PLATINO

Enciclopedia Italiana (1935)

PLATINO

Italo BELLUCCI
Alberto PELLOUX
Mario LEVI MALVANO

. Elemento chimico con simbolo Pt; peso atomico 195,23; numero atomico 78. È stato scoperto, nel 1736, nell'oro nativo della Colombia. Il suo nome è il diminutivo della parola spagnola plata "argento". Allo stato compatto è di colore bianco argenteo, leggermente azzurrognolo; p. sp. 21,4; è molto duttile e malleabile. Al calor bianco diviene molle e allora si può facilmente lavorare, saldandolo, per battitura. Fonde a 1764°. Oltre a quella compatta sono note forme di platino suddiviso; così arroventando il cloro-platinato ammonico PtCl6(NH4)2 si ha il platino come massa porosa, leggiera, di colore grigio-nerastro, detto spugna di platino; facendo agire sulle soluzioni di cloruro platinico appropriati riducenti (formalina, idrazina, ecc.) si deposita come polvere nera, finissima, detta nero di platino. Si ottiene anche allo stato colloidale, sotto forma di fine sospensione bruno-nera, col metodo Bredig, facendo cioè scoccare l'arco voltaico fra elettrodi di platino immersi nell'acqua distillata. In quest'ultimo stato il platino provoca la decomposizione dell'acqua ossigenata, anche quando la sua concentrazione è minima; alcune sostanze, come il cloruro mercurico e il cianuro potassico, paralizzano tale azione, agendo come veleno sul platino catalizzatore.

La spugna e ancor più il nero di platino occludono facilmente ossigeno, tanto che un getto d'idrogeno si accende se si dirige sovra di esse; Döbereiner, lo scopritore di questa proprietà del platino (1823), utilizzò difatti la spugna di platino per la costruzione dell'accenditore che porta il suo nome. Su questo potere d'occlusione che ha il platino per l'ossigeno è fondata la sua azione come catalizzatore in molti processi d'ossidazione. Malgrado ciò il platino non si ossida all'aria, nemmeno a caldo. È un metallo nobile per eccellenza; non viene attaccato dagli acidi, ma solo dall'acqua regia e in generale da liquidi che svolgono cloro, con formazione di cloruro; tale resistenza agli acidi diviene maggiore se il platino è in lega con l'iridio. I carbonati alcalini lo attaccano appena, alla loro temperatura di fusione. Numerose sostanze intaccano però il platino ad alta temperatura; così gl'idrati, i solfuri e i cianuri dei metalli alcalini; così il fosforo, l'arsenico, l'antimonio, il silicio e molti metalli pesanti, fra i quali specialmente il piombo, con i quali esso dà leghe di facile fusibilità. Perciò tali sostanze o quelle che le possono generare non si devono riscaldare né tanto meno fondere nei recipienti di platino. Questi si puliscono fondendovi dentro bisolfato sodico o potassico.

Il platino manifesta due forme d'ossidazione; si comporta cioè da bivalente nei composti platinosi e da tetravalente nei composti platinici; questi ultimi sono i più stabili. Più di ogni altro metallo esso forma combinazioni complesse tanto che non v'è quasi alcun composto di platino il quale, venendo sciolto nell'acqua, fornisca ioni Pt.. o Pt.....

Composti platinosi PtX2. - L'idrato Pt(OH)2 è un precipitato nero che si ottiene trattando con carbonato sodico la soluzione di cloroplatinito potassico; cautamente riscaldato si disidrata e dà l'ossido PtO.

Il cloruro PtCl2 si ha scaldando a 240° l'acido cloroplatinico PtCl6H2 come polvere bruno-verdastra, insolubile in acqua. Si combina con i cloruri alcalini dando i cloroplatiniti, ad es. quello potassico (PtCl4)K2, impiegato in fotografia per ottenere le platinotipie e che si prepara nel miglior modo, in bei cristalli prismatici rosso-granati, riducendo a caldo il cloroplatinato PtCl6K2 con ossalato potassico. Agendo su questo cloroplatinito con nitrito potassico si forma il platonitrito [Pt(NO2)4]K2 in cristalli incolori; con cianuro potassico il platocianuro [Pt(CN)4]K2, 3H2O, derivato dall'acido platocianidrico [Pt(CN)4]H2, conosciuto anche esso allo stato libero. I platocianuri posseggono tutti dei colori vivaci e un fortissimo dicroismo; quello di bario [Pt(CN)4]Ba, 4H2O, in cristalli giallocetrini, diviene intensamente fosforescente anche per radiazioni di lunghezze d'onda brevissime ed è perciò adoperato su appositi schermi per rendere visibili i raggi Röntgen e quelli delle sostanze radioattive.

