POMPA

Enciclopedia Italiana (1935)

POMPA (fr. pompe; sp. bomba; ted. Pumpe; ingl. pump)

Giacomo BUCHI

Questa denominazione si può estendere a ogni genere di macchina atta a sollevare o a spingere, vincendo una resistenza, acqua o altri liquidi, e a spostare e comprimere, o rarefare, aria o altri gas. È da notare però che il comportamento dei gas è complicato dal fenomeno della compressibilità, la quale acquista importanza oltre un certo incremento di pressione. Entro questo limite il gas si comporta poco diversamente da un liquido incompressibile, perciò anche le pompe funzionano in modo molto simile e sono tra di loro paragonabili. Con questa avvertenza si possono dividere quindi le pompe in due principali classi: 1. pompe usate specialmente per liquidi; 2. pompe usate specialmente per gas (pneumofore).

Le pompe pneumofore usate per maggiori pressioni passano nella categoria dei compressori (v.); riguardo alle pompe per vuoto molto spinto, in cui la dilatazione del gas acquista importanza essenziale, v. vuoto.

Alcune pompe funzionano contemporaneamente con liquido e gas (per es., le pompe d'aria per condensatore): queste vengono raccolte nella classe che si riferisce al loro funzionamento più importante.

Pompe per liquidi.

Meccanismi agenti per trasporto meccanico. - Il recipiente per portare e contenere acqua deve essere stato uno dei primi utensili usati dall'uomo e i mezzi meccanici per facilitarne il sollevamento e il trasporto furono senza dubbio oggetto delle invenzioni più antiche. Il loro sviluppo col progresso della civiltà ha subito l'influenza delle necessità locali e dei materiali disponibili, per cui, ferme restando queste condizioni, anche l'apparecchio è rimasto invariato per migliaia d'anni.

La macchina che meglio illustra il più antico stadio dello sviluppo della pompa è forse il secchio controbilanciato usato nell'antico Egitto (fig. 1), e che ancora si ritrova ai nostri giorni. In esso il contrappeso solleva il secchio pieno e l'uomo può utilizzare il proprio peso per abbassare il secchio vuoto.

Per grandi profondità (pozzi) il sollevamento del secchio è reso agevole dalla semplice carrucola di rinvio o dal verricello a fune. Con due secchi funzionanti in senso inverso il peso dei recipienti riesce equilibrato.

Per funzionamento continuo, quale può occorrere per l'irrigazione, si rese necessario l'impiego di un maggior numero di secchi funzionanti successivamente e automaticamente, e si supplì al maggior sforzo richiesto con la forza animale. Questo progresso è dimostrato dalla catena di secchi, già conosciuta al tempo dei Romani, che costituisce una vera macchina con tamburo girevole e rapporto d'ingranaggi. Modernizzata può essere costruita di metallo, e si usa ancora per irrigazione, per liquidi densi o materiale sciolto con la denominazione di noria a secchi (fig. 2).

I secchi possono essere disposti alla periferia di una ruota come nella ruota a secchi o ruota idrovora cinese (fig. 3), il cui diametro corrisponde circa all'altezza di sollevamento. Il movimento di rotazione può essere impresso dall'acqua stessa del canale in cui pesca la ruota, munita di apposite palette. È possibile che la ruota idraulica abbia avuto origine da questa applicazione, che era già molto sviluppata al tempo dei Romani. Un perfezionamento di questa è la ruota idrovora a cassette (figura 5, in alto a sinistra), munita o meno di pale motrici, in cui l'acqua sollevata dalle cassette viene scaricata in alto ai lati o verso l'interno. Ne trattano ampiamente Agricola (1556) e Agostino Ramelli (1588).

La coltivazione delle miniere rese necessario il sollevamento dell'acqua da maggiori profondità e a questo scopo servì dapprima la catena di secchi (usata fino a 40 m.), trasformatasi poi nella pompa a catena (fig. 4) che trova ancora applicazione. Questa è costituita da un tubo di legno o di metallo in cui scorre una serie di diaframmi o tappi, di legno, cuoio o gomma, montati a regolari intervalli su una catena continua sospesa al tamburo motore.

Appartiene ancora a questa categoria un altro gruppo di meccanismi, in cui il liquido è sollevato indirettamente mediante scorrimento lungo le pareti del recipiente mobile. Il tipo più caratteristico è rappresentato dall'elica idrovora di Archimede (v. coclea) inventata da Archimede in Egitto e ivi ancora in uso. Essa è costituita da un involucro cilindrico contenente uno o più diaframmi elicoidali e girevole intorno a un asse inclinato e che pesca nel liquido da sollevare. Ha il pregio della facilità di trasporto e montaggio per impianto temporaneo e di essere autoregolabile, cioè di richiedere uno sforzo all'incirca costante per diverse inclinazioni. Se l'involucro è mantenuto fisso e solo l'elica interna montata su apposito albero è girevole, si ha la coclea idrovora, che serve per liquidi densi o fangosi.

Anche conosciuto dai Romani era il timpano (v. idrotecnica) costituito da una ruota a tamburo munita di aperture alla periferia e di corrispondenti pareti radiali interne, formanti dei canali che ribaltandosi scaricano l'acqua sollevata attraverso un'apertura centrale. Nella ruota persiana e nella ruota a spirale (fig. 5, in alto a destra) le pareti interne sono curve, formando delle vere pale, che sollevano l'acqua facendola scorrere verso l'apertura centrale di scarico.

Un funzionamento, che si potrebbe dire a rovescio, ha la ruota a schiaffo (figura 5, in basso a sinistra) pure conosciuta dai Romani, e che ancora figura nei manuali d'ingegneria. Essa è munita di numerose pale piane inclinate, scorrenti con piccolo giuoco in una corsia di muratura, che trascinano l'acqua da esse imprigionata e la spingono nel canale sopraelevato. Ebbe applicazione nelle bonifiche per piccole prevalenze e cadde in disuso con l'avvento della pompa centrifuga. La ruotapompa (figura 5, in basso a destra) vorrebbe essere un perfezionamento della precedente, essendo chiusa internamente da un tamburo che permette di raggiungere una prevalenza maggiore del raggio della ruota, ma anch'essa non è più usata.

Ai tipi di questa categoria è comune l'inconveniente dell'impossibilità d'innalzare il liquido lungo una tubazione, e di richiedere che il meccanismo si estenda da sotto il livello di presa a oltre l'altezza di sollevamento. È invece vantaggiosa la loro semplicità e facilità di riparazione in posto, e il discreto rendimento. Il loro uso sopravvive di fronte agli altri sistemi più moderni in applicazioni di poco rilievo e in casi speciali di liquidi densi, torbidi, o contenenti solidi in sospensione.

Pompe a pressione di fluido. - Sono pompe in cui il fluido agisce direttamente sul liquido da sollevare, senza l'intermediario di alcuna parte mobile. Come fluido motore può essere usato: aria, vapore, acqua, gas detonante, che individuano altrettanti gruppi di pompe a pressione di fluido. Questo alla sua volta può agire staticamente per pressione diretta, oppure mediante comunicazione della propria forza viva, dando luogo a generi di apparecchi affatto differenti, ma che sono in generale semplici di forma. Le pompe a pressione di fluido hanno sopra le pompe a trasporto meccanico il vantaggio di poter essere inserite tanto su tubazioni aspiranti quanto su tubazioni prementi. Specialmente le pompe a getto sono compatte e di sicuro funzionamento, ma richiedono costruzione accurata.

Pompe a pressione d'aria. - Si può utilizzare la pressione atmosferica per sollevare un liquido in un recipiente chiuso posto in alto, facendo il vuoto in esso mediante una pompa d'aria.

L'idea di usare l'aria compressa per sollevare l'acqua è antica, ed Erone verso il 50 d. C. descrive il metodo usato mediante l'espansione dell'aria riscaldata. G. Branca (1629) illustra diverse pompe nelle quali l'acqua è spostata dall'aria compressa, ottenuta mediante pressione d'acqua.

Un'applicazione dell'aria compressa si ha nei recipienti elevatori (fig. 6) usati per sollevare liquidi corrosivi o evaporabili, succhi, ecc. Invece di aria compressa può anche essere usato vapore. Nei comuni estintori da incendio si usa la pressione di un gas, che si genera al momento dell'uso.

Nella pompa ad aria compressa (fig. 7) propriamente detta, l'aria compressa agisce indirettamente. Essa consiste in un tubo di mandata presso la cui estremità inferiore, aperta, è innestata una tubazione d'aria compressa proveniente da apposito compressore. L'aria salendo nel tubo di mandata si mescola al liquido da innalzare, diminuendo il peso specifico medio del miscuglio, per cui il liquido circostante è in grado di sollevare la colonna fluida contenuta nel tubo. Questa pompa non può aspirare, ma deve essere immersa sotto il livello del liquido da sollevare tanto più quanto più questo è basso, ossia da ⅓ a ¾ e oltre dell'altezza di sollevamento richiesta. Si presta per il sollevamento d'acqua nei pozzi trivellati, e si usa inoltre per liquidi molto caldi, o per acqua fangosa e sabbiosa; rendimento, secondo la prevalenza e la portata, da o,25 a o,50.

Pompe a pressione di vapore. - Che il vapore possa produrre una pressione è conoscenza molto antica, e lo attesta la eolipila descritta da Erone. Molto più tardi il Porta (1606) sperimentò che il vapore condensato produce il vuoto, e verso il 1700 fu costruita commercialmente la prima pompa a vapore funzionante per mezzo della condensazione (Savery). Ma passò altro tempo prima del successo del pulsometro (ideato dall'americano Hall nel 1871), apparecchio compatto e trasportabile, usato quindi per impianti provvisorî malgrado il suo forte consumo di vapore.

Il pulsometro (fig. 8) è una pompa senza stantuffo, nella quale si usa la pressione del vapore per spingere l'acqua, e il vuoto prodotto dalla successiva condensazione per aspirarne dell'altra.

Esso è costituito da due camere a forma di bottiglia, congiunte in alto da una valvola oscillante a tre vie, che mette l'una o l'altra in comunicazione col vapore, e inferiormente collegate alle tubazioni aspirante e premente attraverso due coppie di valvole, come nelle comuni pompe a stantuffo. La tubazione aspirante è in qualche caso munita di camera d'aria.

Il vapore entrando in una delle camere a bottiglia ne scaccia l'acqua contenuta attraverso la valvola premente, fino a venire a contatto con ampia superficie liquida e metallica fredda: la conseguente condensazione produce depressione, che provoca l'ingresso di acqua da appositi spruzzatori in comunicazione con la camera premente, l'ulteriore rapida condensazione del vapore, lo spostamento della valvola superiore d'accesso e l'aumento della depressione, per cui nella camera viene ora aspirata acqua attraverso la valvola aspirante. Intanto vapore fresco entra nell'altra camera, e il ciclo si ripete. Il pulsometro trova applicazione dove la semplicità ed economia d'impianto interessa più che il consumo di vapore.

Ancora più semplici sono le pompe a getto di vapore, nelle quali si utilizza la forza viva del vapore, sempre sfruttando l'effetto della condensazione. Appartengono a questa categoria l'eiettore e l'iniettore. L'eiettore, o elevatore a vapore, è costituito da una camera (figura 9) che contiene un ugello dal quale esce il getto di vapore, affacciato a una bocca conica in cui viene trascinato il liquido contenuto nella camera. Il vapore si mescola col liquido condensandosi, e imprime alla miscela una forte velocità, la quale viene ricuperata, ossia trasformata in pressione, nel diffusore conico che sta in proseguimento della camera di mescolanza.

L'eiettore può anche funzionare aspirando (fino a 6,5 m.). Con pressione di vapore variabile l'ugello è munito di spina regolabile.

L'eiettore può essere usato per i liquidi che consentono una condensazione del vapore, ed eseguito di materiale appropriato (bronzo, piombo, porcellana) serve anche per liquidi fangosi e corrosivi. Il rendimento è piccolo, quindi il suo uso non è consigliabile per funzionamento continuato e per grandi portate: se però il calore trasmesso all'acqua può essere utilizzato, l'eiettore supera per semplicità e sicurezza ogni altro tipo di pompa.

L'iniettore, ideato da H. Giffard nel 1858, è un apparecchio analogo che serve per l'alimentazione delle caldaie, ed è usato specialmente nelle locomotive. Per facilitare l'avviamento la camera conica di mescolanza, o di condensazione, è munita di fessure che la mettono in comunicazione con la camera di troppo pieno. Questa camera alla sua volta comunica con l'esterno attraverso una valvola di ritegno, che impedisce la aspirazione dell'aria e permette all'iniettore di adescarsi automaticamente dopo qualsiasi interruzione (tipo restarting). Per funzionamento in aspirazione, o con acqua calda, l'ugello è munito di spina regolabile.

La fig. 10 rappresenta un tipo aspirante perfezionato per locomotiva, in cui l'aspirazione è fatta da un getto di vapore anulare (a spina chiusa), mentre per la mandata in caldaia interviene il getto centrale (spina aperta). È notevole che l'acqua spinta dall'iniettore può vincere una pressione assai superiore a quella del vapore, purché l'aspirazione sia piccola e l'acqua poco calda, per cui può essere utilizzato anche il vapore di scappamento. Per alimentare con acqua molto calda (fino a 65°) con forte aspirazione (fino a m. 6,50) si usa l'iniettore doppio, composto di due iniettori in serie, in cui la camera premente del primo è in comunicazione con la camera di condensazione del secondo. Un apposito rubinetto di scarico serve per l'adescamento, mettendo in funzione solo il primo iniettore, più piccolo. L'acqua si riscalda nell'iniettore di 50°, per cui con la temperatura iniziale di 65° l'acqua arriva alla caldaia a 115°, ossia a una temperatura superiore a quella di ebollizione.

Pompe a pressione d'acqua. - Fa parte di questa categoria l'ariete idraulico (v.) che ha il pregio della grande semplicità e del funzionamento automatico, senza richiedere alcuna sorveglianza. Può trovare conveniente applicazione per impianti domestici nelle case di campagna dove sia disponibile un corso d'acqua.

Nella pompa a getto d'acqua si risolve il problema inverso di sollevare una maggiore quantità d'acqua valendosi della forza viva, o energia cinetica, di una piccola portata sotto forma di getto (fig. 11).

L'apparecchio non differisce essenzialmente dall'eiettore a vapore: il getto uscente dall'ugello aspira il liquido da sollevare, vi si mescola e spinge la miscela nel diffusore di scarico. La pompa a getto ha numerose applicazioni nelle miniere, nei lavori di fondazione, ecc., e per la sua semplicità e assenza di parti mobili si presta per il sollevamento di acque torbide o fangose. Può funzionare con qualsiasi pressione (di solito 3 a 4 atm.) con rendimento da 0,1 a 0,3 secondo il rapporto di sollevamento e l'altezza d'aspirazione. La pressione idraulica può essere fornita da una pompa centrifuga, e, collegata a questa, la pompa a getto può servire per il sollevamento d'acqua da grande profondità in impianti di piccola potenza, nei quali il rendimento non abbia importanza.

Pompe a scoppio di gas. - La prima idea di usare la pressione dovuta allo scoppio di gas per sollevare l'acqua risale al 1868, ma la prima macchina con successo pratico fu quella brevettata dal Humphrey nel 1906.

La pompa Humphrey (fig. 12) è basata sul principio delle macchine a scoppio, e la forza d'espansione dei gas della combustione agisce direttamente sulla massa liquida da sollevare senza l'interposizione di organi meccanici. La colonna liquida, che agisce da stantuffo, segue nel suo movimento oscillatorio un ciclo a 4 tempi o periodi di diversa durata e precisamente: il periodo di combustione e di espansione, il periodo di scarico dei gas della combustione, il periodo di aspirazione della miscela detonante e il periodo di compressione. Il tubo di mandata non ha alcuna valvola premente, cosicché l'acqua passa liberamente dalla camera di combustione alla tubazione. La pompa si compone essenzialmente di tre parti: 1. camera di combustione, munita di valvole d'immissime del gas, di scappamento e di lavaggio; 2. camera delle valvole di aspirazione immersa nella vasca d'arrivo; 3. tubo premente direttamente collegato alla camera di combustione. Per l'avviamento serve l'aria compressa. Rendimento complessivo circa 0,16 a 0,25.

Pompe a movimento alternativo. - Queste pompe agiscono per effetto della variazione del volume generato dal movimento rettilineo od oscillante di una parte del meccanismo (stantuffo) rispetto a un'altra fissa (cilindro o cassa).

La pompa di tipo aspirante era usata sulle antiche navi greche e romane, probabilmente con stantuffo di cuoio a forma di sacco. Così la siringa era già usata dagli Egiziani, e la prima pompa premente doppia a bilanciere, munita di valvole e funzionante sommersa, è descritta da Vitruvio sotto la denominazione di ctesibica machina (v. idrotecnica).

