PORTOGALLO

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

PORTOGALLO

Claudio Cerreti
Bruno Tobia
Luciana Stegagno Picchio
Giulia Baratta
José-Augusto França
Juan Bassegoda Nonell
Nicola Balata
Stefania Parigi

(XXVIII, p. 32; App. I, p. 947; II, II, p. 597; III, II, p. 470; IV, III, p. 38)

Il paese, che al censimento del 1991 contava 9.853.100 ab., conserva una dinamica demografica naturale positiva; ma rispetto a un tasso di natalità che negli anni Sessanta sfiorava il 20ı annuo, si registrano oggi valori intorno all'11ı (il tasso di mortalità è da tempo attestato sul 10ı); significativo del migliorato livello di vita, è poi il calo della mortalità infantile, passata da oltre il 50ı (1970) al 9,8ı (1991). Alle tendenze strutturali della popolazione si è aggiunto, dalla metà degli anni Settanta, quasi un milione di rientri dalle ex colonie: l'insieme ha permesso di ribaltare la situazione di grave crisi demografica, che era provocata in quegli anni da una rilevante emigrazione.

L'emigrazione, tuttavia, ha ancora una consistenza notevole, specie verso Stati Uniti e Brasile, benché sia spesso solo temporanea, almeno per le destinazioni europee (Francia, Germania). L'aumento della popolazione non è stato uniforme, e la distribuzione attuale tende a privilegiare le aree urbane litoranee (specie quelle centrate su Lisbona e Porto), a scapito essenzialmente delle regioni interne. La capitale ha una popolazione comunale pressoché stabile (830.500 ab. nel 1988, 817.627 nel 1981, 829.900 nel 1975), mentre aumenta fortemente la popolazione nell'insieme dell'area metropolitana: nel 1960 il concelho di Lisbona contava ben oltre la metà della popolazione della ''Grande Lisbona'', ma nel 1981 non arrivava a un terzo del totale. L'espansione urbana ha investito anche la riva sinistra del Tago (Outra Banda), in direzione di Setúbal. Analogamente, la città di Porto (circa 350.000 ab.) accoglie un terzo della popolazione totale della sua area metropolitana

Condizioni economiche. - Secondo le stime della Banca Mondiale, nel 1991 il reddito pro capite portoghese ammontava a 5930 dollari (alla stessa data, Spagna 12.450, Italia 18.520, Francia 20.380), e nel corso del passato quindicennio si valuta che si sia mediamente incrementato del 2,5-3% l'anno. Rimane il reddito più basso fra quelli dei paesi appartenenti all'Unione Europea, ed è sempre sensibile il divario con i redditi degli abitanti degli altri paesi dell'UE (con l'eccezione della Grecia, la cui popolazione godeva di un reddito pro capite che si aggirava sui 6350 dollari l'anno).

Nonostante la ristrutturazione che, specie in relazione all'ingresso nella Comunità europea (1° gennaio 1986), ha investito l'economia portoghese, questa è tuttora caratterizzata dalla grande rilevanza del settore primario. Esso occupa oltre il 17% della popolazione attiva (con punte del 50% in talune regioni), ma contribuisce soltanto con circa il 6% alla formazione del prodotto interno lordo. Largo spazio è dedicato alle produzioni tradizionali: in primo luogo vino (la coltivazione delle vite si estende su 375.000 ha; nel 1991 sono stati prodotti 14,5 milioni di q di uva e quasi 10 milioni di q di vino), olio di oliva (3 milioni di q di olive e 260.000 q di olio), legname e sughero, frutta (in particolare, sempre nel 1991, quasi 2 milioni di q di mele e 1 milione di q di pere, oltre a pesche, prugne, albicocche, arance, ecc.). In alcuni casi si registra anche un aumento d'importanza: così è per l'allevamento ovino (nel 1991, oltre 5,7 milioni di capi), per la pesca e le industrie alimentari, e per le attività forestali, praticate sul 32% del territorio, i cui prodotti, in alcuni anni, sono arrivati a coprire fino al 15% del totale delle esportazioni.

