente commisti organismi vegetali e animali, onde si suole distinguere un "fitoplancton" e uno "zooplancton". Convien subito rilevare che se i gruppi zoologici rappresentati nel plancton marino sono numerosissimi, scarso invece è il numero dei gruppi i quali esercitano un'influenza costante e molto sensibile sul volume totale del plancton. Per il fitoplancton i gruppi prevalenti si riducono a due: le Diatomee, rappresentate, in primissima linea, dai gen. Chaetoceros, Rhizosolenia e Thalassiothrix e le Peridinee o Dinoflagellati con prevalenza dei gen. Ceratium e Peridinium. Per lo zooplancton, il gruppo prevalente è senza dubbio quello dei Copepodi, sebbene in determinate circostanze di tempo e di luogo altri gruppi, per es. i Sifonofori e gli Scifozoi fra i Celenterati, i Cladoceri fra i Crostacei, larve di Crostacei e di Molluschi, le Sagitte, i Taliacei fra i Tunicati, partecipino in misura larghissima alla composizione del plancton. Se poi consideriamo quest'ultima con uno sguardo complessivo, osserviamo che nel fitoplancton compaiono solamente alghe unicellulari appartenenti a gruppi svariati, oltre ai due predetti. D'alto interesse è quello delle Calciomonadi (Coccolitoforidi degli autori meno recenti), alghe unicellulari minutissime a due flagelli; con endocroma giallo e uno scheletro interno composto di dischetti calcarei denominati "coccoliti". Passando agli animali, un tipo (o sottotipo) intero, quello dei Ctenofori e parecchie classi e ordini sono esclusivamente planctonici (Radiolarî fra i Protozoi; Sifonofori e Scifozoi fra i Celenterati; Cladoceri ed Eufausiacei fra i Crostacei; Eteropodi, Tecosomi e Gimnosomi fra i Molluschi; Appendicularie e Taliacei o Salpe fra i Tunicati) e forse non esiste alcun gruppo bentonico importante il quale non comprenda o una famiglia, o per lo meno un genere, adattati all'esistenza planctonica.

Ripartizione e tecnica. - Conviene suddividere le specie planctoniche in "oloplanctoniche" o permanenti e "meroplanctoniche" o temporanee; nelle prime è planctonico l'intero ciclo vitale; nelle seconde soltanto un periodo di questo, che nel caso più frequente comprende le fasi di uovo e di larva. Sappiamo che una percentuale cospicua d'invertebrati marini appartiene al benthos allo stato adulto, mentre le uova e le larve sono galleggianti e chiunque abbia l'occhio un poco esercitato nell'esame del plancton non tarda a riconoscere, accanto ai costituenti perenni, varie larve di Anellidi, di Crostacei, di Molluschi, di Echinodermi, ecc. Anche i pesci di fondo, ad eccezione di pochissime famiglie, depongono uova galleggianti. Non è possibile stabilire una distinzione precisa, né generale, fra il plancton che popola le zone costiere o plancton "neritico" e il plancton d'alto mare o plancton "oceanico" ma facilmente s'intende come la percentuale di specie meroplanctoniche vada scemando col crescere della distanza dalla terra emersa, finché in pieno Oceano il plancton è rappresentato soltanto da elementi oloplanctonici. Non mancano specie normalmente bentoniche, le quali assumono temporaneamente l'esistenza planctonica o per contingenze idrografiche particolari, oppure in virtù di ritmi vitali, per solito connessi con la riproduzione. Così molte Diatomee bentoniche (ad es., le Striatella) si rinvengono nel plancton per effetto del moto ondoso che le solleva dal fondo al quale aderiscono e le mantiene sospese; e lo stesso può dirsi per i Sargassi; i maschi di certi Cumacei (Crostacei che vivono sul fondo) salgono di notte alla superficie, mentre le femmine se ne stanno rimpiattate nella rena del fondo.

La composizione del plancton varia con la profondità, e dal punto di vista della distribuzione verticale sono state proposte classificazioni diverse. Ci limiteremo qui a distinguere il plancton delle regioni superficiali o epiplancton da quello delle regioni profonde o batiplancton. Alla composizione del primo partecipano, in mutevoli proporzioni, fitoplancton e zooplancton; il secondo risulta soltanto di organismi animali, carnivori o divoratori di detriti.

