POGGIO CIVITATE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1973)

Vedi POGGIO CIVITATE dell'anno: 1973 - 1996

POGGIO CIVITATE

K. M. Phillips Jr.

Località su uno dei colli che costituiscono la Catena Metallifera, circa 20 chilometri a S di Siena vicino al punto dove l'Ombrone lascia il territorio agricolo delle Crete senesi e scende attraverso i monti nel Mare Tirreno. Il colle domina perciò uno degli importanti passi fra la costa di Rusellae e il retroterra chiusino. P.C., ad eccezione di una fattoria e della via medievale tra Murlo e Buonconvento, è coperto oggi di macchia.

Il luogo rimase archeologicamente sconosciuto fino al 1926, quando R. Bianchi Bandinelli ne indicò la possibile importanza sulla base di trovamenti superficiali avvenuti in quest'area. Egli insieme con G. Caputo spinsero il Bryn Mawr College (Bryn Mawr, Pennsylvania) ad intraprendere scavi che iniziarono durante l'estate del 1966. Il lavoro si è limitato a due aree chiamate Piano del Tesoro e Civitate, situate vicino all'estremità orientale della zona.

Sul Piano del Tesoro sono stati scavati i resti di un monumentale complesso struttivo rettangolare, che copre un'area di m2 3.600. Sui quattro lati, che circondano una corte centrale, si aprono varî ambienti, e nei lati N, E, S della corte erano portici colonnati. Mancano tracce del colonnato sul lato O dove sorge un piccolo edificio rettangolare. L'unico ingresso al complesso sembra che sia un piccolo passaggio ad O. Questa pianta organica e le dimensioni delle costruzioni, suggeriscono un centro civile o religioso, e si ritiene ora che si tratti di un santuario monumentale. In questo caso la piccola costruzione sul lato O potrebbe essere un templum. Questo complesso organico apparirebbe allora come un precedente antico sia del tipo di santuario sia del tipo di Foro romani.

Gli edifici sul Piano del Tesoro erano costruiti molto semplicemente. Le fondazioni di pietre brute poggiavano direttamente sulla roccia naturale o su argilla. I muri erano fatti di pisé e di mattoni crudi. Le fondazioni sul lato N sono meglio conservate e si vede che i muri erano rinforzati all'interno con pali lignei, che sostenevano anche il pesante sistema di copertura del tetto. Si conservano bene i buchi di questi sostegni lignei. Vi sono tracce per un'intelaiatura lignea che può aver articolato l'esterno dei muri. Molti avanzi di tegole e di terrecotte architettoniche permettono di dedurre che la costruzione era coperta a tetto e riccamente decorata.

Durante il terzo venticinquennio del VI sec. a. C. queste costruzioni furono brutalmente distrutte. Parte delle macerie rimase dove cadde, ma la maggior parte fu trasportata sui fianchi del Piano del Tesoro ed usata per costruire un aggere. Ad O questo ammasso di terra, che misura circa m 5 di larghezza alla base, ricopre gran parte del fianco occidentale del complesso. Qui tegole e resti architettonici furono dapprima gettati giù sui pavimenti di terra; poi terra e altre macerie furono ammucchiate sopra a questo strato basamentale, e in fine un pesante strato di pietre fu posto al di sopra come una copertura contro le erosioni. Niente restò in piedi sul Piano del Tesoro e tutta l'area fu recinta da un aggere. La totale distruzione delle costruzioni e la recinzione dell'area dove sorgevano fanno pensare ad un rito magico inteso a impedire la rioccupazione della località del Piano del Tesoro. L'aspetto più curioso della distruzione è l'esteso scarico di tutti gli elementi di terracotta. Ad O, proprio sopra alla roccia, centinaia di tegole e di terrecotte decorative furono scaricate, coperte da strati di terra e di pietre ammucchiate, talvolta fino a m 2,50 di profondità. Lo scarico così sigillato può considerarsi una specie di bòthros.

