Polizia

Enciclopedia delle scienze sociali (1996)

Polizia

Frank E. C. Gregory

di Frank E. C. Gregory

Polizia

Problemi storici e metodologici

La polizia di ogni paese costituisce una manifestazione visibile della risposta che nel corso dei secoli e in una grande varietà di Stati è stata data a ciò che Allen Silver (v. Bordua, 1967) ha definito "la richiesta di ordine nella società civile". In genere, gli strati politicamente, socialmente ed economicamente più influenti della società si preoccupavano di provvedere a un corpo specializzato che garantisse la sicurezza della proprietà e dei cittadini e contribuisse a regolare le interazioni sociali mantenendole entro determinati limiti di comportamento sia privato che pubblico. La funzione della polizia ha quindi sia il connotato della 'forza', che quello del 'servizio'. La polizia è in genere un organo del potere esecutivo in parte in uniforme e spesso armato, e può essere distinta in base alla sua legittimazione, alla sua struttura e alla sua funzione. Nel suo significato originario il termine 'polizia' - che deriva dal greco πολιτεία (latino tardo politia) - si riferiva a un complesso di strumenti di governo e di amministrazione e quindi, potenzialmente, a un'ampia gamma di mandati.

A questo riguardo Otwin Marinin (v., 1985) ha osservato che, oltre al controllo della criminalità e della devianza o al mantenimento dell'ordine, la polizia aveva numerosi altri compiti tra cui la tutela dell'igiene e della sanità, il controllo del traffico, delle transazioni commerciali e degli stranieri, la sorveglianza dei costumi e della moralità pubblica, l'esecuzione di arresti e perquisizioni, la raccolta di informazioni.Le teorie correnti sulle origini e sulle funzioni della polizia si basano sostanzialmente sulle esperienze europea e nordamericana. Tuttavia, la crescente consapevolezza della necessità di tener conto di altri contesti sociali e culturali ha indotto gli studiosi a considerare esperienze diverse da quelle del mondo occidentale. David Bayley, che ha condotto un'analisi comparativa dei sistemi di polizia giapponesi e statunitensi, fa osservare che "la lingua giapponese riflette l'idea che sia legittimo modellare l'applicazione della legge sulle caratteristiche individuali. Giri e ninjo sono i due termini fondamentali che designano i doveri morali. Giri indica il dovere, gli obblighi della coscienza; ninjo la comprensione reciproca, la sensibilità empatica per le esigenze dell'altro. La persona morale incarna sia giri che ninjo" (v. Bayley, 1976, p. 137). Ne consegue che nella concezione dei Giapponesi la polizia ha il compito "di contribuire attivamente a inculcare i valori implicati dalle concezioni normative della comunità. Essa ha quindi una funzione pedagogica oltreché un mandato legale" (ibid., p. 184). Tuttavia la polizia americana e quella giapponese possono avere le stesse aspettative circa l'esito finale delle indagini, espresse nel concetto di 'buon arresto'.

Nelle società più semplici, in particolare nelle società tribali, gli antropologi hanno identificato sistemi differenti di mantenimento dell'ordine sociale; ad esempio la famiglia è ritenuta responsabile della condotta dei suoi membri, e nella composizione delle controversie vengono privilegiate le soluzioni conciliative, in contrasto con le nozioni occidentali di reato e di pena (v. Black, 1980). Nelle società tribali dell'Arabia saudita preislamica l'amministrazione della giustizia era demandata alle vittime di un 'crimine'. Nell'Arabia Saudita odierna il fondamento del diritto è la sharī'a, la legge sacra islamica (specialmente nella versione della scuola hanbalita, fondata dall'imam Aḥmad ibn Ḥanbal, 780-855), sicché il diritto penale si basa sul codice penale islamico (hudud). Le prime forme organizzate di polizia (v. Mawby, 1991) erano generalmente basate: a) su una classe guerriera (ad esempio i samurai in Giappone prima del XIX secolo, o le società di soldati dei Cheyenne); b) su un organo statale (ad esempio i vigiles dell'antica Roma, creati nel VII e VI secolo a.C.); c) su un gruppo di membri della comunità locale (ad esempio nell'Inghilterra anglosassone i tithingmen, ossia i capi di una divisione amministrativa formata da dieci famiglie, e gli hundredmen, agenti della polizia locale).

Tuttavia la colonizzazione, gli aiuti dati dalle grandi potenze allo sviluppo di sistemi di polizia locali durante la guerra fredda, la diffusione in altre parti del mondo del concetto di 'modelli di ruolo' in base al quale è strutturata la polizia in alcuni dei principali paesi occidentali quali gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia, hanno fatto sì che i sistemi di polizia europeo e americano esercitassero una profonda influenza a livello mondiale. Attualmente i paesi dell'Europa orientale e dell'ex Unione Sovietica ricercano esplicitamente l'aiuto dell'America e dell'Europa occidentale per sviluppare i propri sistemi di polizia in modo conforme ai modelli di ruolo. Andrej Dunayev, ministro degli Interni della Federazione russa nel 1991, ha affermato: "Preferisco di gran lunga gli standard etici degli organi di applicazione delle leggi nei paesi civili. In base ai loro principî il mio principale dovere è quello di servire il popolo, di proteggere la vita e la libertà dei cittadini, di difendere l'innocente dall'inganno, il debole dall'intimidazione, la persona pacifica dalla violenza" ("Izvestija", 29 settembre 1991).In precedenza abbiamo usato a proposito delle attività di polizia termini quali 'criminalità', 'ordine', 'servizio', 'controllo' e 'protezione'; sarà opportuno fornirne ora un'analisi e una spiegazione, poiché si è riconosciuto che le teorie sulla polizia e sulle sue funzioni sono condizionate da una serie di assunti concernenti il loro contesto politico e sociale.

