Portogallo

Atlante Geopolitico 2014 (2014)

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Dati geografici

Il Portogallo è un paese posto all’estremo occidentale del continente europeo, affacciato sull’Oceano Atlantico. Grazie alla sua posizione strategica nel 15° e 16° secolo divenne una grande potenza coloniale con possedimenti in America Latina, Africa e Asia. Dal 19° secolo, con il conseguimento dell’indipendenza del Brasile (1822), la proiezione extra europea del Portogallo cominciò a ridimensionarsi, ma durò fino agli anni Settanta del Novecento. È in quel decennio che le ultime colonie portoghesi – Angola, Mozambico, Guinea Bissau, Capo Verde e Timor Est – ottennero l’indipendenza attraverso un percorso di decolonizzazione meno pacifico di quello di altri paesi sottomessi alle potenze europee. L’unica eccezione è stata rappresentata da Macao, che ha raggiunto l’indipendenza soltanto nel 1999.

Dagli anni Settanta in poi, il paese ha accelerato il percorso verso l’integrazione europea, fino all’ingresso nella Comunità economica europea nel 1986 assieme alla Spagna. Attualmente, le principali direttrici di politica estera sono l’integrazione europea e i rapporti con le ex colonie d’oltreoceano. In ambito europeo, la Spagna rappresenta il maggiore mercato d’esportazione e il maggiore investitore nel paese. Buone anche le relazioni con la Francia, che servono pure a controbilanciare la supremazia spagnola nel Mediterraneo occidentale. Lisbona ha firmato gli Accordi di Schengen nel 1991, partecipa attivamente alla politica estera dell’Unione Europea (Eu), appoggia l’allargamento alla Turchia, è nella zona euro e, durante la propria presidenza al consiglio dell’Eu nel 2007, ha accolto la firma del trattato di riforma dell’Unione, noto appunto come Trattato di Lisbona. Nello stesso anno, il Portogallo ha ospitato il summit annuale tra Unione Europea e Africa.

La concentrazione sull’area Eu non sacrifica però le relazioni con i paesi d’oltreoceano. Il Portogallo intrattiene una relazione privilegiata con il Brasile, ha partecipato alla missione di peacekeeping in Angola negli anni Novanta e continua a cooperare con l’ex colonia. Ha inoltre promosso il percorso di indipendenza di Timor Est dall’Indonesia e ha partecipato alla missione Eu in Guinea Bissau. Il paese è infine uno dei membri fondatori della comunità dei paesi lusofoni, creata nel 1996 con le ex colonie, al fine di promuovere la lingua e la cultura portoghesi e approfondire la cooperazione politica, economica e sociale.

Di notevole importanza per il Portogallo sono anche i rapporti transatlantici. Le relazioni con gli Usa sono tradizionalmente buone e l’arcipelago delle Azzorre ospita una base militare statunitense. Proprio su invito statunitense, inoltre, il Portogallo è stato tra i membri fondatori della Nato nel 1949.

Dagli anni Novanta il Portogallo ha avviato anche una maggiore cooperazione, soprattutto politica, con il Maghreb ed è promotore dell’integrazione tra le due sponde del Mediterraneo tramite l’Unione per il Mediterraneo. La vicinanza degli arcipelaghi delle Azzorre e di Madeira, che appartengono al Portogallo, accresce l’interesse per la tutela della zona economica esclusiva vicino alla costa atlantica e per la protezione dell’ambiente marino. Inoltre, grazie alla sua posizione e ai legami con Brasile e Angola, il Portogallo esercita la sua influenza nell’Atlantico meridionale, attraversato da importanti rotte marittime e ricco di risorse strategiche, a cominciare dal petrolio dei paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea.