Come limite approssimativo di separazione, prendiamo l'isobata dei duecento metri, la quale, almeno nelle latitudini medie, corrisponde press'a poco al limite di penetrazione di quelle radiazioni luminose necessarie alle alghe per la fotosintesi, limite che va soggetto a mutamenti locali e temporali considerevoli per la variabile trasparenza dell'acqua e la variabile obliquità dei raggi solari.

Col nome di macroplancton s'indicano gli animali planctonici più grossi e visibili a occhio nudo. Si preferisce catturarli individualmente dalla barca facendoli scivolare in grandi recipienti di vetro. Il plancton più minuto si cattura molto spesso filtrando l'acqua mediante reti più o meno fitte: il mesoplancton (in prevalenza metazoi adulti, uova e larve di dimensioni millimetriche) e il microplancton (in prevalenza Diatomee, Peridinee, Protozoi, uova e larve dell'ordine di grandezza di 1/10 di mm.) si sogliono pescare in massa rimorchiando lentamente dalla barca un retino confezionato con garza di seta. All'estremità più larga il cono tronco di garza è sostenuto da un cerchio metallico unito al cavo di trazione; all'estremità più ristretta si lega o si avvita un recipiente collettore, dove si accumulano gli organismi (e i detriti) sospesi nell'acqua. Salpata la rete, il contenuto vien travasato in un recipiente contenente un liquido conservatore (formalina al 2% in acqua di mare, oppure acido tricloroacetico al 5% seguito da alcool). Si dà poi il nome di nannoplancton agli organismi minutissimi (batterî, alghe e protozoi d'infime dimensioni 1/100 di mm. o meno), che sfuggono dalle maglie dei retini anche più fitti. Per raccoglierli si ricorre alla centrifugazione, oppure alla sedimentazione di piccoli campioni d'acqua. Il nannoplancton fu scoperto esaminando quei filtri a maglie finissime rappresentati dall'apparecchio branchiale delle Appendicularie, Ascidie e Salpe. Per le ricerche quantitative sul plancton, si usano oggi sistemi di conteggio frazionato, simili a quelli adoperati dagli ematologi per contare gli elementi figurati del sangue. Il microscopio a obiettivi rivolti in alto, introdotto recentemente dall'Utermohl, permette di contare direttamente gli organismi del nannoplancton sedimentati sul fondo sottile di un tubo di vetro, evitando così altre manipolazioni, che disperdono sempre una porzione del materiale, compromettendo l'esattezza del conteggio. Delicati accorgimenti si mettono in pratica per allevare in vitro organismi planctonici (Allen), per ricavarne preparazioni microscopiche in massa o di singoli componenti, ecc.

Caratteri generali dei planctobî. - Taluni caratteri, se non sono sempre esclusivi dei planctobî (organismi planctonici), assumono però in questi uno sviluppo e una frequenza particolari. Ne citeremo alcuni, che hanno relazione con la necessità di facilitare il galleggiamento dell'organismo vivo: 1. la trasparenza del corpo, dovuta a ricchezza d'acqua nei tessuti, che talvolta raggiunge un alto grado in taluni Ctenofori, Eteropodi, Salpe (certe Meduse contengono il 93-94% d'acqua); 2. la presenza di vacuoli di gas o di gocciole di sostanze specificamente leggiere, come olio, grassi, ecc.; 3. il concorso d'elementi contrattili (miofibrille) atti a modificare il volume del corpo (Radiolarî, Acantarî); 4. speciali conformazioni che, secondo la teoria sviluppata dall'Ostwald, si oppongono all'azione delle basse viscosità rallentando la caduta degli organismi in seno al liquido ambiente; tali sono le forme appiattite: Planktoniella sol fra le Diatomee; fra gli animali i Nemertei planctonici; larve Phyllosoma degli Scillaridei (Aragoste, Scillarî) fra i Crostacei, ecc.; forme bacillari allungatissime: Ceratium extensum fra le Peridinee, alcune larve di Crostacei decapodi, ecc.; forme affusolate: Chetognati, talune larve planctoniche di Cefalopodi, ecc.; corpo cellulare munito di ampie membrane, sostenute da nervature, es.: Dinofisiacee fra le Peridinee; corpo vescicolare, es.: Ceratium gravidum (Peridinea); Mimonectes (Crostaceo Isopodo); aumento di superficie nel fitoplancton mediante aggregazione in colonie: cellule saldate in serie lineari, talvolta lunghissime nel genere Chaetoceros; cellule aggregate a stella semplice o composta nel genere Thalassiothrix; cellule unite a catena ondulata oppure a stella nell'Asterionella japonica.