Peter Manning (v., 1977, p. 41) ha rilevato che "la legittimazione della polizia in termini di autorità legale deriva dal potere dello Stato e dal rispetto che i cittadini hanno per esso, piuttosto che dalla legge come entità indipendente". Egli ha identificato tre tipi di spiegazione sulle origini della polizia: quella teleologica, quella incrementale e quella incentrata sul conflitto.Sia nella spiegazione teleologica che in quella incrementale la nascita delle organizzazioni di polizia è considerata una conseguenza naturale dello sviluppo di società civilizzate e sempre più urbanizzate, nonché una risposta all'aumento della criminalità. Le analisi incentrate sul conflitto riflettono un approccio marxista allorché collegano la nascita della polizia al bisogno sentito dalle classi proprietarie di "mettere ordine nelle case dei poveri", per usare un'espressione di E.P. Thompson (cfr. The making of the English working class, London 1963, p. 56). Tuttavia, come rileva Manning, tutti e tre questi approcci offrono solo spiegazioni parziali.

Eric Monkkonen (v., 1981) condivide sostanzialmente le conclusioni di Manning e sostiene la necessità di chiarire preliminarmente alcune questioni concettuali. In primo luogo occorre chiedersi se la polizia appartenga alla sfera amministrativa o a quella giudiziaria. Nel primo caso, essa è "responsabile verso quegli organi che hanno il compito di stabilire quale sia il significato delle norme giuridiche e se determinati comportamenti violino o meno le leggi". Nel secondo caso, alla polizia viene riconosciuta la facoltà di applicare "sanzioni positive e negative per assicurare l'applicazione della legge": come ebbe a dire un agente delle Compagnies républicaines de sécurité francesi, "il mio compito è quello di difendere la forma di governo repubblicana" (v. Gregory, 1976).Nella ricerca più recente si è affermata la tendenza a considerare la polizia come oggetto di studio della scienza politica, conformemente all'accezione originaria del concetto. Robert Reiner, uno degli studiosi più autorevoli in questo campo, accetta come la maggior parte dei suoi colleghi la definizione data da Skolnick, secondo la quale "la polizia civile è un'organizzazione sociale creata e sostenuta da atti politici per applicare le concezioni dominanti dell'ordine pubblico". Come osserva Reiner (v., 1985, pp. 12), esisterà sempre una polizia nelle società "divise in base alla diversità di classe sociale, di appartenenza etnica, di sesso e di altre forme di ineguaglianza; l'impatto delle leggi, anche se formulate e applicate in modo relativamente imparziale e universale, è destinato a riprodurre tali divisioni".In questa prospettiva politica il termine 'Stato di polizia' è usato, peraltro impropriamente, per definire quei paesi in cui vigono regimi autoritari di vario tipo. In questi Stati le forze di polizia agiscono arbitrariamente nei confronti dei cittadini, ricorrendo all'incarcerazione senza processo, alla tortura e all'assassinio quali strumenti ordinari di repressione.

Originariamente, tuttavia, l'espressione 'Stato di polizia' aveva una connotazione positiva, in quanto era usata per contrapporre il sistema di polizia relativamente ben sviluppato della Francia del XVIII secolo ai sistemi meno sviluppati di altri Stati europei, come ad esempio la Gran Bretagna. Christine Horton (v., 1995, p. 9) osserva in proposito: "Ciò che forse si ricorda più di ogni altra cosa relativamente al sistema di polizia sotto Luigi XIV è l'efficienza - ma anche l'arbitrarietà e la segretezza - della sua Haute police, la polizia politica incaricata di tutelare la sicurezza dello Stato, di svolgere attività di sorveglianza e di sventare i numerosi complotti che minacciavano il regime".L'immagine dello Stato di polizia che domina nel nostro secolo è stata notevolmente influenzata dalle prassi dell'Unione Sovietica e della Germania nazista. In questi Stati non esisteva alcuna separazione tra la funzione di servizio pubblico della polizia e il regime politico dominante. La funzione primaria del sistema di polizia era quella di reprimere, con ogni mezzo possibile, ogni forma di dissenso. Atti di arbitrarietà politica - come ad esempio la persecuzione degli Ebrei nella Germania nazista e dei 'contadini ricchi' nell'Unione Sovietica - erano appoggiati sul piano operativo dalla polizia. In questi Stati inoltre vennero creati dei corpi speciali di polizia politica fedeli al regime - la Ceka e le organizzazioni che la seguirono nell'Unione Sovietica, la Gestapo e le SS in Germania.

Negli ultimi anni, gli Stati postcomunisti dell'Europa orientale hanno intrapreso una riforma dei loro sistemi di polizia al fine di liberarli da ogni associazione con l'immagine e le prassi della 'polizia di Stato'. Purtroppo, nel mondo contemporaneo sono ancora molti i paesi in cui i sistemi di polizia, anche se non operano nel contesto di Stati di polizia formalmente strutturati, presentano nondimeno molte caratteristiche proprie di organizzazioni quali la Gestapo e le SS. Le attività di questi sistemi di polizia sono denunciate, spesso con particolari agghiaccianti, nei rapporti di Amnesty International. In questi paesi spesso i reati più gravi restano relativamente impuniti, laddove i poveri e i senzatetto sono vittime delle operazioni di 'pulizia' attuate dalla polizia.Sia nelle teorie degli studiosi che nell'opinione pubblica, nonché nella tradizione e nella cultura stessa della polizia, esiste uno stretto collegamento tra i compiti di quest'ultima e il problema della criminalità. Le statistiche sulla criminalità, le ondate di criminalità, la paura della criminalità, i tassi relativi ai casi risolti e agli arresti, hanno tutti un ruolo di rilievo sia nelle teorie sulle origini della polizia, sia nel dibattito attualmente in corso (ad esempio in Gran Bretagna) sulle sue funzioni fondamentali. Tuttavia i problemi legati alle cause e al controllo della criminalità, al campo della criminologia (v. ad esempio Roshier, 1989) e ai collegamenti con le riflessioni sulla giustizia sociale offrono ampia materia di controversia. In A theory of justice John Rawls, rifacendosi alle teorie di Kant e di Rousseau, analizza i contenuti della nozione di contratto sociale.