La pompa premente non divenne anche aspirante che nel secolo XVII, col perfezionamento delle guarnizioni di tenuta. La camera d'aria sembra fosse già usata dai Romani. Pompe a stantuffo oscillante, semplice o doppio, compaiono nelle descrizioni di A. Ramelli (1588), ma forse a quel tempo non potevano avere valore pratico data l'imperfezione della lavorazione. La pompa a movimento alternativo restò per lungo tempo limitata al funzionamento a mano, e il suo sviluppo in seguito fu strettamente legato a quello del motore ad essa applicato.

In base al movimento dello stantuffo questa categoria di macchine si può dividere in pompe a stantuffo, in cui il movimento è rettilineo, e pompe semirotative, in cui lo stantuffo è oscillante.

Pompe a stantuffo. - La fig. 13 rappresenta un impianto schematico di pompa a stantuffo con relative tubazioni aspirante e premente, che si suppongono piene di liquido. Fra il corpo di pompa, o cilindro, e le tubazioni sono interposte le valvole aspirante e premente. All'inizio del movimento ascendente dello stantuffo (corsa aspirante), data la piccola elasticità del liquido e del corpo di pompa, la pressione scende di tanto che l'atmosfera esterna è in grado di sollevare la valvola aspirante e spingere il liquido dietro allo stantuffo. Giunto lo stantuffo all'estremità della corsa la valvola si richiude e all'inizio della corsa di ritorno (corsa premente) si ha un rapido aumento di pressione, per cui la valvola premente si apre e il liquido spostato dallo stantuffo viene spinto nella tubazione premente.

Il movimento alternativo dello stantuffo comandato dalla manovella è soggetto a un acceleramento nella prima metà della corsa, e a un rallentamento nella seconda metà, ai quali si oppone la resistenza delle masse del liquido in movimento nelle tubazioni. Per effetto dell'inerzia della colonna aspirante, e anche della resistenza della valvola, si ha quindi all'inizio della corsa ascendente una forte diminuzione di pressione, che può dar luogo al distacco del liquido dallo stantuffo (formazione di vapore) seguito da un urto, o colpo d'acqua, al ricongiungimento; così pure la valvola premente ha una chiusura brusca. Inversamente all'inizio della corsa discendente il rapido aumento di pressione provoca la brusca chiusura della valvola aspirante. D'altra parte nella tubazione premente la colonna, accelerata nella prima metà della corsa dello stantuffo, tende a proseguire per effetto della forza viva acquistata, richiamando eventualmente liquido dalla valvola aspirante; ma all'invertirsi della corsa dello stantuffo, e per il chiudersi della valvola premente, la colonna può anche interrompersi dando luogo a colpi di ritorno.

Inserendo una camera riempita d'aria prima della valvola aspirante (camera d'aria aspirante) e un'altra dopo la valvola premente (camera d'aria premente) l'accelerazione si limiterà al solo volume di liquido compreso fra le due camere d'aria e sarà assicurata uniformità di movimento nelle tubazioni e funzionamento tranquillo della pompa. È evidente l'opportunità di collocare dette camere per quanto possibile vicine alla pompa. La presenza della camera d'aria acquista speciale importanza all'avviamento, quando la massa di liquido nella tubazione premente non può seguire con la sua accelerazione l'aumento di giri della pompa, per cui il lavoro della pompa viene dapprima assorbito dalla camera d'aria, evitando il pericolo di un eccesso di pressione nella pompa e di un sovraccarico del motore.

L'aria, che tende ad accumularsi nella camera aspirante, può essere eliminata mediante una corona di forellini nel tubo aspirante in corrispondenza del livello minimo. Nella camera premente invece l'aria tende a essere assorbita dall'acqua; essa può però essere facilmente rinnovata in modo continuo mediante una piccola valvola d'aria nella tubazione sotto la valvola aspirante, dalla quale passa alla camera premente trascinata dalla corrente d'acqua.

La massima altezza d'aspirazione raggiungibile sarebbe teoricamente quella corrispondente alla pressione atmosferica (esperienza di Torricelli a Palazzo Pitti, 1643), misurata da una colonna d'acqua di m. 10,33 al livello del mare. Tenendo conto dell'altitudine essa assume in media i seguenti valori:

In effetti pero la massima aspirazione è ridotta dalla pressione del vapore dei liquido, dipendente dalla temperatura. Per l'acqua si ha:

La pressione utile deve inoltre vincere la resistenza d'inerzia del liquido in movimento all'inizio dell'aspirazione, la resistenza all'apertura della valvola e la resistenza della tubazione aspirante.

In condizioni normali, per una pressione atmosferica di 10 m. in colonna d'acqua, con una tubazione aspirante ampia e non troppo lunga, e con una buona valvola, alle diverse temperature indicate si calcolano per l'acqua le seguenti massime altezze sul livello di aspirazione:

riferendosi al punto più alto del corpo della pompa, ove la pressione è minima. L'aspirazione della pompa riescirà quindi migliore: in una località profonda, con liquido freddo, con valvola aspirante poco resistente all'apertura, con camera d'aria aspirante vicina al cilindro e munita di ampia comunicazione, con movimento lento dello stantuffo, con tubazione aspirante ampia, corta, rettilinea e a perfetta tenuta.

L'altezza di sollevamento o prevalenza generata dalla pompa (prevalenza manometrica H) non è la sola differenza di livello (prevalenza geodetica Hg) fra il pelo di aspirazione e quello di mandata, ma l'aumento di energia, misurato in metri di colonna di liquido, trasmesso a 1 kg. del liquido stesso, comprese quindi le perdite Hr dovute alla resistenza complessiva della tubazione all'infuori della pompa, ossia H = Hg + Hr, supposto che i livelli di aspirazione e di mandata siano sotto la stessa pressione. Sulla pompa la prevalenza si determina misurando le pressioni p1 e p2 (in kg./cmq.) alle due bocche aspirante e premente, tenendo conto del dislivello h (in m.) fra i due punti di misura, e delle velocità del liquido c1 e c2 (in m./s.) nelle sezioni considerate, mediante la relazione

in cui è γ il peso specifico del liquido in kg./mc.

La portata effettiva Q della pompa, ossia il volume di liquido spinto nella tubazione, è misurato dal volume generato dallo stantuffo (in mc./s.) tenendo conto di un coefficiente di rendimento volumetrico ηv = 0,85 ÷ 0,99 (dalle piccole alle grandi pompe). Le perdite possono essere dovute al ritardato funzionamento delle valvole, alla presenza di aria nel corpo della pompa e alla deficiente tenuta delle valvole, dello stantuffo o dei premistoppa.

La potenza idraulica Ni fornita dalla pompa è data da:

dalle quali si ricava la potenza effettiva Ne richiesta, tenendo conto del rendimento della pompa η = 0,80 ÷ 0,95 secondo il tipo e la costruzione, che comprende tutte le perdite (idrauliche e meccaniche) nella pompa stessa esclusa la tubazione, ossia Ne = Ni/η (in HP o kW all'albero).

Nelle pompe a stantuffo hanno speciale importanza le valvole, che devono impedire il ritorno del liquido, perciò devono chiudere bene, e nello stesso tempo devono avere un funzionamento sicuro, facile e senza colpi. Un grande carico della valvola (peso proprio o pressione della molla) può favorire il funzionamento tranquillo della pompa; purché per la valvola aspirante non sia raggiunto il limite corrispondente alla vaporizzazione del liquido, che rinforzerebbe il colpo di apertura.

La sede conica ha in confronto a quella piana lo svantaggio di un più difficile adattamento in caso di tenuta difettosa, sebbene presenti una minor resistenza al passaggio. Per piccole portate si usano valvole a piatto (fig. 14 a), per grandi portate valvole ad anello semplice (fig. 14 b) o multiplo (fig. 14 c), di solito leggiere per quanto possibile e premute da molle. La tenuta è per lo più metallica per liquidi limpidi, di cuoio per liquidi sabbiosi. Per grandi impurità servono le valvole a sportello con articolazione a cerniera oppure flessibile di cuoio o gomma (fig. 14 d) e per liquidi densi e fangosi le valvole sferiche (fig. 14 e). Queste ultime, piene o cave, secondo la grandezza, sono semplici e di sicuro funzionamento, ma col difetto di non mantenere a lungo una buona tenuta. Nelle pompe veloci si usano le valvole a molla (fig. 14 g) in cui la valvola, l'articolazione e la molla formano un unico pezzo. Hanno il vantaggio di una piccolissima massa e di potersi applicare in qualsiasi posizione. Per piccole pressioni servono le valvole di gomma (fig. 14 f) formate da un disco trattenuto al centro sopra una griglia di opportuna ampiezza.

Per più grandi portate le valvole di qualsiasi tipo possono essere riunite a gruppi in piano oppure a gradini. Notevole per la sua semplicità fra le valvole multiple è quella ad anelli di gomma disposti su un corpo cilindrico. Grande importanza ha la facile accessibilità delle valvole, che sono perciò sempre collocate in corrispondenza di un coperchio di visita.

Le valvole al piede della tubazione aspirante, che servono per il riempimento alla messa in marcia e per impedire che la tubazione si vuoti durante l'arresto, possono essere a piatto o a sportello; devono presentare la minima resistenza di passaggio e non importa siano pesanti. Contro l'introduzione di corpi estranei sono protette da una griglia o succhiarola (fig. 14 d).

Le dimensioni della valvola dipendono direttamente dal volume generato dallo stantuffo e dalla sua velocità, ossia dalla portata della pompa.

Il calcolo della luce si fa in base a una velocità di passaggio che può variare da 1 a 2 m./s. per piccole prevalenze, da 3 a 5 per le grandi, arrivando anche a 8 per speciali pompe da pressa, tenendo conto di un coefficiente di efflusso di 0,6 per le sedi piane, di 0,75 ÷ 0,85 per le sedi coniche.

Le valvole comandate, un tempo usate per le pompe veloci, non hanno praticamente un funzionamento più regolare di quelle automatiche, e il vantaggio derivante dalla maggior corsa e dalla conseguente diminuzione della resistenza di passaggio, è economicamente annullato dal maggior costo di costruzione e di manutenzione del complicato meccanismo soggetto a usura. Conveniente applicazione trovano invece nelle pompe per acque luride contenenti grossolane impurità.

In casi speciali si raggiunge una grande compattezza di costruzione sostituendo alle valvole una distribuzione a cassetto conglobata con lo stesso cilindro reso oscillante. Il tipo risale al motore ad acqua a doppio effetto Schmid (fig. 15), che può essere usato anche come pompa. La distribuzione è abbastanza razionale poiché alla minima velocità dello stantuffo, verso la fine corsa, corrisponde la massima velocità del cassetto nell'inversione, mentre quando lo stantuffo a metà corsa ha la massima velocità, il cassetto si può considerare fermo alla massima apertura.

Distinte secondo il modo d'agire, le pompe a stantuffo possono essere: a semplice effetto; a doppio effetto; differenziali. Sono a semplice effetto la pompa a stantuffo tuffante (figura 16 a), in cui lo stantuffo, allungato, aspira uscendo dal corpo della pompa e comprime rientrando; quella a stantuffo-valvola o elevatrice (fig. 16 b), in cui la valvola premente è applicata allo stantuffo forato, che nella corsa ascendente contemporaneamente aspira nel corpo inferiore e solleva il liquido contenuto nel corpo superiore, mentre in discesa, a valvola aspirante chiusa, non compie alcun lavoro. Le prime servono anche per alte pressioni, e per ottenere una maggior regolarità di portata e di sforzo si collegano in parallelo mediante manovellismi in gruppi di 2, 3 0 4 pompe simili, generalmente ad asse verticale e con le corse opportunamente sfasate. Le pompe elevatrici trovarono speciale applicazione nei pozzi profondi (fino a 30 m. in prevalenza) con biellismi contrappesati; però l'inerzia di essi e della colonna liquida sollevata costringe dette pompe a una piccola velocità (20 ÷ 30 giri/min.). Per prevalenze maggiori lo stantuffo può anche avere forma di tubo collegante le due parti di cilindro entro cui scorre (fig. 16 c).

Ormai la loro applicazione è limitata alle pompe a mano, di solito aspiranti, e per maggiori portate, accoppiate; il serbatoio superiore serve a mantenere l'uniformità dell'erogazione. Le pompe a mano da pressa e per alte pressioni sono a stantuffo tuffante; per pressione variabile lo stantuffo è munito di una fodera staccabile per variare il diametro e rendere entro certi limiti uniforme lo sforzo.

Le pompe a doppio effetto, che hanno una portata più uniforme e richiedono uno sforzo più regolare, possono risultare dall'accoppiamento di due pompe a stantuffo tuffante con stantuffo unico e premistoppa rivolti verso l'interno (fig. 16 e), oppure con due stantuffi contrapposti e premistoppa esterni (fig. 16 d), essendo i due stantuffi rigidamente collegati all'esterno da tiranti. Le prime sono adatte per medie pressioni, per le quali la grossezza del gambo non abbia l'effetto di rendere troppo differenti le sezioni utili contrapposte dello stantuffo. Le seconde, che hanno anche il vantaggio dei premistoppa più facilmente accessibili, si usano per alte pressioni (fino a 200 ÷ 300 atm.), per accumulatori, presse, ecc. Per basse pressioni lo stantuffo unico può essere a disco (fig. 16 f) e la costruzione risulta accorciata; si usa nelle pompe a vapore a comando diretto.

Nelle pompe a mano con movimento oscillante si possono avere semplici combinazioni di due stantuffi tuffanti o stantuffi a valvola, solidali con leva intermedia o collegati da bilanciere, essendo il meccanismo immerso nel liquido. Interessante è il tipo della fig. 16 g in cui la pompa a doppio effetto ha due stantuffi in serie con due sole valvole.

Le pompe differenziali raggiungono il funzionamento a doppio effetto con uno stantuffo unico e due valvole. Le più comuni sono a stantuffo tuffante (fig. 16 h) e differiscono dal tipo a doppio effetto a stantuffo unico (fig. 16 e) per il gambo ingrossato fino ad avere metà sezione dello stantuffo, e per la coppia unica di valvole. Lo stantuffo aspira col diametro maggiore, mentre manda nella tubazione premente un volume corrispondente alla differenza fra detto diametro e quello del gambo, cioè metà del volume aspirato. In senso inverso manda nella tubazione metà del volume generato dallo stantuffo premente, ossia nel movimento alternativo tutte due le corse sono prementi, mentre una sola è aspirante. È quindi sempre necessaria la camera d'aria sulla tubazione aspirante. Il rapporto fra le sezioni dello stantuffo e del gambo può anche essere scelto in modo che il lavoro eseguito nelle due corse risulti uguale.

Anche la pompa a semplice effetto a stantuffo-valvola può essere resa differenziale ingrossando il gambo a guisa di stantuffo tuffante, in modo da ottenere una mandata continua nella tubazione premente. Così pure la pompa con stantuffo a tubo diventa differenziale (pompa Rittinger) se lo stantuffo ha due diametri. Per la sua caratteristica di avere lo stantuffo, le valvole e le tubazioni sullo stesso asse, questa pompa presenta il minimo ingombro ed è adatta per pozzi; anche le deviazioni interne sono minime, per cui, munita di valvole a sfera, si presta per liquidi densi e facili a far schiuma. Lo stantuffo a tubo riceve il movimento direttamente da tiranti o bielle esterni, mentre sono fisse le due camere con premistoppa, collegate alla tubazione.

Si possono assimilare a quelle a stantuffo le pompe a diaframma in cui lo stantuffo è costituito da una parete o membrana facilmente deformabile (cuoio al cromo o gomma), che permette di evitare il premistoppa. Sono a semplice effetto, di solito a mano, per prevalenze fino a 15 m., e servono per liquidi torbidi contenenti materiali in sospensione. Con valvole di gomma sono insensibili a sabbia, fango, ghiaia e possono essere del tipo a stantuffo tuffante (diaframma chiuso) o del tipo a stantuffo-valvola (diaframma forato con valvola, fig. 17).

Le pompe a stantuffo di piccola potenza sono generalmente mosse a mano mediante leva oscillante, e solo in casi speciali per vincere maggiori sforzi si ricorre a manovellismi con volante, ai quali possono essere applicati due o più uomini. Nell'industria le pompe sono di solito a motore: quelle di piccola e media potenza, azionate da una trasmissione o da un motore veloce, richiedono il comando a cinghia, qualche volta anche con l'intermediario di un rapporto d'ingranaggi, e di regola sono doppie o multiple per evitare irregolari sollecitazioni nella cinghia e nel motore.