Ciclo annuale del plancton. - La qualità e la quantità del plancton cambiano in uno stesso luogo con l'avvicendarsi delle stagioni; da un anno all'altro si osservano variazioni più o meno cospicue tuttavia con un ritmo più o meno costante. Differenze più sensibili si rilevano da una località all'altra, anche nei limiti d'uno stesso mare. Per citare un esempio, nelle acque superficiali del golfo interno di Napoli è caratteristica la ricchezza quasi perenne di Diatomee, attribuita alla gran copia di sostanze fertilizzanti riversate in mare da quelle popolatissime rive; il ciclo delle Diatomee è tanto rappresentativo, che basta da solo a caratterizzare le principali vicende dell'epiplancton in tale loealità. Prendendo come guida il ciclo del microplancton superficiale nel 1929-1931, assistiamo al principio della primavera a un rapido incremento di tali alghe, che si moltiplicano con attività esuberante, per culminare in un massimo primaverile, prevalendo a turno tre o quattro specie diverse del gen. Chaetoceros (Ch. affinis, didymus, decipiens, ecc.). Nell'estate la produzione di Diatomee è assai rallentata, sebbene ancora copiosa e si deve alla Nitzschia seriata, accompagnata durante un periodo più o meno lungo dalla specie d'origine orientale Chaetoceros rostratus. Nel periodo autunno-invernale si ha un nuovo incremento della specie perenne Chaetoceros affinis con un massimo autunnale, inferiore a quello primaverile, e in gennaio-febbraio segue una produzione intensa di Thalassiothrix Frauenfeldi accompagnata, in varia misura, da Asterionella japonica. Poi, con graduali modificazioni, si va preparando a poco a poco il regime primaverile e si chiude così il ciclo annuale. Un ciclo ben determinato si riconosce altresì in molti altri elementi del plancton: Peridinee, Tintinnidi, Cladoceri, larve di Metazoi, ecc. Il semestre meno caldo dell'annata è di regola il più ricco in fitoplancton dal punto di vista quantitativo, mentre il più caldo è assai più ricco in zooplancton. Inoltre il periodo fresco è di gran lunga il più ricco dal punto di vista qualitativo, poiché oltre alle specie perenni (ossia presenti in superficie tutto l'anno) di Peridinee, di Tintinnidi, ecc., ne affiorano alla superficie molte altre che di regola scompaiono nel periodo maggio-ottobre (specie afanoterme), cosicché il numero di specie riscontrabili nei saggi in dicembre o gennaio è spesso più che doppio di quello che si osserva nel mese di luglio. In altre località del Mediterraneo il quadro è alquanto diverso; così lungo le coste dell'Algeria, fertilizzanti in misura molto scarsa, il microplancton a Diatomee si mostra oltremodo ridotto o assente secondo il Rose, nel periodo caldo dell'annata. La presenza di due produzioni esuberanti (massimi annuali) di Diatomee sembra tuttavia un fatto generale, riscontrato di recente anche nell'emisfero sud. Come si modifica il ciclo annuale con la profondità? Poco si sa in proposito, ma sembra che nelle zone inferiori della regione epipelagica le differenze inerenti alla stagione siano molto meno accentuate.

È infine da vedere a quali fattori siano imputabili le diverse lasi del ciclo annuale del plancton. Nelle specie perenni (che si riscontrano cioè tutto l'anno) non si può parlare evidentemente che di variazioni quantitative e queste vanno attribuite a quei fattori interni ed esterni che influiscono sulla riproduzione (ritmo specifico, temperatura, salinità, ossigeno, sostanze fertilizzanti, consumo per opera di animali planctofagi, ecc.). La comparsa delle uova e delle larve di Metazoi bentonici dipende evidentemente dal periodo riproduttivo di questi ultimi e dalla loro area di distribuzione, di regola più ristretta di quella delle larve. Ma nella maggior parte dei casi la comparsa, in dati periodi, di forme non osservate nel periodo antecedente è l'effetto d'una migrazione. L'indagine delle migrazioni è dunque di fondamentale importanza per comprendere bene le complesse vicende del plancton.