Come osserva Monkkonen "questo approccio alla riflessione sulla giustizia contribuisce a spiegare perché la società definisce reati certi comportamenti e dimostra inoltre come determinati comportamenti, per quanto scorretti, malvagi o nocivi, non siano o non debbano essere considerati come reati" (v. Monkkonen, 1981, p. 26). L'idea del contratto sociale è anche il fondamento di quella che viene definita 'criminologia classica', in cui l'attenzione si focalizza sul controllo delle presunte inclinazioni dell'individuo a violare le leggi (un esempio di questo approccio è l'opera di Cesare Beccaria Dei delitti e delle pene, pubblicata nel 1764).

La cosiddetta criminologia 'postclassica' mette invece l'accento sulla posizione dell'individuo nel contesto socioculturale in cui è inserito. Essa mira a comprendere "ciò che influenza l'individuo in direzione della conformità" (v. Roshier, 1989, p. 7) e quindi a ricollegare il comportamento criminale all'assenza di tali influenze. I principali contesti del controllo sono la famiglia e la comunità, la struttura sociale divisa in base alla classe, all'età, alla razza e al sesso, e le politiche del sistema della giustizia penale. In molti Stati il problema del controllo della criminalità è attualmente oggetto di un intenso dibattito politico, che a seconda dei suoi contenuti può avere un impatto diverso sull'organizzazione della polizia. Ad esempio, se un presidente degli Stati Uniti dichiara una 'guerra' alla droga, ciò può avere come conseguenza un aumento dei finanziamenti destinati alla polizia; oppure, un riassetto nell'organizzazione della polizia può rendersi necessario se si vogliono tutelare i bisogni di una 'comunità' che può avere all'interno di uno Stato una delimitazione spaziale diversa dai confini sia politici che di polizia.

Origini della polizia moderna

Anche se, come abbiamo visto nel capitolo precedente, lo studio della polizia e delle sue funzioni deve necessariamente far riferimento a una varietà di contesti sociali e storico-culturali, tuttavia perlomeno sulle origini storiche della polizia moderna - ovvero i tipi di polizia a noi 'familiari' - non sembrano sussistere opinioni contrastanti. Sia C. Emsley (v., 1983) che Hsi-Huey Liang (v., 1993), autori di due studi sulla nascita dei sistemi di polizia moderni, sostengono che questi si sarebbero formati verso la fine del XVIII secolo, in concomitanza con lo sviluppo dell'industrializzazione e dell'urbanizzazione delle società europee occidentali. Negli Stati Uniti invece tale processo avrebbe avuto luogo più tardi, verso il 1850 circa.Tuttavia se si distingue il problema della conservazione dell'ordine pubblico da quello, peraltro collegato, della prevenzione e della repressione dei reati, si possono individuare due diversi modelli del ruolo della polizia. Per quanto concerne il mantenimento dell'ordine Emsley (v., 1983, p. 1) osserva che "verso la metà del XVIII secolo i sovrani assoluti europei, alla ricerca di un sistema di polizia moderno, guardavano alla Francia. Parigi appariva la città europea meglio presidiata dalla polizia; si riferisce in proposito che un tenente della polizia parigina si vantasse del fatto che su tre persone riunite in conversazione, una era sicuramente un suo agente". Su queste basi, il periodo della Rivoluzione francese vide lo sviluppo di un sistema di polizia onnicomprensivo sebbene funzionalmente specializzato. Il Code des délits et des peines del 25 ottobre 1795, ad esempio, stabiliva quanto segue.

Articolo 16. La polizia ha il compito di garantire l'ordine pubblico, la libertà, la proprietà e la sicurezza individuale.

Articolo 17. La sua principale caratteristica è la vigilanza. Oggetto del suo interessamento è la società intera.

Articolo 18. Essa è divisa in polizia amministrativa e giudiziaria.

La Police administrative era un sistema di polizia centralizzato, alle dipendenze del ministro dell'Interno e amministrato localmente dai prefetti dipartimentali. Essa comprendeva la Police municipale (con funzioni di controllo del traffico, di prevenzione dei reati e di ordine pubblico) e la Police générale (con compiti di sorveglianza interna per assicurare la stabilità politica). La Police judiciaire, che dipendeva dal ministro della Giustizia, era preposta alla repressione dei reati o aveva attribuzioni analoghe a quelle dei moderni dipartimenti di polizia investigativa e dei procuratori distrettuali/magistrati inquirenti. I successivi sviluppi della polizia in Francia e nei paesi da essa influenzati furono tutti sostanzialmente delle varianti di questo modello centralistico e funzionalmente specializzato.

Un quadro diverso è offerto invece dalla Gran Bretagna, dove all'inizio del XIX secolo furono elaborate due risposte profondamente diverse ai problemi dell'ordine pubblico e del controllo della criminalità in generale. Sino a quel momento la polizia britannica aveva seguito l'antico sistema della common law, in base al quale spettava ai cittadini il compito di organizzare le attività di polizia della propria comunità, affidandole ai constables, un corpo di guardie municipali stipendiate, oppure a magistrati non togati e giudici di pace onorari con funzioni di sorveglianza. Si trattava di uffici soggetti all'autorità della Corona, ma con giurisdizione esclusivamente locale.