Facendo agire l'ammoniaca sul cloroplatinito PtCl4K2 si ottengono derivati ammoniacali molto caratteristici. Si forma dapprima il sale verde di Magnus [Pt(NH3)4]PtCl4, poi il primo cloruro di Reiset [Pt(NH3)4]Cl2, incolore, dal quale per riscaldamento si ha il secondo cloruro di Reiset [Pt(NH3)2Cl2]. Agendo con carbonato di ammonio, in luogo dell'ammoniaca, si ottiene un isomero del secondo e cioè il cloruro di Peyrone [Pt(NH3)2Cl2]. È da rammentarsi anche il sale di Cossa [PtNH3Cl3]K, di colore giallo-arancio. In tali composti, aventi tutti il numero di coordinazione 4, l'ammoniaca può essere sostituita dall'idrossilammina, dal solfuro dimetilico, dal cianogeno, ecc.

Composti platimici PtX4. - Il più importante e il più noto di tali composti è l'acido cloroplatinico PtCl6H2 dal quale possono ottenersi tutti gli altri derivati del platino. Questo acido può ottenersi sciogliendo il platino in acqua regia; evaporando tale soluzione si ha l'acido in cristalli rosso-bruni grioscopici. Costituisce il cosidetto "cloruro di platino" del commercio. È un forte acido bibasico; nella elettrolisi della sua soluzione acquosa si separa all'anodo l'anione complesso [PtCl6]; il nitrato argentico precipita da esso il cloroplatinato [PtCl6]Ag2 e non il cloruro. Assai caratteristici per tale acido sono i suoi sali, ammonico PtCl6(NH4)2 e potassico PtCl6K2, pochissimo solubili in acqua, del tutto insolubili in alcool. Si adopera perciò l'acido cloroplatinico per rivelare e dosare l'ammonio e il potassio in presenza del sodio, il cui cloroplatinato è solubile in acqua e in alcool. Trattando l'acido cloroplatinico con eccesso d'idrato sodico si ottiene il platinato solubile [Pt(OH)6]Na2, decomponendo il quale con la quantità calcolata di acido acetico si forma un precipitato bianco-giallastrv di acido esa-ossiplatinico [Pt(OH)6]H2, derivato dall'esacloroplatinico [PtCl6]H2, per sostituzione dei sei atomi di cloro con altrettanti ossidrili. Questo acido platinico scaldato a 100° si trasforma nell'idrato Pt(OH)4 che sciogliendosi negli acidi minerali dà sali platinici, dei quali quelli ossigenati, come ad es. il solfato Pt(SO4)2, non sono stabili. Scaldando l'acido cloroplatinico in corrente di cloro si ha il tetracloruro PtCl4, sostanza brunorossastra che sciogliendosi in acqua vi si combina per dare l'acido diossitetracloroplatinico [PtCl4(OH)2]H2. Si conoscono pure i platisolfocianati, ad esempio: [Pt(SCN)6]K2, che si ottiene per azione del solfocianato sul cloroplatinato potassico. Il bisolfuro PtS2 si ha come precipitato bruno-nero, facendo agire l'idrogeno solforato sulla soluzione del cloruro platinico; insolubile negli acidi minerali, si scioglie in acqua regia; funziona da tio-anidride, dando cioè solfosali.

Dal platino tetravalente derivano inoltre numerosissimi composti ammoniacali, aventi il numero di coordinazione 6. Si conosce così tutta la serie che dal cloruro esammoniacale [Pt(NH3)6]Cl4, per sostituzione graduale dell'ammoniaca col cloro, passando per il termine [Pt(NH3)2]Cl4 non ionizzabile, giunge fino all'acido esacloroplatinico (PtCl6)H2.