Anche per le grandi potenze l'accoppiamento diretto di pompe a stantuffo con motore elettrico è difficile, e i tentativi di pompe veloci a 200 ÷ 300 giri furono abbandonati causa l'usura delle valvole e la piccola altezza d'aspirazione ammissibile. Si possono quindi ritenere veloci le grandi pompe con 120 ÷ 180 giri/min., e accoppiate a motore elettrico sono sempre a doppio effetto o differenziali, e spesso gemelle.

In molti casi la pompa è azionata da una macchina a vapore, a cui è direttamente collegata, per cui riceve il nome di pompa a vapore. Il gruppo può essere munito di manovellismi e di volano, oppure esserne privo. Si distinguono quindi le pompe a vapore con volano dalle pompe senza volano, ossia ad azione diretta. Le pompe a vapore con volano di media e grande potenza (impianti di prosciugamento e di distribuzione) sono generalmente a espansione multipla con due o più cilindri a vapore, ai quali corrispondono altrettanti cilindri di pompa funzionanti in parallelo, che per le minori potenze possono essere affiancati ai primi e azionati dallo stesso albero a gomiti, ma di solito sono accodati. In questo caso il gambo comune dello stantuffo a vapore e della pompa trasmette direttamente la pressione del vapore al liquido e il manovellismo con volano serve unicamente a compensare gli sforzi e a rendere regolare il movimento. Per economia di spazio i cilindri sono disposti ad asse verticale, la pompa è sempre in basso, e la biella è articolata al gambo nell'intervallo fra i cilindri a vapore e della pompa. Nelle grandi costruzioni anche lo stesso albero a gomiti si trova fra le due serie di cilindri, e il gruppo assume qualche volta proporzioni monumentali (altezza totale fino a 15 m.).

Nelle pompe a vapore ad azione diretta il cilindro a vapore e quello della pompa, accodati, sono direttamente accoppiati dal comune gambo degli stantuffi, senza la presenza di alcun manovellismo, per cui il movimento degli stantuffi è meno regolare e i cilindri a vapore richiedono speciali dispositivi di distribuzione. Le pompe ad azione diretta sono però evidentemente più semplici delle precedenti, hanno un funzionamento più elastico, e in qualche caso, come nell'alirnentazione delle caldaie, sono più convenienti. Possono essere semplici o gemelle.

Nella pompa semplice o pompa Simplex, per piccole potenze, lo stantuffo a vapore arrivando in fine di corsa provoca lo spostamento del cassetto e l'inversione della distribuzione. Occorre però uno speciale dispositivo spesso complicato (distribuzione secondaria) per ottenere l'inversione del movimento senza urti e assicurare il funzionamento anche nella marcia più lenta. Nella pompa gemella, o pompa Duplex, la difficoltà riesce eliminata nel modo più razionale facendo azionare per mezzo di leve la distribuzione di una delle pompe affiancate dal gambo dell'altra secondo il sistema Worthington (1848). Ogni stantuffo mette in moto l'altro prima di essere arrivato in fin di corsa, per cui non vi è interruzione nella portata della pompa, e si arresta alla sua volta comprimendo il vapore rinchiuso nel cilindro.

Nelle pompe ad azione diretta l'assenza del volano e il movimento lento richiedono il funzionamento a piena ammissione, perciò si hanno spesso cilindri a duplice e triplice espansione. Le pompe sono sempre a doppio effetto, e secondo le pressioni, possono essere a stantuffo a disco o a stantuffo tuffante, unico oppure doppio (premistoppa esterni). Di solito sono ad asse orizzontale, qualche volta (per navi o pozzi) anche ad asse verticale.

Pompe a stantuffo oscillante o semirotative. - Lo stantuffo, o pala, ruota in un corpo cilindrico a contatto delle pareti, con movimento alternativo analogo a quello delle pompe a stantuffo propriamente dette, e con l'intervento di valvole simili. Il buon funzionamento di queste pompe è basato sull'accuratezza di lavorazione delle superficie di contatto non essendo facile applicare guarnizioni, per cui, sebbene esse compaiano già nelle descrizioni del Ramelli (1588), non poterono avere valore pratico che nei tempi più recenti, e limitatamente ai tipi a mano.

Lo stantuffo ruota di circa 90° e può essere a doppio o a quadruplice effetto. Nella fig. 18 (a sinistra) lo stantuffo è diametrale e munito di due valvole prementi, mentre le corrispondenti valvole aspiranti si trovano nel corpo in due camere aspiranti separate. Il funzionamento è analogo a quello di due pompe accoppiate a stantuffo-valvola. Nel tipo (Abrahamson) della fig. 18 (al centro) lo stantuffo diametrale non ha valvole, ma due canali in croce che mettono in comunicazione le camere diametralmente opposte. Due coppie di valvole aspiranti e prementi si trovano nel corpo in camere separate. A ogni semioscillazione funzionano contemporaneamente due camere aspiranti diametralmente opposte, e due camere prementi, per cui l'effetto risulta quadruplo; occorrono però due tenute sul mozzo. Nel tipo a doppio effetto della fig. 18 (a destra) lo stantuffo è semplice e ruota di 18°, con funzionamento paragonabile a quello di una pompa a stantuffo a disco (fig. 16 f). Esso ha il vantaggio di avere le valvole accessibili senza smontare il coperchio della pompa.

Pompe rotative o capsulismi. - L'aspirazione e la compressione sono ottenute mediante la rotazione continua nel corpo della pompa dell'organo avente funzione di stantuffo, che spostandosi ingrandisce l'ambiente da esso limitato dal lato dell'aspirazione, e impicciolisce quello collegato con la tubazione premente. Le due tubazioni sono in collegamento continuo col corpo della pompa e non occorrono valvole, essendo il ritorno del liquido impedito dall'opportuna disposizione dell'organo rotante o da appositi dispositivi di distribuzione, o mediante l'uso di uno o più organi rotanti di cui l'uno fa da distributore all'altro. Il movimento del fluido è quindi continuo e abbastanza uniforme da rendere in generale inutile l'applicazione di camere d'aria.

L'idea delle pompe rotative non è recente, poiché già il Ramelli descrive fra altri il tipo a tamburo eccentrico con alette scorrevoli, mentre la pompa a ingranaggi compare nel 1636 in uno schizzo dello Schwenter. Però la pompa rotativa di qualsiasi tipo richiede precisione di lavorazione, per cui essa non poteva acquistare valore pratico che nei tempi recenti. Essa si presta a un'enorme varietà di forme, di cui alcune concepite come motrici a vapore rotative; tuttavia i due primitivi tipi accennati sono quelli più generalmente applicati anche ai nostri giorni. La pompa rotativa ha il pregio della grande compattezza, che spesso significa anche basso costo, non è adatta però per liquidi torbidi e sabbiosi, o contenenti fibre, mentre si presta molto bene per liquidi densi e viscosi, specialmente per l'olio, che funziona nello stesso tempo da lubrificante nei tipi in cui le parti in moto sono soggette a sfregamento.

La portata della pompa rotativa è obbligata, come nelle comuni pompe a stantuffo, e dipende dal numero di giri: non si può quindi regolare mediante strozzamento di una valvola sulla tubazione. La prevalenza invece dipende solo dalla resistenza da vincere ed è indipendente dal numero di giri.

Le pompe rotative, in base alla caratteristica più appariscente, si possono classificare in pompe a uno, a due e a tre alberi.

Pompe rotative a un albero. - La cassa è di solito cilindrica, mentre l'albero può essere centrato o eccentrico. Nella fig. 19 a, che ricorda un tipo descritto dal Ramelli, l'albero è centrato e lo stantuffo rotante è costituito da un tamburo eccentrico, a cui si appoggia un corsoio radiale (può anche essere articolato a cerniera) che divide la camera aspirante da quella premente. A ogni giro del tamburo si genera un volume collegato al tubo aspirante, corrispondente alla differenza fra le aree della cassa e del tamburo, mentre nello stesso tempo un ugual volume si riduce a zero in collegamento col tubo premente. Il funzionamento è quindi a doppio effetto, mentre il movimento dello stantuffo è continuo.

Il tamburo rotante può essere alla sua volta centrato sull'albero e concentrico con la cassa (fig. 19 b) e il tramezzo, che divide la camera aspirante da quella premente, fisso alla cassa, ma il tamburo essere munito di corsoi o alette scorrevoli, funzionanti da stantuffo, che aderiscono alla cassa e si ritirano solo al momento del passaggio dall'una all'altra camera. A questo scopo le alette sono guidate da rotelle che scorrono entro apposite scanalature. È da notare che l'aletta si sposta radialmenie solo di fronte a una delle bocche, quando cioè non è soggetta a differenza di pressione sulle due facce, mentre rimane immobile sul tamburo nel periodo di lavoro. In altro tipo, con funzionamento analogo, gli stantuffi portati dal tamburo rotante sono girevoli, e si ritirano in apposita incassatura al momento di oltrepassare il tramezzo fisso, per l'azione di una leva guidata da una camma.

Può invece il tamburo col proprio albero essere eccentrico rispetto alla cassa cilindrica, in modo da lasciare un intervallo di forma falcata (fig. 19 c). Il tamburo, che non fa tenuta periferica con la cassa, porta delle alette o diaframmi mobili, scorrevoli radialmente o articolati, funzionanti da stantuffo e mantenuti a contatto della cassa cilindrica di solito dalla sola forza centrifuga. Per effetto della forma falcata dell'intervallo, il volume compreso fra due diaframmi successivi varia durante la rotazione del tamburo e se ne trae profitto per la compressione dei gas (fig. 63). Trattandosi di liquidi praticamente incompressibili, la variazione di volume si elimina limitando la tenuta del cilindro a un solo passo. Comunque il diaframma deve spostarsi mentre è sotto carico; questo può essere un inconveniente, specialmente per il sistema ad alette radiali, e si elimina con uno speciale profilo della camera costituito da due archi concentrici opportunamente raccordati. I diaframmi possono essere ridotti a soli 3 0 4, come nella descrizione del Ramelli, oppure essere molto numerosi, come nel caso delle alette radiali per pompe veloci e ad alta pressione (fig. 19 c), per cui il profilo della camera può restare semplicemente circolare.

La portata della pompa risulta dalla differenza fra il passaggio di liquido nella direzione principale dalla camera aspirante alla premente e il ritorno attraverso l'interstizio fra tamburo e camera, ossia è proporzionale al doppio dell'eccentricità e (fig. 19 c) con un coefficente di riduzione dovuta all'ingombro dei diaframmi. Però nel tipo ad alette scorrevoli il volume sporgente equivale al vano lasciato nella scanalatura, che si riempie alla sua volta di liquido attraverso opportuni canali, per cui lo spessore delle alette non influisce sulla portata, che è semplicemente espressa per un giro da Q = 2 e • πD essendo D e b il diametro e la lunghezza della cassa.

In una stessa pompa a giri costanti si può variare la portata variando l'eccentricità, il che si può ottenere in varî modi, spostando l'asse del tamburo, oppure la camicia cilindrica della cassa rispetto all'asse di rotazione (fig. 19 d). L'eccentricità si può annullare e invertire, annullando o invertendo così la portata.

Questa variazione, che si può fare in modo graduale e continuo, è molto utile nella trasmissione di energia a distanza a mezzo di olio in pressione, per la quale queste pompe sono specialmente adatte. La differenza di pressione tra camera aspirante e premente dà luogo a una spinta sul tamburo, che deve essere sopportata dai cuscinetti. Nelle pompe veloci ad alta pressione (H = 30 atm., n = 1200 giri/min.) questa spinta diventa pericolosa e si evita mediante una doppia alimentazione simmetrica. Nel tipo Calzoni della fig. 19 e si ottiene l'equilibratura della spinta e l'eccentricità variabile mediante una camicia deformabile, costituita da due coppie di segmenti mobili diametralmente opposti, comandati in modo che all'accostamento di una coppia corrisponda l'allontanamento dell'altra. I segmenti sono collegati fra di loro da pezzi articolati a cerniera, che funzionano da guida per le alette del tamburo, in corrispondenza delle coppie di camere aspiranti e prementi diametralmente opposte, comprese fra i segmenti stessi.

La fig. 19 f rappresenta un vecchio tipo di pompa lenta, in cui gli stantuffi sono costituiti da cilindretti che agiscono per proprio peso, mentre la tenuta fra camera aspirante e premente è fatta dal tamburo stesso che ruota a contatto della cassa. Risulta chiaro, in questa disposizione, come il volume del cilindretto sporgente sia compensato dal vano lasciato nel tamburo, e come la pressione idraulica generata concorra ad aumentare la pressione del medesimo sulla cassa per assicurare la tenuta, a costo però di maggiore attrito. In tipi più recenti i cilindretti, muniti di perni, sono guidati da anelli laterali girevoli eccentricamente.

Lo strisciamento delle alette può essere eliminato facendo girevole anche la cassa cilindrica, montata su proprî cuscinetti a rulli, mentre le alette sono ad essa mantenute aderenti per mezzo di perni. Il tamburo eccentrico (fig. 19 g), con supporti indipendenti, gira intorno a un distributore centrale, che mette in comunicazione per mezzo di canali radiali tutte le camere di volume crescente con l'aspirazione, le altre in diminuzione con la mandata. L'asse di rotazione della cassa girevole è spostabile per variare l'eccentricità e quindi la portata.

Nella pompa a tamburo eccentrico, le alette hanno nella loro scanalatura un movimento alternativo; sostituendo a esse dei veri stantuffi cilindrici ne risulta un altro genere di pompa rotativa adatto per alte pressioni e piccole portate. Nel tipo della fig. 19 h gli stantuffi radiali, muniti di una testa con rotelle, sono guidati da un anello eccentrico, e i cilindri a stella comunicano direttamente col distributore centrale, intorno al quale ruota il tamburo. L'anello eccentrico è alla sua volta girevole su proprî cuscinetti a rulli e spostabile per variare l'eccentricità. In altra disposizione analoga i cilindri sono disposti in cerchio ad asse parallelo all'albero di rotazione. Gli stantuffi sono collegati mediante articolazioni sferiche a un anello rotante in un piano inclinato; variando detta inclinazione si viene a variare la corsa degli stantuffi e la portata della pompa. Il cassetto distributore è circolare piano. Si tratta in effetto di pompe a stantuffo tuffante multiple, nelle quali l'uniformità della portata è assicurata da un grande numero di cilindri, con abolizione delle valvole mediante l'uso del distributore a cassetto. Sotto questo aspetto può quindi essere classificata fra le pompe rotative anche quella della fig. 19 i, composta di tre stantuffi oscillanti disposti radialmente intorno a un eccentrico motore: Il movimento oscillatorio del cilindro conglobato col cassetto è utilizzato per la distribuzione, analogamente al tipo della fig. 15. Queste pompe ad alette o a stantuffi, fra i cui pregi è quello di essere reversibili, ebbero recentemente un grande sviluppo con l'estendersi delle applicazioni della trasmissione d'energia mediante olio in pressione. Molto utile è in pratica il tipo a eccentricità variabile, che permette di variare gradualmente la portata da un massimo positivo a un massimo negativo.

Pompe rotative a due alberi. - La costruzione più comune per piccole dimensioni è quella a ingranaggi (fig. 19 l). Due ingranaggi, di cui uno motore, girano in due casse semicilindriche imboccando fra di loro. La camera aspirante è separata da quella premente dai denti imboccanti e dalla tenuta delle casse cilindriche. I due ingranaggi portano in giro verso la camera premente una portata corrispondente ai vani compresi fra i denti, però una parte ritorna verso la camera aspirante sulla linea d'imbocco, corrispondente ai vani di uno degl'ingranaggi dedotto il volume dei denti imboccanti dell'altro, ossia la portata effettiva in un giro risulta dalla somma dei volumi dei vani e dei denti di un ingranaggio compresi fra i cerchi di lavoro, cioè corrisponde al volume generato dal dente teorico a guisa di stantuffo. Essendo D il diametro degli ingranaggi, b la larghezza, e la distanza degli assi, la portata teorica per ogni giro risulta: Q = π e • (D − e) • b. Le pompe a ingranaggi comuni presentano spesso l'inconveniente di essere rumorose e di riscaldarsi per effetto dello schiacciamento del liquido imprigionato fra due denti imboccanti, che si evita con opportune camerette di scarico sui fianchi della pompa. I due ingranaggi sono soggetti a una spinta dovuta alla differenza di pressione fra le due camere aspirante e premente, che può condurre allo sfregamento dei denti sulla cassa in seguito al logoramento dei cuscinetti, i quali devono perciò essere ampiamente calcolati. Data la velocità periferica e la larghezza dell'ingranaggio, la portata della pompa dipende unicamente dall'altezza del dente utile, da cui la convenienza economica per le grandi portate di diminuire il numero dei denti per ottenere più piccoli diametri. Però con meno di 7 denti la trasmissione fra due ingranaggi non è più regolare. Si può tuttavia scendere sotto questo numero, assicurando la continuità del movimento relativo dei due alberi mediante una trasmissione normale a ingranaggi esterna.