Migrazioni. - Migrazioni orizzontali. - Le correnti marine sono il veicolo più comune di migrazione in senso orizzontale, e questa loro funzione di carattere puramente dinamico ha indubbiamente la massima importanza nella diffusione di molti elementi euritermi ed eurialini del plancton. Le correnti esercitano d'altra parte un'azione limitante notevolissima sugli elementi stenotermi e stenoalini, che si manifesta tipicamente nelle correnti oceaniche (tanto diverse fra loro per caratteristiche chimico-fisiche), nel senso che il plancton di ciascuna corrente mantiene una facies sua propria. È interessante l'avvicendarsi di più tipi di plancton in certe plaghe marine che si trovano sotto l'influenza di parecchie correnti di provenienza diversa. La corrente (o secondo alcuni la "trasgressione") atlantica influisce sul plancton mediterraneo soprattutto in autunno e in inverno, dando luogo alla condizione apparentemente paradossale per cui proprio nella stagione fredda penetrano nel nostro mare, attraverso lo Stretto di Gibilterra, elementi del plancton proprî delle regioni meridionali della Corrente del Golfo (Jörgensen). L'azione selettiva delle correnti oceaniche è imponente dove una corrente calda viene a contatto con una corrente fredda (esempio classico l'incontro della Corrente del Golfo con quella del Labrador), uccidendo gran copia di plancton lungo la zona di contatto con la conseguente pioggia di cadaveri, che forniscono un nutrimento abbondantissimo alle faune bentonica e nectonica sottostanti. Anche le correnti di marea esercitano influenze varie sul plancton: così nello Stretto di Messina, in virtù di speciali condizioni oceanografiche, la corrente di marea, che sale ogni sei ore dallo Ionio, non soltanto porta a galla una moltitudine di animali appartenenti al batiplancton e al batinecton, ma, col favore dei venti meridionali, molti ne abbandona sulla spiaggia del Faro.

Migrazioni verticali. - Più vario e più complesso è il determinismo delle migrazioni verticali dette "diurne" o meglio "nictemerali", perché dipendenti dall'alternanza del giorno con la notte e le migrazioni annue o di stagione. Le prime si manifestano con la comparsa alla superficie, durante le ore notturne, di specie che in pieno giorno frequentano strati più profondi. Per studiare l'andamento di tali migrazioni e investigarne le cause, i planctologi sono ricorsi all'esame qualitativo e quantitativo di saggi prelevati in ore e a livelli differenti, mediante reti rimorchiate in serie, nonché ad esperienze in vitro eseguite su piccoli metazoi gregarî e principalmente sui Copepodi. Una spiegazione plausibile, se pure non definitiva, è desunta in gran parte dalle ricerche del Rose e del Russell. Quegli animaletti, in virtù di un fattore intrinseco, sembrano avere di regola l'optimum fisiologico in una zona di penombra che in pieno giorno è situata a poche decine di metri di profondità. Tale zona si sposta in alto a mano a mano che il sole va declinando e i Copepodi la seguono, guidati sia da fototattismo positivo, sia dalla sensibilità differenziale che a ogni variazione d'intensità della luce provoca spostamenti in alto o in basso, indipendenti dalla direzione dello stimolo anzidetto. Addensati alla superficie, ove pullulano soprattutto nelle notti più scure, vi si mantengono per alcune ore e al sorgere del giorno successivo iniziano il loro moto discendente. Le cause di quest'ultimo sono discusse; probabilmente al lungo periodo pomeridiano e notturno d'intensa attività subentra una fase d'inibizione del moto natatorio per effetto della quale gli animaletti non possono più mantenersi in equilibrio e scendono passivamente in basso, ma non si esclude che possa entrare in gioco, con analogo risultato, un altro fattore esterno e precisamente un geotattismo positivo che stimola i Copepodi a spostarsi nel senso della forza di gravità. La distribuzione verticale dei Copepodi nelle 24 ore presenta molti e spesso rapidi mutamenti. Per quanto conosciamo circa i tattismi (v.) e tenendo presenti in special modo le esperienze del Rose, si deve ammettere che i mutamenti in parola dipendano da numerosi fattori interni ed esterni. In virtù dei primi l'optimum luminoso varia con lo stadio di sviluppo, col sesso e con lo stato fisiologico dei singoli individui. Le variazioni dei secondi hanno per effetto d'indurre modificazioni repentine nel comportamento degli animaletti verso la luce, modificazioni che talvolta consistono in un rinforzo, tal'altra in un indebolimento, tal'altra in un'inversione del fototattismo. Così un rapido aumento di salinità provoca una reazione fototattica fortemente positiva in animali dotati di fototattismo negativo; effetti consimili, in vario senso, dipendono da variazioni di temperatura, di ossigeno, ecc.

