POLIPLOIDIA

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

POLIPLOIDIA

Giuseppe Montalenti

Condizione in cui il numero dei cromosomi di una cellula, o di un intero organismo pluricellulare è superiore al normale che si conviene indicare con 2 n, e chiamare diploide. Il corredo cromosomico di ogni cellula è di regola costituito da due serie elementari o genomi, costituite ciascuna da n elementi. Il numero aploide n è caratteristico dei gameti e si ottiene con un processo chiamato meiosi, che consta di due divisioni cellulari atipiche. All'atto della fecondazione, con l'unione di due gameti e dei rispettivi corredi cromosomici, viene ripristinato il numero diploide. Pertanto le due serie di n elementi che si trovano in ogni cellula diploide sono una di provenienza paterna, una di provenienza materna.

Le variazioni del numero diploide di cromosomi possono essere di tre tipi: 1) presenza di un sol corredo n (aploidia); 2) presenza di un corredo che è un multiplo intero di n (euploidia), oppure 3) corredo che è un multiplo irregolare di n (aneuploidia). Nel secondo caso si parla di individui triploidi, tetraploidi, pentaploidi, ecc. secondo che il numero base è moltiplicato per 3, 4, 5, ecc. Nel terzo caso la variazione - in più o in meno - interessa per lo più una sola delle coppie di cromosomi: 2 n + 1 oppure 2 n − 1. Gli individui vengono detti rispettivamente aplosomici (2 n − 1), trisomici (2 n + 1), e cosi via.

Aploidia. - Negli animali la meiosi avviene durante il processo della gametogenesi, e perciò soltanto i gameti maturi, normalmente, sono aploidi. Nelle piante invece la meiosi è intercalata in uno stadio più o meno precoce del ciclo vitale, e vi sono parecchie generazioni di cellule aploidi, le quali costituiscono il gametofito, e parecchie generazioni di cellule diploidi, che costituiscono lo sporofito. Una cellula, o un organismo pluricellulare, ha quindi la possibilità di svilupparsi in condizione aploide. Altri casi di aploidia normale si hanno, negli animali, in quelle specie in cui i maschi sono aploidi e derivano da uova partenogenetiche, come negli Imenotteri (ape) e in alcuni Rotiferi.

Nelle piante sono conosciuti parecchi casi di individui che sono eccezionalmente aploidi. Negli animali l'aploidia è più rara. Anche le uova che si sviluppano partenogeneticamente con un corredo aploide, in genere reduplicano il numero dei cromosomi, in seguito a processi che non sono ben conosciuti. Tuttavia in alcuni individui di Anfibî Urodeli, l'aploidia è stata accertata (es. G. Fankhauser, 1937). Le cellule aploidi hanno in genere dimensioni minori delle diploidi, e perciò anche gli organismi ch'esse costituiscono sono più piccoli del normale.

Euploidia. - La condizione poliploide propriamente detta può originarsi in varî modi: 1) per reduplicazione del corredo cromosomico di una cellula diploide; 2) per fecondazione di gameti non aploidi. Il primo evento può essere determinato da varie cause, e in particolare da uno choc di bassa temperatura che colpisce la cellula durante la mitosi o da particolari sostanze chimiche. Fra queste la più efficace è la colchicina, la cui azione poliploidizzante fu scoperta da A. F. Blakeslee e A. G. Avery (1937). In seguito molti altri composti furono sperimentati e parecchi si dimostrarono efficaci nel provocare la duplicazione del numero dei cromosomi. L'azione specifica di tali sostanze consiste in una inibizione della formazione del fuso della mitosi, senza che venga pregiudicato il decorso dei fenomeni che avvengono nei cromosomi. I quali perciò, dopo che si sono duplicati, come avviene normalmente nella mitosi non trovando il fuso a cui aderire, e non venendo suddivisi in due gruppi eguali, finiscono col ricostituire un unico nucleo. Questo consta di 2 n cromosomi ciascuno dei quali si è raddoppiato, cioè di 4 n: è tetraploide. Se perdura si avrà un ulteriore raddoppiamento, con conseguente octoploidia. Quando cessa l'azione del farmaco, il nucleo ricomincia a dividersi con mitosi normali, dando origine ad una linea di cellule tetraploidi o octoploidi, secondo il caso. Mediante l'azione di queste sostanze è dunque facile indurre sperimentalmente la poliploidia, specialmente nei vegetali. Con la fecondazione di gameti che, in conseguenza di anomalie della meiosi, non siano aploidi, si possono avere varî casi di p.: l'unione di un gamete aploide (n) con uno diploide (2 n) dà origine a uno zigote triploide (3 n).

