POLIFEMO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1965)

POLIFEMO (Πολύϕημος, Polyphemus)

P. E. Arias

Uno dei Ciclopi più noti fin dalla tradizione omerica (Od., ix, vv. 1047 ss.), figlio di Posidone e di Thoosa. Alle sue vicende è legata, infatti, la maggior parte delle rappresentazioni figurate dei Ciclopi. L'episodio ben noto dell'accecamento del mostro ha, in moltissime variazioni, l'assoluta prevalenza su altri temi, almeno per l'epoca arcaica e per quella classica.

In questi ultimi anni le scene dell'accecamento di P. si sono però moltiplicate nella tradizione figurativa. Due singolari documenti, un frammento di cratere argivo ed una maestosa anfora protoattica, databili intorno al 66o a. C., hanno arricchito la serie delle rappresentazioni del mito di P.; in tutti e due il palo destinato a distruggere l'occhio del mostro è tenuto in alto sollevato sulle braccia, ma P. nel primo frammento è semisdraiato sul terreno roccioso reso a regolari scaglie, mentre sul collo dell'anfora è seduto del tutto, come nel cratere di Aristonothos (v.). In generale si può dire che l'atteggiamento degli eroi nell'afferrare la pertica contro P. è di tre tipi: o la tengono in alto sollevata, ovvero la fanno appoggiare alla spalla, o, come nel cratere di Cerveteri, la tengono con le braccia abbassate. Interessante è il particolare del sangue che esce dalla ferita, proprio come nell'Odissea è detto che bagna il viso e il collo (ix, vv. 338 ss.).

Fra le più antiche rappresentazioni figurate di tipo omerico è anche quella che troviamo sul cratere a colonnette, forse di fabbrica argiva e databile agli inizî del VII sec. a. C., di Aristonothos, ora al museo del Palazzo dei Conservatori a Roma, con la rappresentazione dell'accecamento di P. ad opera di Odisseo e dei suoi compagni. La figura di P. è qui conservata soltanto nella metà inferiore; tuttavia non sarà stata molto diversa da quella, con barba e capelli lunghi e dall'aspetto quasi satiresco, di un piatto laconico del Louvre, di un alàbastron corinzio di New York, di un cratere a colonnette tardo-corinzio del Louvre, e di un'anfora calcidese di Londra, dove P. seduto, con capelli trattenuti da una tenia e con lunga barba, ha il corpo coperto da un folto pelame che si stende dal petto alle gambe, mentre il primo nella fila dei Greci che sostengono il tronco d'albero già fisso nel grande occhio, gli preme il piede sinistro sul torace. In una kỳlix beotica di Berlino, P. è steso a terra con le braccia discoste ed abbandonate nello spasimo della morte mentre l'occhio colpito è il destro; su di un'anfora a figure nere berlinese, lo stesso tipo viene usato per rappresentare P. che ha fra le mani una gamba ed un braccio di una sua vittima, mentre dietro di lui essa vien cotta su di un fuoco a legna. Nella kỳlix a figure nere di Boston in cui è raffigurata la scena della consegna del calice colmo di vino a P. da parte di Odisseo, il mostro è inginocchiato al centro. Con monotonia si ripete il tipo barbato di aspetto silenico, qualche volta accompagnato dalla clava e talora, come nella lèkythos della Bibliothèque Nationale di Parigi, con in mano un residuo del suo pasto feroce, nelle scene assai diffuse della fuga dei compagni di Odisseo dall'antro di P., che sono preferibilmente raffigurate su lèkythoi ed oznochòai a figure nere (cfr. Od., ix, 427 ss.); in alcune di esse, tuttavia, P. non è raffigurato. P. su di uno skỳphos a figure nere berlinese, forse vicino al Pittore di Teseo, è raffigurato di prospetto con il palo infilato nell'occhio destro mentre il sinistro è aperto ed un altro grande occhio è spalancato nel petto, che è quello del quale parla la tradizione letteraria. Generica appare la rappresentazione su di una kỳlix a figure nere di Würzburg e su di un'idria ceretana del Museo di Villa Giulia a Roma, di P. che insegue Odisseo o uno dei suoi compagni, sistemato sotto l'ariete. Su di un'idria ceretana pure di Villa Giulia. P. seduto, con la gamba sinistra piegata, conferma il suo aspetto gigantesco e primitivo, ma non mostruoso; i capelli e la barba lunghissimi si confondono addirittura e diventano tutta una massa dalla quale appena emergono il naso e una piccola parte del volto; non differisce, per la barba a punta e per le forme, da quella dei giganti nella ceramica a figure nere. Mostruosa fra tutte è la rappresentazione di P. nel ciclo più recente di pitture della Tomba tarquiniese dell'Orco, del III-II sec. a. C.; Cuclu, il Ciclope, è rappresentato col volto incorniciato da chioma e barba ispide e folte, bocca larga dalle potenti zanne, occhio enorme nel quale viene infilato il palo, mentre il corpo ricoperto di pelame appare veramente bestiale. È la figurazione più espressiva ed anche più nuova di P., che è rappresentato, però, come un mostro del mondo infero, accanto ad Hades.