Che l'azione complessiva dei fattori suaccennati valga, in generale, a mantenere gli animali entro i limiti della zona meglio adatta alla loro esistenza è cosa molto probabile, ma non si può ritenere regola assoluta.

Migrazioni verticali di stagione. - Alcune specie si raccolgono entro limiti batimetrici diversi secondo le stagioni; ma soltanto ripetute e accurate indagini permettono di distinguere la migrazione verticale da quella orizzontale. Riguardo a questo tipo di migrazione conviene premettere che si osservano condizioni varie nei diversi mesi. Nel Mediterraneo, durante i mesi meno caldi dell'annata, quando tutta la massa delle acque si mantiene press'a poco a una temperatura uniforme, molte specie animali e vegetali si diffondono in uno strato d'acqua di notevole spessore, affiorando anche alla superficie, mentre nei mesi più caldi, quando la temperatura della superficie è di molto superiore a quella degli strati sottostanti, si concentrano in una zona profonda, ove la temperatura è sempre di parecchi gradi inferiore al massimo estivo. Si può ritenere che il moto discendente del plancton sia imputabile alla temperatura. Anzittutto i movimenti convettivi dell'acqua, che si determinano in seguito al raffreddamento degli strati superficiali, trascinano con sé molti planctobî; inoltre anche in questo caso l'azione del fattore predominante interferisce variamente con quella di agenti diversi. Così l'approfondarsi, in primavera avanzata e in estate, di talune Diatomee mediterranee, che ricompaiono in autunno alla superficie, si attribuisce a una reazione provocata dalla luce troppo intensa, che tenderebbe ad inibire la funzione della clorofilla.

Migrazioni verticali di sviluppo. - È noto da lungo tempo che molte specie del plancton sogliono eambiare livello col procedere dello sviluppo; tali migrazioni si spiegano con modificazioni di peso specifico e col diverso reagire di stadî differenti di sviluppo al complesso dei fattori ambientali che regolano l'esistenza del plancton. I casi nei quali le uova, le larve, i giovani di animali oloplanctonici vivono in acque meno profonde di quelle ove hanno sede gli adulti, risultano assai piu̇ frequenti della condizione opposta. Esempio tipico di quest'ultima ci offre la Velella: la giovanissima larva (Conaria), di color rosso-fuoco, si pesca a un migliaio di metri di profondità, la larva progredita (stadio di Rataria), incolora, s'innalza fino alla regione epipelagica inferiore; l'adulto, di colore azzurro, galleggia alla superficie del mare in balia del vento. Durante lo sviluppo delle uova galleggianti di Pesci il peso specifico si va rapidamente modificando e la curva di tali modificazioni presenta due tipi ben distinti a seconda che si tratta di pesci costieri, oppure di pesci di fondo (Remotti).

Migrazioni verticali d'altro tipo. - Accade spesso, in primavera, di vedere sciami di plancton galleggiare in acqua perfettamente calma; basta un soffio di vento tale da suscitare un'agitazione superficiale, perché gli animali la risentano e si approfondino rapidamente fino a raggiungere la zona calma. Si sa d'altra parte che le correnti di compensazione trasportano grandi masse d'acqua profonda alla superficie. Siffatti richiami, o continuati, come quelli che si producono in certi tratti delle rive oceaniche dei continenti (ad es., lungo la costa E. dell'America Meridionale) o saltuarî, come avvengono in molte località marine per effetto di venti impetuosi che soffiano verso il largo, trasportano alla superficie gran copia di plancton profondo.

