POLITEISMO

Enciclopedia Italiana (1935)

POLITEISMO (dal gr. πολύς "molto" e ϑεός "dio")

Raffaele PETTAZZONI
Goffredo COPPOLA
Guido CALOGERO

È quella forma di religione che è caratterizzata dalla credenza e adorazione di più divinità, in contrapposto al "monoteismo" (v.) che è la credenza e adorazione di un Dio solo.

Il politeismo fu la forma religiosa dominante presso i popoli che raggiunsero un grado più o meno elevato di civiltà nel mondo antico (Egizî, Babilonesi, Assiri, Fenici, Cartaginesi, Indiani, Irani, Hittiti, Frigi, Traci, Greci, Italici, Germani, Celti, Slavi e altri), come pure nell'America precolombiana (Messico, America Centrale, Perù). Attualmente, nonostante il prevalere delle religioni monoteistiche, il politeismo è ancora vivo nel Giappone (shintoismo, come religione dello stato), nella Cina (confucianesimo, come religione dello stato, per lo meno fino alla rivoluzione del 1912), nell'India (induismo), nonché presso alcuni popoli incolti, ma soltanto fra quelli più progrediti (Polinesiani, Negri della Costa di Guinea).

Il politeismo è una formazione di carattere complesso rappresentante una fase non più primitiva della religiosità. Tutte, infatti, le forme religiose più elementari, non soltanto, come vorrebbe la teoria classica dell'evoluzionismo (v. religione: Storia delle religioni), lo spirito (animismo) e il demone (polidemonismo), ma anche il totem (totemismo), anche il divino impersonale (mana come teoplasma) diffuso nella natura (naturismo), oppure sviluppato mercé apposite operazioni sacrali (dinamismo magicorituale; v. magia), possono variamente concorrere a costituire l'idea e la figura del dio quale è concepita e adorata in una religione politeistica. Caratteristiche del dio in seno al politeismo sono: 1. un nome proprio, in corrispondenza con una meglio definita personalità individuale (di fronte alla folla anonima degli spiriti e ai gruppi di demoni a denominazione collettiva); 2. un culto di adorazione prestato da una comunità. Le ragioni onde una comunità è portata a adottare come suo dio sia uno spirito (per es., un antenato), sia un demone, sia un totem, sia un elemento della natura sono varie e molteplici: la prevalenza data agli elementi naturistici è verosimilmente dovuta al fatto che la grandiosità degli oggetti e fenomeni della natura conferisce al dio che li rappresenta quella potenza straordinaria di cui la comunità ha bisogno per sentirsi tutelata e protetta.

Carattere essenziale del politeismo è la credenza nella coesistenza di più divinità e l'adorazione loro da parte di un dato gruppo umano. La formazione di un pantheon politeistico dipende molto spesso dall'unificazione politica di più comunità, in quanto essa porta con sé, come conseguenza, l'aggregazione religiosa delle divinità rispettive. Più che le ragioni universali messe innanzi dalla teoria evoluzionistica come inerenti allo sviluppo stesso del pensiero umano (progressiva riduzione numerica degli esseri divini, in rapporto con una progressiva tendenza alla generalizzazione: v. monoteismo), sono qui in giuoco ragioni storiche contingenti, varie da luogo a luogo.

Un pantheon politeistico non ha mai la rigidità e la fissità di un sistema teologico: il dogma è del tutto estraneo allo spirito della religione politeistica, mentre il culto vi è l'elemento essenziale. Tuttavia si verifica molto spesso che le numerose divinità politeistiche di un dato popolo siano sottoposte a un processo di sistemazione, sia col metodo abbastanza primitivo delle genealogie (Esiodo), sia mercé il raggruppamento in triadi (Babilonia, India) o eptadi (Babilonia, ecc.), o enneadi (Egitto) o dodecadi (Grecia e Roma). Oppure ha luogo l'identificazione sincretistica d'una divinità con un'altra (Mā-Bellona a Roma) o con più altre (Marduk con Šamaš, Sin, Nergal in Babilonia), anche appartenenti a religioni diverse (sincretismo babilonese-persiano, sincretismo orientale-greco-romano), o addirittura con "tutte" le altre (Marduk identificato con ciascun altro iddio babilonese, Iside "panthea" in Egitto; panteismo indiano). Oppure si determina la supremazia di una divinità sopra tutte le altre, sia per ragioni politiche, in quanto il dio di una comunità conquistatrice o dominatrice o comunque unificatrice assume una posizione di predominio sopra gli dei delle comunità assoggettate o unificate (Ammone in Egitto al tempo della supremazia di Tebe, Marduk in Mesopotamia all'epoca dell'impero di Babilonia, Aššur durante il predominio assiro), sia per ragioni inerenti alla natura stessa di una data divinità.

