Pomodoro

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fig.

Nome comune di Lycopersicum esculentum (v. fig.), della famiglia delle Solanacee, e del suo frutto, largamente usato nell’alimentazione umana.

La pianta del p. coltivata è un’erba annua con fusto di varia altezza (fino a 2 m), molto ramoso, con foglie interrottamente pennate a foglioline disuguali, pubescenti come le altre parti verdi, infiorescenze cimose racemiformi con fiori a calice persistente, corolla gialla, frutto a bacca con buccia rossa o gialla, polpa rossa (per la presenza del carotenoide licopene) e acquosa, contenente molti semi giallicci. Le parti verdi esalano un forte odore caratteristico. Frequenti sono le anomalie, sia negli organi vegetativi sia in quelli fiorali (verticilli con più di 5 pezzi, frutto che risulta quasi sempre formato da più dei 2 carpelli tipici).

Il p. è originario delle Ande peruviane o del Messico, paesi nei quali era coltivato già prima della scoperta dell’America; ora è diffusamente coltivato in tutte le regioni a clima temperato. Le varietà sono numerose e diverse per forma, grossezza e colorazione del frutto, per maturazione, per caratteri della polpa ecc.; esse si raggruppano in 4 categorie: p. da tavola o per frutto fresco; per conserve; per pelati; da serbo (allo stato naturale o in salamoia), quest’ultima ormai di scarsa importanza. In tutti i paesi si sono ottenute, con l’ibridazione, nuove varietà, rispondenti ai diversi ambienti e ai diversi usi del prodotto.

Il frutto fresco contiene il 93% di acqua, piccolissime quantità di protidi e di lipidi, un po’ più del 3% di glicidi, acido citrico, vari composti di ferro, sodio, magnesio e vitamine, delle quali il p. è uno dei prodotti vegetali più ricchi, particolarmente vitamine A e C. I p. ancora verdi contengono, come tutte le altre parti verdi della pianta, piccole quantità dell’alcaloide solanina, che poi scompare durante la maturazione. Dai semi è stata estratta anche una sostanza ad azione antibiotica (tomatina).

I sottoprodotti della lavorazione industriale, e cioè le bucce e i semi, vengono utilizzati quale mangime per gli animali; dai semi si ricava un olio contenente i gliceridi degli acidi oleico, linoleico, palmitico, stearico. L’olio raffinato è utilizzato come commestibile, quello greggio nella preparazione di saponi e (per la sua discreta siccatività) di vernici.

La produzione mondiale di p. è cresciuta progressivamente a partire dall’ultimo decennio del 20° sec.: nel 1990 non raggiungeva i 70 milioni di t, nel 2001 ha superato i 100 milioni di t e nel 2007 è salita a 130 milioni di t. Cina, Stati Uniti, India, Turchia, Egitto e Italia sono i massimi produttori mondiali. I principali Stati esportatori sono i Paesi Bassi, il Messico e la Spagna; Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia sono i maggiori importatori. In Italia, nel corso degli anni 1980 la produzione ha avuto un incremento notevole, superando nel 1984 i 6,7 milioni di t; successivamente si è attestata su cifre alquanto inferiori (5,5 milioni di t nel 1992), per poi registrare incrementi progressivi (6,7 milioni di t nel 2007). La massima parte della produzione alimenta una fiorente industria (produzione di conserve e di pelati).

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