Importanza del plancton nell'economia della natura. - L'enorme massa di sostanza vivente costituita dal plancton e la prodigiosa attività fotosintetica della sua parte più superficiale e più addensata bastano a giustificare l'importanza che ad esso si attribuisce. Il Moore ha calcolato che la quantità di anidride carbonica sottratta al mare dalla fotosintesi è di almeno 8,8 mg. per litro durante il periodo del rigoglio primaverile delle Diatomee, il che corrisponde a una produzione di almeno 300.000 chilogrammi di sostanza organica secca, espressa in carboidrati, per un chilometro quadrato di superficie marina. Circa l'importanza del plancton come fonte di alimento, si tenga presente che non soltanto una porzione del fitoplancton serve di nutrimento allo zooplancton minuto e questo allo zooplancton più grosso, ma il plancton fornisce l'alimento a molte specie bentoniche (Spugne, Molluschi, Tunicati) e nectoniche (molti Cefalopodi e Pesci). L'importanza alimentare del plancton va considerata anche nei riguardi degli animali che nell'ambiente pelagico trascorrono le fasi di larve, come le Trocofore degli Anellidi, i Veligeri dei Molluschi, le Zoee e le Megalope dei Crostacei decapodi, le larve degli Echinodermi, ecc. Così, per es., l'acciuga ha una dieta planctonica mista, che nei primi stadî di sviluppo è composta in prevalenza di fitoplancton, per diventare nell'adulto una dieta selezionata, a base soprattutto di piccoli crostacei del microplancton, fra i quali predominano i Copepodi; vi sono pesci eminentemente costieri, che ingurgitano plancton. È poi notevole il fatto che fra gli animali natanti, carnivori e predatori, quasi tutte le specie gigantesche si nutrono di plancton: così le balene e le balenottere; per un fenomeno di parallelismo hanno abitudini analoghe gli squali pelagici dei generi Cetorhinus e Rhynchodon, che non di rado oltrepassano le lunghezze di 12 e rispettivamente di 14 metri.

Il plancton non solo interessa indirettamente l'uomo come fondamentale alimento dei pesci, ma fa parte integrante di alcuni prodotti marini, sfruttati dall'industria, così nel "guano", composto, com'è noto, di escrementi di uccelli marini, si riconoscono al microscopio gusci silicei di Diatomee e altri avanzi di microplancton ingerito da pesci e con questi passato nell'intestino degli uccelli. Ai Protozoi del plancton è devoluto un compito importante nella geologia; è noto infatti come ai gusci delle Globigerine, caduti sul fondo dopo la morte dell'animale e accumulati in sedimenti di considerevole spessore, si debba la formazione di speciali rocce calcaree, che dall'origine loro prendono il nome di "calcari a globigerine". La varietà di forme e di colori offerta, in condizioni favorevoli, dal plancton marino; la bellezza e l'eleganza di molte specie, soprattutto microscopiche, offrono agli studiosi un materiale di singolare importanza ed efficacia didattica e una fonte di viva ammirazione.

Plancton d'acqua dolce.

Il plancton delle acque dolci presenta un complesso di caratteri che lo differenziano nettamente dal plancton marino. Dal punto di vista quantitativo gli addensamenti di vita planctonica, che in favorevoli circostanze di tempo e di luogo si producono nei laghi e negli stagni, risultano spesso più cospicui di quelli che si riscontrano in mare, mentre dal punto di vista qualitativo, il plancton delle acque dolci (limnoplancton) è molto meno variato di quello delle acque salse. I gruppi tassonomici che più largamente partecipano alla composizione del limnoplancton sono, fra le Alghe, le Crisomonadine (Chromulina, Uroglena, Dinobryon, ecc.), i Dinoflagellati o Peridinee (Gymnodinium, Glenodinium, Peridinium, Ceratium, ecc.), le Diatomee (Melosira, Tabellaria, Fragilaria, Synedra, Asterionella, ecc.), le Desmidiacee (Cosmarium, Closterium, ecc.), esclusive all'ambiente d'acqua dolce, le Cianoficee (Chroococcus, Oscillatoria, Aphanizomenon, ecc.), ma non mancano rappresentanti di altri gruppi, quali le Criptomonadine, le Eteroconte, gli Schizomiceti, per non parlare dei Batterî e di altre forme ad essi analoghe. Fra gli animali dobbiamo menzionare in prima linea tre gruppi: 1. i Copepodi, predominanti come nel mare, ma rappresentati, di regola, da generi differenti (Cyclops, Diaptomus, ecc.); 2. i Cladoceri, più variati e più abbondanti nel plancton d'acqua dolce che non in quello marino (generi Daphnia, Bosmina, Leptodora, Bythotrephes, ecc.); 3. i Rotiferi, che in acqua dolce assumono un'importanza molto maggiore e in piccola parte si riferiscono a generi diffusi anche nel plancton marino come Synchaeta, in parte più cospicua a generi esclusivi del limnoplancton, come Asplanchna, Triarthra, Polyarthra, Anurea, ecc. Ma insieme con questi gruppi fondamentali dello zooplancton d'acqua dolce si osservano spesso altri elementi, come Protozoi sarcodici (Difflugia, Actinophrys), alcuni Idracnidi (es., gen. Piona), qualche larva di dittero (es., Corethra).