Composti del platino esavalente PtX6. - Sottoponendo, a 0°, all'elettrolisi con diaframma la soluzione dell'idrato Pt(OH)4 in idrato potassico, si formano all'anodo dei fiocchi giallastri che disseccati presentano la composizione 3PtO3, K2O e lavati, sempre a freddo, con soluzione diluita di acido acetico dànno l'ossido PtO3, molto instabile, che già a temperatura ordinaria, perdendo rapidamente ossigeno, tende a trasformarsi nel biossido PtO2.

Riconoscimento e dosaggio. - La soluzione dell'acido cloroplatinico PtCl6H2, che rappresenta il composto più usato del platino, dà le seguenti reazioni caratteristiche:

1. con cloruro potassico o ammonico precipita i rispettivi cloroplatinati, giallo-cristallini; 2. con ioduro potassico si riduce a composto platinoso liberando iodio (PtCl6H2 + 2KI = PtCl4H2 + 2KCl + I2); questa reazione è molto sensibile, giungendo a svelare tracce di platino; 3. con cloruro stannoso dà una colorazione rosso-sangue dovuta alla formazione di platino colloidale; diluendo con acqua, precipita la cosiddetta "porpora di platino" di colore cioccolata e di composizione variabile. La precipitazione sotto forma di cloroplatinato ammonico e conseguente trasformazione di questo col calore in platino metallico si utilizza per il dosaggio del platino.

Usi. - Il platino venne nel passato largamente adoperato in Russia per uso monetario. Con una lega di platino e iridio (contenente il 10% di quest'ultimo e perciò molto più dura e resistente del platino puro) nel 1875 sono stati costruiti dalla Commissione internazionale dei pesi e misure il metro e il chilogrammo campioni che si conservano a Parigi. È largamente adoperato allo stato suddiviso come catalizzatore, allo stato compatto per uso scientifico (capsule, crogiuoli, storte), nell'elettrotecnica, nella tecnica dentaria e in gioielleria.

Mineralogia. - Il platino nativo è costituito da soluzioni solide del platino con altri metalli del suo gruppo, con il ferro e il rame. Qualche volta nel minerale si trovano anche piccole quantità di oro, nichelio, manganese, piombo e mercurio. Spesso al platino nativo si unisce, in miscela meccanica, l'iridosmina. I tenori dei varî metalli contenuti nel minerale variano fra limiti assai larghi. Da una serie di numerose analisi si rileva infatti che le percentuali di platino variano fra un minimo del 51,45% a un massimo dell'89%; quelle dell'iridio e del palladio, sempre presenti nel platino nativo, da sole tracce, sino a raggiungere, rispettivamente il 5,52 e l'1,95; il contenuto di rodio varia dal 0,28 al 4,44; quello d'iridosmina, che può anche mancare, dal 0, 11 al 37,30. Costante è poi la presenza del ferro e del rame. Il primo di questi metalli si trova con tenori compresi fra 4,30 e 18,93, mentre il secondo, da semplici tracce, può salire al 5,20%. Fra i minerali del gruppo del platino, manca invece, nel platino nativo, il rutenio, che si trova spesso nell'iridosmina. Il nome di ferro-platino viene attribuito alle leghe platinifere che contengono più dell'11% di ferro.

Il platino cristallizza nella classe esacisottaedrica, ma assai raramente lo si trova in piccoli cristalli che presentano le facce del cubo e dell'ottaedro. Più spesso il minerale si trova in scaglie assai minute, granuli e pepiti, che eccezionalmente raggiungono notevoli dimensioni. Negli Urali se ne trovarono alcune del peso di circa 10 kg. Qualche volta nelle pepiti si vede anche dell'oro nativo, cromite, olivina e pirosseno. Nelle rocce originarie il platino assai raramente è visibile, essendovi disseminato in particelle estremamente sottili, sia fra gli elementi delle rocce stesse, sia nei composti metallici che le mineralizzano.

Il platino non possiede direzioni di clivaggio e ha una frattura uncinata. Le altre proprietà fisiche variano con la composizione del minerale; così la durezza varia fra 4 e 6, il peso specifico fra 14 e 19. Malleabile, duttile e settile, il platino, se ricco in ferro, diventa magnetico ed acquista, talora, forte polarità. Il colore è grigio acciaio, ma varia sino al grigio ferro nei minerali ricchi di questo metallo. Il minerale si scioglie parzialmente, a caldo, nell'acqua regia e, mentre nella soluzione rimangono il platino, il palladio e il rodio, con un poco d'iridio, insieme col ferro e col rame, nel residuo si trovano l'iridio, l'osmio e l'iridosmina. Trattato sul carbone, al cannello, con borace e piombo, il platino forma una lega dalla quale si può poi separare mediante la coppellazione. A differenza dell'oro e dell'argento il platino non si amalgama con il mercurio che perciò serve a separarlo da questi metalli ai quali è spesso commisto nelle alluvioni aureo-platinifere.

