POPULONIA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1965)

Vedi POPULONIA dell'anno: 1965 - 1996

POPULONIA

P. Bocci

Città etrusca situata sul mare, di fronte all'Isola d'Elba. Il nome etrusco della città Pupluna, che si ricava dalle iscrizioni monetali, si riporta ad una forma più antica Fufluna in connessione col dio Fufluns.

In quanto all'origine della città abbiamo solo le notizie tramandateci da Servio (in Verg., Aen., x, 172) da cui risulta che P. fu fondata dopo la prima unione federale estrusca in 12 popoli e da un popolo venuto dalla Corsica o dai Volterrani. Probabilmente l'unico dato che si può ricavare da questa tradizione è quella della recenziorità di P. rispetto ad altre città etrusche. Tolomeo inoltre (3, i, 4), ricorda il promontorio di P. e la città presso il mare, mostrando come questa distinzione si sia mantenuta anche in età romana.

P. nel periodo villanoviano deve aver funzionato come porto del rame e del bronzo e solo più tardi come porto del ferro. Lo Pseudo Aristotele (De mir. aus., 93, 837) afferma che a P. si estrae il rame: scorie cuprifere e impianti di forni, trovati infatti in abbondanza nella zona, lo provano.

Per ciò che riguarda l'industria siderurgica Diodoro (v, 13, i, 2) descrive il processo di lavorazione del ferro, che veniva estratto nell'Isola d'Elba, dòve subiva un primo pr6cesso di lavorazione. Ad una età successiva sembra riportare invece la testimonianza di Varrone riferitaci da Servio (Ad Aen., x, 174) e confermataci da Strabone (v, 223) secondo cui il ferro, non potendosi più fondere nell'isola, veniva portato a Populonia.

Gli scavi hanno dimostrato che solo nel IV sec. si concentra il ferro a Populonia. Sappiamo da Strabone (v, 223) che nei primi anni dell'èra volgare la lavorazione del ferro era già in decadenza a Populonia; Rutilio Namaziano (De reditu suo, i, 409), vissuto nel V sec. d. C., non vide che pittoresche rovine.

Necropoli. - Le necropoli sono in basso, intorno al porto, riunite in due gruppi: a S. Cerbone immediatamente sotto alla collina dove poi sarà il quartiere industriale, e più a N al piano e al Poggio delle Granate. Queste due necropoli sono le più arcaiche con tombe a pozzo di cremati che si accompagnano alle tombe a fossa più recenti con inumati. Le due necropoli in un primo momento saranno state distinte e saranno appartenute a due villaggi diversi. La suppellettile di tipo villanoviano si mantiene identica nelle tombe a fossa ed anche nelle tombe a camera più antiche. L'orientalizzante si manifesta quindi a P. non con le tombe a fossa come nelle altre necropoli etrusche, bensì con le tombe a camera.

Nelle tombe a camera più semplici, con camera piccola, ellittica, con falsa cupola, coperte da un tumulo che troviamo a Poggio delle Granate, il Minto ed altri hanno voluto vedere il periodo di preparazione alle tombe monumentali di S. Cerbone: le tombe del Poggio delle Granate si sarebbero sviluppate localmente dalle tombe a fossa. Per altri invece sarebbero modeste e povere imitazioni delle grandi tombe monumentali, tipo quelle di S. Cerbone (Akerstròm e altri).