Manca alle acque dolci un macroplancton, mentre vi sono largamente rappresentate le altre categorie, soprattutto quella del nannoplancton, tanto importante nel ciclo alimentare, ii che risulta dalla corrispondenza, più volte segnalata, fra la curva quantitativa annuale del nannoplancton produttore e quella di taluni animali (es., Rotiferi) consumatori.

Non si osservano nel limnoplancton certe forme estreme di adattamento note nel plancton marino; ma vi sono largamente diffuse alcune caratteristiche della vita planctonica: es., trasparenza cristallina, occhi molto vistosi e presenza di sostanze specificamente leggiere nei Cladoceri e nei Copepodi; regressione e scomparsa del piede e presenza di lunghe spine in taluni Rotiferi, ecc.; le larve del dittero Corethra plumicornis sono diafane e munite di sacchi idrostatici nell'apparato tracheale. Circa la distribuzione orizzontale, osserveremo che il plancton vero e proprio comincia di regola a qualche distanza dalla riva, circa la verticale, che il plancton profondo acquista caratteristiche molto spiccate soltanto in quei laghi che per antichità geologica, estensione e profondità cospicue ricordano i mari, come il Bajkal. Ogni lago ha un determinato ciclo planctonico, così nel lago di Plön si ripetono annualmente due periodi a Diatomee (il primo o primaverile è dovuto a più specie, al secondo o invernale partecipa una sola specie) intercalati da un periodo estivo-autunnale a Cianoficee; nell'inverno lo zooplancton è di regola scarso per la scomparsa degli animali che s'incistidano o depongono uova durevoli. Le migrazioni periodiche sono regolate dai medesimi fattori contemplati dai planctologi marini. Non di rado il richiamo verso l'ombra o la luce si effettua per mezzo di semplici spostamenti orizzontali (Rina Monti); per azione del ritmo diurno, il plancton dei laghi si approfonda di giorno fino a quote varie, ma di regola non superiori a una cinquantina di metri. In certi laghi che hanno vita breve (tantoché nel corso d'una vita umana si riesce a seguirne la graduale regressione e la scomparsa per interramento), si è verificato che alle fasi successive del ciclo corrispondono tipi ben distinti di plancton.

La ricchezza e la composizione del plancton variano in misura molto larga seconda la natura e la configurazione del bacino lacustre, le caratteristiche chimico-fisiche delle sue acque, e le condizioni climatiche.

I grandi fiumi e gli stagni hanno un plancton assai ridotto (potamoplancton); nelle raccolte d'acqua minori appena si può parlare di un plancton vero e proprio.

Bibl.: J. Johnstone, A. Scott, C. Chadwick, The marine Plankton, Liverpool 1924. Rassegne e recensioni sul plancton mediterraneo in Rapport et procès verb. Commiss. internat. pour l'explor. scient. de la Mer Méditerranée, Parigi 1926-34 e in Journal du Conseil permanent pour l'exploration de la mer, Copenaghen 1926-1934; R. Monti e varî collaboratori, La limnologia del Lario, Roma 1924; M. Rose, Contribution à l'étude de la biologie du Plankton. Le problème des migrations journalières, in Arch. de Zoologie expérim. et génér., LXIV (1925); E. S. Russell, The vertical distribution of Plankton in the Sea, in Biological Memoirs and biol. Proceedings of the Cambridge Philosophical Society, II, n. 3 (1927); A. Steuer, Planktonkunde, Lipsia 1910.