Nella pompa Root (fig. 19 m) i due corpi rotanti a forma di 8, che scorrono a tenuta lungo la cassa e relativamente fra di loro, si possono considerare ruote a due denti. La tenuta senza sfregamento è affidata alla precisa lavorazione e al perfetto stato delle superficie, per cui questo tipo può servire solo per liquidi esenti da corpi estranei e più comunemente è usato per gas, come ventilatore. Causa la diminuzione del numero dei denti la portata diventa pulsante. Da questa forma arrotondata deriva quella a scure (fig. 19 n), in cui il profilo è costituito da due archi di cerchio, corrispondenti alle superficie di tenuta, collegati da una cicloide. Il tracciamento risulta molto semplificato, ma è maggiore il difetto della pulsazione della portata; la figura mette in evidenza il volume che, imprigionato fra gl'incavi delle due ali, a ogni quarto di giro ritorna dalla camera premente a quella aspirante dando luogo alla pulsazione. Le ali possono anche essere ridotte a una sola per albero, ma la portata è ancora meno uniforme, tanto da rendere utile la camera d'aria. Nel tipo ad ali incavate è migliorato il contatto fra le parti mobili e cassa, però quello fra i due corpi rotanti, ossia la tenuta fra camera aspirante e premente, avviene ancora su una linea, per cui un piccolo logoramento può dar luogo a una notevole fuga.

Le pompe a stantuffi rotanti si distinguono dalle precedenti per essere tutte le tenute costituite da larghe superficie metalliche. In queste esiste una camera anulare in cui si spostano parecchi stantuffi rotanti, portati da un disco montato sull'albero motore (fig. 19 o); la separazione fra camera aspirante e camera premente è fatta da un tamburo distributore girevole munito d'incavature che servono a isolare ogni stantuffo nel ritorno dalla camera premente a quella aspirante e comandato da una trasmissione esterna a ingranaggi. La portata è anche in questo caso, come nelle pompe a ingranaggi, data dal volume generato da uno stantuffo rotante, indipendentemente dal suo ingombro; servono per pressioni fino a 4 atm. Nel tipo della fig. 19 p l'asse del tamburo distributore giace nell'interno dello spazio descritto dagli stantuffi rotanti; detto tamburo ha forma di falce, avendo un solo incavo, per cui fa un giro a ogni passaggio di stantuffo. Non occorrendo una speciale cassa per il distributore, la costruzione riesce quanto mai compatta, però il distributore deve essere montato di sbalzo.

Pompe rotative a tre alberi. - Nella pompa a rulli (fig. 19 q) il distributore è costituito da due tamburi, di cui alternativamente l'uno presenta l'incavo per il passaggio dello stantuffo rotante, mentre l'altro fa tenuta fra camera aspirante e camera premente rotolando sul tamburo portante gli stantuffi. Però la tenuta è fatta su una linea.

Pompe centrifughe. - Sebbene il ventilatore centrifugo appaia usato per le miniere nel sec. XVI e sia descritto da Agricola (1556), l'invenzione della pompa centrifuga si attribuisce a D. Papin, sul finire del sec. XVII.

Il ventilatore allora conosciuto (macchina di Hessian) era costituito da una semplice capsula cilindrica racchiudente la ruota formata da 4 pale in croce, con ingresso assiale e scarico tangenziale. Papin la perfezionò introducendo la camera a spirale e ne propose l'applicazione anche al sollevamento d'acqua; però la mancanza di una forza motrice regolare ne ritardò per più di un secolo la valorizzazione pratica. Solo con la comparsa della macchina a vapore al principio del sec. XIX la pompa centrifuga iniziò il suo sviluppo e nel 1848 ebbe forma pratica con la pompa dell'inglese J. G. Appold, caratterizzata dall'aspirazione bilaterale e dalle pale ricurve. Nel 1851 si ebbe la pompa multipla in serie di J. e H. Gwynne, ancora senza diffusore e di cattivo rendimento. L'invenzione del diffusore è dovuta a O. Reynolds nel 1875; nella prima esecuzione le pale erano regolabili, a imitazione di quelle del distributore della turbina idraulica, ma, in seguito agli scarsi vantaggi idraulici riscontrati, nelle costruzioni successive (1887) le pale divennero fisse. Il ritorno alle direttrici mobili nelle grandi pompe moderne ha il solo scopo secondario di servirsene come organo di chiusura.

I perfezionamenti introdotti nell'ultimo trentennio riguardano specialmente l'aumento del numero di giri specifico della ruota, allo scopo di facilitare l'accoppiamento diretto della pompa al motore elettrico e l'autoregolazione, cioè l'attitudine a funzionare a velocità costante e pressione variabile. La pompa ad elica, che appartiene alla categoria delle pompe veloci, ebbe per parecchio tempo il difetto del cattivo rendimento e solo negli ultimi anni fu perfezionata.

Nella pompa centrifuga la trasmissione dell'energia avviene per mezzo della rotazione di una ruota munita di pale, le quali imprimono al liquido un incremento di pressione e di velocità. L'aumento di velocità viene alla sua volta utilizzato per innalzare la pressione a mezzo del diffusore fisso collocato all'uscita della ruota.

Nel tipo comune di pompa, il liquido entra in direzione assiale al centro della ruota e l'attraversa radialmente verso l'esterno: di qui la denominazione comune di pompa centrifuga, poiché la forza centrifuga agendo nella direzione della corrente concorre ad aumentarne la pressione. La forza centrifuga non è però indispensabile e teoricamente è ammissibile anche la pompa centripeta, che ha però inconvenienti di ordine pratico.

La pompa assiale o a elica rappresenta il tipo intermedio, che in questi ultimi anni va acquistando sempre maggior considerazione per la sua semplicità e la sua alta velocità. Dal tipo puramente centrifugo a quello assiale si passa gradualmente attraverso varî tipi intermedî (misto, conico, diagonale) che dal punto di vista del funzionamento si possono raggruppare tutti in un'unica categoria, caratterizzata dalla presenza di una ruota a pale, che rotando genera un vortice.

Il liquido che esce dalla ruota in moto ha una velocità assoluta inclinata c2, risultante della velocità periferica u2 e di quella relativa w2 dovuta alle pale (fig. 20). Essa dipende perciò, a parità di altre condizioni, dall'inclinazione delle pale stesse, e il suo valore cresce con l'angolo β2. Si possono considerare le tre possibilità: β2 ⋛ 90°, secondo le quali le pale possono essere curvate nel senso della rotazione (concave), radiali, o curvate all'indietro (convesse). Questo ultimo tipo è quello preferibile perché i canali fra le pale risultano meno bruscamente curvati e allargati.

D'altra parte la prevalenza H generata dalla pompa, ossia l'energia totale (sotto forma di aumento di pressione o di velocità) trasmessa a 1 kg. di fluido, in kgm./kg. = m. di colonna di fluido, risulta dall'equazione fondamentale:

in cui &out;h è la prevalenza teorica ossia il lavoro eseguito dalle pale, c2u la componente tangenziale della velocità assoluta e ηi il rendimento idraulico della pompa, variabile da 0,7 a 0,9; cioè anche la prevalenza, proporzionale a c2u, cresce con l'angolo β2. (È degno di nota il fatto che la prevalenza &out;h è indipendente dal genere di fluido).

Se ne deduce che la pala concava, a parità di velocità periferica, dà una prevalenza maggiore della pala convessa, ossia a parità di prevalenza richiede una velocità periferica minore.

È quindi ammissibile (fig. 21) una variazione di β2 da un minimo corrispondente a c2u = 0, ossia &out;h = 0 (pala neutrale), a un massimo corrispondente a c2u = 2 u2, ossia &out;h = c2u2/2g = 2 u22/g, per il quale tutta la prevalenza è dinamica, cioè dovuta all'aumento di velocità c2u senza variazione di pressione (pompa ad azione), nell'ipotesi che la velocità assoluta d'entrata c1 nella ruota sia radiale ed uguale alla componente radiale d'uscita, ossia c2u2 = c22c12.

Però le pale concave hanno cattivo rendimento, dovendo la forte velocità d'uscita c2 essere ricuperata, ossia trasformata in pressione nel diffusore, che sempre dà luogo a sensibili perdite; inoltre la deficienza di pressione favorisce le corrosioni. Nelle pompe sono quindi usate quasi esclusivamente le pale convesse con angoli β2 variabili da 14° a 50°.

Nei ventilatori, invece, spesso β2 ??? 90°, ossia si usano pale concave per ridurre il diametro della ruota a scopo economico, trascurando anche il rendimento quando si tratti di piccole potenze.

Il diffusore (fig. 22) è formato da una serie di pale fisse, che ricevono il liquido all'uscita dalla ruota nella voluta direzione e lo dirigono nella camera premente rallentandone la velocità per effetto del graduale aumento di sezione dei canali da esse formati. Qualche volta il diffusore senza pale è formato dal semplice spazio anulare compreso fra due pareti fisse in proseguimento di quelle della ruota; la sua efficacia dipende dall'espansione radiale e può convenire per grandi angoli d'uscita della velocità assoluta c2 e quando sussiste il pericolo di ostruzione.

Per basse prevalenze la stessa camera premente, formata a spirale, ha l'ufficio di diffusore oltre che di raccoglitore. Sempre dove è possibile, specie nelle grandi pompe, l'azione del diffusore è completata dalla tubazione premente conica, che diventa così elemento essenziale per il buon funzionamento dell'impianto.

La pompa centrifuga è di solito intercalata fra una tubazione aspirante e una premente (fig. 23), per cui occorre distinguere la prevalenza geodetica Hg, o dislivello da superare, dalla prevalenza manometrica H = Hg + Hr che la pompa deve effettivamente generare per vincere anche le resistenze Hr della tubazione, come già si disse per le pompe a stantuffo.

Non essendo la pompa centrifuga in grado di generare una forte depressione mentre è piena d'aria, alla messa in marcia deve essere adescata, ossia essere riempita di liquido fino all'altezza della ruota, il che è possibile direttamente quando esiste la valvola di ritenuta al piede del tubo aspirante. Nelle grandi pompe, invece, il liquido viene aspirato attraverso al tubo aspirante e la pompa stessa, per mezzo di una pompa d'aria. La pompa idrovora in camera libera (fig. 24) pescando nel canale di arrivo è sempre adescata e pronta a funzionare. Questo vantaggio è però ottenuto a danno dell'accessibilità della pompa stessa.

Per la massima altezza di aspirazione ammissibile valgono le osservazioni fatte a proposito della pompa a stantuffo: circa la pressione barometrica e la tensione del vapore. Però nell'interno della pompa centrifuga, sebbene non si abbiano valvole e la corrente sia stazionaria, esistono molteplici altre cause di depressione.

Principale fra queste è la pressione di pala, o più precisamente la differenza di pressione fra le sue due facee, mediante la quale avviene la trasmissione dell'energia dalla ruota al liquido. Come si dirà meglio trattando delle pompe a elica, questa differenza di pressione è in massima parte dovuta ad una depressione sul dorso della pala, tanto maggiore quanto maggiore è il suo carico. Altre cause sono le brusche deviazioni dovute alla forma dei canali e allo spessore delle pale, gli strozzamenti di sezione, ecc. Sono quindi in migliore condizione di aspirazione le pale più ampie e regolari del tipo convesso.

Nella fig. 25 sono riportate le massime altezze di aspirazione manometriche praticamente ammissibili in condizioni normali per l'acqua alle varie temperature, essendo in esse comprese le resistenze della tubazione aspirante. A circa 90° non è quindi più possibile alcuna aspirazione, e per una temperatura superiore l'acqua deve arrivare sotto battente o in pressione. Naturalmente per altri liquidi l'altezza geodetica d'aspirazione varia in ragione inversa del peso specifico.

Quando, per effetto della diminuita pressione nella corrente in prossimità della parete, si sviluppa vapore, si dice che si forma cavitazione. Questo fenomeno, che si manifesta come colpo d'acqua nelle pompe a stantuffo, assume maggior gravità nelle pompe centrifughe poiché è causa d'improvvisa caduta di rendimento, di rumore e vibrazioni della macchina e di dannose erosioni del materiale, di caratteristica forma spugnosa. Il funzionamento della pompa centrifuga è completamente diverso da quello della pompa a stantuffo o della pompa rotativa. In queste il sollevamento si effettua col trasporto di volumi determinati di liquido dalla camera d'aspirazione a quella di pressione e la portata (volume di liquido spostato nell'unità di tempo) è direttamente proporzionale alla velocità di rotazione della pompa, mentre la pressione o prevalenza dipende esclusivamente dalle condizioni esterne dell'impianto, ossia dislivello e resistenze nella tubazione. A tubazione chiusa (resistenza infinita) anche la prevalenza sarebbe infinita, ossia crescerebbe fino al limite consentito dalla potenza del motore o dalla resistenza del materiale.

Invece la pompa centrifuga ha un funzionamento più elastico poiché a parità di giri, ed entro certi limiti, la portata varia in dipendenza della prevalenza generata. Si può quindi variare la portata variando artificialmente la prevalenza da vincere. Una proprietà importante della pompa centrifuga normale è quella che la massima prevalenza raggiungibile è di poco superiore alla normale, per una data velocità, per cui aumentando la resistenza oltre questo limite la pompa cessa semplicemente di dare portata, ma può ancora restare in moto senza inconvenienti, anche a tubazione premente chiusa. A queste variazioni di portata, a giri costanti, corrispondono variazioni di rendimento della pompa.

Nelle condizioni di miglior rendimento per le quali fu calcolata, e in base a una velocità di n giri/min., la pompa è in grado di erogare una data portata Q in mc./sec., vincendo una data prevalenza manometrica H in m., che risulta dall'equazione fondamentale H = c2uu2 • ηi/g. Questa relazione può anche essere messa sotto la forma H/u22 = (c2u/u2) ηi/g, dalla quale si deduce che in una stessa pompa il funzionamento è invariato e il rendimento idraulico ηi si mantiene costante se tali si mantengano pure i rapporti H/u22 e c2u/u2.

Essendo ora la velocità periferica u2 proporzionale al numero di giri n della ruota, e la velocità c2u nella stessa ruota essendo proporzionale alla portata Q, si può senz'altro stabilire che la stessa condizione è rappresentata dalla costanza dei rapporti H/n2 e Q/n. Vale a dire se i dati d'una pompa H, Q ed n variano diventando H1, Q1 e n1, il rendimento idraulico si potrà ritenere inalterato alla condizione n1/n = Q1/Q = √H1/H, che esprime la legge di affinità. Ponendo Q - x • n e H = y• n2 si deduce che la corrispondente potenza della pompa N1 = γ • Q • H/75 in HP è proporzionale al cubo del numero di giri ossia Ni = z • n3.

Occorre però notare che il renidimento idraulico η1, ritenuto costante, si riferisce solo alle perdite nella ruota e nel diffusore. Invece il rendimento effettivo ηe, che è dal 7 al 15% minore, subisce una certa variazione, cioè la pompa presenta un massimo rendimento a una data velocità, che va diminuendo per velocità superiori o inferiori. Ciò è dovuto in parte all'influenza delle perdite meccaniche, la cui importanza rispetto alla potenza della pompa va crescendo col diminuire dei giri, mentre oltre una certa velocità si verificano nella pompa fenomeni di cavitazione per i quali il funzionamento non è più regolare ed il rendimento cade. La legge dei cubi è quindi solo approssimativamente applicabile alla potenza effettiva assorbita dalla pompa Ne = γ • Q • H/75 • 1/ηe.

La legge di affinità si può estendere anche a pompe dello stesso tipo di grandezze diverse, ma geometricamente simili (legge di proporzionalità). Tenendo conto che la portata è proporzionale alla velocità periferica u2 = n • D2 • π/60, e alla sezione di passaggio ossia a D22, e che la prevalenza è proporzionale al quadrato della velocità periferica, si ha:

Se si fa variare la prevalenza mentre il numero di giri è mantenuto costante, la portata varia secondo una legge speciale dipendente dal tipo di ruota, rappresentata graficamente dalla caratteristica della pompa. Questa curva che dà la prevalenza H in funzione della portata Q a giri costanti, si determina sperimentalmente. Essa potrebbe anche essere calcolata partendo dalle prevalenze teoriche &out;h = H/ηi quando fossero note le diverse perdite che influiscono sul rendimento idraulico.