Gli altri minerali dei metalli del gruppo del platino sono i seguenti:

Sperrylite. - È un arseniuro di platino: PtAs2, che cristallizza nella classe della pirite. Ha durezza da 6 a 7, peso specifico uguale a 10,6, colore bianco, lucentezza metallica, polvere nera. È un minerale assai importante per l'estrazione del platino, dacché lo si è trovato, quale principale costituente, nei concentrati che si ottengono dalle rocce platinifere e palladifere di alcuni giacimenti del Transvaal.

Cooperite. - È il monosolfuro di platino: PtS, che cristallizza nel tetragonale. Ha densità uguale a 9,5 e colore grigio acciaio. Si trova insieme con la braggite, la stibiopalladinite e la laurite, nei detti concentrati.

Braggite. - Ha composizione corrispondente alla formula: (Pt, Pd, Ni) S nella quale il palladio e il nichelio rappresentano rispettivamente il 20 e il 5% del composto che cristallizza nel tetragonale. La braggite è il primo nuovo minerale che sia stato scoperto ed isolato mediante il metodo dei raggi X. Venne perciò dedicato ai Bragg che ne introdussero l'uso nell'indagine dei cristalli.

Il Platiniridio è composto d'iridio in lega con platino e piccole proporzioni di altri metalli del suo gruppo. Ha durezza da 6 a 7 e peso specifico fra 22,6 e 22,8, colore grigio acciaio.

Iridosmina (Osmiridio). - È un minerale costituito essenzialmente da iridio e osmio e, a seconda che predomini il primo o il secondo di questi metalli, si hanno le due varietà: sisserskite e newyanskite. Il tenore in iridio varia fra 43,28 e 77,20; quello in osmio da 17,20 a 49,34. Il rodio è contenuto in questi minerali dal 0,50 al 12,30; il rutenio è spesso presente dal 0,20 al 6,37. Si ha inoltre qualche volta un contenuto in platino che varia da 0, 10 a 10,8. L'iridosmina cristallizza nel sistema trigonale e di solito si trova in piccole scaglie con sfaldatura basale. La sua durezza è fra 6 e 7, il peso specifico da 19,3 a 21, 12; il colore è bianco stagno a grigio acciaio. L'iridosmina proviene dai giacimenti alluvionali della Russia (Urali), della Tasmania e del Transvaal.

Palladio. - Il metallo nativo è costituito da palladio in lega con un poco di platino e iridio. Cristallizza nel monometrico, ha durezza da 4 a 4,5, peso specifico da 11,3 a 11,8, colore grigio, lucentezza metallica. L'allopalladio di Tilkerode (Harz) è palladio esagonale. La potarite delle alluvioni diamantifere del Potaro (Guiana Inglese) è un amalgama di palladio. La porpezite di Porpez (Brasile) è una lega d'oro con il 10% di palladio. La stibiopalladinite è un antimoniuro di palladio del Transvaal.

Rodite. - È il nome dato a una lega d'oro e rodio, nella quale questo metallo è contenuto in ragione del 34 ÷ 43%.

Laurite. - È un solfuro di rutenio: RuS che cristallizza nella classe diocisdodecaedrica del monometrico; ha durezza fra 7 e 8, peso specifico uguale 6,99, colore nero ferro, lucentezza metallica. Si trova nelle alluvioni platinifere di Borneo, in quelle della Colombia e dell'Oregon e nelle rocce contenenti platino del Transvaal.