Le tombe monumentali con ricchi corredi di S. Cerbone, della Porcareccia e del Costone della Fredda hanno una camera quadrangolare, costruita a blocchi squadrati, coperta da una cupola a lastre di calcare. Il tumulo è limitato da una crepidine sotto cui è un lastricato inclinato, atto a smaltire le acque scendenti dal grundarium posto sopra la crepidine del tumulo. Nella cella sono i letti funebri, alcuni dei quali con piedi a colonnette sagomate con tori e listelli. Nella tomba dei Colatoi, recentemente scavata, manca la consueta crepidine. A S. Cerbone particolarmente significativo è il grande Tumulo dei Carri con resti di piastre in bronzo laminato, con intarsio di ferro, di lavoro locale, piastre che dovevano far parte del carro. Esse sono particolarmente importanti, perché mostrano in maniera inequivocabile come ancora nel VII sec. a. C. il ferro fosse considerato a P. un metallo prezioso. Nella stessa tomba è un corno in avorio con cerchiature in lamina d'oro che trova confronto con l'Etruria laziale e si deve considerare importato. Nel Poggio della Porcareccia particolarmente notevole è la Tomba dei Flabelli di bronzo, con un ricco materiale che va dal VII sec. fino alla fine del VI sec. a. C. La tomba prende il nome dei tre flabelli di bronzo che ci sono conservati e di cui per ora non abbiamo altri esempi altrove. Oltre a questi si trovano incensieri di bronzo del tipo vetuloniese e vassoi di offerte che trovano riscontro in quelli delle tombe della Pietrera, ugualmente a Vetulonia. Le tazze di bucchero sottili con piede e una o due larghe anse a nastro possono essere importazioni da Caere. P. ebbe diretta importazione dalla Grecia, infatti si sono trovati alcuni vasi ionici, vasi protocorinzi e corinzi originali, e vasi attici. Importati sono anche probabilmente degli esemplari italo-corinzì.

I bronzi sono invece di fabbricazione locale, anche se non superano il livello artigianale e sono soltanto oggetti di uso giornaliero.

Dalla metà del VI alla metà del V sec. a. C. le tombe a camera lasciano il posto alle tombe ad edicola, piccole, a pianta rettangolare, costruite a blocchi di calcare con tetto a doppio spiovente, talvolta con coperture lignee di cui restano parti di rivestimento in terracotta, come se fossero edicole di culto. Queste tombe sono contrassegnate da stele lisce di arenaria coronate da una palmetta. Le tombe hanno servito per più di una deposizione. Queste tombe si trovano nella necropoli di S. Cerbone, ma la maggior parte del materiale non è stato trovato in posto, perché tali tombe sono state sconvolte dall'ammasso di scorie di ferro che vi è stato deposto e derubate degli oggetti preziosi in età antica.

In seguito alla lavorazione del ferro P. anche nel IV sec. a. C. ha un periodo di grande attività e ricchezza al contrario di ciò che avviene per le altre città etrusche. La floridezza di P. è attestata nel III e II sec. a. C. dalla ricca monetazione locale.

Nell'età ellenistica oltre alle comuni tombe a fossa, sui poggi dell'arce e su quelli della Guardiola, si trovano tombe a ipogeo con pianta quadrata, a cui si accede mediante un dròmos a scalini.

Bibl.: A. Minto, Populonia, Firenze 1943, con bibl. precedente; W. Witter, in 32. Berichte der römisch-germanischen Kommission, 1942, p. i; L. Pareti, La tomba Regolini-Galassi, Città del Vaticano 1947, p. 476; A. Minto, in St. Etr., XXIII, 1954, p. 29; XXIV, 1956, p. 255; A. De Agostino, in Not. Scavi, 1953, p. 7 ss.; 1957, p. i ss.; 1961. Per l'architettura delle tombe: A. Akerström, in Acta Instituti Romani Regni Sueciae, III, vol. I, Uppsala 1934, p. 139 ss.; M. Demus-Quatember, Etruskische Grabarchitektur, Magonza 1958, p. 17. Per le monete: A. Minto, in St. Etr., XV, 1941, p. 141; XXI, 1950-51, p. 241. Per le armi: A. Talocchini, in St. Etr., 1942, p. 9; K. R. Maxwell-Hyslop, in Proceedings of the Prehistoric Society for 1956, XXII, 1957, p. 126. Le mura: A. De Agostino, in St. Etr., XXX, 1962, p. 275 ss.