In base all'equazione fondamentale si dimostra che la variazione della &out;h in funzione della portata è rappresentata semplicemente da una retta (caratteristica teorica), che incontra l'asse delle ordinate nel punto u22/g. L'inclinazione di questa retta dipende precisamente dall'angolo β2 delle pale, ossia per β2 ⋛ 90° essa è rispettivamente ascendente, orizzontale o discendente. Riferendo le diverse caratteristiche (fig. 26) alla stessa prevalenza teorica &out;h1, corrispondente alla portata normale di massimo rendimento Q1, i tre tipi risultano rappresentati da tre rette variamente inclinate aventi il punto &out;h1 in comune. La retta ascendente, corrispondente a β2 > 90° (pala concava), taglierà sull'asse delle ordinate un segmento u22/g minore; infatti a parità di prevalenza normale essa funziona con una velocità periferica u2 minore.

Il complesso delle perdite idrauliche per attrito e urto, che è minimo in corrispondenza della portata calcolata Q1, va crescendo nei due sensi per le portate minori o maggiori, per cui la caratteristica effettiva risulta per differenza formata da una curva parabolica, la cui distanza minima dalla caratteristica teorica corrisponde circa alla portata normale Q1 (fig. 27).

Poiché alla diminuzione dell'angolo β2 corrisponde un aumento deha velocità periferica, si può concludere che le ruote più veloci (piccoli β2) hanno caratteristiche con maggior tendenza alla discesa, nelle quali l'arco ascendente iniziale può anche scomparire (fig. 33). In questo caso la prevalenza H diminuisce sempre con l'aumentare della portata, mentre per angoli β2 più grandi la prevalenza stessa raggiunge il massimo per una portata intermedia. La legge di affinità si applica, a tutti i punti della caratteristica, ossia variando il numero di giri i punti omologhi (di ugual funzionamento) si spostano lungo parabole (fig. 28) aventi per asse l'asse delle H e il vertice all'origine, individuate dal rapporto costante Q/H. Queste parabole sono quindi anche linee di ugual rendimento idraulico ηi, o di ugual grado di portata (riferita alla portata normale allo stesso numero di giri).

Per le ragioni gfi accennate invece il rendimento effettivo ηe varia alquanto, per cui la pompa, in date condizioni di aspirazione, ha un punto di ottimo funzionamento, intorno al quale il rendimento va gradatamente diminuendo. Perciò nel diagramma generale di funzionamento a giri variabili (figura 29) le linee di ugual rendimento effettivo sono rappresentate da curve ovali, che servono appunto a limitare il campo di utilizzazione pratica della pompa.

Anche la prevalenza manometrica H, che la pompa deve vincere, può essere rappresentata graficamente in funzione della portata. Essa è costituita da una parte statica o geodetica Hg, che si può ritenere costante, e da una parte dinamica Hr, dovuta alle resistenze della tubazione, variabile con la portata secondo una legge parabolica. Perciò la prevalenza nel diagramma in funzione della portata varia secondo una curva parabolica (fig. 30) intersecante l'asse delle ordinate nel punto Hy, denominata caratteristica della tubazione, perché indipendente dal tipo e dalla posizione della pompa. La intersezione della caratteristica resistente con quella della pompa determina il punto di funzionamento, ossia la prevalenza e la portata che automaticamente vengono a stabilirsi.

Se la prevalenza da vincere è puramente dinamica (resistenza della tubazione o bocca di efflusso) la caratteristica resistente è una parabola passante per l'origine degli assi, coincidente quindi con una delle parabole di rendimento idraulico costante (fig. 28). Questo caso si verifica specialmente nei ventilatori.

È da notare che due pompe uguali in parallelo sulla stessa tubazione non forniscono il doppio della portata di una sola di esse funzionante sulla stessa tubazione. Infatti, in questo caso la caratteristica della tubazione, riferita alla portata di una sola delle due pompe, è un'altra parabola più alta, in cui alla stessa prevalenza della pompa unica corrisponde metà portata. Ogni pompa viene quindi a funzionare con una prevalenza maggiore e per conseguenza con una portata minore, e la differenza è tanto più sensibile quanto maggiore è il numero delle pompe.

La regolazione della portata si può eseguire tanto a giri costanti quanto a giri variabili. Mantenendo i giri costanti la regolazione (figura 30) si ottiene nel modo più semplice mediante una valvola di strozzamento regolabile (fig. 23) inserita nella tubazione premente. Si viene però in questo modo a creare una resistenza artificiale e quindi una perdita di rendimento, per cui questo sistema è consigliabile solo con caratteristiche di pompa molto piatte oppure per funzionamento temporaneo.

Si usa appunto in sala di prova per determinare sperimentalmente le caratteristiche delle pompe; per diverse aperture della valvola, da tutta chiusa a tutta aperta, si ottiene la serie completa di punti della curva, misurando la prevalenza a monte della valvola. Si cerca di evitare la strozzatura sulla tubazione aspirante, per la ragione che, quando si aumenta la depressione all'entrata della ruota, si corre il pericolo di provocare la cavitazione e d'interrompere la colonna liquida aspirante.

La regolazione a giri variabili è la più razionale e più conveniente quando il motore permette la regolazione graduale dei giri, poiché è così possibile mantenere il funzionamento nel campo del maggior rendimento. Le caratteristiche della pompa a diversi numeri di giri (legge di affinità), intersecando la caratteristica della tubazione (figura 31), determinano le corrispondenti portate di funzionamento; intersecando una delle parabole ausiliarie di eguale Q/H, determinano sullo stesso asse delle ascisse dei segmenti proporzionali alle corrispondenti velocità, che servono a tracciare la curva dei numeri di giri in funzione delle portate. L'andamento piatto della curva dimostra che la variazione percentuale della portata è molto maggiore di quella del numero di giri (da 4 a 10 volte).

Se la caratteristica della pompa ha un primo tratto ascendente (fig. 31) essa può offrire due punti d'intersezione con la caratteristica della tubazione; il primo dei due (portata minore) è instabile, poiché per il tratto (a destra) in cui la prevalenza supera la resistenza, la pompa tende ad aumentare la portata fino al secondo punto d'intersezione.

Nel funzionamento pratico può darsi che le due caratteristiche si spostino l'una rispetto all'altra. Può essere variabile la caratteristica resistente (fig. 32, a sinistra) in conseguenza della variazione della prevalenza geodetica Hg, oppure quella della pompa (fig. 32, a destra) per effetto della variazione dei giri. Nei due casi divenute le due caratteristiche tangenti, per l'aumento della Hg o la diminuzione dei giri, per una ulteriore variazione la prevalenza della pompa non è più in grado di vincere la resistenza; la portata della pompa improvvisamente si annulla e la corrente s'inverte rifluendo attraverso la pompa stessa. Se in conseguenza la Hg torna ad abbassarsi, oppure i giri salgono di nuovo, in modo da ripristinare l'uguaglianza tra prevalenza e resistenza a portata nulla, la pompa riprende il funzionamemo, saltando però alla portata corrispondente alla seconda intersezione delle due caratteristiche sul ramo discendente. Il fenomeno può così ripetersi periodicamente. Si evita l'inversione della corrente inserendo sulla tubazione una valvola automatica di ritegno. Perché anche la caratteristica ascendente sia stabile, occorre quindi che la prevalenza della pompa a portata nulla sia superiore in ogni caso alla prevalenza geodetica da vincere, il che si verifica appunto con una grande resistenza della tubazione. Questa è anche condizione perché la pompa possa avviarsi da sé; se invece la prevalenza a vuoto è inferiore, occorre per l'avviamento aumentare i giri oltre il normale, oppure aprire uno scarico provvisorio per creare artificialmente la portata. Con un diffusore a pale mobili è possibile spostare il vertice della caratteristica ascendente verso la portata nulla e quindi ridurre o sopprimere il campo di funzionamento instabile.

La potenza motrice fornita all'albero della pompa va impiegata ad eseguire, oltre al lavoro idraulico delle pale γ•Q•&out;h, anche quello dovuto all'attrito della ruota e dei supporti, alle circolazioni secondarie interne e alle fughe. Quindi anche a portata nulla la pompa richiede una potenza considerevole, che nel tipo lento è circa un terzo della potenza normale, e che va poi crescendo più o meno rapidamente col crescere della portata (figura 33). Nella pompa veloce la curva della potenza in funzione della portata tende a divenire orizzontale, mentre in quelle velocissime a elica si può avere a portata nulla una potenza assai superiore della normale, in relazione all'inclinazione della caratteristica stessa della pompa.

Agli effetti pratici nella pompa lenta, con potenza crescente con la portata, il campo di funzionamento viene a essere limitato dalla potenza disponibile al motore, e un'eccessiva riduzione della prevalenza, col conseguente aumento di portata, può facilmente dar luogo al sovraccarico del motore stesso. La pompa veloce, con potenza circa costante, non presenta questo inconveniente e può funzionare anche con le prevalenze minime, però a portata nulla è maggiore il pericolo di riscaldamento del liquido per effetto della circolazione interna. Nelle pompe velocissime il pericolo di sovraccarico del motore si manifesta invece nel funzionamento verso le portate minori della normale, il che porta alla necessità di escludere l'applicazione della valvola di regolazione sulla mandata ed a speciali accorgimenti all'avviamento.

Il rendimento effettivo della pompa ηe = γ•QH/75•1/Ne in funzione della portata è rappresentato da una curva (fig. 33) che partendo da zero, all'origine delle portate, raggiunge il massimo (nelle grandi pompe 0,86) alla portata normale, per poi scendere piuttosto rapidamente fino a zero, per la portata teoricamente massima e prevalenza nulla. La curvatura nel campo di utilizzazione è tanto maggiore e la discesa tanto più rapida quanto più la caratteristica è ripida ossia la pompa è veloce.

Nella pompa veloce, che trova razionale applicazione nelle bonifiche con prevalenza molto variabile, si rimedia alla caduta di rendimento per le prevalenze minime mediante la regolazione delle pale della ruota all'uscita (fig. 34). Si viene in questo modo a correggere la caratteristica ampliando il campo di funzionamento verso le massime portate.

La prevalenza che una pompa può generare dipende dal tipo e dalla velocità periferica della ruota. In massima vale la relazione H = xu22/2g, in cui per pale convesse e ruote del tipo solito risulta sperimentalmente.

In base alla resistenza del materiale si potrebbe col bronzo arrivare alla velocità periferica u2 = 80 m./s. con una prevalenza H = 330 m. sviluppata con una sola ruota; normalmente per altre considerazioni si arriva a 100 m. Per prevalenze superiori, che possono oltrepassare anche i 1200 m., si fanno funzionare più ruote in serie in una stessa pompa multipla, o anche in due pompe multiple collegate in serie alla loro volta.

Occorre però notare che la massima prevalenza che una ruota può generare con buon rendimento, è strettamente legata alla sua portata e alla sua velocità.

Infatti col diametro della ruota aumentano rapidamente le resistenze d'attrito delle sue pareti esterne rotanti nel fluido, e così pure le fughe ai bordi. Queste perdite di energia saranno relativamente tanto meno sensibili quanto maggiore è la portata della pompa, ossia la sua potenza, per cui tanto minore, a parità di giri, sarà la prevalenza praticamente ammissibile per ogni ruota quanto minore è la sua portata. Per una buona ruota centrifuga si potrebbe stabilire:

Per prevalenze maggiori, se i giri non sono aumentabili e non si vuole sacrificare il rendimento, bisogna ricorrere alla pompa multipla in serie, e nei casi estremi ritornare alla pompa a stantuffo. Piccole portate richiedono quindi elevato numero di giri e suddivisione della prevalenza, ossia riduzione del diametro della ruota.

Per altre considerazioni costruttive però, il diametro esterno D2, per ruota radiale, per una data portata, non può scendere sotto un certo limite, dovendo il diametro d'imbocco D1 restare circa costante (fig. 35) per non compromettere il potere aspirante della pompa con una troppo forte velocità d'ingresso. Un'ulteriore diminuzione di diametro è bensì ottenibile passando al tipo di ruota mista con pale prolungate verso il centro, analogamente come nelle comuni ruote Francis delle turbine (pale a doppia curvatura), e infine suddividendo la portata fra due o più ruote funzionanti in parallelo.

La diminuzione del diametro esterno, a parità di prevalenza e portata, ha per conseguenza l'aumento del numero di giri, e questo è appunto lo scopo delle pompe veloci, che devono funzionare con piccole prevalenze pur con un elevato numero di giri per ragioni di economia e di accoppiamento diretto coi motori veloci. Questa velocità viene aumentata, a parità di diametro, diminuendo l'angolo d'uscita β2 e raggiunge il massimo con le pompe assiali.

Dati quindi per una ruota i valori Q e H, esiste per il numero di giri n anche un limite superiore variabile, dipendente dal tipo di pala e di ruota, oltre al limite inferiore assoluto per le ruote più lente. Il concetto della velocità è quindi legato a quello della forma e disposizione della ruota, che può perciò essere caratterizzata mediante il numero di giri specifico.

Per analogia al criterio già in uso per le turbine, s'intende per numero di giri specifico ns di una pompa ad una ruota il numero di giri al minuto che farebbe una pompa geometricamente simile di dimensioni tali da eseguire il lavoro di 1 HP vincendo la prevalenza di 1 m., vale a dire con una portata corrispondente a 75 kg./sec.; per l'acqua (γ = 1000) è espresso da:

Con questo criterio, e in base a certi valori limiti, è possibile distinguere le pompe in lente, normali, veloci e velocissime, intendendosi che la pompa è tanto più veloce, per un dato numero di giri, quanto più grande è la portata e piccola la prevalenza.

Dall'espressione più indietro riportata per il limite superiore di H per dati valori di Q e n, si deduce senz'altro come limite minimo per una buona ruota lenta ns = 58. Si può però in casi speciali scendere a ns = 35 ÷ 45, e anche a valori più bassi quando il rendimento non ha importanza, come nelle pompe per uso domestico. Essendo di solito il numero di giri disponibile relativamente limitato (3000 al massimo per motore elettrico), per piccole portate si deve ricorrere spesso alla pompa multipla, che può avere anche 12 e più ruote in serie montate sullo stesso albero. Il rendimento, che è influenzato dal diametro ed è migliore con diffusore, può raggiungere nelle costruzioni comuni il 78%. Aumentando i rapporti b2/D2 (fig. 35) fra la larghezza della ruota e il diametro esterno, e D1/D2 fra il diametro d'ingresso e quello d'uscita, e diminuendo l'angolo β2 delle pale all'uscita, si può arrivare intorno a ns = 400 per una sola ruota. Comune è la disposizione di due ruote addossate (aspirazione bilaterale: fig. 36) funzionanti in parallelo, che ha il vantaggio di eliminare la spinta assiale; due o più ruote doppie possono essere montate in una stessa pompa, collegabili fra di loro in serie o in parallelo. Con le pompe diagonali (fig. 47) si arriva alla ns=600 e con le pompe a elica si supera la ns=1000.

La pompa centrifuga che ha, specialmente di fronte a quelle a stantuffo, il pregio della velocità ed entro ampî limiti anche quello dell'autoregolazione, risolve ormai tutti i problemi di sollevamento di liquidi, e dell'acqua in particolare, con le più svariate forme di costruzione e disposizione. In Italia l'impiego della pompa centrifuga ha assunto eccezionale importanza nella bonificazione idraulica fin dagl'inizî (l'impianto di Codigoro per la bonifica ferrarese, eseguito nel 1874-76 con pompe centrifughe azionate da motrice a vapore, fu per parecchi anni il più importante di questo tipo), e fu in questo campo brillantemente risolto il problema del sollevamento di grandi quantità di acqua con dislivelli molto variabili mediante pompe a velocità costante.

Si usa dividere le pompe centrifughe in pompe a bassa, media e alta pressione. Sebbene la pressione abbia un'influenza solo relativa sul tipo di pompa, si può mantenere questo concetto prendendo come carattere distintivo delle tre categorie l'essere la pompa: semplice (la prevalenza è vinta da una sola ruota cioè in un solo stadio) senza diffusore a pale; semplice con diffusore; multipla in serie.

Non possono essere comprese in questa classificazione le pompe diagonali e assiali, che, pur essendo essenzialmente a bassa pressione, richiedono il diffusore a pale e si eseguiscono anche multiple. Anche il loro aspetto è diverso da quello delle comuni pompe centrifughe e vengono perciò classificate a parte, in una quarta categoria.

Pompe semplici senza diffusore a pale. - Si può ritenere abbandonata la pompa idrovora (fig. 24) in camera libera senza diffusore. La ruota centrifuga è sempre circondata dalla camera metallica a spirale funzionante in parte da diffusore, spesso raccordata alla tubazione per mezzo di un tronco conico che completa l'azione di ricupero della spirale. L'asse della pompa è più spesso orizzontale, l'aspirazione di solito bilaterale per eliminare la spinta assiale, coi gomiti incorporati con la spirale, oppure ampiamente sviluppati nelle costruzioni più importanti. Il collegamento al motore può essere diretto oppure a mezzo di cinghia.