In Gran Bretagna dunque vigeva un sistema di polizia decentrato ed essenzialmente non professionale. Nei periodi di grave disordine pubblico tale sistema doveva essere coadiuvato dall'esercito regolare; le caserme destinate ad alloggiare le truppe aumentarono da 17 nel 1792 a 168 nel 1805, assicurando una riserva militare nei pressi di tutti i centri urbani. L'esercito regolare poteva essere rinforzato dalla Yeomanry, un corpo di volontari a cavallo.Tra il 1792 e il 1823 nella polizia britannica si verificarono due evoluzioni tanto importanti quanto diverse. Da un lato i governi britannici adottarono un sistema centralizzato analogo a quello che si andava affermando in Francia nelle aree che ponevano i maggiori problemi di ordine pubblico. Così sir Robert Peel, ministro per l'Irlanda negli anni 1812-1818, istituì un'unica forza di polizia armata, dotata di un'uniforme e alloggiata in caserme, il Royal Irish Constabulary. Tale modello venne replicato in molti possedimenti coloniali, ad esempio in Canada, dove fu creata la Royal Canadian Mounted Policy. D'altro lato però - poiché come ebbe a dichiarare nel 1822, all'inizio del suo mandato come ministro degli Interni, sir Robert Peel, "un sistema di polizia ampio e centralizzato sarebbe in contrasto con la libertà inglese" (v. Emsley, 1983, p. 60) - per l'Inghilterra, il Galles e la Scozia si preferì una nuova versione del sistema di polizia organizzato su basi locali, in cui ai giudici di pace stipendiati (stipendiary magistrates) venivano affiancati una serie di 'commissariati' o uffici di polizia, dotati di piccole unità di agenti stipendiati e in divisa. Il più famoso di essi fu l'ufficio londinese di Bow Street.A seguito di questi sviluppi e delle preoccupazioni per l'aumento della criminalità a Londra espresse da una commissione parlamentare istituita ad hoc nel 1828, sir Robert Peel riuscì a far approvare dal Parlamento nel giugno 1829 il suo progetto di legge sulla Metropolitan Police.

L'anno successivo, dunque, Londra fu dotata di una forza di polizia civile in uniforme blu composta da 3.200 agenti sotto il comando del colonnello Charles Rowan e di Richard Mayne, la Metropolitan Police appunto, al cui interno nel 1842 venne creata una sezione investigativa. Questo modello fu gradualmente imitato nei distretti urbani (boroughs) e rurali (counties) a partire dagli anni trenta dell'Ottocento. Va osservato tuttavia che all'interno di questo sistema di polizia decentrato il governo, attraverso il ministro degli Interni, conservava il controllo della Metropolitan Police, la quale quindi poteva agire, e agiva di fatto, come una forza di polizia nazionale. Nel 1839, ad esempio, un centinaio di agenti della Metropolitan Police vennero inviati a Birmingham per coadiuvare la piccola forza di polizia locale composta di 30 agenti. Un politico francese, Léon Faucher, poteva dunque osservare a ragione verso il 1840 che 'lo spirito di centralizzazione' manifestato dalla creazione della Metropolitan Police costituiva una novità importata di recente e di ispirazione puramente francese (v. Emsley, 1983, p. 75).Si tende spesso a mitizzare la polizia britannica moderna: l'immagine benevola del bobbie londinese, amichevole e disarmato, viene contrapposta ai corpi di polizia dell'Europa continentale con origini e ruoli militari (come ad esempio la Gendarmerie nationale francese o l'Arma dei Carabinieri italiana), spesso considerati esempio di un tipo di polizia più repressivo. Di conseguenza, prima di esaminare i problemi analitici inerenti a ogni tentativo di comparazione tra i sistemi di polizia dei diversi paesi, è opportuno soffermarsi ancora sulle origini della polizia moderna facendo riferimento al caso della Francia e degli Stati Uniti.Il dettagliato studio sulla nascita della polizia moderna di Hsi-Huey Liang (v., 1993) è assai ricco di notizie interessanti sul sistema di polizia francese verso la metà del XIX secolo. In primo luogo, tutti i governi francesi avevano sempre attribuito un'importanza fondamentale al ruolo della polizia nel mantenimento dell'ordine interno (ordre fondamental) e nella 'difesa del territorio', ossia nel proteggere la Francia, dall'interno, dalle minacce provenienti da altri Stati e da cittadini stranieri.

Come osserva Hsi-Huey Liang (ibid., p. 44), in Francia "in generale il mantenimento del buon ordine era compito del governo, mentre il compito dei cittadini era quello di criticare quando le cose andavano male". In secondo luogo, il sistema di polizia centralizzato era diviso al suo interno in varie organizzazioni antagoniste: la Sûreté générale, la polizia di Parigi, la Gendarmerie e il Deuxième Bureau (il servizio segreto dell'esercito). Inoltre le autorità cui facevano capo i corpi di polizia - il ministro degli Interni, i prefetti e i sindaci - non erano funzionari di polizia operativi. La Gendarmerie francese, così come l'Arma dei Carabinieri in Italia, costituiscono esempi dell'impiego in servizio permanente di polizia civile di una forza armata, alla quale però è stato consentito di evolversi in modo tale che le sue attribuzioni militari sono completamente separate da quelle civili in tempo di pace e subordinate a esse.Ciò che è importante rilevare è che negli Stati essenzialmente democratici anche sistemi di polizia armati e controllati dal governo centrale sono inseriti in una struttura politica consensuale. A proposito della Francia all'epoca del Secondo Impero Hsi-Huey Liang (ibid., pp. 54-55) ha osservato che "l'incapacità della polizia francese di tutelare la stessa Parigi dalle attività sovversive era dovuta al semplice fatto che il Secondo Impero non era realmente un regime rivoluzionario, e tantomeno totalitario". Arrivando al periodo del 'maggio francese', nel 1968, vediamo così il generale de Gaulle, allora presidente della Repubblica, posto di fronte all'alternativa tra scendere a un compromesso o aprire il fuoco sugli studenti nelle strade di Parigi, dopo che per giorni i poliziotti delle Compagnies républicaines de sécurité avevano tentato inutilmente di ripristinare l'ordine usando i manganelli e i gas lacrimogeni.