Infatti si può constatare che nella maggior parte delle religioni politeistiche la divinità suprema è un dio del cielo, sia del ciclo diurno e sereno, sia del cielo notturno o temporalesco: Anu ("il Cielo") nella religione babilonese, Tesup nella religione degli Hurriti (e Hittiti), Varuna nella religione vedica (subentrato a Dyaus "il Cielo"), il "dio della vòlta celeste" (Erod., I, 131) nella religione dei Persiani, Zeus in quella dei Greci (Zeus Papas dei Bitinî, cfr. Arriano fr. 30, in Fragm. Histor. Graec., III, p. 592; Zeus Papaios degli Sciti, cfr. Erod., IV, 59; il ϑεός dei Traci, cfr. Erod., IV, 94), Giove (Jupiter, Diespiter) nella religione dei Romani e degl'Italici, Tinia in quella degli Etruschi, Donar-Thor (verosimilmente subentrato a Zīu-Tȳr) in quella dei Germani settentrionali, Perkunas (il Fulmine") presso i Lituani, Perun presso gli Slavi (Procop., De bell. goth., III, 14, 23); Seli ("il tonante") presso i Ceceni del Caucaso, Jumana-Inmar-Num presso gli Ugro-Finni, Tengri (il Cielo") dei Turco-Mongoli, T'ien ("il Cielo") dei Cinesi e altri (per il rapporto fra il dio celeste supremo delle religioni politeistiche e il dio unico delle religioni monoteistiche, v. monoteismo). Qua e là si trova traccia di un'antica supremazia della divinità della terra (Asia Minore e Creta preellenica; Negri del Sudan e della Costa di Guinea), onde sovente si svolge il binomio diffusissimo del Cielo padre e della Terra madre (Rangi e Papa presso i Maori, e corrispondenti divinità indonesiane, ecc.; Dyavapṛthivī nei Veda, ecc.). Più spesso la supremazia è assunta da una divinità del sole o della luna, non senza, eventualmente, il concorso di ragioni politiche, in quanto, per es., il sole, unico e massimo per tutte le genti, è assunto a divinità suprema di quelle comunità supernazionali che sono gl'imperi (religione del sole nell'impero degl'Inca, culto ufficiale di Sol invictus nell'impero romano, culto di Aton, il disco solare, istituito in Egitto da Amenḥótpe IV: v. amenothes).

Tanto la supremazia di una divinità sopra tutte le altre (monarcoteismo) quanto l'identificazione di una con tutte le altre (sincretismo e panteismo) non intaccano il carattere fondamentale del politeismo, perché lasciano sussistere, accanto alla divinità suprema o, rispettivamente, accanto alla divinità "panthea" (Jupiter pantheus, Corp. Inscr. Lat., II, n. 2008; Serapis pantheus, ibid., II, n. 46; Silvanus pantheus, ibid., VI, n. 695; una quae es omnia Isis, ibid., X, n. 3800), le singole divinità inferiori e particolari. Nemmeno intacca il politeismo l'aspirazione isolata a una concezione unitaria del divino quale si fece sentire in India e in Grecia specie nel campo della speculazione filosofica (Senofane, fr. 13 Diels: "un solo iddio, fra gli dei e gli uomini il sommo"; Antistene, fr. 24), né la devozione di qualche credente così concentrata nell'adorazione di una particolare divinità da ignorare momentaneamente (inni vedici, "salmi penitenziali" babilonesi, ecc.) e perfino addirittura negare (v. enoteismo) tutte le altre: voci che non vanno oltre l'individuo che le esprime e il momento in cui sono espresse, e quindi restano senza ripercussione nella religiosità ambiente.

Filosofia. - Data la precoce critica con la quale il pensiero (da Senofane in poi) investì il politeismo a favore del monoteismo, non parrebbe che il primo avesse mai potuto acquistare cittadinanza nel regno della filosofia. In realtà, per quanto le teologie filosofiche siano nella quasi totalità monoteistiche, oppure panteistiche, anche il politeismo è stato sottoposto qualche volta a interpretazioni speculative. Così, nella fase più propriamente religiosa del neoplatonismo classico (Giamblico, Edesio, ecc.), al mondo delle antiche divinità viene fatto luogo in un dato punto del processo emanatistico dal supremo principio dell'Uno alla realtà del molteplice. Il politeismo, cioè, è giustificato mercé una sua subordinazione al principio monoteistico: e ciò spiega come da tale corrente del neoplatonismo abbia tratto la propria formazione spirituale il grande restauratore della religione politeistica contro il cristianesimo, Giuliano l'Apostata. In tempi recenti, il Renouvier ha nuovamente prospettato la possibilità di una simile giustificazione teorica del politeismo, come gerarchia di potenze sovrumane culminanti nella suprema unità di Dio; e il James ha considerato il politeismo come l'unica dottrina religiosa ipoteticamente conciliabile con la sua concezione pluralistica dell'universo.

Bibl.: Monotheismus und Polytheismus, in Die Religion in Geschichte und Gegenwart, IV, Tubinga 1930, p. 185 segg.; Grant Allen, The Evolution of the Idea of God, Londra 1897; F. B. Jevons, The Idea o God in early Religions, ivi 1913 (traduz. ital., Milano 1914); G. Grey, Polynesian Mythology, Auckland 1885; L. von Schröder, Arische Religion, I: Einleitung. Der alt-arische Himmelsgott, Lipsia 1914; F. Cumont, La théologie solaire du paganisme romain, in Mémoires Acad. Inscript., 1909; J. G. Frazer, The Worship of Nature, I, Londra 1926 (trad. fr., Parigi 1927); The Mythology of all Races, IV: Finno-Ugrian, Siberian, (U. Holmberg), Boston 1927; R. Much, Der altgermanische Himmelsgott, in Abhandl. z. german. Philologie, Festgabe f. R. Heinzel, Halle 1898; G. Furlani, La religione babilonese e assira, Bologna 1928-29, voll. 2.