Due gameti diploidi dànno un tetraploide, e così di seguito. I poliploidi in cui il numero base n è moltiplicato per un coefficiente pari possono dare origine a meiosi equilibrate, perché i cromosomi possono formare coppie regolari. Invece quelli in cui n è moltiplicato per un coefficiente dispari non possono dare meiosi equilibrate, per l'impossibilità di appaiamento regolare; da ciò risulta un alto grado di sterilità negli individui triploidi, pentaploidi, ecc. Questi si riproducono perciò per via agamica (piante) o per partenogesi (animali).

Una distinzione molto importante è quella fra autopoliploidi, in cui è lo stesso genoma che è ripetuto più di due volte, e allopoliploidi, in cui i genomi base sono di specie diversa. Questo fenomeno, che nelle piante è più frequente dell'allopoliploidia, può costituire una via d'uscita dalla sterilità degli ibridi interspecifici. Per esempio, gli ibridi fra Primula floribunda (n = 9) e Primula verticillata (n = 9) sono sterili perché gli n cromosomi di una specie non sono analoghi e perciò non possono appaiarsi regolarmente con gli n dell'altro. Tuttavia, da questo incrocio eseguito artificialmente sono nati alcuni individui fertili che hanno dato origine ad una nuova specie, chiamata Primula Kewensis. Questi hanno 2 n = 36 cromosomi. Gli ibridi con n + n cromosomi si sono poliploidizzati, e hanno così acquisito 2 n cromosomi di Primula floribunda e 2 n di P. verticillata: in tal modo, alla meiosi si possono formare regolari paia di cromosomi, 2 n + 2 n, e si hanno gameti fertili. Si conoscono molti altri casi analoghi, ed è probabile che in natura questo modo di formazione di nuove specie, nel regno vegetale, abbia una certa importanza.

In natura si trovano, specialmente nel regno vegetale. serie di specie in cui i numeri dei cromosomi sono multipli di un numero base: è probabile che siano derivate l'una dall'altra per poliploidizzazione, benché in alcuni casi si possa dimostrare che sono intervenuti fenomeni cromosomici più complessi. Casi di serie poliploidi si hanno per esempio nel grano: Triticum monococcum ha n = 7; numerose specie comprese nel gruppo "Emmer" (Triticum dicoccum, polinicum, durum, turgidum) hanno n = 14, e il gruppo "vulgare". che comprende le specie Triticum vulgare e Triticum compactum che forniscono il grano per la panificazione, hanno n = 21. Queste ultime sono quindi specie esaploidi (2 n = 42). Nel genere Rosa il numero base è anche 7, e si conoscono specie diploidi, triploidi, pentaploidi, esaploidi, octoploidi. Nel genere Allium vi sono diverse serie di specie, in cui il numero base è rispettivamente 7, 8, 9.

Si riteneva fino a pochi anni or sono che negli animali la p. fosse un fenomeno meno diffuso e di scarsa importanza. H. J. Muller (1925) fece osservare che poiché la determinazione del sesso si basa su di un bilancio cromosomico, la p., alterandolo, produrrebbe un grave squilibrio, e sarebbe quindi esiziale alla vita della specie. Negli anni più recenti si è visto che la p. è abbastanza diffusa fra gli animali ermafroditi (per es. planarie oligocheti). Negli animali a sessi separati, si accompagna spesso con la partenogenesi. Uno dei casi più anticamente noti è quello del crostaceo fillopode delle saline Artemia salina, in cui si conoscono razze diploidi anfigoniche, diploidi partenogenetiche e razze tetraploidi partenogenetiche. Le ricerche di E. Suomalainen sui Coleotteri Curculionidi del genere Otiorrhynchus hanno messo in evidenza una situazione molto interessante: tutte le specie bisessuate sono diploidi (n = 22); delle 17 specie partenogenetiche solo una è diploide, le altre sono poliploidi, e precisamente: 11 triploidi, 4 tetraploidi e 1 pentaploide.

Si hanno parecchi dati in favore dell'ipotesi che, sia negli animali, sia nelle piante, la p.. fino ad un certo grado (tri-, tetra-, penta-, esa-) rappresenti una condizione migliore per la vita in ambienti meno favorevoli: i poliploidi sembrano più resistenti e vigorosi dei diploidi.