Al pittore Timanthes, degli inizî del IV sec. a. C., autore di numerose pitture di tema mitologico, è attribuito un quadro rappresentante P. addormentato (Plin., Nat. hist., xxxv, 74) accanto al quale l'artista aveva dipinto dei satiri che misuravano il pollice del mostro col loro tirso; la scena è stata da tempo messa in relazione (dal Robert e da altri) sia col Ciclope euripideo, che è del 415 a. C., e che, appunto, presenta i satiri intorno al mostro, sia con un cratere a figure rosse di Richmond, dove si vede il mostro addormentato, col braccio destro abbandonato sul capo e con tre occhi, attorniato dai compagni di Odisseo che preparano il tronco che dovrà accecarlo e da due satiri saltellanti, che hanno la stessa funzione di quelli del dramma satiresco. P. è qui raffigurato con una corta barbetta e baffi, coi capelli irti, con tre occhi (quello al centro sulla fronte aperto e separato dagli altri mediante enormi sopracciglia) e con un enorme naso che ha due appendici laterali simili a porri. La presenza dei satiri, dei compagni di Odisseo e dell'eroe stesso fa giustamente pensare che la scena sia direttamente ispirata al dramma satiresco euripideo. Quasi di aspetto silenico appare il P., in atto di ricevere la coppa col vino, raffigurato sopra un sarcofago frammentario di Napoli, sempre col terzo occhio in mezzo alla fronte e di colossali dimensioni, come il P. di un mosaico della villa romana di Piazza Armerina (del IV sec. d. C.) che, a parte il terzo occhio, può ricordare per le dimensioni e per la pelle ferma annodata intorno al collo, il tipo di un Eracle barbato assai comune; sul ginocchio sinistro del gigante è un ariete sgozzato. In aspetto mostruoso appare P. su di una matrice di età romana per vasi a rilievo, tipo terra sigillata, di Berlino; la testa enorme con le fauci aperte, con la chioma e la barba fortemente agitate, dà all'immagine quasi l'aspetto di un volto di Gorgone. In aspetto analogo, ma piuttosto simile ad un sileno, P. appare su numerose lucerne romane. Il tipo benigno di P. appare anche nella scena, frequente dall'ellenismo in poi, di P. e Galatea, ispirata alla poesia bucolica. P. innamorato diventa qui un benigno ed irsuto pastore, fornito addirittura di lyra; nelle pitture della Casa di Livia sul Palatino egli è imberbe e del suo aspetto mostruoso non è rimasto che il terzo occhio in alto sulla fronte, mentre la chioma corta è appena incolta; la scena è molto vicina, come contenuto, all'xi idillio di Teocrito.

In un gruppo marmoreo al Museo Capitolino, dove P. è raffigurato con una delle sue vittime (di restauro moderno il capo della vittima e lo strumento musicale nella mano destra del mostro, che invece teneva in origine una coppa), il volto barbato e benigno, pur sormontato dal terzo occhio, assume un aspetto pastorale direttamente influenzato dalla poesia teocritea; così P. appare in un bronzetto della Bibliothèque Nationale di Parigi e così doveva essere nel gruppo con Ulisse del Museo Chiaramonti. Poco si può dire dei rilievi al Vaticano e al Louvre, rappresentanti tripodi fra i sostegni dei quali è raffigurato P. con Ulisse. La testa di P. è perduta; tuttavia, dall'atteggiamento e dall'insieme del gruppo si deduce che anch'esso sarà stato un tipo ellenistico barbato, simile a quelli precedenti; lo schema generale, specialmente in quello del Louvre, è molto simile a quello dell' Eracle seduto di tipo lisippeo.