La repubblica portoghese fu istituita nel 1910, a seguito dell’assassinio del re Carlos I. Con la rivolta militare del 1926 ebbe inizio la dittatura di António de Oliveira Salazar, divenuto primo ministro nel 1932 e rimasto al potere fino al 1968. Dopo il governo di Marcelo Caetano, nel 1974 un golpe che godeva del sostegno popolare, la cosiddetta Rivoluzione dei garofani, portò alla fine della dittatura e a un breve governo del Partito comunista portoghese (Pcp). In questo periodo molti settori dell’economia furono nazionalizzati e il processo di decolonizzazione accelerò. Nel 1975 fu instaurato un governo moderato formato dal Partito socialista (Ps) e dal Partito popolare democratico (Ppd, ora Psd) e, nel 1976, venne adottata la nuova Costituzione. Le ultime elezioni si sono tenute il 5 giugno del 2011, a seguito delle dimissioni del governo di minoranza guidato dal socialista José Sócrates. L’esecutivo di Sócrates ha ceduto di fronte al voto di sfiducia sul suo piano di austerità, proposto per far fronte alla crisi economica. Il paese ha un grave problema di bilancio e un debito pubblico così elevato da indurre Lisbona a chiedere l’aiuto di Banca centrale europea (Ecb), Fondo monetario internazionale (Imf) e Commissione europea. La crisi economica si è tramutata in crisi politica e, a seguito delle elezioni anticipate del 2011, il potere è passato al Partito socialdemocratico, di orientamento conservatore, guidato da Pedro Passos Coelho, che ha ottenuto il 13% dei voti in più rispetto alle elezioni del 2009, mentre i socialisti sono scesi di dieci punti percentuali.

Ordinamento
Popolazione
Assemblea

Popolazione, società e diritti

Fino a pochi anni or sono, il Portogallo era considerato un paese di emigrazione, soprattutto verso le ex colonie come il Brasile. Negli ultimi anni, soprattutto dopo l’ingresso nella Comunità economica europea, questo fenomeno si è invertito, salvo poi riprendere negli ultimi tre anni, accompagnato da un costante calo degli immigrati. Finora l’immigrazione ha contribuito a mantenere stabile la popolazione che va progressivamente invecchiando: il 18,5% è sopra i 65 anni, mentre il 15% è sotto i 14 anni di età. Alla luce di questi dati il Portogallo dovrà quindi affrontare una serie di sfide nel campo del sistema assistenziale e pensionistico. La densità della popolazione non è distribuita equamente su tutto il territorio e circa un terzo degli abitanti si concentra nelle zone costiere urbane della capitale e di Porto. A queste sfide bisogna aggiungere la crescente emigrazione verso le ex colonie (principalmente Brasile, Angola e Mozambico), incentivata dal protrarsi della crisi economica e finanziaria del paese e dell’eurozona e dall’alto tasso della disoccupazione, sebbene questo dato sia in discesa negli ultimi mesi.

Il sistema educativo portoghese presenta alcuni deficit strutturali rispetto ai paesi europei occidentali, nonostante la spesa per l’istruzione sia più alta della media europea. L’istruzione privata costituisce un settore molto importante: quasi il 20% degli iscritti alla scuola secondaria e il 40% degli universitari frequentano istituti privati. Il ritardo degli standard educativi rispetto al resto dell’Eu è evidenziato dalla circostanza che solo il 15% della popolazione ha un diploma di scuola secondaria, e quasi un giovane su tre abbandona gli studi dopo i 14 anni.

La libertà di stampa e le libertà politiche e civili sono rispettate, anche se soltanto il 20% dei lavoratori è iscritto a un sindacato. La grande maggioranza dei portoghesi (circa l’85%) è cristiano-cattolica e le libertà religiose sono garantite: secondo la legge sulla libertà religiosa, ogni comunità che sia in territorio nazionale da almeno 30 anni o, in alternativa, sia riconosciuta a livello internazionale da 60 anni, ha diritto ad alcuni benefici che prima erano concessi soltanto alla Chiesa cattolica. Tra questi, l’esenzione da alcune imposte e il riconoscimento legale del matrimonio celebrato secondo i propri riti. La libertà su Internet non è ostacolata dalle istituzioni, ma l’accesso alla rete rimane ancora relativamente basso, così come la diffusione del computer, posseduto solamente da 15 persone su cento.

Politica
Lusofonia
Istruzione
Sanità e istruzione

Economia, energia e ambiente

A partire dall’ingresso nelle organizzazioni comunitarie europee, l’economia portoghese è stata testimone di una crescita e di un rilevante cambiamento strutturale. Dalla seconda metà degli anni Ottanta l’industria ha perso notevolmente peso a favore dei servizi, che oggi contano per quasi tre quarti del pil. Nonostante questo sviluppo, il Portogallo rimane un paese relativamente poco sviluppato rispetto al resto dell’Europa occidentale: il sistema economico denuncia notevoli carenze. In particolare l’economia soffre del ritardo del settore industriale, che ha risentito dell’ingresso dei paesi dell’est nell’Eu e ha perso la competitività guadagnata in precedenza per il basso livello dei salari rispetto al resto dell’Europa occidentale. A tutt’oggi, il Portogallo non attrae un grande flusso di investimenti e, rispetto agli attori europei occidentali, soffre di un sistema infrastrutturale e dei trasporti inadeguato. Obiettivo del paese è dunque pianificare gli investimenti per migliorare il sistema ferroviario e creare così un efficiente collegamento con la Spagna e quindi

il resto d’Europa.