La distruzione del santuario, lo scarico ad O e la costruzione dell'aggere avvennero entro un breve spazio di tempo. Un certo numero di fregi di terracotta sono stati ricomposti con frammenti trovati in varî punti dell'area. Una lastra è composta di frammenti provenienti dai livelli più bassi dello scarico, dall'aggere e dall'area della piccola costruzione rettangolare sul lato O della corte. La distruzione può datarsi in base alla ceramica trovata nei depositi ricordati. I frammenti più recenti, bucchero di Chiusi, sembrano non più tardi del terzo venticinquennio del VI sec. a. C. e in questo spazio di tempo si può porre la fine catastrofica del santuario.

I trovamenti di P. C. sono molti e varî. Notevoli quantità di ceramica utilitaria provengono da ciascuna area scavata. Oggetti ordinarî come fuseruole, rocchetti, strumenti occasionali di pietra e di osso sono comum. Poco il bronzo restato sul luogo, probabilmente perché saccheggiatori portarono via tutto il materiale di pregio quando distrussero le costruzioni. Le terrecotte architettoniche costituiscono il gruppo più importante per lo studio.

Fra le molte terrecotte architettoniche soltanto alcuni tipi possono servire ad una ricostruzione degli edifici. Le tegole, e i coppi sono rappresentati da migliaia di frammenti. Pochissimi hanno lettere etrusche incise sulle superfici superiori. Una sima laterale ornava gli orli dei tetti a spioventi. Dovevano sporgere a poca distanza dalle travi del tetto ligneo perché un disegno dipinto ne orna la sezione frontale sotto i lati. Una grondaia centrale rudemente modellata a forma di testa felina, è fiancheggiata da rosette a stampo. A destra una testa plastica umana sporge dall'orlo della sima in modo che la sezione adiacente della sima combaciava dietro la testa. Si hanno due stili fondamentali nelle teste di queste sime. Il primo è più "corinzio" nell'aspetto, mentre il secondo sembra più "ionico". Del primo stile sono stati trovati 96 esemplari e del secondo soltanto 3. Forse le teste più ioniche sono sostituzioni posteriori.

Un secondo tipo di sima, imparentato con la sima laterale per la forma generale e per le modanature, è identificato con una sima inclinata (questa suppoizione non presume necessariamente che nelle costruzioni esistesse un completo sistema frontonale). Due cani cacciano due lepri in una corsa spiritata. La concezione fondamentale della scena trova confronto' stretto con simili cacce su vasi corinzî.

La serie più numerosa delle terrecotte da P. C. sono lastre di fregio. Hanno una forma tipica. Ciascuna lastra, proprio come la sima laterale e quella inclinata, è coronata da una cornice e la fascia è decorata da una scena a bassorilievo. Sopra al rilievo, ma sotto la cornice di coronamento, corre una serie di elementi rettangolari aggettanti. Una treccia segna l'orlo inferiore della fascia. La cornice di coronamento è simile a quella di molte lastre arcaiche di fregio e la treccia trova un naturale confronto in lastre di Poggio Buco. Le sporgenze alternate, parte di un disegno geometrico dipinto, sono peculiari di Poggio Civitate. Tutte le lastre hanno fori per fissaggio agli elementi lignei della costrnzione. La qualità artisùca dei fregi è di alto livello e le quattro scene costituiscono una unità stilistica. Le loro matrici devono essere state eseguite in un medesimo centro, se non nella stessa officina.

La scena più complicata rappresenta una serie di divinità stanti e sedute. (Questo fregio esiste in due altezze, benché ambedue abbiano la stessa lunghezza). Timothy Gantz ha identificato le figure. Partendo da destra verso sinistra egli vede Giove, Minerva, Giunone, una figura assistente divina, Cerere, Libero, Libera e una seconda figura assistente. Queste identificazioni aprono di nuovo il problema riguardo alle Triadi Capitolina e Aventina, argomenti di grande importanza tanto per la religione etrusca come per quella romana. La varietà di attributi, di costumi e di suppellettili colpisce lo spettatore e conferisce precisione al rilievo.

Il fregio con processione ha molti rapporti stilistici con quello di divinità. Scarsi frammenti della processione si sono ritrovati e non esiste ancora alcun esempio completo. Due attendenti, ciascuno recante oggetti, conducono due cavalli che tirano un carro. Sul carro siedono due figure protette contro il sole da un ombrello. Due ancelle chiudono la scena. Una reca un vaso sulla testa, l'altra una seggiola capovolta. Finora non conosciamo il significato di questa scena.