I giacimenti dei minerali del platino sono poco numerosi e non tutti suscettibili di economico sfruttamento. Sono in maggior parte in relazione con rocce basiche, ma non mancano esempî di depositi provenienti da rocce di media e anche di forte acidità. Si hanno giacimenti primarî, in cui i minerali platiniferi sono generalmente assai scarsi, e giacimenti secondari nei quali i minerali stessi si concentrarono nelle alluvioni, attraverso intensi e prolungati processi erosivi. Anteriormente alla recente scoperta dei giacimenti primarî del Transvaal, soltanto quelli del secondo tipo erano coltivati, gli altri risultando troppo poveri. I più importanti si trovano nei Monti Urali, fra il 58° e il 60° parallelo, sia sul versante europeo (distretto di Nižne Tagilsk) come su quello asiatico (distretti di Goroblagodat e Biserck). Il platino vi si rinviene in alluvioni antiche formate in grande prevalenza da rocce oliviniche e pirosseniche, come peridotiti, duniti, serpentine, noriti e gabbri, e anche feldspatico-anfiboliche, date queste da sieniti e gneiss sienitici, rocce tutte che costituiscono i monti circostanti, nei quali il platino si trova anche in situ. Nei concentrati che si ottengono con il lavaggio di queste alluvioni, insieme con i minerali del platino abbondano la cromite e la magnetite; qualche volta vi si trova anche oro, più di rado cinabro e, eccezionalmeme, diamanti. Meno ricchi di questi giacimenti degli Urali, ma più anticamente conosciuti, sono quelli della Colombia da cui il platino fu per la prima volta portato in Europa nel 1735. Essi sono situati nella regione del Chocó e specialmente, lungo il fiume S. Juan che sfocia nel Pacifico. Le alluvioni che, insieme col platino, contengono anche oro, sono in parte d'origine glaciale e provengono da regioni della Cordigliera delle Ande costituite da sieniti e gneiss attraversati da vene di quarzo. Del tutto simili a quelle degli Urali, sebbene incomparabilmente meno ricche, sono, per la loro origine, le alluvioni platinifere del Canada (Columbia Britannica). Altri giacimenti platiniferi alluvionali sono quelli della California, dell'Oregon, del Brasile, dell'isola di Borneo, dell'Australia e del Giappone.

I giacimenti primari di platino del Transvaal si trovano nella regione del Bushveld e si estendono, nei distretti di Lydenburg, Rustenburg e Potgietersrust, su di una vasta zona di circa 400 miglia di lunghezza. I depositi coltivabili vi sono però limitati a quelle parti della zona stessa in cui la norite, che è la roccia predominante, si presenta maggiormente differenziata in prodotti ultrabasici (bronziti a cromite, harzburgite, duniti, cromititi, ecc.). Vi sono giacimenti dovuti alla diretta segregazione del magma noritico, dove i metalli del platino si trovano in una dunite ortonolitica, che forma concentrazioni nella comune dunite. È questa la zona platinifera inferiore. In un orizzonte più alto, invece, il platino si trova nella stessa norite e, in gran parte, come sperrylite, entro a mosche di calcopirite, pirrotina e pentlandite, che mineralizzano la roccia. Altro tipo di giacimento è quello corrispondente alla zona di contatto fra la norite e la dolomite metamorfosata. Nel Warterberg il platino si trovò anche entro filoni di quarzo brecciato. La composizione dei minerali platiniferi del Transvaal è assai varia e non sempre il platino occupa il primo posto fra i metalli del suo gruppo, poiché il palladio in alcuni giacimenti assume il predominio (così in quello di Vaalkop).

La coltivazione di questi depositi del Transvaal, iniziatasi verso il 1925, si sviluppò negli anni successivi superando non lievi difficoltà d'ordine tecnico, ma ultimamente ha molto risentito del deprezzamento del platino.

Giacimenti primarî sono anche quelli dell'Abissinia, dove il platino si rinviene in regioni attraversate dal fiume Birbir (un subaffluente del Nilo Bianco) entro a lateriti derivate dall'alterazione in situ delle duniti.

Alcuni minerali di altri metalli sono platiniferi. Fra questi i più importanti, poiché, con il trattamento delle metalline che se ne ottengono, si ricava una certa quantità di platino e di palladio, sono quelli cupro-nicheliferi delle regioni di Sudbury nel Canada. Nessun interesse presentano invece dal punto di vista pratico le tetraedriti, le bournoniti e i carbonati di rame platiniferi che si sono trovati in alcune regioni del versante francese delle Alpi occidentali (Savoia, Isère).