Il settore secondario ospitava meno del 35% del totale delle forze di lavoro e contribuiva con il 40% alla formazione del PIL (stime del 1991). Esaminando i rami produttivi (e trascurando il comparto estrattivo che, pur disponendo di discrete risorse minerarie − per es. piriti cuprifere, tungsteno, ferro, ecc. − ha un peso trascurabile nella composizione del prodotto interno, occupando meno dell'1% delle forze di lavoro), si nota che accanto alle tradizionali lavorazioni tessili (sempre molto importanti nel contesto produttivo portoghese: nel 1992 hanno contribuito con più del 20% al totale delle esportazioni), metallurgiche, dell'abbigliamento, della carta, si sono affermati nuovi impianti nei settori della meccanica, della chimica, dell'elettromeccanica.

Di tutto rilievo, ormai, la presenza turistica, con oltre 20 milioni di visitatori nel 1992. Va infine notata la progressiva diversificazione del commercio internazionale portoghese, fra i cui partners principali figurano oggi (con Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti) Spagna e Italia.

Bibl.: O. Ribeiro, H. Lautensach, Geografia de Portugal, Lisbona 1987 ss.; C.A. Medeiros, Introduçâo à geografia de Portugal, ivi 1987; AA.VV., Portugal, in Revue géographique des Pyrenées et du Sud-Ouest, n. monografico, 2-3 (1988); P. Sanchez Da Costa Pereira, Portugal, un pays de construction clandestine: analyse de la situation dans la zone de la Grande Lisbonne, in Norois, 1988, pp. 315-21; J. Cadima Ribeiro, Périphérie et nouveaux facteurs de localisation industrielle: le cas portugais, in Revue d'économie régionale et urbaine, 4 (1990), pp. 503-10; Portugal contemporâneo, a cura di A. Reis, Lisbona 1990.

Storia. - Alla fine degli anni Settanta il tentativo di spostare a destra l'asse politico del paese, assieme all'intenzione di eliminare le norme costituzionali d'ispirazione socialista, vennero con coerenza perseguiti dall'Alleanza democratica (AD), formata dal Partito socialdemocratico (PSD), dal Centro democratico sociale (CDS) e dal piccolo Partico monarchico portoghese (PPM), che avevano dato vita al governo diretto da F. Sá Carneiro.

Questa politica sembrò incoraggiata dall'avanzata dell'AD (47% dei voti) nelle elezioni dell'ottobre 1980, in cui il Partito socialista (PS) confermò la sua forza con il 28% e il Partito comunista portoghese (PCP) si attestò al 17%. Nel dicembre, però, l'elezione alla presidenza della Repubblica di A. Eanes, quale candidato della sinistra con il 57% dei suffragi (il leader più prestigioso della destra, Sá Carneiro, era perito in un incidente aereo) fece fallire il progetto dell'AD. Si aprì pertanto un difficile periodo caratterizzato dalla contrapposizione tra il governo, guidato dal socialdemocratico F. Pinto Balsemão (gennaio 1981), e il Consiglio della rivoluzione che, secondo la costituzione del 1976, era investito del ruolo di garante delle principali conquiste rivoluzionarie. Lo si vide dal duro contrasto che oppose il Consiglio stesso al governo quando quest'ultimo tentò, nel maggio, una politica di riprivatizzazione dei settori di base dell'economia. L'AD cercò allora, scegliendo di seguire una strategia più complessa e meno diretta, di arrivare a un'intesa con il PS al fine di conseguire in Parlamento la maggioranza dei due terzi indispensabile per un'ampia revisione costituzionale. Questa politica diede i suoi frutti. I rapporti tra il PS e il PCP si deteriorarono rapidamente (il 1° maggio a Oporto militanti dei due partiti si affrontarono violentemente), mentre i socialisti raggiunsero un accordo con il governo in base al quale, pur mantenendosi nella costituzione un'opzione socialista, si aboliva il Consiglio della rivoluzione, si ridimensionava il potere del presidente della Repubblica e si consentiva il reingresso dell'iniziativa privata nei settori economici già nazionalizzati (agosto 1982).

Nel nuovo contesto politico, i rapporti tra partiti subirono profonde modifiche per la necessità di far fronte a una grave crisi economica che aveva il suo più chiaro indice nell'altissimo tasso di inflazione (20% circa). Il governo Balsemão rassegnò le dimissioni nel dicembre 1982, e nelle elezioni politiche anticipate dell'aprile 1983 furono i socialisti a prevalere con il 36% dei voti, sconfiggendo l'AD (PSD: 27%; CDS: 12%); mentre il PCP, pur essendo sempre più emarginato, confermava la stabilità del proprio voto (18%). In giugno venne costituito un governo PS-PSD con la presidenza del socialista M. Soares, e quindi l'AD si dissolse.