La corsa di cavalli presenta una gara vivace. Tre cavalieri spingono le loro cavalcature in gara per un grande lebete che è poggiato su una colonna dorico-etrusca. La varietà di dimensioni dei cavalli e della posizione dei cavalieri conferisce movimento alla scena. È da notare che l'ordine etrusco, specialmente il capitello espanso e la base con tre tori trova la più antica documentazione in questo fregio.

L'ultimo tipo di fregio rappresenta un banchetto. Coppie sono sdraiate sui letti, godendo vino e musica. Tavole colme di cibo sono vicino a ciascun letto e cani sono accucciati sotto ciascuna tavola. A ciascuna estremità ancelle si rivolgono ai banchettanti e offrono vino. Due donne stanno dietro un lebete posto fra i letti. Una offre il vino e l'altra forse suona il flauto in compagnia di un suonatore di lyra che è sdraiato sul letto a destra.

L'artista che eseguì questi fregi aveva familiarità con il vocabolario artistico di Corinto. Il banchetto e la corsa di cavalli ricordano particolarmente simili scene sui crateri del Corinzio Antico. Tuttavia questi artisti etruschi non erano dei meri copisti sia nell'iconografia sia nello stile. I ventagli bronzei, il trono su cui siede Giunone, le seggiole e il trofeo poggiato su una colonna dorico-etrusca si comprendono meglio con il confronto di oggetti noti in Etruria. Anche lo stile delle figure è etrusco, pur profondamente influenzato dall'arte greca, e può esser messo in relazione con opere chiusine. La data di questi fregi è difficile da precisare, ma non può essere posteriore al terzo venticinquennio del VI sec. a. C., se la datazione proposta per la distruzione del santuario, basata sulla testimonianza della ceramica, è esatta. Su basi stilistiche i fregi sono stati già assegnati al secondo venticinquennio del VI sec. a. C.

A causa della violenta distruzione di P. C., il punto di trovamento dei varî frammenti offre scarso contributo a determinare l'originaria collocazione di ciascuno dentro il complesso della costruzione o la sua posizione negli edifici.

Siamo virtualmente sicuri che sculture fittili isolate coronavano il culmine di alcuni edifici sul Piano del Tesoro. Sono conservati frammenti di almeno nove statue sedute di cui due complete dalla vita in giù. Questi pezzi trovati sparsi sopra il Piano del Tesoro e negli scarichi a Civitate, provengono da figure sia maschili sia femminili. Le figure siedono rigidamente su sgabelli. I panneggi lunghi e lisci cadono giù fino ai piedi, calzati in scarpe appuntite, e poggiati su speciali suppedanei. Le braccia di ciascuna figura giacciono sulle cosce e le mani sono chiuse in modo che un attributo poteva essere inserito nel foro formato dalle dita ricurve. La posizione generale dalle figure si può meglio comprendere confrontandole con le figure sedute delle lastre del fregio rappresentanti le triadi divine.

Sei teste possono essere ricollegate ai frammenti dei corpi. Cinque sono strettamente imparentate fra loro. I tratti del volto hanno un largo modellato e ciascuna testa ha larghi occhi aggettanti. Quattro sono barbate e queste barbe cadono sul petto delle figure in modo piuttosto simile a quello delle analoghe figure del Vicino Oriente. La sesta testa differisce dalle altre: gli occhi dominano il volto, e la bocca è parzialmente aperta. Riccioli plasticamente modellati irradiano dalla sommità del capo e cadono sulla nuca. La testa è cinta da una tenia. Un foro, forse per un attacco metallico, si nota sulla sommità della testa, e dei fori traversano il centro degli orecchi fino all'interno della terracotta. Questa testa trova stretti confronti con le teste funerarie dei canòpi di Chiusi.

Altri pezzi di scultura possono aver decorato gli stessi culmini degli edifici. Una sfinge maschile isolata è il pezzo meglio conservato; ne mancano soltanto le zampe posteriori, la coda e le punte delle ali. Le zampe anteriori poggiano su una tegola curva. Non è un pezzo unico e frammenti di almeno tre altre sfingi delle stesse dimensioni sono stati rinvenuti. Esistono anche altri esseri frammentarî: si conserva la testa di un grifo, zoccoli di cavallo e di toro, parti di gambe umane, e le gambe di una Gorgone in corsa. Tra tutti questi pezzi provenienti da P. C. questa scultura monumentale è forse la più sorprendente.