Estrazione. - Circa il 90% del platino estratto annualmente proviene dal lavaggio delle sabbie. Nei monti Urali i giacimenti si rinvengono nelle valli al disotto d'uno strato di materia sterile, che si toglie facilmente col badile e si perfora con pozzi poco profondi. La sabbia estratta viene lavata meccanicamente e l'elevato peso specifico del minerale permette la sua facile separazione dall'argilla che lo accompagna. Il tenore medio in metallo prezioso delle sabbie era di 84 grammi per tonnellata nel 1825 e si è continuamente abbassato fino alla cifra attuale di 3 grammi circa. L'apparecchio più usato dagli operai, che praticano il lavaggio in piccoli gruppi per lo più famigliari, è di legno, costituito essenzialmente da un canale inclinato, munito di traverse sul fondo per trattenere le particelle pesanti, mentre una corrente d'acqua trasporta la sabbia e l'argilla. Una famiglia di quattro persone può trattare circa cinque tonnellate di sabbia al giorno. Negl'impianti più grandi esistono apparecchi di lavaggio più potenti, con motori idraulici o a vapore, agitatori meccanici e in qualche luogo anche draghe.

Il minerale così raccolto viene trattato col mercurio per estrarre l'oro, e quindi spedito alle officine di Londra e di Parigi dove si pratica l'estrazione del platino.

Il procedimento consiste essenzialmente nello sciogliere il minerale nell'acqua regia e nel separare dalla soluzione il platino allo stato di cloroplatinato ammonico; quest'ultimo dà per calcinazione la spugna di platino che viene in seguito fusa.

L'attacco mediante l'acqua regia (miscuglio di 3 parti di acido cloridrico a 22° Bé e di 1 parte di acido nitrico a 40° Bé) si fa a caldo entro grandi capsule di porcellana. Il miscuglio acido scioglie il platino insieme con piccole quantità di rodio, d'iridio e di palladio, mentre la parte indisciolta contiene il resto di questi metalli, il rutenio e l'osmiuro d'iridio. La soluzione filtrata viene tirata a secco con aggiunta di acido cloridrico, e il residuo riscaldato a 125° per trasformare i cloruri d'iridio e di palladio in sesquicloruri, i quali non vengono precipitati dal cloruro di ammonio. La massa viene ridiscilta in acido cloridrico diluito e da questa soluzione il cloruro d'ammonio precipita il cloroplatinato d'ammonio, lasciando in soluzione la massima parte dell'iridio e del palladio:

Il sale platinico d'ammonio per calcinazione, in recipienti di quarzo fornisce spugna di platino contenente ancora piccole quantità degli altri metalli preziosi, nonché di ferro e di rame. Per purificarla si ripete ancora il suddescritto trattamento, quindi la si fonde con 5 a 6 volte il suo peso di piombo, e il regolo risultante si tratta con acido nitrico che scioglie il piombo col rame e una parte dei detti metalli preziosi. La parte insolubile che rimane in forma di polvere fina viene riscaldata con acqua regia diluita, la quale scioglie il platino e lascia indisciolta la massima parte dell'iridio e degli altri metalli. Dalla soluzione col procedimento suddescritto si riottiene la spugna di platino, questa volta molto pura. Il grado di purezza del metallo viene ancora aumentato dalla fusione che si pratica mediante il cannello a gaz illuminante e ossigeno entro un blocco di calce viva. In questo modo le impurezze costituite da zolfo, fosforo, arsenico, oro, rame, palladio, osmio vengono cacciate sia per ossidazione e assorbimento nella calce e sia per volatilizzazione. Si ottiene così un metallo che contiene dal 99,7 al 99,9% di platino. Per la fusione si può adoperare anche il forno elettrico, ma occorre che il metallo non venga in nessun caso a contatto con carbone, il quale lo penetra e lo rende fragile.

Il platino fuso si cola entro piccole lingottiere di ghisa, e quindi si sottopone alla laminazione e alla trafilazione per ottenerne lastre, nastri e fili. Questi possono raggiungere mediante filiere di diamante il diametro minimo di tre centesimi di millimetro.

Per fabbricare oggetti, il platino viene saldato mediante la saldatura autogena oppure per mezzo di saldature in oro, palladio e leghe d'oro e platino.

La produzione mondiale del platino si aggira annualmente sui 6000 kg. di platino puro, per la metà dati dalla U. R. S. S. e per ¼ dalla Colombia. Dànno pure una discreta produzione l'Unione Sudafricana, il Canada, gli Stati Uniti. Quantità minime sono fornite dall'Etiopia, dall'Australia e dal Giappone.

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