Analogamente, i filmati dei notiziari francesi mostrano periodicamente le squadre di polizia limitarsi a tenere a distanza i contadini e i pescatori in rivolta, anche quando questi bloccano le vie principali.Gli studiosi americani sono ampiamente concordi sul fatto che "l'organizzazione della polizia americana è frutto del suo retaggio inglese" (v. Walker, 1983, p. 2) e che, nella sua forma moderna, "la prima polizia degli Stati Uniti si modellò volutamente sul precedente inglese [la Metropolitan Police]" (v. Monkkonen, 1981, p. 40). Tuttavia, come nota Monkkonen riferendosi al lavoro dello storico Wilbur Miller, i nuovi sistemi di polizia americani si legittimavano in modo diverso da quelli britannici. Laddove infatti la Metropolitan Police rifletteva la volontà del Parlamento di fornire un nuovo strumento di sostegno della legalità attraverso lo sviluppo del vecchio sistema dei constables, in America la polizia dipendeva in misura molto maggiore dal governo locale. Ciò dava adito a molti abusi sul piano pratico; per citare le parole attribuite a un agente di polizia di New York, 'Clubber' Williams: "C'è più legge nella testa di un manganello di un poliziotto che non in una decisione della Corte Suprema" (ibid., p. 39). Come osserva Walker (v., 1983, p. 7) nel XIX secolo "la polizia americana [...] era estremamente poco professionale. In base ai principî della politica democratica ogni cittadino poteva detenere una carica pubblica. [...] il lavoro della polizia era dominato dalla corruzione e dall'inefficienza. L'origine di questi problemi era la politica; il governo locale era considerato principalmente come una fonte di opportunità - di impiego, di profitto, di mobilità sociale, di corruzione".

Mentre la polizia britannica moderna ebbe sin dagli inizi il carattere della professionalità, solo al principio del XX secolo cominciò "una campagna per professionalizzare la polizia americana", campagna che rientrava nel quadro di un "movimento di riforma assai più ampio, noto come progressismo, [il quale] cercava di modernizzare le istituzioni sociali" (ibid., p. 6). Tra i principali promotori di questa campagna di riforma figuravano Richard Sylvester - sovrintendente del distretto di polizia di Columbia dal 1898 al 1915 e presidente della prima organizzazione professionale della polizia, la International Association of Chiefs of Police (IACP) - e August Vollmar, capo della polizia di Berkeley, California, dal 1905 al 1932 e fautore di una migliore formazione professionale degli agenti di polizia.'Professionalizzare' la polizia per il sistema americano fortemente decentrato significava in generale "estromettere la politica dalla polizia e la polizia dalla politica" (ibid., p. 7). Più specificamente, la riforma aveva come obiettivi l'assunzione di personale con competenze specializzate per i dipartimenti preposti alla sicurezza, la centralizzazione del comando di polizia per controbilanciare il potere dei politici locali, l'introduzione di standard minimali di ingresso per le reclute, l'istituzione di sezioni specializzate (squadra del buoncostume, polizia minorile, ecc.), e infine lo sviluppo di una deontologia professionale.

Purtroppo il tentativo di creare corpi di polizia più disciplinati si tradusse spesso nell'adozione di modelli militari. Si è affermato ad esempio che quando "la missione della polizia venne concepita come una guerra alla criminalità [...] ciò finì spesso per alienare la polizia dai cittadini" (ibid., p. 8) per il modo in cui tale missione veniva attuata.Nel sistema di polizia americano sono riconoscibili sin dall'inizio due ulteriori deviazioni rispetto al modello britannico, che costituiscono altrettante affinità con i sistemi di alcuni paesi dell'Europa continentale. In primo luogo vi fu una graduale diffusione di forze di polizia statali - come ad esempio i Rangers del Texas (1835) e lo State Constabulary della Pennsylvania (1905). Là dove queste unità non costituivano semplici corpi di polizia stradale, ma avevano poteri di polizia generali, ebbero un ruolo importante nel mantenimento dell'ordine pubblico, specialmente nelle controversie legate al lavoro. In secondo luogo, nel 1908 il presidente Theodore Roosevelt creò un'agenzia governativa federale, il Bureau of Investigation, che nel 1934 assunse il nome di Federal Bureau of Investigation (FBI).

Problemi di analisi comparativa

Un'importante problematica nell'ambito delle scienze sociali è quella della metodologia dell'analisi comparativa delle organizzazioni umane, tra cui rientrano anche i sistemi di polizia. Secondo David Bayley, considerato uno dei fondatori della moderna analisi comparativa dei sistemi di polizia, "le istituzioni di polizia sono modellate dal contesto sociale. I poliziotti non stanno in isolamento, ma riflettono la società", in particolare fattori quali "l'omogeneità sociale, la mobilità occupazionale, il ruolo dei gruppi nello sviluppo dell'identità personale, la fiducia nella tecnologia, la regolamentazione dell'uso delle armi da fuoco, la moralità sessuale, il rispetto dell'autorità, e la filosofia politica" (v. Bayley, 1976, p. 195). Un significativo problema tuttavia è costituito dal fatto che, come ha osservato Mawby, "non esiste una definizione universalmente accettata della 'polizia', né dei compiti e delle attività in cui consiste effettivamente il 'lavoro della polizia' - un prerequisito essenziale di ogni serio tentativo di analisi comparativa" (v. Mawby, 1991, p. 2).

Per fare un esempio, il sistema di polizia italiano comprende la Guardia di Finanza, il Corpo degli agenti di custodia e il Corpo forestale, tutte organizzazioni che non hanno corrispettivi nel sistema britannico.A parte queste ovvie difficoltà, possono insorgere dei problemi per quanto riguarda la raccolta di dati comparativi attendibili, specialmente nei paesi in via di sviluppo; è noto altresì che le statistiche sulla criminalità non sono indicatori validi dell'efficienza della polizia. Gli studiosi hanno cercato di ovviare a queste difficoltà elaborando delle classificazioni basate sul tipo di governo, di società, di tradizione giuridica, e di organizzazione della polizia (sistemi centralizzati o decentrati). Sono state così individuate cinque varianti principali: inglese/gallese, statunitense, europea, coloniale/postcoloniale, autoritaria/totalitaria.

Entro questo quadro analitico gli studi comparativi possono focalizzarsi su diversi aspetti. Alcuni incentrano l'attenzione sui corpi di polizia che svolgono compiti finalizzati al mantenimento del dominio di una élite, di un partito o di un leader politico - come la Gestapo della Germania nazista, il KGB dell'Unione Sovietica e il 'Ton Ton Macoutes' di Haiti. Altri analizzano il modo in cui i sistemi di polizia dei vari Stati affrontano le sedizioni e altre forme di disordine pubblico. Un altro approccio, rifacendosi alle definizioni sociologiche del concetto di 'professionalità', si propone di stabilire il grado di professionalità dei vari sistemi di polizia. Un tipo di analisi che può essere considerata molto tradizionale si incentra sul problema del rapporto polizia-cittadini, mettendo a confronto, ad esempio, il lavoro di un 'distretto di polizia' in una città americana e quello di una 'stazione' di polizia in una città britannica.