Per portate relativamente grandi possono funzionare in parallelo due ruote ad aspirazione bilaterale disposte anche ad asse verticale come nel tipo per bacino di carenaggio (fig. 37). Per minori portate si usa la ruota normale ad aspirazione unica, che permette una costruzione più semplice e facilità di smontaggio, potendo la ruota essere montata sull'albero in sbalzo. La spinta assiale può essere equilibrata idraulicamente o sopportata da un cuscinetto a sfere. Due pompe semplici con camere separate possono alla loro volta essere accoppiate avendo in comune l'aspirazione, come nella fig. 38.

Particolarmente vantaggiosa nelle bonifiche si è dimostrata la disposizione semplice ad asse verticale (fig. 39) per la soppressione dei gomiti d'arrivo e il minimo ingombro, essendo pompa e motore riuniti in corpo unico, con due soli supporti e albero comune. Lo scarico a sifone (fig. 40) permette di eliminare la valvola di ritenuta sulla mandata, pur essendo la pompa sotto battente. L'abolizione completa dei fabbricati e delle relative opere di fondazione si potrebbe ottenere con un impianto galleggiante (brev. Riva), perfezionando il sistema già in uso per installazioni temporanee

Pompe semplici con diffusore a pale. - Le pompe senza diffusore servono per portate relativamente grandi e per piccole e medie prevalenze. Per portate minori la spirale non può più razionalmente avere uno sviluppo di sezioni sufficiente, e occorre introdurre il diffusore a pale all'uscita della ruota (fig. 22). La pompa esternamente non presenta carattere diverso, però la spirale si ingrandisce notevolmente. Il diffusore è di solito riportato, onde permetterne una migliore lavorazione, e per le maggiori prevalenze tanto esso quanto la ruota sono eseguiti in bronzo.

Con questo tipo la prevalenza può essere spinta al massimo superabile con una sola ruota, quando è disponibile un sufficiente numero di giri. Così per l'alimentazione delle caldaie si usano anche pompe a una sola ruota semplice comandate da turbina a vapore, che alla velocità di 6000-7000 giri raggiungono la prevalenza di 250 m.

Per le maggiori potenze è indispensabile l'aspirazione bilaterale per eliminare la spinta assiale. Le pompe di grande potenza per gli impianti di accumulazione di energia appartengono a questa categoria e fra queste è da ricordare in Italia la pompa per l'impianto di Viù di 4000 HP con prevalenza di 152 m.

Il continuo aumento della potenza delle pompe necessarie per i recenti grandi impianti di accumulazione, ha portato alla necessità di costruzioni più compatte, quindi a pale di ruote più caricate, aumentando così il pericolo della cavitazione e conseguenti corrosioni e perdita di rendimento. Come nelle turbine, questo pericolo aumenta col numero di giri specifico, per cui è questa una considerazione che limita la massima prevalenza superabile con un determinato tipo di ruota. Dall'attuale pratica risulta come limite:

supposta nulla l'altezza d'aspirazione. Si può quindi rendere necessaria la suddivisione della prevalenza su due ruote, anche con un ns relativamente grande; le due ruote possono essere uguali, oppure la prima, a bassa pressione, funzionare semplicemente da ruota aspiratrice con lo scopo di creare una pressione iniziale all'ingresso della ruota principale.

Una caratteristica delle pompe di grande potenza per impianti di accumulazione è il diffusore regolabile analogo al distributore di una turbina. La riduzione dell'apertura ha l'effetto di innalzare la caratteristica spostandone il vertice verso le portate minori. E potrebbe servire per variare la portata. Però non ne risulta alcun vantaggio di rendimento utilizzabile, perché il piccolo guadagno di prevalenza deve essere annullato da un maggior strozzamento per ritornare alla prevalenza richiesta dalla tubazione. Lo scopo del diffusore a pale mobili è quindi essenzialmente quello di eliminare il funzionamento instabile e la possibile inversione di corrente nella tubazione; esso costituisce un organo di chiusura sicuro e di facile manovra, anche per il caso di mancanza di corrente al motore elettrico. La pompa più potente di questo tipo fino al 1934, era quella dell'impianto di Niederwartha (Dresda) di 27.000 HP con una prevalenza di 138 ÷ 154 m.

Pompe multiple (in serie). - Si deve distinguere il caso speciale di due gruppi variamente combinati in serie e parallelo dal caso normale di parecchi elementi semplici, tutti uguali tra loro, collegati in serie in un corpo unico. Il caso speciale si verifica spesso nelle pompe di grande potenza, dove la disposizione in parallelo serve a eliminare la spinta assiale. Nella pompa dell'impianto di Viverone (4800 HP) sono in serie due ruote ad aspirazione bilaterale (fig. 42); nella pompa dell'impianto di Herdecke sulla Ruhr (36.000 HP) funzionano in parallelo due gruppi di due ruote in serie (fig. 43), ossia due ruote semplici laterali sono in serie con una ruota centrale ad aspirazione bilaterale. È questa la più potente pompa con diffusore regolabile, costruita fino al 1934 per una prevalenza H = 150÷165 m.; massimo rendimento raggiunto 86%.

Nella costruzione normale tutte le ruote uguali e ad aspirazione semplice, munite di diffusore a pale opportunamente prolungato per il collegamento alla ruota successiva, sono montate in serie di 2 a 12 o anche più elementi. Vi sono due tipi di costruzione: il tipo a cassa cilindrica, in cui i varî elementi ruota-diffusore vengono introdotti e tenuti stretti dai coperchi (fig. 44) e il tipo ad anelli, in cui la cassa è formata da tanti anelli quanti sono gli elementi (fig. 45), tenuti insieme da bulloni. La spinta assiale può essere equilibrata idraulicamente per ogni ruota, oppure nel suo complesso da una disposizione idraulica a disco a un'estremità della pompa. Queste pompe vincono le massime prevalenze (oltre 1200 m. nelle miniere) e ogni elemento fino a 80 ÷ 120 m. Si usano però anche per prevalenze minori con piccole portate (acquedotti, impianti industriali in genere). In casi speciali, in cui la portata è relativamente grande (irrigazione), si deve ricorrere al tipo multiplo se il motore è lento (pompa accoppiata a turbina idraulica).

Nell'alimentazione delle caldaie si ha uno dei casi di minima portata relativamente alla prevalenza, nel quale il numero di giri specifico ns scende al valore minimo, e speciali disposizioni occorrono per il raffreddamento dei premistoppa quando la temperatura dell'acqua supera i 100° per impedire fughe di vapore.

Nei pozzi le pompe multiple sono disposte ad asse verticale restando il motore alla superficie collegato da un lungo albero verticale, che può essere rinchiuso coi suoi supporti nella stessa tubazione premente, che qualche volta fa anche da sostegno. Quando il livello è molto variabile il gruppo motore-pompa, montato in apposito telaio, è spostabile in altezza mediante una sospensione a fune. Per i pozzi artesiani di profondità normale si va introducendo il tipo di ruota diagonale (fig. 47) con diffusore semiassiale, che permette una sensibile riduzione del diametro esterno della pompa. Per pozzi di dimensioni ridotte (diam. 100 ÷ 150 millimetri) si usa anche il tipo a elica con andamento puramente assiale. Ogni ruota però è capace di una piccola prevalenza, per cui occorre un maggior numero di elementi. A una pompa di questo tipo è perciò di solito affidato il solo compito secondario di alimentare la pompa principale fuori del pozzo.

Pompe diagonali e assiali. - Nelle pompe per grandi portate e piccole prevalenze la spirale, che circonda la ruota centrifuga, acquista spesso dimensioni eccessive, per ragioni sia d'ingombro sia di costo. Si può allora ricorrere alla ruota conica (fig. 46) con uscita diagonale e spirale sovrapposta, oppure al diffusore semiassale con pale, mantenendo la ruota quasi cilindrica sebbene con uscita diagonale (fig. 47). Nella ruota l'ingresso delle pale diventa quasi assiale, e spesso è abolito l'anello girevole esterno per diminuire le perdite d'attrito; per la stessa ragione anche il numero delle pale è ridotto a 4 0 5. Si arriva con questi tipi a un ns = 600 ÷ 700. Un'ulteriore riduzione d'ingombro e un sensibile aumento di velocità si ottiene passando alla pompa assiale o a elica. La pompa assiale, già da parecchi anni conosciuta, aveva scarso rendimento; le perdite d'attrito, dovuto alle numerose pale, erano gravi, ma la semplice riduzione del numero delle pale peggiorava le condizioni. L'applicazione dei concetti acquistati dall'aerodinamica ha permesso di rendere razionale il profilo della pala e di renderla atta, anche isolata, a trasmettere all'acqua la propria energia con buon rendimento.

La pala assume quindi profilo alare, e la capacità di sopportare un carico è data dalla sua convessità. È noto però che la distribuzione delle pressioni sul profilo ha l'andamento rappresentato nella fig. 48, dalla quale risulta che la maggior parte della spinta (portanza) è dovuta alla depressione sul dorso, cioè la pala più che spingere aspira; questa spinta è proporzionale al quadrato della veloctà di avanzamento. D'altra parte a parità di prevalenza il carico specifico sulla pala, e con esso la depressione, saranno tanto maggiori quanto più corta è la pala in confronto al passo. Scendendo la pressione, in un punto del profilo, sotto i limiti corrispondenti alla tensione del vapore si forma la cavitazione, e la corrente si stacca dalla pala per seguire la via più comoda, evitando deviazioni e rallentamenti che la pala tenderebbe a imprimerle. Secondo il tipo di pala più o meno affilato all'ingresso il distacco avviene subito alla punta, o in corrispondenza della massima convessità.

Poiché per aumentare il numero di giri specifico della ruota se ne aumenta anzitutto la velocità periferica, u2 = (2 ÷ 3) √2gH, e con essa la velocità relativa lungo la pala, mentre per diminuire la conseguente perdita d'attrito, dopo aver abolito l'anello esterno, si cerca di ridurre lo sviluppo delle pale al minimo, è evidente che l'aumento di ns significa un aumento della tendenza alla cavitazione, che si manifesta con rumori, vibrazioni e caduta di rendimento. Queste pompe, il cui rendimento può superare l'80%, hanno perciò una piccola capacità di aspirazione, e per una prevalenza superiore ai 10 metri devono essere alimentate sotto battente. Sorpassano facilmente ns = 1000, che può diventare anche 2000. La ruota ha forma di elica con 3 ÷ 5 pale, quasi sempre più corte del passo; il loro sviluppo varia secondo la prevalenza e il valore di ns. La pompa è di solito munita di un diffusore a pale assiale (fig. 49) e qualche volta di un distributore per impedire il movimento rotatorio all'ingresso; la cassa è semplicemente cilindrica in diretta prosecuzione della tubazione.

La pompa a elica trova utile applicazione nelle bonifiche, e in genere negl'impianti con grandi portate e piccole prevalenze, come per la circolazione dei condensatori, specialmente in marina ove è richiesta grande economia di spazio.

Pompe speciali e accessorî. - Le pompe centrifughe vengono usate anche per acque torbide e contenenti in sospensione corpi estranei. In questo caso per avere grandi sezioni di passaggio le pale sono ridotte anche a due sole e i canali aperti facilmente accessibili. Allo stesso scopo servono le pompe elicoidali con ruota aperta e diffusore ad anello (fig. 50), che hanno il vantaggio di una grande velocità (ns = 450). Per acidi e liquidi corrosivi si costruiscono pompe centrifughe in cui la ruota, e tutte le parti che possono venire in contatto con essi, sono di materiale inattaccabile (leghe speciali o ceramica).

Sono accessorî comuni anche per le pompe a stantuffo le valvole d'intercettazione sulla tubazione di mandata, che però nelle centrifughe servono anche per la regolazione della portata mediante strozzamento, le valvole di fondo per mantenere piena la tubazione aspirante, indispensabili nelle centrifughe quando l'adescamento si fa per riempimento, con le rispettive succhiarole per impedire l'ingresso dei corpi estranei. Le valvole di ritegno sulla tubazione premente servono a impedire l'inversione della mandata in caso di rallentamento del motore elettrico (funzionamento instabile) e anche l'inversione della rotazione in caso d'interruzione di corrente. Il funzionamento di queste valvole può però dare luogo in lunghe condotte a pericolose oscillazioni pendolari di pressione, che si possono eliminare mediante l'applicazione del by-pass automatico (fig. 51). La saracinesca secondaria è normalmente aperta per effetto del gambo differenziale del servomotore. Diminuendo la pressione a valle per la chiusura della valvola, la saracinesca si chiude lentamente evitando sovrapressioni pericolose. Per le grandi pompe d'impianti di accumulazione riuscendo troppo ingombrante e poco sicuro un organo di strozzamento e di chiusura automatica inserito sulla tubazione, è stato introdotto il diffusore a pale mobili, che può essere chiuso completamente come il distributore di una turbina Francis e facilmente comandato automaticamente mediante un servomotore idraulico. Mancando la valvola di fondo si provvede all'adescamento delle grandi pompe mediante pompe d'aria rotative o a stantuffo, oppure mediante eiettori a getto d'acqua quando è disponibile la pressione idraulica. Speciali giunti si rendono necessarî negl'impianti di accumulazione per l'accoppiamento della pompa al motore elettrico in piena velocità. Questo è inserito fra la pompa e la turbina (fig. 52) e funziona da generatore durante il servizio di quest'ultima restando sempre in moto. Mentre la turbina può sempre essere mantenuta in rotazione anche a vuoto, ed è rigidamente accoppiata, la pompa invece deve essere fermata per l'adescamento e per ragioni di sicurezza. Questi giunti possono essere magnetici, a frizione o idraulici combinati (tipo Föttinger). Recentemente questa complicazione è stata eliminata, collegando anche la pompa rigidamente al motore elettrico.

Pompe a gas o pneumofore.

Meccanismi agenti per trasporto meccanico. - Il principio del trasporto meccanico diretto trova scarse applicazioni per i gas. Il migliore esempio è dato dal sistema di rifornimento d'aria nelle primitive campane per palombari mediante un barile, aperto in basso, che veniva tirato sott'acqua e capovolto arrivando sotto la campana. In base a questo sistema elementare, paragonabile al secchio per i liquidi, si possono immaginare delle macchine soffianti a funzionamento continuo sul tipo di quelle per elevare i liquidi, come la catena di secchi o la ruota a secchi, immerse nell'acqua e funzionanti dall'alto in basso: si tratta però di macchine poco pratiche e di cattivo rendimento.

Pneumofore a pressione di fluido. - Era già conosciuta nel secolo XVI la tromba ad acqua, che ancora si trova usata in qualche piccola fucina di montagna come soffieria.

Essa consiste in un tubo verticale (fig. 53), alla cui estremità superiore è introdotta l'acqua attraverso una bocca circolare regolabile mediante una spina, sboccante inferiormente in un recipiente chiuso munito in basso di un'apertura per l'uscita dell'acqua e in alto di una presa per l'aria. Il getto d'acqua aspira l'aria attraverso apposite fessure, come in un eiettore, e la trascina in basso comprimendola. Una piastra orizzontale collocata presso lo sbocco scompone il getto e provoca la separazione dell'aria, che si raccoglie in alto sotto pressione. Il rendimento è relativamente buono poiché la compressione avviene in massima parte staticamente.

Quando nella prima metà del sec. XIX furono adottate le macchine a vapore per l'azionamento delle pompe nelle miniere, anche gli aspiratori a getto di vapore furono qualche volta usati per la ventilazione. Così pure furono usati aspiratori a getto d'acqua. Uno dei primi compressori d'aria di grande potenza, usato nel 1857 per il traforo del Cenisio, essendo basato sul principio dell'ariete idraulico, non ebbe successo e fu sostituito da altro a stantuffo.

La pompa più semplice a pressione di fluido è quella nella quale il gas viene cacciato dal recipiente per spostamento mediante un liquido: le principali applicazioni di questo sistema si hanno negli apparecchi di chimica e nelle pompe a vuoto (vuoto barometrico).

Nella comune pratica le pneumofore a pressione di fluido sono a getto, e come fluido motore serve vapore, aria o acqua. Hanno in generale cattivo rendimento e vengono perciò usate solo quando le spese di costo e di manutenzione o il piccolo ingombro contano più del consumo di energia. Sebbene costruttivamente non presentino alcuna differenza essenziale, secondo che il gas è aspirato dall'ambiente atmosferico per essere accelerato o aumentato di pressione, oppure è aspirato da un altro ambiente, per essere scaricato direttamente nell'atmosfera, prendono il nome di soffiatori oppure di aspiratori.