Due tipi di antefisse, che devono provenire da edifici senza sima laterale, a meno che non siano parte di un sistema frontonale, sono ben conservate. Il più comune rappresenta una Gorgone. La larga bocca, la lingua pendula, le incisioni nette, il naso schiacciato e gli occhi fissi ne fanno un valido segno apotropaico. La capigliatura è priva di serpenti. La seconda antefissa è a testa umana. Sono stati trovati un esemplare completo e quattro frammenti di questo tipo. I confronti piu vicini sono con le maschere bronzee funerarie da Chiusi.

Fra i pezzi di cui si ignora ancora la funzione le piccole maschere di pantera e una testa di leprotto sono forse i più piacevoli. La testa di pantera somiglia a quelle della ceramica corinzia e attica a figure nere più antica, ma non si conoscono buoni confronti per la testa di leprotto.

Nell'insieme le terrecotte architettoniche da P. C. costituiscono un gruppo unitario. Rappresentano chiaramente la produzione di un centro artistico maggiore. La data dipende in ultima analisi da quella della costruzione del monumentale complesso su Piano del Tesoro. Questa data sarà stabilita soltanto quando saranno scavate le fondazioni delle costruzioni circostanti. I pezzi tuttavia non possono essere più tardi del terzo venticinquennio del VI sec. a. C. L'analisi stilistica tenderebbe a datarli al secondo venticinquennio del VI. sec. a. C. Questi pezzi sono stati eseguiti quasi certamente a Murlo, ma fanno chiaramente parte del territorio artistico di Chiusi. L. Banti e R. Bianchi Bandinelli già hanno asserito che Murlo dipendeva da Chiusi.

Gli scavi a P. C. sono ben lontani dal compimento, ma il luogo ha già riempito un'importante lacuna nelle nostre conoscenze dell'Etruria arcaica. Una costruzione monumentale di tale impianto non può essere stata unica. Le terrecotte, spettacolari per qualità e conservazione, non possono essere i soli esempî antichi dell'Etruria settentrionale. I trovamenti di P. C. (destinati al museo di Siena) pongono oggi più che mai il problema del periodo più antico a Chiusi, Vetulonia, Rusellae e Volterra.

Bibl.: R. Bianchi Bandinelli, Edizione archeologica della Carta d'Italia al 100.000, Foglio 120 (Siena), Firenze 1927, Murlo, II NE, p. 15, nn. 1-5; id., Murlo (Siena) Monumenti archeologici del territorio, in Not. Scavi, 1926, pp. 167-170. Relazioni preliminari degli scavi sono state pubblicate in Am. Journ. Arch., LXXI, 1967, pp. 133-139; LXXII, 1968, pp. 121-124; LXXIII, 1969, pp. 333-339; LXXIV, 1970, pp. 241-244; Archaeology, XXI, 1968, pp. 252-261; Dialoghi di Archeologia, I, 1967, pp. 245-247; II, 1968, pp. 104-106; Not. Scavi, XX, 1966, pp. 5-17; XXIII, 1969, pp. 38-50; Soprintendenza alle Antichità d'Etruria, Poggio Civitate (Murlo, Siena): The Archaic Sanctuary (Catalogue of the Exhibition, Florence-Siena, 1970), Firenze 1970 - M. Cristofani; K. M. Phillips, Ager Clusinus (Poggio Civitate, Murlo, Siena), in Studi Etruschi, XXXVIII, 1970, Rivista di epigrafia etrusca, pp. 288-292; L. S. Meritt, Architectural Mouldings from Murlo, ibid., XXXVIII, 1970, pp. 13-25; G. Valentini, Un nuovo tipo di Potnia Theron sui vasi di bucchero, ibid., 1970, p. 361; T. Gantz, Divine Triads on an Archaic Etruscan Frieze Plaque from Poggio Civitate (Murlo), ibid., XXXIX, 1971, p. 33 ss.; M. Cristofani-K. M. Phillips, Poggio Civitate: Etruscan Letters and Chronological Observations, ibid., 1971, p. 409 ss.

(K. M. Phillips Jr.