Obiettivo prioritario della politica governativa divenne l'ingresso del paese nella CEE: a esso si subordinò l'intera linea economica del gabinetto (ridimensionamento della spesa pubblica, riprivatizzazione dell'industria di base e delle assicurazioni). Sul piano strettamente politico il segno della svolta venne dato con l'arresto del gen. O. de Carvalho (giugno 1984), accusato di complotto con il gruppo FP-25 (Forze Popolari del 25 aprile), e più tardi con l'approvazione parlamentare di una nuova legge che ampliava i poteri della polizia nei casi di emergenza d'ordine pubblico (luglio 1984). Concluse le trattative per l'entrata del P. nella CEE (marzo 1985), questa si realizzò effettivamente nel gennaio 1986. Dal momento che l'obiettivo prioritario era stato raggiunto, la politica governativa sembrò perdere di coesione e la litigiosità tra i partiti di maggioranza, accentuatasi in vista delle elezioni presidenziali, portò alla crisi del gabinetto nel luglio 1985.

Le elezioni politiche anticipate (ottobre 1985) penalizzarono questa volta il PS (21% dei voti) che non riusciva a raccogliere i frutti della sua politica moderata e videro, invece, l'avanzata del PSD (29,8% dei suffragi) e del nuovo Partito rinnovatore democratico (PRD), ispirato dal presidente Eanes, con il 18% dei consensi. Il CDS scese al 9,7% dei voti. I comunisti, presentatisi sotto la denominazione Alleanza per il popolo unito, ottennero il 15,4% dei voti. A novembre A. Cavaco Silva costituì un governo di coalizione con il CDS e l'astensione del PRD. Nel febbraio 1986, sovvertendo ogni pronostico, il socialista Soares fu eletto presidente della Repubblica con il 51,2% dei consensi, imponendosi sul centrista D. Freitas do Amaral. Tale situazione determinò una difformità di orientamento troppo accentuata tra presidenza della Repubblica e presidenza del Consiglio; così il governo del socialdemocratico Cavaco Silva fu costretto alle dimissioni dopo un voto parlamentare che ne censurava l'attività in politica economica (aprile 1987) e Soares decretò lo scioglimento dell'Assemblea nazionale. Le elezioni segnarono un trionfo moderato. Il PSD ottenne il 50,1% dei suffragi; un tracollo subì il PRD (4,9%) ed Eanes in agosto abbandonò la guida del partito; al CDS andò il 4,3% dei consensi. Un magro risultato (18%) ottenne anche la Coalizione democratica tra comunisti, ecologisti e gruppi di sinistra, mentre soltanto un leggero progresso poté segnare il PS che si attestò al 22,3%.

L'opposizione socialista e comunista alla politica economico-sociale del governo e dello schieramento di destra (un nuovo governo monocolore socialdemocratico fu formato da Cavaco Silva nell'agosto 1987) si espresse in uno sciopero generale guidato dall'UGT (União Geral dos Trabalhadores, socialista) e dalla CGTP (Confederação Geral dos Trabalhadores Portuguesos, comunista) nel marzo del 1988, per protestare contro le misure di nuova legislazione del lavoro proposte dal gabinetto. Questa netta opposizione in campo sociale non impedì però al PS di accordarsi nell'ottobre 1988 con il PSD per ulteriori e più radicali modifiche costituzionali che importarono la cancellazione di ogni elemento d'ispirazione marxista nella Carta costituzionale, la riduzione del numero dei deputati, l'istituzione dello strumento referendario.

I risultati delle elezioni per il Parlamento europeo del giugno 1989, più che altro incentrate su temi di politica interna, rispecchiarono le difficoltà della politica economico-sociale governativa: al calo del PSD (32,7% dei suffragi) e del partito conservatore CDS (14,1) corrispose un incremento del PS (28,5%) e dei comunisti (14,4%). Tale tendenza venne confermata nelle elezioni comunali del dicembre, nelle quali il PS ottenne il 32,2% dei voti, avendo trovato in J. Sampaio un credibile successore di Soares alla carica di segretario generale del partito. La politica di avvicinamento tra PSD e PS fece un ulteriore passo avanti con la decisione del PSD di appoggiare Soares alle future elezioni presidenziali del 1991.