L’agricoltura pesa sul pil per meno del 3% ed è ampiamente sostenuta dai sussidi dell’Unione Europea. Il settore impiega circa l’11% di tutta la forza lavoro portoghese e si rivela pertanto poco produttivo. Il Portogallo possiede alcune risorse naturali rilevanti, come il rame, di cui è uno dei primi produttori in Europa, e il sughero, di cui detiene quasi la metà delle risorse mondiali ed è il primo produttore al mondo. Strategica per l’economia del paese è la costa, soprattutto per la pesca e per il settore terziario: il turismo estero, di grande importanza per il sistema portoghese, si concentra non a caso sulle spiagge.

Il Portogallo resta uno dei paesi più poveri dell’area euro, con un pil pro capite più basso della media europea e un livello di disoccupazione che si attesta intorno al 12,7%. Per via delle sue precarie situazioni economiche, il paese si sta sottoponendo a severi aggiustamenti strutturali che rientrano in un programma di salvataggio da 78 miliardi di dollari disposto dalla triade Eu, Imf e Ecb e che dovrebbero scongiurare il rischio di un’uscita dall’area euro. Le misure intraprese dal primo ministro Pedro Passos Coelho in questa direzione passano per la privatizzazione del settore energetico, dei trasporti e delle comunicazioni, per i tagli all’istruzione e alla sanità e, infine, per la promozione di una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro. Nonostante quattro anni di austerità, che in parte ha anche incrinato l’attuale stabilità del governo di centro-destra portando nei mesi scorsi a un rimpasto di governo, l’uscita dalla crisi sembra ancora lontana. Ad accrescere l’inquietudine si aggiunge una pressione fiscale giunta a livelli inediti. Nonostante ciò, il malcontento sociale non ha raggiunto i livelli critici registrati, per esempio, in Grecia. Il governo è riuscito comunque a ridurre il deficit di bilancio: dal 10% del pil nel 2009 al 6,8% nel 2012. L’obiettivo è abbassare ulteriormente il deficit entro il 2014 e raggiungere la soglia del 4%. Il Portogallo registra un grande disavanzo energetico e importa il 77% dell’energia consumata, cifra che corrisponde a poco più del 15% delle importazioni totali. Principali partner per il petrolio e il gas sono i paesi africani, come Angola, Nigeria e Libia. Il paese ha tuttavia un ambizioso programma di investimenti nel settore delle energie rinnovabili, soprattutto nell’idroelettrico, nell’eolico e nello sfruttamento delle onde marine, ed è divenuto per questo uno degli attori europei più all’avanguardia in questo settore. Nel mix energetico, le rinnovabili sono dunque la seconda fonte primaria di energia, dopo petrolio e gas.

Economia
Deficit
Disoccupazione

Difesa e sicurezza

Il Portogallo non è oggetto di particolari minacce alla sicurezza nazionale, né del terrorismo internazionale, ma è impegnato nella risoluzione di crisi internazionali, specialmente nelle ex colonie.

Il paese partecipa attivamente alla Nato e alle missioni internazionali e promuove in particolare i propri interessi nel Mediterraneo e nell’Atlantico meridionale. Lisbona ha ospitato il summit della Nato del novembre 2010, durante il quale i membri hanno adottato il nuovo ‘concetto strategico’. Inoltre, dal 1995 è in vigore un accordo di cooperazione e difesa con gli Usa, presenti dalla Seconda guerra mondiale nella base militare di Lajes, nelle Azzorre. Allo stesso tempo, il Portogallo è tra i promotori dello sviluppo della Politica di sicurezza e difesa comune Eu e contribuisce attivamente alle sue missioni. Inoltre, Lisbona ha avviato alcune forme di cooperazione intraeuropea: assieme a Spagna, Francia e Italia, il Portogallo ha creato nel 1995 la forza marittima europea (Euromarfor), impiegata per le crisi umanitarie e missioni di peacekeeping in modo autonomo o sotto l’egida dell’Eu, della Nato, dell’Osce. Ha contribuito inoltre alla creazione della Forza di reazione rapida europea (Eurofor) ed è parte della Forza di gendarmeria europea.