I soffiatori a getto di vapore funzionano sul principio degli eiettori a vapore per liquidi, però sono di solito multipli (fig. 54) allo scopo di comunicare l'energia del getto a un maggior volume di gas. L'ugello centrale del vapore è regolabile mediante una spina, ed è seguito da una serie di coni convergenti di diametro crescente, munita del diffusore terminale. Possono servire come soffianti per focolai di caldaie e per forni oppure come aspiratori per camini fissi e nelle locomotive, per ventilazione di locali, gallerie, ecc. Con questi aspiratori si può ottenere un vuoto massimo dell'80%.

Apparecchi di costruzione analoga possono funzionare ad aria compressa invece che a vapore, e trovano applicazione nella ventilazione delle miniere. Trattandosi di spostare grandissime masse di gas (aria o fumo) contro pressioni molto deboli, può convenire, invece di usare un ventilatore a bassissima pressione, deviare solo una parte del gas attraverso a un ventilatore normale di prevalenza molto superiore, per alimentare un eiettore che aspiri la rimanente parte del gas. Questo sistema fu applicato dal Saccardo per la ventilazione delle gallerie ferroviarie e si usa per il tiraggio artificiale dei camini.

Gli aspiratori a getto d'acqua non differiscono in massima dagli eiettori per liquidi. L'efficacia del getto può essere aumentata imprimendogli un movimento vorticoso mediante un'elica inserita nell'ugello, e si può ottenere con essi un vuoto assai spinto. L'apparecchio può anche avere dimensioni minime e, utilizzando la pressione di una distribuzione d'acqua potabile, servire per scopi di laboratorio. Un aspiratore sboccante in un recipiente chiuso può funzionare da soffiatore d'aria (fino a 10 cm. di colonna d'acqua) sul tipo della tromba già descritta.

Il condensatore a getto per le macchine a vapore (fig. 55) è basato sul principio dell'eiettore. Un getto d'acqua fredda centrale aspira l'aria e il vapore, attraverso parecchie serie di fori inclinati, nella camera di condensazione e vi si mescola; nel diffusore la velocità della miscela si trasforma in pressione e l'aria aspirata viene portata alla pressione atmosferica. Con acqua a 15° sotto un battente di 8 m. si può raggiungere un vuoto del 92%, e l'apparecchio funziona contemporaneamente da condensatore e da pompa di estrazione. Un vuoto più perfetto si ottiene con un ordinario condensatore a superficie, limitando la funzione dell'eiettore a getto d'acqua all'estrazione dell'aria. È da notare che per forti volumi d'aria e vuoti molto elevati l'eiettore è preferibile alla pompa a stantuffo per semplicità, piccolo ingombro e rendimento complessivo, malgrado il cattivo rendimento idraulico.

Pneumofore a movimento alternativo. - L'estrazione dei metalli dai loro minerali fin dalla più antica civiltà deve aver reso necessaria una corrente soffiata d'aria per attivare la combustione nel focolare, e un importante progresso fu certo quello dell'applicazione della pelle d'animale al soffietto o mantice.

La fig. 56 rappresenta un tipo primitivo quale si trova illustrato nelle antiche tombe egiziane, doppio, azionato dalla pressione alternativa dei piedi, che probabilmente funzionavano anche da valvola. Certo il mantice con valvola automatica era in uso al tempo dei Romani, e verso il secolo XIV fu applicata la ruota idraulica per azionarlo. Agricola illustra un mantice con valvola flessibile di cuoio, che non differisce praticamente da quello usato dai nostri fabbri, e che allora serviva anche per la ventilazione delle miniere. Col progresso della metallurgia nel sec. XVIII il mantice di cuoio divenne insufficiente e furono richieste macchine soffianti suscettibili di maggior potenza e di più alta pressione. Si passò così alla macchina a stantuffo, costituita da un cilindro rettangolare di legno, aperto in alto, contenente lo stantuffo a campana con tenuta idraulica, munito di valvola. Intorno al 1760 comparve la prima macchina soffiante a cilindro circolare metallico a semplice effetto.

Sebbene si tratti di un compressore, è interessante ricordare qui il tipo Sommeiller usato per il traforo del Moncenisio, che era costituito da un cilindro orizzontale collegato alle due estremità a due alti cilindri verticali. Lo stantuffo motore nel cilindro orizzontale metteva in movimento oscillatorio le colonne d'acqua contenute nei cilindri verticali, comprimendo l'aria e cacciandola attraverso le valvole di mandata. L'acqua aveva l'ufficio di raffreddare l'aria, lubrificare il cilindro e riempire gli spazî nocivi.

Le macchine soffianti a stantuffo sono di solito a doppio effetto con stantuffo a disco, e si distinguono dalle analoghe pompe per liquidi per la riduzione al minimo degli spazî nocivi. A questo scopo i coperchi del cilindro quasi combaciano in fine di corsa con le corrispondenti facce dello stantuffo, e le valvole stesse di tipo piatto non presentano rientranze. Per eliminare la resistenza delle valvole aspiranti, queste sono spesso comandate o sostituite dalla distribuzione a cassetto.

Per pressioni più alte, dette pompe prendono il nome di compressori, e differiscono dalle semplici soffianti per avere il cilindro raffreddato di solito ad acqua. Nei compressori umidi l'acqua è introdotta nello stesso cilindro, come nel tipo Sommeiller, e funziona da intermediario fra stantuffo e aria, servendo nello stesso tempo a eliminare gli spazî nocivi. I compressori di piccola potenza sono spesso anche a semplice effetto, e per le maggiori pressioni possono essere a due o più stadî, ossia a due o più cilindri funzionanti in serie, di diametro decrescente.

Le pompe d'aria, che servono per fare il vuoto, sono per alcune particolarità molto simili ai compressori, poiché gli stessi artifici impiegati per portare l'aria ad alta pressione servono pure per ottenere il vuoto. Nella figura 57 è rappresentata una pompa a vuoto a semplice effetto. Nella figura 58, invece, una pompa a vuoto a doppio effetto, con raffreddamento a circolazione d'acqua, che può raggiungere un vuoto del 95% (a bocca d'aspirazione chiusa); notevole la semplicità di linee dello stantuffo e l'assenza di spazio nocivo. Il tipo della fig. 59 serve specialmente per l'aspirazione di aria o gas in presenza di liquidi e in particolare per l'adescamento di pompe centrifughe. Il fondo del cilindro, col quale viene a combaciare lo stantuffo in fine di corsa, è formato dalla stessa valvola di scarico, in modo da permettere la facile espulsione del liquido eventualmente introdottosi nel cilindro, senza pericolo di colpi d'acqua. Le pompe d'aria a stantuffo trovano una particolare applicazione nei condensatori a miscela delle macchine a vapore, dove devono estrarre con l'aria anche l'acqua calda, prendendo in questo caso il nome di pompe ad aria umida. Possono essere a doppio effetto orizzontali, oppure differenziali ad asse verticale; le valvole sono per lo più di gomma e multiple, quelle prementi mantenute sotto uno strato d'acqua per garantire la tenuta, gli spazî nocivi ridotti. Nel tipo a doppio effetto della fig. 60 le valvole aspiranti sono sostituite da una corona di fessure nel cilindro, che lo stantuffo scopre in fine di corsa; però la parte di corsa corrispondente all'altezza delle fessure va perduta nel ritorno.

Si ottiene maggiore regolarità di funzionamento, senza colpi, nella pompa a due stadî. Nel primo stadio, funzionante a bassa pressione (0,3 atm.) e perciò con buon rendimento volumetrico, lo spazio nocivo è per quanto possibile piccolo, e tanto lo stantuffo come le valvole prementi sono sott'acqua. Il secondo stadio invece è ampio e anche munito di camera d'aria, la cui espansione regola la pressione intermedia, mentre comprimendosi rende l'apertura delle valvole di mandata più dolce. Di questo tipo è la pompa della fig. 61, a semplice effetto, il cui volume, aspirato e cacciato dalla faccia anteriore dello stantuffo, viene alla sua volta aspirato dalla faccia posteriore, per essere poi compresso al ritorno nell'ambiente esterno al cilindro. Occorre però un'altra serie di valvole prementi per separare l'ambiente intermedio dalla camera di mandata. La fig. 62 rappresenta la pompa Edwards ad asse verticale, differenziale con funzionamento a due stadî. Lo stantuffo scendendo caccia nel cilindro attraverso alle fessure l'acqua raccolta nel fondo del corpo della pompa.

Pneumofore rotative o capsulismi soffianti. - I primi ventilatori rotativi comparvero verso il 1850 per le miniere e per l'industria del gas, sia a tamburo eccentrico con ali scorrevoli o articolate, sia a ingranaggi a due denti (Root) per fonderie. Nel 1873 fu introdotto il tipo a tre alberi analogo alla pompa già descritta. Tutte le pompe rotative usate per liquidi possono funzionare regolarmente anche con gas, come macchine soffianti per piccole differenze di pressione per le quali la compressibilità del gas sia trascurabile. Altrimenti il pregio di trasportare volumi invariati dalla camera aspirante alla premente diventa, nel caso dei gas, un difetto che si manifesta con la rumorosità. Al contrario, la variazione di volume, caratteristica delle pompe rotative a tamburo eccentrico nel passaggio dall'una all'altra camera, che si cerca di evitare per i liquidi, viene utilizzata molto razionalmente per la compressione dei gas, sia nei compressori sia nelle pompe a vuoto. Fra i capsulismi a un albero i più diffusi per compressori o pompe a vuoto sono appunto quelli a tamburo eccentrico, munito di numerose alette o lamelle scorrevoli (fig. 63). Per la compressione si utilizza la seconda metà della zona falcata, nella quale le celle formate dalle alette vanno diminuendo di volume, mentre la prima metà resta in comunicazione con l'aspirazione. Il ritorno dalla camera premente all'aspirante è però in questo caso dannoso, perché va perduto il lavoro di compressione: esso s'impedisce riducendo il giuoco tra cassa e tamburo, e si utilizza il lavoro di espansione prolungando alquanto il contatto delle alette all'inizio della zona falcata verso la camera d'aspirazione. Funzionano a grande velocità (750 ÷ 3000 giri/min., secondo la grandezza), per cui richiedono un'accurata lubrificazione per evitare l'attrito e il logorio dovuto alla pressione delle alette soggette alla forza centrifuga; la cassa è di solito raffreddata ad acqua. Lo sfregamento delle alette sulla cassa può essere evitato mediante anelli, girevoli in apposite scanalature, che abbracciando le alette (fig. 64) sopportano la spinta dovuta alla forza centrifuga. Possono servire per pressioni fino a 4 atm. e per vuoto fino al 96%, con rendimento 0,60 ÷ 0,66: per maggiori pressioni o vuoti si fanno funzionare in serie due pompe (pompa a due stadî). Come soffianti, ossia per piccole compressioni (0,5 atm.), non richiedono il raffreddamento.

Fra i capsulismi soffianti a due alberi, i più antichi e diffusi sono quelli a ingranaggi tipi Root (fig. 19 m), che servono per pressioni fino a circa 1 m. di colonna d'acqua (max. 6 m.) con un rendimento 0,7 ÷ 0,8 dipendente dalla pressione e specialmente dalla precisione d'esecuzione. Non vi è contatto fra gl'ingranaggi né tra essi e la cassa, per cui non occorre lubrificazione. Nella normale disposizione orizzontale l'aspirazione è in alto, allo scopo di alleggerire gli organi rotanti mediante la pressione dal basso. Il difetto del ritorno è particolarmente grave nei capsulismi a ingranaggi, per cui questi sono rumorosi e non possono essere usati come pompe a vuoto o come compressori.

I capsulismi a stantuffi rotanti hanno una migliore tenuta senza che le parti rotanti vengano fra loro a contatto (fig. 65) e servono per pressioni da 3 a 5 m. colonna d'acqua. Anche in questi l'incavatura del distributore riporta nella camera aspirante un volume di gas compresso; la perdita si evita in parte scaricando, mediante comunicazioni laterali nei coperchi, detta incavatura in pressione in quella precedente nel senso della camera premente. Nei ventilatori rotativi la portata è obbligata, ossia dipende dal numero di giri, senza che la contropressione da vincere abbia su di essa una sensibile influenza. Questo è un vantaggio per certe applicazioni (soffiaggio fonderie, ventilazione, estrazione gas); altrimenti la portata deve essere regolata variando il numero dei giri, oppure scaricando l'eccedenza mediante valvola di sicurezza. Si comprendono nella categoria delle pneumofore rotative la pompa d'aria ad anello d'acqua il cui funzionamento si può assimilare a quello della pompa ad alette scorrevoli. Una ruota a pale è girevole in una cassa cilindrica eccentrica, in parte riempita d'acqua, che per effetto della forza centrifuga si dispone ad anello. Tra il mozzo della ruota e l'anello d'acqua viene quindi a formarsi uno spazio falcato (fig. 66) diviso dalle pale in altrettante celle, che vanno aumentando di volume nella prima metà per contrarsi nella seconda. In corrispondenza alle due estremità sono praticate, lateralmente nei coperchi, le aperture per l'entrata e l'uscita del gas, quest'ultima più corta per ottenere la compressione. Si ha quindi una tenuta periferica idraulica ottima, e la cura nella lavorazione delle superficie si riduce ai fianchi. Questa pompa è perciò meno sensibile alle impurità della corrispondente ad alette scorrevoli, inoltre è anche in grado di pompare acqua, per cui si presta ottimamente come pompa ad adescamento automatico (rendimento 0,20), oppure come pompa di adescamento da incorporare direttamente con una pompa centrifuga (pompa da incendio). Può servire come pompa a vuoto, o come compressore fino a 1,5 atm.

Pneumofore centrifughe e assiali. - La prima descrizione di un ventilatore centrifugo si trova in De re metallica di Agricola, per quanto il principio del suo funzionamento non risulti chiarito. Fu usato per la ventilazione delle miniere e nel secolo XVIII s'introdusse la costruzione di metallo, ma il suo effettivo sviluppo non si ebbe che dopo il 1850, dapprima a bassa pressione per la ventilazione delle miniere, poi con l'aumento della velocità, e seguendo la via tracciata dallo sviluppo delle pompe centrifughe, alle maggiori pressioni quali occorrono per il soffiaggio degli alti forni e la coltivazione delle miniere. Il primo turboventilatore a ruote multiple fu brevettato dal Rateau nel 1898, e rappresentò un passo decisivo nel progresso di tali macchine. Nello stesso periodo furono introdotti i ventilatori elicoidali, adatti per grandi portate e pressioni molto piccole.

Le pneumofore centrifughe e assiali funzionano essenzialmente come le pompe idrauliche dello stesso tipo. L'energia è trasmessa dalla ruota a pale al gas sotto forma di aumento di pressione e di velocità; la velocità viene alla sua volta trasformata in pressione per mezzo del diffusore. Rispetto alle pompe per liquidi sorge però la complicazione della compressibilità del gas, che comincia a essere sensibile per pressioni di circa 0,5 m. in colonna d'acqua, e ha per conseguenza il riscaldamento.

La differenza di pressione generata da una pneumofora può variare da pochi mm., in colonna d'acqua, a 10 ÷ 12 atm., e in conseguenza è molto variabile il tipo di macchina, fra le cui caratteristiche acquista importanza anche il dispositivo di raffreddamento. In base alla pressione generata si distinguono tre grandi categorie: ventilatori, che sono pneumofore a bassa pressione, fino a circa ½ decimo di atmosfera, ossia 500 mm. in colonna d'acqua; soffianti centrifughe, pneumofore per pressioni fino a 3 atm.; turbo-compressori, pneumofore per le maggiori pressioni, fino a circa 12 atm. al massimo.

Anche per i gas è applicabile la stessa equazione fondamentale valida per i liquidi (vedi pompe centrifughe):

in cui ηi = 0,7 ÷ 0,9 e le prevalenze &out;h e H s'intendono misurate in colonna del fluido pompato. È evidente quindi, se si considera, per es., che il peso specifico dell'aria è in media γ = 1,25 kg./mc. di fronte a 1000 per l'acqua, che la differenza di pressione effettiva Δp = H•γ in atm. (1 atm. = 10.000 kg./mq.) ottenibile da una ruota è relativamente molto piccola. Anche aumentando la velocità periferica della ruota al limite ammissibile dalla resistenza del materiale (u2 = 200 ÷ 250 m./s. nei compressori) si raggiunge al massimo un rapporto di compressione di 1,4, ossia aspirando alla pressione atmosferica si può ottenere con una ruota una sovrapressione massima di circa 0,4 atm. Per pressioni superiori bisogna ricorrere alla disposizione multipla di più ruote in serie. È d'altra parte chiaro che dette pneumofore non possono servire come pompe a vuoto anche se multiple, causa il progressivo diminuire del peso specifico. Le pneumofore centrifughe sono quindi in generale caratterizzate da una grande velocità angolare (fino a 12.000 giri/min.) e il loro uso è specialmente conveniente per le grandi portate. Grandi pressioni richiedono un grande numero di elementi in serie (fino a 28 e più), tanto maggiore quanto relativamente minore è la portata o il numero dei giri, per analoghe ragioni che nelle pompe centrifughe, e il massimo dipende quindi da ragioni costruttive e d'ingombro; per pressioni maggiori o portate minori entrano ancora in campo le pneumofore a stantuffo.