In politica economica, in vista del mercato unico europeo del 1992, il governo continuò l'opera di privatizzazione che ebbe nella vendita delle rimanenti quote pubbliche del Banco Português do Atlântico (la principale banca del paese) il suo momento più significativo (dicembre 1990), mentre, per quel che riguarda la politica sociale e la lotta all'inflazione, era già stato stipulato un accordo tra governo, UGT e sindacato degli impiegati che prevedeva, tra l'altro, un tasso programmato poliennale d'incremento dei salari, la riduzione della settimana lavorativa, l'impegno per una linea di contrattazione salariale (ottobre 1990). Tale politica venne premiata dall'elettorato nelle elezioni dell'ottobre 1991, in cui il PSD ottenne il 50,4% dei voti e a seguito delle quali Cavaco Silva fu confermato alla guida del governo. Del tutto emarginato il PC, che nel maggio 1990 aveva rieletto segretario generale A. Cunhal e che seguiva una linea del tutto ortodossa: la coalizione di sinistra da esso animata raccolse appena l'8,8% dei voti. Neppure il PS, con il 30% dei suffragi, venne premiato nella sua linea di alternativa di centro sinistra, voluta dal leader Samaio, molto diversa da quella di ''coabitazione''. Quest'ultima si espresse nella leadership governativa di Cavaco Silva e in quella presidenziale di Soares, rieletto già nel gennaio 1991 alla presidenza della Repubblica con il 70,4% dei voti (mentre il candidato della destra B. Horta ottenne il 14% e quello del Partito comunista C. Carvalhas il 12,9%). L'ampia base parlamentare del governo consentì una prosecuzione dell'impegno europeista del P., la cui valuta entrò a far parte dello SME nell'aprile 1992, anche se, a seguito delle turbolenze monetarie mondiali, l'escudo fu costretto a una prima svalutazione a novembre di quello stesso anno e a una successiva nel maggio 1993. Il trattato di Maastricht sull'unione europea fu ratificato dal Parlamento nel dicembre 1992. Sul piano interno la convinta politica di ristrutturazione economica portò a crescenti tensioni sociali di cui furono specialmente espressione l'agitazione studentesca contro la riforma del sistema degli esami universitari (febbraiomarzo 1992) e lo sciopero dei medici contro la proposta di trasferire alcuni servizi assistenziali al settore privato (novembre 1992).

Il 1993 vide l'accentuarsi della crisi economica di fronte alla quale il governo prevedeva l'avvio di un impegnativo piano di sviluppo regionale della durata di sei anni. Nelle elezioni amministrative del dicembre 1993 il PS superò, con il 35,8% dei voti, il PSD (34%) estendendo il suo controllo a città come Lisbona e Oporto.

Bibl.: T. Gallagher, Portugal: a twentieth-century interpretation, Manchester 1983; F.A.G. Ferreira, 15 anos da historia recente de Portugal, 1970-1984; os factos, os erros, os protagonistas, a analise e interpretação, s.l. 1985; T.C. Bruneau, Politics in contemporary Portugal: parties and the consolidation of democracy, Boulder 1986; B. de Sousa, O estado e a sociedade em Portugal (1974-1988), Porto 1990; The New Portugal: democracy and Europe, a cura di R. Hen, Berkeley 1992.

Letteratura. - Gli anni Ottanta e il primo biennio dei Novanta rappresentano per il P. un periodo di grande fervore artistico e letterario. Chiusa, con la ''rivoluzione dei garofani'' dell'aprile 1974, la lunga parentesi salazarista ed esaurita anche l'eccitazione libertaria in cui la migliore intelligenza del paese si era immersa dopo il recupero della pienezza di espressione politica e poetica, cominciano finalmente a pubblicarsi, con l'apertura del decennio, quelle opere nuove che il pubblico aveva inutilmente richiesto all'indomani della riacquistata democrazia, come se fosse bastato aprire i cassetti sigillati dalla censura per farne uscire i capolavori fino a quel momento proibiti. Popolo tradizionalmente di poeti più che di prosatori, saggisti e filosofi, è nella poesia che il portoghese coglie i primi frutti della nuova stagione letteraria: all'inizio con toni di bardo e per bocca di quegli stessi autori che erano stati i capofila negli anni Sessanta e Settanta, ma che ora sono spesso anche narratori e critici, cadute come appaiono pure qui le barriere fra le forme canoniche di espressione.

