Polidòro Caldara da Caravaggio

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Pittore (Caravaggio 1500 circa - Messina 1543). Tra i seguaci di Raffaello, associatosi in seguito con Maturino fiorentino suo coetaneo e abile disegnatore, dietro l'esempio di Baldassarre Peruzzi, insieme con lui decorò molte facciate di case, con scene mitiche e storiche, allegorie, trofei, fregi, con nobiltà classica di concetti e di forme, prontezza di movimento, ricco spirito ornamentale, scienza di rilievo.  A loro spettano anche i primi esempi noti di paesaggio classico frescati a colori in S. Silvestro al Quirinale. Vasta fu l'influenza di P., specie per il gusto decorativo, sulla scuola romana, sul Parmigianino e sul conseguente stile eroico classico.

Vita e opere

Trasferitosi a Roma intorno al 1515, entrò nella bottega di Raffaello impegnata nella decorazione delle Logge Vaticane. Tra i seguaci di Raffaello egli si distinse nell'imitare in chiaroscuro e in graffito i bassorilievi antichi, onde tra le sue prime cose gli vennero attribuiti i monocromati della sala di Costantino. Per Giulio Romano eseguì i basamenti a grisaille della Stanza di Costantino e il soffitto del salone di villa Lante (gli affreschi, staccati, sono ora nel pal. Zuccari) e si affermò soprattutto nella decorazione di facciate. Nel vivace ambiente artistico romano P. si formò vicino a Giovanni da Udine e Perin del Vaga, ma fu certamente attratto dalle personalità più complesse del Rosso e del Parmigianino. I pochi resti dell'attività di pittore di facciate, intrapresa in collaborazione con Maturino da Firenze, mostrano nei dotti riferimenti visivi e letterari il suo personale approccio, coinvolgente ed emotivo, alla cultura archeologica (pal. Milesi, conosciuto da disegni e incisioni; pal. Ricci, molto ridipinto; Casino del Bufalo, frammenti in pal. Braschi). Ancor più significativi della sua personalità sono gli affreschi in S. Silvestro al Quirinale, eseguiti tra il 1524 e il 1527, con scene della vita della Maddalena e di s. Caterina immerse in paesaggi dalla vibrante resa atmosferica. Allontanatosi da Roma, dopo il sacco del 1527, soggiornò brevemente a Napoli (dipinti per l'altare maggiore di S. Maria delle Grazie alla Pescheria, distrutta, ora al Museo naz. di Capodimonte) per stabilirsi poi a Messina. In questa ultima fase i tocchi di eccentricità emergenti nella maniera post-raffaellesca delle opere romane irrompono in uno stile decisamente anticlassico, con elementi di un realismo a volte tendente al grottesco: Trasporto di Cristo al sepolcro (Napoli, Museo naz. di Capodimonte), Andata al Calvario (ivi), frammenti della pala per la chiesa del Carmine (Torino, Gall. Sabauda).

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