Poliploidia somatica. - Alcune cellule del corpo, specialmente di natura ghiandolare, posseggono nuclei che anziché essere diploidi, sono più o meno altamente poliploidi. L. Geitler che ha analizzato questo fenomeno, dimostrando che deriva da processi di endomitosi (cioè moltiplicazione dei cromosomi entro la membrana nucleare, senza divisione dei nuclei), ha potuto constatare che in alcuni tipi di cellule in talune specie di Insetti, il coefficiente per cui è moltiplicato il numero n, è altissimo, fino a 1024. Si formano così nuclei giganteschi cui corrispondono cellule di dimensioni assai grandi. Si tratta evidentemente di una condizione di carattere funzionale, che sembra soprattutto favorevole alle cellule che hanno intensa attività ghiandolare. I cromosomi giganti delle ghiandole salivari delle larve di Drosophila, che rendono tanti servizî ai genetisti, si originano per un fenomeno analogo, in cui i cromosomi che si riproducono non si allontanano, ma rimangono riuniti a fascio (a questo fenomeno si dà il nome di politenia). Poiché la p. somatica non interessa le cellule germinali. non ha importanza dal punto di vista genetico, ma soltanto per quanto riguarda il differenziamento e la funzione di alcuni tipi di cellule.

Aneuploidia. - Casi di aneuploidia sono ben conosciuti in Drosophila, in base alle ricerche di C. B. Bridges, in Datura (A. F. Blakeslee) e in parecchie altre piante. La presenza di un cromosoma supplementare di una data coppia ha per lo più grande influenza sul fenotipo. Gli individui di Drosophila provvisti di tre cromosomi (triplo − X) hanno caratteri di femmina, ma sono sterili. I trisomici di Datura (24 + 1) hanno cassule di forma diversa dalla normale e differente secondo che il cromosoma supplementare appartiene alla coppia I, o alla II, ecc. fino alla XII. Le complicazioni che si verificano alla meiosi, in conseguenza della presenza di tre elementi, anziché di due, sono state analizzate soprattutto in Datura.

Recentemente si è scoperta l'aneuploidia anche nella specie umana. J. Lejenne. R. Turpin. M. Gautier (1959) osservarono in individui affetti da idiozia mongoloide la presenza di un cromosoma supplementare, così che il numero totale dei cromosomi è 47, anziché il normale 46. Altri ricercatori confermarono tosto questo reperto; e oggi si considera provato che il mongolismo è legato ad una trisomia, che interessa una delle coppie di minori dimensioni.

Anomalie del numero dei cromosomi sessuali sono causa di stati intersessuali. La presenza di un solo X, senza Y, cioè il corredo XO è spesso riscontrabile in quei casi di infantilismo con aspetto somatico femminile, che vanno sotto il nome di sindrome di Turner. Invece la presenza di un X supplementare (corredo XXY) si riscontra spesso nella cosiddetta sindrome di Klinefelter, che è caratteristica comune di individui maschi con ginecomastia, assenza di spermatogenesi e altre anomalie di tipo femminile.

Le ricerche in questo campo sono appena iniziate: è presumibile che nella specie umana esistano altre anomalie nel numero dei cromosomi legate con particolari forme morbose.

Bibl.: L. Geitler, Das Wachstum des Zellkerns, in Tierischen und pflanzlichen Geweben, in Ergebn. d. Biol., XVIII (1941), pp. 1-54; E. Suomalainen, Parthenogenesis in animals, in Advanc. Genet., III (1950), pp. 193-253; M. J. D. White, Animal cytology and evolution, 2ª ed., Cambridge 1954; R.A. Beatty, Parthenogenesis and polyploidy in mammalian development, Cambridge 1957; C. Swanson, Cytology and cytogenetics, Londra 1958, pp. 177-193; A. G. Avery, S. Satina, J. Rietsema, A. F. Blakeslee, the genus Datura, New York 1959; J. Lejenne, Le mongolisme, trisomie dégressive, in Annales de Génétique, II (1960), pp. 1-34; D. G. Harden, The chromosomes, in L. S. Penrose, Recent advances in human genetics, Londra 1961; pp. 19-38; O. J. Miller, Developmental sex abnormalities, ibidem, pp. 39-55.

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