Tra i poeti ci sono personalità già affermate come Miguel Torga (pseud. di Adolfo Correia da Rocha, n. 1907), il cui passato di ''Orfeu ribelle'' e di oppositore del regime lo sanziona ora come nume tutelare della letteratura nazionale (Antologia poética, 3ª ed. aumentata, 1985; 15 volumi del Diario 1941-1990, sovente riscritti). E ancora Sophia de Mello Breyner Andresen (n. 1919), considerata la maggior poetessa nazionale, il cui mondo di classica bellezza si fa vibrante dopo il ''taglio'' che la storia ha impresso alla vita del paese, per poi ricomporsi in forme di depurato, concettoso lirismo (O nome das coisas, 1977; Navegações, 1983; Ilhas, 1989; prosa: Contos exemplares, 1962, 19892; Histórias da terra e do mar, 1984); Eugénio de Andrade (pseud. di José Fontinhas, n. 1923), autore di una poesia-musica in cui la tradizione simbolista si sposa a un ''imagismo'' latamente iberico, con echi della più autentica tradizione lirica nazionale (O outro nome da terra, 1988; Rente ao dizer, 1992, senza contare le continue riedizioni di opere precedenti); David Mourão Ferreira (n. 1924), poeta di sonora vena lirica, in cui l'iniziale dongiovannismo tragico del portoghese si distende in sapiente virtuosismo versificatorio (Obra poética 1948-1988, 1988) per poi sfociare nelle forme inedite di una fortunata narrativa (Um amor feliz, 1986); António Ramos Rosa (n. 1924), oggi uno dei nomi più affermati come poeta e come critico della scena portoghese (poesia: Matéria de amor, 1983; A rosa esquerda, 1991; A intacta ferida, 1991; critica: A parede azul, 1991); Herberto Helder (n. 1930), il quale trasferisce i processi di automatismo e di ''montaggio'' propri del primo surrealismo a un audace sperimentalismo che non arretra di fronte all'happening poetico computeristico (Ultima ciência, 1988; Poesia toda, 1990; oltre alle prose di Os passos em volta, 1963, 5ª ed. aumentata, 1984); Salette Tavares (n. 1922), il cui sperimentalismo audiovisuale d'avanguardia anni Sessanta torna a provocare pubblico e critica nei nostri anni Novanta (Obra poética 1951-71, 1991); E.M. de Melo e Castro (n. 1932: Trans(a)parências. Poesia. I, 1950-1990, i, 1990), su una linea anch'egli di una poesia sperimentale che si nutre dell'esempio dei concretisti brasiliani e delle sinestesie fra le arti e che giungerà a toccare altri ''operatori'' letterari come Ana Hatherly (n. 1929: A cidade das palavras, 1988), la quale immette nell'eredità fonovisuale del barocco iberico tutta la recente ironia post-rivoluzionaria, o ancora come un provocatorio Alberto Pimenta (n. 1937: Obra quase incompleta, 1990).

Esistono tuttavia anche le voci di un Manuel Alegre (n. 1937: O Canto e as armas, e Atlântico, 1989), che passa dall'enfasi libertaria del dopo 1974 al disincanto dei nostri utilitaristici anni Ottanta; di un Fernando Assis Pacheco (n. 1937), recentemente affermatosi come narratore di gustosa vena memoriale (Trabalhos e paixões de Bento Prada, 1993), ma prima noto essenzialmente come ironico poeta colloquiale (A Musa irregular, poesie complete, 1991). E poi ancora poeti-poeti come António Osório (n. 1933: Planetario e zoo dos homens, 1990); Pedro Tamen (n. 1934: Dentro de momentos, 1984); Helder Macedo (n. 1935, che, nel 1991, alla sua già affermata opera poetica aggiungerà il romanzo memoriale Partes de África); Fiama Hasse Pais Brandão (n. 1938: Obra breve, 1991, con suggestioni alchemiche); Yvette K. Centeno (n. 1940: Perto da terra, 1983); Gastão Cruz (n. 1941: Órgão de luzes, 1981); Vasco Graça Moura (n. 1942: A sombra das figuras, 1985); Nuno Júdice (n. 1949: Enumeração de sombras, 1989; As regras da perspectiva, 1990); Casimiro de Brito (n. 1938), autore, oltre che dei Contos da morte eufórica (1984), di una poesia di suggestive risonanze orientali, Subitamente o silêncio (1991); Al-berto (n. 1948: O medo, 1987 e 1991). E anche poeti-filosofi come Fernando Guimarães (n. 1928: Eva. As mãos inteiras, 1981; A analogia das folhas, 1990).