Ha partecipato alla Prima guerra del Golfo nel 1991, alle missioni in Kosovo nel 1999, in Afghanistan nel 2001, in Iraq con la Nato Training Mission nel 2004, in Darfur nel 2005 e alle operazioni antipirateria al largo della Somalia dal 2009. In ambito Eu, inoltre, ha partecipato a numerose missioni, tra le quali l’operazione antipirateria in Somalia (la missione Atalanta dell’Eu Navfor) dal 2008, la missione Althea dell’Eufor in Bosnia-Erzegovina dal 2004 e, tra il 2008 e il 2010, la missione di supporto per la riforma della sicurezza in Guinea Bissau. Attualmente, il paese ha anche il suo contingente più numeroso (Isaf) impegnato nella missione Nato in Afghanistan. Sul piano della sicurezza interna, le severe riforme di politica economica potrebbero costituire una minaccia alla coesione sociale e provocare disordini.

Difesa
Mix energetico

Portogallo: la nuova fuga migratoria

Nel periodo 2010-12 circa 120.000 Portoghesi sono emigrati all’estero a caccia di fortuna. I dati più che triplicati rispetto al periodo 2007- 09 e diffusi dall’Instituto del desempleo e dalla Secretaria de estado das comunidades portuguesas rivelano il rischio di un consistente svuotamento demografico, in un paese dalle ridotte dimensioni (10 milioni di abitanti). La causa della fuga dal paese è il protrarsi della grave crisi economica e finanziaria, in corso dal 2009, che ha accresciuto il tasso di disoccupazione fino al 12,7%, e in particolare al 22,3% tra i giovani. Secondo i dati dell’Istituto nacional de estatistíca, il profilo medio dei nuovi migranti corrisponde a quarantenni specializzati che hanno perso il lavoro e non riescono a trovare un’altra occupazione. Ovvero non si tratta in maggioranza di giovani, né di una fuga di cervelli. Se in passato le mete preferite erano Francia, Lussemburgo e Svizzera, oggi sono le antiche colonie. Nell’ordine: Angola, Mozambico e Brasile. Allo stesso tempo a diminuire sono anche gli immigrati nel paese: sempre tra 2010-12 gli arrivi nel paese sono stati 61.848, soltanto il 17% rispetto al triennio precedente. La popolazione portoghese è omogenea e non vi sono rilevanti minoranze etniche o linguistiche. Al contrario, la cultura e la lingua portoghese sono ancora oggi molto diffuse nel mondo, come retaggio dell’epoca coloniale, e la lingua è parlata in Brasile, Angola, Mozambico, Capo Verde e Timor Est, che costituiscono la cosiddetta ‘lusosfera’.

La politica energetica ‘verde’ del Portogallo

Negli ultimi anni Lisbona è risultata una delle città più lungimiranti in Europa per ciò che concerne lo sviluppo delle energie rinnovabili. Il programma si sviluppa a vari livelli. Il governo ha anzitutto adattato e migliorato le reti di trasmissione dell’energia elettrica, in modo tale da renderle funzionali alla trasmissione di energia da fonti rinnovabili. Il Portogallo ha inoltre sviluppato un sistema di incentivi fiscali che rende vantaggioso adottare impianti di energia rinnovabile. Per effetto di tali politiche, tra il 2005 e il 2010 la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è cresciuta dal 17% al 45% del totale. In particolare, il Portogallo ha sviluppato l’energia idroelettrica (che contribuisce alla generazione di elettricità per circa il 25% del totale), l’eolica, cresciuta di sette volte in cinque anni, e la tecnologia fotovoltaica. Lisbona punta a produrre, entro il 2020, il 60% dell’elettricità da fonti rinnovabili. Oltre a proteggere l’ambiente, tale politica giova anche alla bilancia dei pagamenti. La strategia energetica portoghese risulta all’avanguardia in Europa, se si pensa che il Regno Unito, a fronte di un aumento della bolletta elettrica del 14% negli ultimi cinque anni, ha registrato una crescita del 3% della produzione di elettricità da fonti rinnovabili, mentre il Portogallo ha subito un aumento della bolletta del 16%, ma con uno sviluppo delle rinnovabili del 28%.

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