Policitemia

Dizionario di Medicina (2010)

policitemia


Aumento stabile del volume totale dei globuli rossi del sangue circolante. Può essere reale, manifestandosi come una malattia primitiva (p. vera, p. familiare benigna) o secondaria a varie cause (malattie polmonari croniche, cardiopatie, ecc.), oppure relativa (pseudo-p.), se il volume totale dei globuli rossi circolanti è normale mentre è diminuito il volume plasmatico per stress, disidratazione marcata, ecc. (inspissatio sanguinis). La p. paraneoplastica consegue a produzione impropria di eritropoietina da parte di tumori renali o extrarenali, mentre la p. infantile familiare consegue a emoglobine anomale con aumentata affinità per l’ossigeno o ad alterazioni del recettore per l’eritropoietina, responsabili di aumentata sensibilità all’ormone. La p. vera è una sindrome mieloproliferativa cronica in cui vi è un aumento della massa dei globuli rossi, che sono indipendenti dai normali e fisiologici meccanismi di controllo; è caratterizzata da prevalenza nel sesso maschile con età media superiore ai 60 anni. È una malattia rara con un’incidenza di circa 5÷20 casi per milione di abitanti. Il processo patologico colpisce la cellula staminale orientata alla formazione del globulo rosso (detta BFU-E, Burst Forming Unit-Erythroid), che è in grado di riprodursi anche in assenza dello stimolo proliferativo dell’ormone eritropoietina, necessario alla normale differenziazione e crescita dei progenitori dei globuli rossi normali.

Sintomatologia della policitemia vera

La malattia si presenta con prurito intenso e diffuso (soprattutto dopo il contatto con l’acqua calda), il tipico colorito rosso cianotico del volto e con segni e sintomi dell’iperviscosità, che può determinare trombosi venose superficiali o profonde, trombo-embolie polmonari e disturbi del microcircolo cerebrale e cardiaco con ictus o infarti, disturbi del visus e dell’apparato vestibolare con vertigini. I probabili fattori di rischio per lo sviluppo di trombosi sono: età superiore ai 65 anni, trombosi pregresse, tabagismo, diabete e patologie cardiovascolari in atto.

Diagnosi della policitemia vera

La diagnosi si pone sulla base dei valori dell’emocromo, e della determinazione della volemia. L’analisi istologica del midollo osseo dimostra una prevalenza dell’emopoiesi orientata verso la linea eritroide con possibile aumento della fibrosi reticolinica. Devono essere sempre escluse forme secondarie a patologie respiratorie (mediante prove di funzionalità respiratoria) o cardiache congenite, al fumo eccessivo, a neoplasie con iperproduzione di eritropoietina sierica e a pseudopolicitemia. La classificazione OMS ha riconosciuto criteri maggiori per la definizione diagnostica: aumentata massa eritrocitaria superiore al 25% del valore atteso; assenza di cause di p. secondaria; splenomegalia palpabile; presenza di marcatori di clonalità (le alterazioni cromosomiche più frequenti sono le trisomie dei cromosomi 1, 8 e 9); aumento della massa eritrocitaria e presenza della mutazione del gene JAK2. Tra i criteri minori vengono considerati la piastrinosi; la leucocitosi neutrofila; la crescita in coltura di colonie eritroidi spontanee e la riduzione di eritropoietina nel siero; una biopsia ossea con caratteri di iperplasia eritroide e megacariocitaria; livelli sierici di eritropoietina ridotta.

Policitemia vera e mutazioni geniche

La mutazione del gene JAK2 identifica una tirosinchinasi a localizzazione citoplasmatica che svolge un ruolo fondamentale nella proliferazione eritroide, legandosi al dominio del recettore dell’eritropoietina e attivandolo. La forma più frequente di JAK2, la V617F, destabilizza la molecola, inducendo un aumento dell’attività chinasica con proliferazione incontrollata dei progenitori eritroidi. Questa mutazione è presente nel 95% dei casi, in forma eterozigote o omozigote, e quest’ultima sembra predisporre ai fenomeni trombotici.

Terapia della policitemia vera

Nei pazienti giovani, il trattamento di questa patologia è la salassoterapia, ossia la riduzione della quota eritrocitaria attraverso salassi. Negli anziani con comorbidità, nei pazienti a forte rischio trombotico o con importante splenomegalia si utilizzano farmaci ad azione citoriduttiva. Per la terapia farmacologica, l’idrossiurea è il farmaco più maneggevole e a scarsa tossicità. I pazienti affetti da p. vera si giovano della terapia antiaggregante, come con l’acido acetilsalicilico a basse dosi, utilizzato per ridurre il rischio trombotico.