Scompaiono in questi anni alcune delle voci peculiari di questo concerto lirico: Alexandre O'Neill (1924-1986), che dell'iniziale esperienza surrealista aveva saputo conservare anche nelle nuove invenzioni poetiche la caustica ironia e la sperimentale e avanguardistica libertà formale (Poesias completas, 1951-81, 3ª ed. aumentata, 1990); Natália Correia (1923-1993), poetessa, drammaturga e romanziera di corrosivo impatto su ogni piano della realtà nazionale; Rui Cinatti (1915-1986: Antologia, 1986; Poesias completas 1951-1981, 3ª ed. riv., 1990); Rui Belo (1933-1978: Obra poética, 1981, d'ispirazione mistica); Luiza Neto Jorge (1939-1989: A lume, 1989, postumo), ancora legata all'eredità surrealista; Maria Teresa Horta (1939-1989: Os anjos, 1983).

Sarebbe comunque fuorviante presentare un quadro della realtà letteraria (e non solo) di un paese soltanto per ondate stilistiche, o per generazioni, o per aree geografiche, o ancora per correnti ideologiche, senza aver presente in ogni momento la specifica realtà sincronica di una cultura in cui vecchio e nuovo sempre coesistono e s'intersecano e gli autori già affermati, pur non abdicando dalla loro funzione di custodi di una determinata e magari personalissima tradizione, porgono l'orecchio, modificandosi, alle insorgenti provocazioni poetiche. Non è quindi per caso che, in un paese quale il P. di oggi, in un suo momento di grande effervescenza culturale, dove riscoprire equivale a inventare, colui che continua a segnare la letteratura portoghese degli anni Ottanta, a livello tanto nazionale come internazionale, sia il poeta, ideologo, drammaturgo, corifeo della generazione primo-novecentesca dell'Orpheu, Fernando Pessoa (1888-1935), la cui opera eteronimica (e cioè attribuita a diverse personalità poetanti) era stata solo parzialmente pubblicata in vita, continuando ad apparirci oggi ogni giorno diversa per la nuova lettura di un testo o la pubblicazione di un inedito finora custodito nel famoso ''spoglio'' della Biblioteca Nazionale di Lisbona. Si può quindi anche affermare che gli anni Ottanta (nel 1985 si sono solennemente celebrati i cinquant'anni dalla morte e nel 1988 il centenario dalla nascita) siano stati per il P. quelli in cui la letteratura ha affiancato al suo vate cinquecentesco tradizionale, Luís de Camões, il poeta novecentesco Pessoa, la corona d'alloro del bardo al cappelluccio floscio della modernità: con un impatto nuovo di fortuna presso i pubblici di ogni nazione. Più che altrove, è poi nella poesia che si è cominciato recentemente a contestare in P. la ''tradizione della rottura'', con una nuova messa in forse dei concetti di avanguardia per quanto essi contengono di negativo, e con un rinnovato appello, sebbene spesso ironico, alla tradizione, rivisitata entro la tendenza citazionista tipica del post-modernismo.

È comunque nella narrativa che meglio si esprime la ritrovata creatività nazionale. Anche qui il decennio ha visto scomparire alcuni dei protagonisti della stagione precedente e anche qui la loro opera, spesso di vibrata protesta contro la dittatura del ''dinosauro'' Salazar, riceve ora una notorietà impossibile quando i suoi autori erano in vita.