Certe attività criminali, come ad esempio il traffico della droga, non sono più un problema locale ma hanno assunto ormai una dimensione internazionale. Molti studi, di conseguenza, sono ora dedicati al modo in cui questi nuovi problemi sono affrontati dai diversi Stati e attraverso la cooperazione internazionale. Nel caso del traffico della droga, ad esempio, ci si è resi conto che la polizia, così come viene comunemente concepita, può essere solo uno degli organi di applicazione della legge con attribuzioni di controllo del traffico e dell'uso di stupefacenti. Così in America, oltre alla polizia locale e statale e all'FBI, nelle attività antidroga sono coinvolte altre importanti agenzie governative quali la DEA (Drug Enforcement Agency), la polizia doganale, la guardia costiera e persino l'esercito. Un ruolo di rilievo è svolto anche dall'Internal Revenue Service, vista l'importanza - riconosciuta a livello internazionale - di rintracciare e confiscare i beni, soprattutto finanziari, delle organizzazioni criminali.Nonostante le difficoltà presentate dall'analisi comparativa, alcune problematiche concernenti l'attività di polizia rivestono un particolare interesse per le scienze sociali.

L'attenzione per le caratteristiche dei poliziotti come categoria professionale, nonché il riconoscimento del fatto che questi hanno un'ampia facoltà discrezionale nell'uso della pletora di poteri legali a loro disposizione, hanno indotto i ricercatori a studiare quella che J. Skolnick (v., 1966) ha definito working personality. Si è quindi analizzata la 'cultura della polizia', ossia i processi di integrazione sociale della professione che possono influenzare i rapporti tra le forze di polizia e i cittadini. Una tematica cui viene prestata particolare attenzione concerne il modo in cui la polizia affronta i problemi - inclusa la criminalità - legati a particolari gruppi etnici, agli omosessuali, o a categorie sociali con stili di vita atipici, come gli zingari e i barboni.

La ricerca nell'ambito di quelli che possiamo definire in senso ampio 'studi sulla polizia' tende a privilegiare, sia a livello nazionale che in una prospettiva comparativa, quei settori delle organizzazioni di polizia che hanno maggiori opportunità di interagire con la società: le unità che sorvegliano gli spazi pubblici e gli agenti delle stazioni di polizia nelle aree rurali e urbane; la polizia investigativa che ha il compito di prendere notizia dei reati e di ricercarne i colpevoli, e infine la polizia preposta al mantenimento dell'ordine pubblico. Una distinzione abbastanza comune e visibile è quella tra la polizia in uniforme, preposta alla prevenzione dei reati e al mantenimento dell'ordine pubblico, e la polizia investigativa in borghese.L'analisi comparativa può ricercare le affinità e le differenze tra i diversi paesi per quanto concerne le funzioni fondamentali della polizia che abbiamo appena illustrato.

Nel caso dell'Italia, ad esempio, uno studio sull'Arma dei Carabinieri mostrerebbe che essa ha un'organizzazione territoriale la cui unità operativa elementare e fondamentale è la stazione (ne esistono 4.608), oltre che un reparto mobile separato che svolge funzioni di ordine pubblico. In Italia però esiste un'altra forza di polizia, la Pubblica Sicurezza (PS), anch'essa dotata di squadre mobili con funzioni di ordine pubblico. In Inghilterra, in Scozia e nel Galles esiste un unico tipo di polizia in uniforme, articolata però in unità territoriali separate, mentre manca una forza armata in servizio permanente di polizia. Negli Stati Uniti le forze di polizia sono articolate in base ai vari livelli del governo locale: si hanno così i dipartimenti degli sceriffi nelle contee, la city police, la polizia stradale o polizia dei vari Stati e l'FBI al livello federale.

Queste distinzioni tipologiche possono dirci qualcosa sull'aspetto esteriore di una forza di polizia, che però non rispecchia necessariamente il modo in cui essa si comporta sul piano operativo. Ad esempio, si riteneva che i corpi di polizia nell'ex Unione Sovietica e nell'ex Repubblica Democratica Tedesca fossero in grado di reprimere ogni forma di dissenso e di protesta; tuttavia gli eventi della fine degli anni ottanta hanno dimostrato come l'efficienza delle forze di polizia fosse legata in modo cruciale al livello di autorità politica e di stabilità dei gruppi che detenevano il potere.

Un approccio alternativo è offerto da Bayley (v., 1982), il quale ha cercato di classificare gli Stati e le loro forze di polizia sulla base dei metodi di controllo sociale, identificando i tre modelli seguenti: a) modello autoritario - presente nei sistemi totalitari, in cui lo Stato prende tutte le misure necessarie per il controllo della società al fine di raggiungere determinati obiettivi politici; i corpi di polizia in genere hanno un assetto militare e sono armati; b) modello orientale - le funzioni di polizia sono in genere esplicate dalla comunità stessa, con un forte coinvolgimento dei cittadini; Bayley cita come esempi in proposito la Cina e il Giappone; c) modello anglosassone - comporta un tipo di polizia maggiormente specializzato, le cui funzioni sono più strettamente connesse alla prevenzione e repressione dei reati e al mantenimento dell'ordine pubblico; lo si trova in paesi quali la Gran Bretagna, l'America, la Danimarca e l'Australia.