Monumenti considerati. - Frammento di cratere di Argo: P. Courbin, in Bull. Corr. Hell., lxxix, 1955, p. i ss. Anfora protoattica di Eleusi: G. E. Mylonas, ῾Ο πρωτοαττικὸς ἀμϕορεὺς τῆς ᾿Ελευσῖνος, Atene 1957. Cratere di Aristonothos, Museo dei Conservatori: Helbig-Amelung, Führer Rom3, Berlino 1912, p. 551, n. 965; B. Schweitzer, in Röm. Mitt., lxii, 1955, p. 78 ss. Kỳlix laconica da Noia della Bibl. Nat. di Parigi: Mon. Inst., i, tav. 7; E. A. Lane, in Ann. Br. Sch. Athens, 1936, p. 164 (accecamento di P.). Alàbastron di New York: W. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, p. 319, n. 1200, fig. 159. Cratere a colonnette del Louvre: E. Pottier, Vases du Louvre, Album i, tav. 44. Anfora calcidese del British Museum: A. Rumpf, Chalkidische Vasen, tav. 203. Kỳlix beotica di Berlino: A. Furtwängler, in Arch. Anz., 1895, p. 34, n. 22, fig. 9. Anfora a figure nere di Berlino: A. Furtwängler, Berl. Vasenmal, n. 2123. Kỳlix a figure nere di Boston: F. Müller,Ant. Odyssee-Illustrationen, Berlino 1913, p. 14, fig. i. Skỳphos a figure nere di Berlino: Arch. Anz., x, 1895, p. 35, fig. 9; cfr. C. H. E. Haspels, Attic Black-Figure Lekythoi, p. 253. Scene della fuga dall'antro: oinochòe capuana a figure nere di Bruxelles: D. Feytmans, Cat. Vas. Bibl. Royale Bruxelles, Bruxelles 1948, tavv. 15-16, p. 38. Lèkythoi di Londra, Parigi, Atene, Bruxelles, Oslo, Baltimora, Dunedin: C. H. E. Haspels, op. cit., p. 259, nn. 122-126; J. D. Beazley, Black-fig., pp. 492, n. 71; 528, nn. 38-42; 551, nn. 331-334. Oinochòai a figure nere di Londra, Parigi, Bruxelles, Stoccolma: J. D. Beazley, Black-fig., p. 535, nn. 13-17; 537, n. 2. Kỳlix vulcente di Würzburg: S. Reinach, Rép. Vases, p. 337, n. 3. Hydria ceretana di Villa Giulia: M. Santangelo, in Mon. Piot, 44, 1950, p. 1 ss. Pittura tarquiniese dell'Orco: Fr. Weege, Etruskische Malerei, Halle 1921, p. 28, fig. 23, tav. 65. Cratere a figure rosse di Richmond (Coll. Cook) italiota: F. Winter, in Jahrbuch, vi, 1891, p. 271 ss.; L. Séchan, La trag. grecque dans ses rapports avec la céramique, Parigi 1926, pp. 34, 43, fig. 11; A. D. Trendall, Fruhitaliotiscle Vasen, tav. 12 b. Frammento di sarcofago di Napoli del II sec. d. C.: C. Robert, Sarkophagreliefs, II, p. 53, 148; S. Reinach, Rép. Rel., iii, p. 80, n. i. Mosaico di Piazza Armerina: G. Gentili, La villa imperiale di Piazza Armerina, Roma 1954, p. 38, fig. 22. Gruppo marmoreo capitolino: Helbig-Amelung, op. cit., n. 760, p. 416. Bronzetto della Bibl. Nat. di Parigi: Babelon-Blanchet, Catal. bronzes Bibl. Nationale, Parigi 1896, p. 350, n. 812. Gruppo di Odisseo e Polifemo del Museo Chiaramonti in Vaticano: Helbig-Amelung, op. cit., i, p. 69, n. 117. Rilievi con tripodi del Vaticano e del Louvre: idd., ibid., I, p. 208, n. 316; E. Petersen, in Festschr. Benndorf, Vienna 1898, p. 129 ss. Sarcofago di Prometeo del Museo Capitolino: Helbig-Amelung, op. cit., i, p. 437, n. 792. Pitture pompeiane con Polifemo e Galatea: S. Reinach, Rép. Peint., ii, p. 172, nn. 2-9. Pittura della Casa di Livia sul Palatino: G. E. Rizzo, Le pitture della casa di Livia, Roma 1936, p. 25 ss. Rilievi di Villa Albani e di Torino: T. Schreiber, Helienist. Rel., tav. ss.; S. Reinach, Rép. Rel., iii, pp. 143-44; 425-2. Sarcofago di Palazzo Mattei al Louvre: C. Robert, Sarkophagrel., ii, pp. 60; 182; S. Reinach, Rép. Rel., iii, p. 305, i.

Bibl.: B. Sauer, in Roscher, III, 2, 1897-902, s. v. Polyphemos, n. 2; J. E. Harrison, in Journ. Hell. Stud., IV, 1883, p. 249 ss.; C. Robert, Bild. u. Lied, Berlino 1881, p. 13 ss.; Fr. Müller, Die antiken Odyssee-Illustrationen, Berlino 1913, p. 2 ss.; S. B. Luce, in Am. Journ. Arch., XVII, 1913, p. 8 ss.; K. Scherling, in Pauly-Wissowa, XXI, 1952, c. 1810-22, s. v. Polyphemos, n. 2.

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