Tipici i casi di José Rodrigues Miguéis (1901-1980), narratore limpido ed elegante, che da un esordio dostoevskiano passa con l'esilio a farsi reporter dell'emigrazione portoghese nel mondo (Idealista do mundo Real, 1986, postumo); e di Jorge de Sena (1919-1978), poeta, narratore, saggista, drammaturgo, mai rientrato dall'esilio californiano e di cui, dopo la morte, i connazionali, che ne conoscevano quasi solo l'opera poetica e critica, scoprono postumamente una narrativa di crude risonanze autobiografiche e d'inesausta fantasia demoniaca (Novas andanças do demónio, 1966, da cui il gusto recente estrapolerà, autonomizzandola, la novella di O físico prodigioso; Os grãos capitães, 1976; Sinais de fogo, 1980). Anche Carlos de Oliveira (1921-1981) appartiene al manipolo degli oppositori del regime di matrice neorealista oggi rivisitati dal pubblico e dalla critica, che non sono potuti entrare appieno nella terra promessa del post-salazarismo (Finisterra, 1978); mentre per Mário Dionísio (1916-1993) l'iniziale ispirazione neo-realista finirà per sfociare nel racconto breve di gusto apologale (A morte é para os outros, 1988). Uno dei più vigorosi autori della passata stagione, Fernando Namora (1919-1989), anch'egli all'opposizione negli anni del regime e perciò nel suo esordio poeta e narratore di nuovo d'ispirazione e denuncia neorealista (Retalhos da vida de um médico, 15ª ed. rifusa, 1989), concluderà invece la sua parabola artistica con un romanzo quasi poliziesco di angosciata incertezza esistenziale (O Rio Triste, 1982, con il contrappunto poetico di Nome para uma casa, 1984).

Era stato infatti l'esistenzialismo a marcare inizialmente alcune delle voci più significative dell'attuale narrativa portoghese. Il primo nome è ancora quello di Vergílio Ferreira (n. 1916), che nelle ultime opere, Para sempre (1983) e Até o fim (1987), cui a partire dal 1980 si affiancano i 5 volumi di un diario, Conta corrente, che sarà uno dei grandi successi di pubblico di questo decennio, distende in moduli narrativi più intensi e coloriti la grande sapienza stilistica conquistata in anni di magistero critico e di pratica narrativa. Da presupposti esistenzialisti era partito anche Urbano Tavares Rodrigues (n. 1923), per cui tuttavia la bruciante istanza socialista degli esordi sfocerà in anni recenti in più divertiti e sobri intrecci narrativi (Violeta e a noite, 1991). Uno dei più originali e vigorosi narratori del decennio continua peraltro a essere José Cardoso Pires (n. 1925). Affermatosi internazionalmente nel 1968 con un romanzo quale O Delfim, metafora del ''maschilismo'' proprio della società portoghese degli anni bui, egli ritrova nel decennio una nuova ragione narrativa, facendosi specchio, più che storico, della realtà nazionale, in un iter che va dal giallo politico-poliziesco dell'ultimo periodo salazarista Balada da praia dos cães (1982), all'affresco della nuova società di Alexandra Alpha (1987) e A república dos corvos (1988).

Caratterizza inoltre la recente stagione letteraria portoghese un vigoroso drappello di narratrici che sanno uscire originalmente da una tradizionale tematica femminile legata al memorialismo e alla confessione individuale per inserirsi nella socialità di un coro, per cui ogni avvenimento − dall'emigrazione alla guerra d'Africa, combattuta dal P. quasi in segreto − diviene negli ultimi anni Sessanta e nel corso degli anni Settanta tema comune di meditazione e ricordo senza distinzione di sessi.