Non sono mancate le critiche alla tipologia proposta da Bayley. Si è osservato che - come dimostra l'esempio della Repubblica Popolare Cinese, in cui la polizia presenta caratteristiche nettamente autoritarie - "tutti questi stili possono coesistere nelle forze di polizia di una nazione, indipendentemente dal tipo di Stato e di società" (v. Brewer e altri, 1988). Così la polizia britannica può apparire marziale e autoritaria quando è impegnata in azioni antiterroristiche o di repressione dei disordini, e 'orientale' nel servizio di routine degli agenti di polizia locale. Se l'analisi comparativa può offrire interessanti prospettive sul lavoro della polizia a livello sia generale che particolare, tuttavia, come ha osservato giustamente Bayley (v., 1976, p. 195), "le prassi di polizia non sono elementi intercambiabili. Alcune si adattano a un diverso contesto sociale, altre no. Non esiste alcuna remora culturale negli Stati Uniti contro il prolungamento a un anno del periodo di addestramento della polizia, come è avvenuto in Giappone, o contro l'istituzione di consulenti della polizia. Tuttavia vi sono enormi ostacoli al disarmo della polizia e [all'uso delle forze di polizia per svolgere] attività di sorveglianza dei quartieri".

Il dibattito contemporaneo sui ruoli e sull'organizzazione della polizia

Nonostante le differenze tra i sistemi e le prassi della polizia dei diversi paesi, nel dibattito contemporaneo sui ruoli delle forze dell'ordine emerge una sorprendente concordanza su quelle che dovrebbero costituirne le funzioni primarie. È stato osservato a proposito del simbolo più visibile dell'attività di polizia - l'agente in servizio di pattuglia - che questi raramente ha a che fare con reati di grave entità. Ad esempio Thomas Feltes (v., 1994) in uno studio sulla Germania ha messo in evidenza come le mansioni legate al controllo del traffico costituiscano il 25-60% dell'attività degli agenti in servizio nelle strade delle città tedesche. Una quota rilevante del lavoro della polizia è assorbita inoltre dal disbrigo di pratiche amministrative.In molti paesi l'esigenza di potenziare i propri sistemi di polizia al fine di far fronte in maniera più efficace ai problemi della criminalità attuali o previsti ha portato al tentativo di definire un nucleo di 'obiettivi chiave' per una riforma della polizia. Questo approccio, che è ai suoi primi anni di sperimentazione in Gran Bretagna e in Canada, è stato ispirato dal rapporto 'Polizia del 2000', e ha dato luogo in Olanda a significative trasformazioni strutturali che hanno avuto come risultato un sistema di polizia fortemente decentrato.

Questo dibattito - e in alcuni casi i riscontri pratici che esso ha avuto al livello dell'organizzazione della polizia - si è incentrato in parte su di un riesame della nozione di 'comunità' nelle sue valenze sociali e politiche, e sull'esigenza di istituire un più stretto collegamento tra polizia e comunità.

In Gran Bretagna si è riconosciuta l'esistenza di un dilemma a questo riguardo, poiché una 'comunità' può desiderare un maggior numero di agenti adibiti alla sorveglianza dei quartieri e delle strade, mentre determinate attività criminali, come il traffico della droga, richiedono squadre di polizia specializzate. L'aspetto interessante di questo dibattito è che esso modifica i luoghi comuni relativi ai tipi di organizzazione della polizia. In Francia ad esempio, paese in cui si ritiene domini il modello di una polizia di Stato organizzata su basi nazionali, si sta sperimentando un più stretto collegamento tra le forze dell'ordine e le comunità locali, che risponde a un progetto definito in termini non tanto di decentramento quanto piuttosto di 'territorializzazione' (v. Jankowski, 1994, p. 3), o anche di 'associazione' e di politiche di sicurezza 'locale'. Determinati poteri delle prefetture sono stati devoluti ai sindaci e ai consigli dipartimentali, ed è stato creato un certo numero di forze di polizia municipali, peraltro con attribuzioni limitate. Il fatto più importante è che "è in atto una profonda trasformazione negli ordini di priorità e nella definizione dei ruoli della polizia [...] il modello repubblicano della polizia francese era imperniato sulla priorità data all'ordine pubblico" (ibid., p. 4). È quanto ha riconosciuto l'ex ministro dell'Interno Pasqua, il quale ha affermato che "occorre passare da un sistema di polizia al servizio dello Stato ma poco attento alle aspettative pubbliche a una polizia orientata alla comunità, custode della legge ma impegnata a rispondere ai bisogni della cittadinanza" (ibid.).

I tentativi di sviluppare una polizia al servizio della comunità sono collegati, in alcuni paesi avanzati, al problema di provvedere alla 'sicurezza' nelle società postmoderne. Ad esempio, i cittadini più abbienti potrebbero essere in condizione di acquistare dallo Stato o da aziende private servizi di polizia supplementari alla stregua di un bene di status. In Gran Bretagna i cittadini sono incoraggiati ad assumersi maggiori responsabilità per la sicurezza delle loro proprietà e dei loro quartieri abitativi attraverso sistemi di 'sorveglianza del vicinato'.

La polizia come problema transnazionale

Oltre a questo ripensamento della concezione dominante secondo cui la polizia è un servizio pubblico che deve essere erogato esclusivamente dallo Stato, un altro fenomeno tipico delle società postmoderne è quello della progressiva erosione dell'autosufficienza dello Stato territoriale, che ha anch'esso importanti ripercussioni su alcuni aspetti delle funzioni della polizia. In primo luogo, si è registrato negli ultimi anni un notevole aumento nel volume dell'attività internazionale della polizia. Alcune attività criminali hanno tipicamente una dimensione internazionale - il terrorismo, il traffico della droga, i reati finanziari transnazionali, in particolare il riciclaggio del denaro sporco e il traffico illegale di oggetti d'antiquariato e di opere d'arte. Nasce quindi la necessità per la polizia di condurre indagini al di fuori della propria giurisdizione territoriale con l'autorizzazione della polizia di altri paesi e in collaborazione con essa. Inizialmente nell'ambito dell'Europa occidentale, e ora anche in collegamento con i paesi dell'Est europeo e con la Russia, è stata creata una rete di polizia per il controllo del traffico della droga. Esiste anche una rete analoga ma più ristretta di squadre speciali antiterrorismo. I dati relativi agli Stati Uniti dimostrano una rimarchevole espansione dell'attività internazionale della polizia.