Il raffreddamento nelle successive compressioni ha lo scopo di diminuire il volume specifico del gas, risparmiando quindi un certo lavoro di compressione, oltreché assicurare il regolare funzionamento e la conservazione della macchina.

Ventilatori. - Servono per pressioni molto limitate (fino a 500 mm. col. acqua), per cui la compressibilità del gas è trascurabile, e il funzionamento è identico a quello delle pompe centrifughe. Di solito soffiano, aspirando alla pressione atmosferica; quando invece sboccano direttamente nell'atmosfera si chiamano aspiratori e possono quindi produrre una certa depressione nei limiti della loro prevalenza. Spesso il ventilatore elicoidale, ridotto alla sua espressione più semplice, serve unicamente allo spostamento di una massa di gas e la sua pressione (p = 2 ÷ 20 mm. acqua) va tutta impiegata a mantenere in moto la corrente (p = H • γ = c2•γ/2 g).

Nei ventilatori centrifughi, la ruota, di semplice tipo radiale, è di solito costruita di lamiera. Per grandi portate essa si presenta come un tamburo a forma cilindrica (figura 67) o conica (figura 68), con pale più o meno corte radialmente, e numerose. Non esiste diffusore a pale e la ruota è direttamente collocata in una camera a spirale a sezione circolare (figura 69) se di ghisa, ma più spesso a sezione rettangolare di lamiera (fig. 70), che funziona da semplice raccoglitore. Quando la ruota si trova nell'ambiente, in cui deve essere creata la pressione, la spirale può anche mancare, come nel tipo da marina della fig. 68; così può mancare il gomito d'arrivo quando il ventilatore aspira nell'ambiente.

Per bassa pressione (fino a 200 mm. col. acqua) e grandi portate, si usano spesso per le pale della ruota angoli d'uscita β2 ??? 90°, cioè pale concave (fig. 71), che permettono un minor diametro, quindi economia di costo. Per maggiori pressioni, invece, sono da preferire le pale convesse, il cui rendimento è meno legato a quello del diffusore, pur ammettendo angoli maggiori (β2 ≈ 70°) di quelli usati per le pompe centrifughe. In conseguenza i ventilatori centrifughi hanno curve caratteristiche (v. pompe centrifughe) spiccatamente ascendenti, che tuttavia non portano a irregolarità di funzionamento. Infatti la prevalenza generata dal ventilatore serve per mantenere una corrente di gas attraverso a una più o meno grande resistenza del circuito di ventilazione, di carattere essenzialmente dinamico. La caratteristica resistente è quindi rappresentata dalla parabola di egual rapporto Q/H, avente il vertice nell'origine degli assi, che è nello stesso tempo linea di egual rendimento idraulico per il ventilatore funzionante a giri variabili, detta anche linea di ugual grado di portata.

Il rapporto Q/H chiamasi anche temperamento del circuito di ventilazione e individua il punto di funzionamento del ventilatore, che possibilmente dovrebbe corrispondere a quello di massimo rendimento. La resistenza del circuito di ventilazione, che deve quindi essere nota, è paragonabile a quella di una bocca di efflusso di area determinata, e si chiama bocca equivalente o apertura del circuito A, l'area di una bocca senza contrazione (μ − 1) tale che sia A = Q/√2gH = Q/√2gΔp/γ.

La diretta relazione fra l'apertura del circuito e il funzionamento del ventilatore rende utile in pratica la rappresentazione dei dati caratteristici in funzione della detta apertura (fig. 72), anziché della portata come di solito (fig. 73). In corrispondenza al massimo rendimento si ha l'apertura di marcia normale, al centro di una zona di utilizzazione industriale corrispondente alle possibili variazioni di apertura con rendimento soddisfacente. Il diagramma è valido per un dato diametro del ventilatore e per un dato numero di giri: si può passare ad altri valori, valendosi delle leggi di proporzionalità. Risulta da quanto sopra che il tipo di caratteristica non ha in generale importanza nel funzionamento del ventilatore; solo può averne quando due o più ventilatori funzionano in parallelo, poiché in questo caso il ventilatore subisce la contropressione generata dagli altri e, la caratteristica resistente non passando più per l'origine degli assi, può presentarsi la condizione di funzionamento instabile. Nel funzionamento in parallelo è quindi necessaria la caratteristica discendente.

I ventilatori elicoidali (figg. 74 e 75), che servono per bassissima pressione (p ??? 30 mm. col. acqua) e grandi portate, hanno relativamente grande velocità periferica (da 1,5 a 3 volte quella dei ventilatori centrifughi) e caratteristica discendente, come le analoghe pompe a elica. Si può ritenere u = (7÷9) √p in m./s., secondo se le pale sono curve o piane. Il rendimento è di solito cattivo (η = o,1 ÷ 0,3): può tuttavia essere migliorato, e la prevalenza aumentata, con un diffusore a pale (fig. 76) o a spirale, e con distributore all'entrata.

Una delle principali applicazioni industriali dei ventilatori centrifughi si ha nel tiraggio meccanico per impianti di caldaie, che può essere forzato, per soffiamento di aria sotto il focolare, oppure aspirato, facendo passare la totalità dei gas nel ventilatore a bassa pressione inserito tra la caldaia e il camino divergente, oppure indotto, mediante un eiettore inserito alla base del camino e azionato dal ventilatore, che aspira solo una parte dei gas caldi. Altre applicazioni si hanno nella ventilazione delle miniere (ruote fino a 8 m. di diametro, η = 0,80 ÷ 0,85) e delle gallerie ferroviarie, nell'aspirazione delle polveri, trasporto di cascami, ecc.

Soffianti centrifughe o turbo-soffianti. - Servono per pressioni da 0,5 m. colonna d'acqua a 3 atm., per cui possono essere a una sola ruota, ma più spesso sono multiple (fig. 77). La ruota del tipo normale è stretta, con pale convesse, e nel tipo multiplo è munita di diffusore a pale; l'angolo d'uscita β2 = 20° ÷ 70° è alquanto maggiore di quello ammesso per le pompe, onde ottenere la massima prevalenza possibile, per cui la caratteristica riesce spesso ascendente.

Per dati angoli delle pale la prevalenza è funzione della velocità periferica della ruota, che può variare da 130 a 250 m./s., e si ha normalmente H = (1,0 ÷ 1,3)u22/2g, da cui si ricava la pressione generata p = H • γ tenendo conto del peso specifico (in media per l'aria γ=1,25 kg./mc., per il gas illuminante γ=0,55 kg./mc.). Risulta che, disponendo più ruote di uguale diametro in serie, il rapporto di compressione andrebbe aumentando per le successive ruote, le quali dovrebbero, d'altra parte, gradualmente restringersi per tenere conto del diminuito volume specifico del gas. Come per le pompe centrifughe, si deve evitare che questo restringimento, dipendente dal coefficiente di portata volumetrica, scenda sotto un certo limite riferito al diametro, diminuendo piuttosto il diametro stesso. Nei compressori le ruote sono appunto divise in gruppi di diametro decrescente, e in ciascun gruppo hanno altezza decrescente.

Invece nelle soffianti, le ruote, di solito non più di 6 in serie, senza raffreddamento, hanno lo stesso diametro e spesso per semplicità costruttiva hanno la stessa altezza; qualche volta sono composte in due gruppi simmetrici fra loro in parallelo. Supposto costante il rapporto di compressione delle singole ruote, il rapporto di compressione complessivo di n ruote in serie sarà dato dal rapporto singolo elevato alla potenza n.

Le ruote sono di solito costituite da due dischi laterali d'acciaio con pale di lamiera diritte o leggermente curvate all'indietro, chiodate, e mozzo riportato. Per le più alte velocità, disco e mozzo sono in un pezzo fucinato e le pale pure in un pezzo con i perni di fissaggio. Si costruiscono anche ruote senza dischi, costituite da semplici pale radiali (fig. 78), che con una velocità periferica di 350 m./s. dànno un rapporto di compressione Δp = 2. Il diffusore ha numerose pale sottili, quasi sempre fisse, alquanto distanti dalla ruota per evitare il sibilo. Le tenute sono a labirinto.

Le soffianti centrifughe servono per il soffiaggio di aria negli alti forni, fonderie e acciaierie, per il trasporto pneumatico di grano, carbone, ecc., per l'estrazione e la sovrapressione del gas illuminante, ecc. La prevalenza resistente può quindi essere puramente dinamica dovuta a resistenze d'attrito (alti forni, distribuzione gas illuminante), oppure in tutto o in parte anche statica, quando la resistenza è dovuta a uno strato liquido (acciaierie, estrazione del gas, ecc.) o alla contropressione di un serbatoio o della rete in genere. La caratteristica resistente è perciò rappresentata da una parabola che può passare per l'origine degli assi (come nei ventilatori) oppure tagliare l'asse delle ordinate.

Dato il carattere spesso spiccatamente ascendente della caratteristica delle pneumofore, si possono quindi verificare condizioni di funzionamento instabile analoghe a quelle già considerate per le pompe centrifughe. In un serbatoio, che può essere rappresentato dalla capacità stessa di una rete, la pressione dipende dalla riehiesta di fluido, a parità di giri della pneumofora; se la pressione aumenta di tanto, che la linea resistente innalzandosi venga a essere tangente alla caratteristica (fig. 32, a sinistra) il funzionamento diventa instabile, la portata improvvisamente si annulla e la corrente s'inverte. Diminuendo la pressione del serbatoio, la pneumofora può riprendere, passando però immediatamente alla portata corrispondente alla seconda intersezione della caratteristica con la nuova linea di resistenza. Se la nuova portata è ancora superiore alla richiesta, si ripete il ciclo periodicamente. Questo fenomeno, chiamato pompaggio, è accompagnato da rumore ed è dannoso alla macchina e all'esercizio. La portata critica, corrispondente al ramo ascendente della caratteristica non utilizzabile, risulta coi soliti angoli, 0,35 ÷ o,5 della normale.

S'impedisce il pompaggio in varî modi mediante valvole di ritegno, o di scarico, o di strozzamento comandate automaticamente; si evita anche riducendo al minimo il campo di funzionamento instabile mediante la regolazione delle pale del diffusore, in modo analogo a quello usato per le pompe, oppure variando il numero di giri. La regolazione della portata a giri costanti, a differenza delle pompe centrifughe, si fa più opportunamente strozzando la tubazione aspirante, invece della premente, poiché la diminuzione del peso specifico del gas aspirato concorre allo scopo della regolazione, né sono da temere fenomeni di cavitazione.

Le pneumofore centrifughe si prestano solo per grandi portate; la minima portata ammissibile per una ruota dipende dalla prevalenza e dal numero di giri, e come per le pompe centrifughe si può stabilire la relazione min. Q = k•H3/2/n2, in cui Q è la portata volumetrica media in mc./s., H la prevalenza di una ruota in colonna di gas, k ≈ 250 rappresenta un coefficiente tanto maggiore quanto minori sono le perdite ammesse.

La velocità normale di queste pneumofore varia da 3000 a 10.000 giri/min.; le piccole portate richiedono le massime velocità.

Turbocompressori. - Si usano per pressioni da 3 a 12 atmosfere. Funzionano come le soffianti centrifughe, dalle quali si distinguono per il maggior numero di ruote in serie (fino a 28), in gruppi di diverso diametro, spesso in corpi separati, e per il raffreddamento. Questo è ottenuto mediante circolazione d'acqua, che può avvenire nell'interno della macchina (refrigerazione a camicia), oppure all'esterno in refrigeranti a tubi inseriti fra i diversi gruppi di ruote (refrigerazione intermedia). Le maggiori applicazioni dei turbocompressori si hanno per la produzione dell'aria compressa nelle miniere e nei cantieri (5 ÷ 10 atm.), per la compressione di varî gas negl'impianti frigoriferi e del vapore d'acqua in molte industrie.

Per i compressori e la teoria della compressione, v. compressore.

Pompe d'aria a pale. - Elenchiamo fra le pneumofore centrifughe le pompe d'aria a pale, in cui il rapporto di compressione è aumentato usando come intermediario un liquido. Si possono considerare come derivate dalla combinazione di una pompa centrifuga con un eiettore a getto d'acqua. L'eiettore può essere formato ad anello e disposto intorno alla ruota della pompa in luogo del diffusore, e invece di un getto a sezione circolare si ha così un sottile disco d'acqua.

La compressione dell'aria è efficace solo se questa è completamente inviluppata dall'acqua e questo è ottenibile se il getto lanciato dalla ruota è interrotto da vani corrispondenti allo spessore delle pale opportunamente ingrossate: l'aria da essi trascinata viene incorporata con l'acqua e spinta attraverso il diffusore per raggiungere la pressione atmosferica. Nella pompa d'aria Leblanc (fig. 79), usata anche come condensatore, la ruota centrifuga a molte pale, alimentata parzialmente dall'interno, imprime all'acqua la necessaria forza viva, lanciandola suddivisa in strati in una bocca conica. L'aria ambiente, presa fra essi a guisa di stantuffi, si mescola intimamente con l'acqua e la miscela è portata alla pressione atmosferica attraverso a un diffusore conico. Una presa sussidiaria di vapore serve per adescare la ruota, quando l'acqua deve essere aspirata. Nel tipo A. E. G. (fig. 80) la ruota centrifuga ad alimentazione completa è circondata da un diffusore, costituito da una raggiera di canali tangenziali. L'acqua è lanciata in giro dalle fessure periferiche della ruota sotto forma di sottili strati a guisa di pale liquide flessibili, che penetrando nei canali del diffusore si suddividono in una serie di stantuffi d'acqua. L'aria, condotta alla periferia della ruota, viene presa fra di essi, compressa man mano che gli stantuffi procedendo perdono di velocità e si avvicinano fra di loro, e scaricata alla pressione atmosferica mescolata all'acqua.

Pompe molecolari. - Sebbene in natura per il trasporto dei liquidi abbiano essenziale importanza le proprietà molecolari dei medesimi, come nella distribuzione dell'acqua per evaporazione e condensazione (sotto forma di precipitazione, ecc.) e nella circolazione dei liquidi nelle piante e negli animali, sistemi basati su questa proprietà furono raramente usati dall'uomo come veri mezzi di trasporto, perché inefficienti e non pratici. Possono tuttavia tornare utili come effetti secondarî, per es., nel sistema di circolazione dei termosifoni, delle caldaie, dei refrigeranti, nello stesso lucignolo delle lampade a olio, e in diversi processi chimici.

La dilatazione dei gas riscaldati, per cui diventando più leggieri tendono a sollevarsi sull'ambiente più freddo, è l'unico effetto molecolare utilizzato dall'uomo in grande estensione. Questo metodo però non è atto che per deboli differenze di pressione, per cui può solo servire per ventilazione. Infatti nel sec. XVIII, e forse anche prima, erano usati focolari per la ventilazione delle miniere, e questo metodo era uno dei più generalizzati; fu però nelle miniere sostituito, appena possibile, da altri più efficaci e meno costosi. Il metodo può tuttavia essere convenientemente utilizzato quando il gas deve già essere riscaldato per altri scopi, come nei focolari per riscaldamento o cottura, ed è stato finora il mezzo più diretto, se non il più economico, per allontanare i gas caldi prodotti dalla combustione nei focolari delle caldaie (tiraggio naturale). Col diminuire della pressione, il comportamento di un gas va sempre più allontanandosi da quello di un materiale omogeneo, e acquistano maggior importanza le sue proprietà molecolari, che perciò sono specialmente sfruttabili nelle pompe ad alto vuoto, funzionanti in serie con altra pompa ordinaria (a stantuffo o a mercurio) capace di fare un vuoto preparatorio (v. vuoto).

Bibl.: M. Medici, Pompe centrifughe, Milano 1927; G. Zappa, Le pompe centrifughe, ivi 1932; C. Pfleiderer, Die Kreiselpumpen, 2ª ed., Berlino 1932; A. Albert, I ventilatori industriali, Milano 1918; M. Medici, Turbocompressori soffianti e ventilatori, ivi 1930; Agricola, De re metallica, 1556; Ramelli, Le diverse et artificiose machine, 1588; A. Schlomann, Illustr. technische Wörterbücher: Wassertechnik-Lufttechnik, Monaco 1915; G. F. Westcott, Pumping Machinery (Historical Notes Science Museum), Londra 1933.

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