Potenzialmente, gli sviluppi più significativi a questo riguardo sono quelli in atto nell'Unione Europea. Nel 1975 gli Stati membri dell'UE hanno cominciato ad affrontare i problemi del terrorismo e del traffico della droga attraverso l'istituzione di un foro intergovernativo per la cooperazione in materia di applicazione delle leggi: si tratta del cosiddetto sistema TREVI, basato su incontri al vertice dei ministri degli Interni con i livelli operativi a essi associati per la cooperazione tra autorità e agenti di polizia. Oltre alla cooperazione nella lotta al traffico degli stupefacenti e al terrorismo, il sistema TREVI ha promosso anche forme di cooperazione tra le polizie nazionali per il controllo delle tifoserie violente nelle partite di calcio, nonché lo scambio di esperienze per quanto riguarda la formazione professionale delle forze di polizia.Alla fine degli anni ottanta, in concomitanza con lo sviluppo del programma del Mercato Unico, gli Stati membri della Comunità Europea (l'attuale Unione Europea) si resero conto che la libertà di circolazione intracomunitaria avrebbe reso necessarie misure compensative di applicazione delle leggi. Nel 1988 il Cancelliere tedesco Helmut Kohl propose la creazione di un 'FBI europeo', ossia di un corpo di polizia investigativa multinazionale autorizzato a compiere indagini in qualunque Stato all'interno del territorio comunitario. Sebbene tale progetto non sia stato realizzato nella forma proposta, si sono avuti altri importanti sviluppi. La Convenzione di Schengen del giugno 1990, entrata in vigore nel marzo del 1995, è sostanzialmente un accordo in materia di polizia di frontiera tra gli Stati membri dell'UE, con l'eccezione della Gran Bretagna e dell'Irlanda. La Convenzione ha attivato un sistema di elaborazione dati per lo scambio immediato di informazioni su persone e oggetti (ad esempio narcotici, armi) tra la polizia e gli uffici doganali degli Stati firmatari. In determinate circostanze la Convenzione autorizza altresì le forze di polizia di uno Stato a proseguire al di là della propria giurisdizione territoriale la ricerca degli indiziati di reato.

Uno dei pilastri del Trattato di Maastricht è costituito dalle disposizioni in materia di cooperazione nella sfera degli affari interni e della giustizia, che sono subentrate al sistema intergovernativo TREVI. Un primo passo verso la cooperazione delle forze di polizia nell'ambito dell'Unione Europea è stato la creazione all'Aja di una polizia europea, l'Europol; attualmente gli Stati dell'Unione Europea stanno negoziando una convenzione per definirne le competenze e le funzioni. Tra gli obiettivi dell'Europol vi è quello di migliorare l'efficienza e la cooperazione degli Stati dell'UE nella prevenzione e nella lotta contro il terrorismo, il traffico della droga e altre forme di criminalità organizzata; per raggiungere tali obiettivi l'Europol dovrebbe facilitare lo scambio di informazioni e coadiuvare le attività investigative dei singoli Stati, nonché attivare un servizio di raccolta e di analisi di dati e informazioni.

Nell'ambito delle scienze sociali cresce la consapevolezza del fatto che determinati problemi hanno assunto ormai una dimensione mondiale e non possono quindi essere affrontati dai singoli Stati isolatamente. Alcuni comportamenti criminali, come i crimini di guerra e quelli contro l'umanità, il traffico della droga, il terrorismo (in particolare la minaccia di un terrorismo nucleare), il riciclaggio del denaro sporco, nonché la criminalità organizzata sono percepiti come problemi mondiali; la consapevolezza di questo fatto è stata dimostrata dalla partecipazione di ben 136 Stati alla Conferenza delle Nazioni Unite sul crimine organizzato tenuta a Napoli nel novembre 1994.Il recente coinvolgimento dell'ONU nelle operazioni di pace in alcuni paesi che vivono gravi crisi sociali e politiche - Cambogia, ex Iugoslavia, Haiti - ha comportato un'accresciuta richiesta ai paesi membri di contingenti di polizia da destinare a tali operazioni. La polizia degli Stati membri dell'ONU ha cercato di aiutare paesi come la Cambogia o Haiti a sviluppare sistemi di polizia al servizio del cittadino che rimpiazzassero quelli precedenti di tipo meramente repressivo. Un altro settore di attività internazionale è rappresentato dai lavori della Commissione per il diritto internazionale delle Nazioni Unite incaricata di elaborare un progetto di statuto per una Corte criminale internazionale. Mentre in un primo tempo l'attenzione si era focalizzata sui crimini di guerra e contro l'umanità, recentemente è stata avanzata la proposta di estendere la giurisdizione di tale Corte a materie regolate da altre convenzioni internazionali, come ad esempio la Convenzione di Vienna del 1988 sul traffico illecito della droga. Se tale Corte alla fine verrà istituita, le forze di polizia nazionali potrebbero trovarsi a operare per conto di un organo giudiziale internazionale.

Le considerazioni svolte in questo capitolo in merito al recente fenomeno dell'espansione delle attività internazionali di polizia possono sembrare a prima vista assai lontane dagli argomenti affrontati nei capitoli iniziali, in cui la nascita della polizia veniva strettamente connessa ai contesti sociopolitici nazionali. Tuttavia l'evoluzione della polizia in un singolo Stato ha sempre dimostrato di essere stata influenzata dagli sviluppi intercorsi in altri Stati. Tale influenza può essere in termini sia negativi che positivi, come dimostrano da un lato il rifiuto della Gran Bretagna di emulare il modello della Gendarmerie francese, e dall'altro l'adozione negli Stati Uniti del modello della Metropolitan Police londinese.

La capacità delle forze di polizia dei singoli Stati di operare a livello internazionale è un altro esempio della natura multifunzionale della polizia. Per certi versi però questa flessibilità di ruoli costituisce anche un problema di antica data per la polizia di molti paesi. Come ha affermato Thomas Feltes (v., 1994, p. 29), "la polizia - e ciò vale per tutti i paesi - è un'agenzia generica, utilizzata dai cittadini per vari scopi che vanno ben al di là dei compiti assai specifici definiti [nelle leggi]".

(V. anche Controllo sociale; Criminologia; Devianza).

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