La capofila è sempre Agustina Bessa Luis (n. 1922), che nel 1954, con il romanzo memoriale A Sibila, aveva impresso una svolta tematica e formale alla narrativa portoghese e che perseguirà fino a oggi una sua torrenziale produzione di quasi balzacchiana ricchezza con Fanny Owen (1979); Um bicho da terra (Uriel da Costa), 1984; A corte do norte (1987); Eugénia e Silvina (1989). Inoltre Isabel da Nóbrega (n. 1925: Elegia para um caixão vazio, 1987); O. Gonçalves (n. 1929: Ora esguardae, 1982); Maria Gabriela Llansol (n. 1931: A restante vida, 1983; Da sebe ao ser, 1988); Maria Velho da Costa (n. 1938), balzata alla ribalta nel 1971, insieme a Maria Isabel Barreno e Maria Teresa Horta, con lo scandalo erotico-politico delle Novas cartas portuguesas e poi presente in ogni epoca con romanzi epico-lirici quali Casas Pardas (1977) o Missa in Albis (1988). E ancora, su di una linea di recupero della recente storia nazionale, Lídia Jorge (n. 1946: O dia dos prodígios, 1979; Cais das merendas, 1982; A costa dos murmúrios, 1988, sulla guerra d'Africa vista nei suoi ambigui risvolti da spietati occhi femminili); Teolinda Gersão (n. 1940: come scrittrice, tutta degli anni Ottanta, con le allegorie ludiche di O silêncio, 1981; Os guarda-chuvas cintilantes, 1984; O cavalo de sol, 1989). E poi, fra le più giovani, Eduarda Dionísio (n. 1946: Alguns lugares muito comuns, 1987) ed Hélia Correia (n. 1949: A casa eterna, 1991).

I nomi dei nuovi autori e soprattutto delle nuove opere, di giovani e meno giovani, si accavallano nel vivace panorama dell'attuale narrativa portoghese. Citiamo tra gli altri Fernando Campos (n. 1924: A casa do Pó, 1986) e Augusto Abelaira (n. 1926: Deste modo ou daquele, 1990). E ancora António Alçada Baptista (n. 1927) che sposa con grazia la componente ironica dell'erotismo nazionale con la credenza ugualmente endemica nell'esistenza di un demonio, centro generatore di ogni male (Os nós e os laços, 1985; Catarina ou o sabor da maçã, 1988; Tia Suzana, meu amor, 1989); Álvaro Guerra (n. 1936: Café República, 1987); Mário Cláudio (n. 1941), che negli anni Ottanta si consacra autore originalissimo componendo la trilogia ''nordista'', e cioè della regione portuense: Amadeu (1984), Guilhermina (1986) e Rosa (1988), dedicati rispettivamente al pittore Amadeu de Sousa Cardoso, alla violoncellista Guilhermina Suggia e alla ceramista Rosa Ramalho. António Lobo Antunes (n. 1942), che esordisce con grande successo nel 1979 con Memória de elefante, cui fa seguire nello stesso anno Cus de Judas, il suo libro più noto, e poi ancora Fado Alexandrino (1983), e As Naus (1988), tutti romanzi originati dalla partecipazione dell'autore alla guerra coloniale e poi divenuti impietose denunce di un mondo contemporaneo degradato; Almeida Faria (n. 1943), il quale negli anni Ottanta completa in una perfetta tetralogia il ciclo aperto nel 1965 dal fortunato romanzo A Paixão, continuandolo in Cortes (1972), Lusitânia (1980) e Cavaleiro andante (1983), con il corollario della fantasia erotica di O Conquistador (1990). E infine, nella nuova generazione, è opportuno ricordare Mário de Carvalho (n. 1944: O caso do Beco das Sardinheiras, 1981; A paixão do conde de Fróis, 1986) e, in una linea di rinnovato realismo, João de Melo (n. 1949: O meu mundo não é deste reino, 1987, e Gente feliz com lágrimas, 1988).

Ma la grande figura della narrativa portoghese di questi anni è José Saramago (n. 1922), nel cui nome il P. è riuscito a varcare le frontiere nazionali e a interessare pubblici di molti paesi grazie a una peculiarissima cifra narrativa che fa di un linguaggio popolare rivisitato memorialmente e della storia passata e recente del paese la metafora di un'attualità vista con l'ironia e la passione di un impegno politico a volte frustrato, ma mai dismesso. Come la recente storia del P., l'opera del comunista Saramago (quasi tutta tradotta in italiano) è attraversata da una linea che separa un ''prima'', anteriore alla rivoluzione del 1974, da un ''dopo'', con cui, nel 1980, ha inizio la sua nuova, fortunata stagione narrativa che da allora non conosce soste e di cui ogni tappa rappresenta un nuovo traguardo poetico. I libri sono: Levantado do chão (1980; trad. it., Una terra chiamata Alentejo); O Memorial do convento (1982; trad. it., 1985); O ano da morte de Ricardo Reis (1984; trad. it., 1985); A jangada de pedra (1986; trad. it., 1988); O ano de 1993 (1987); O cerco de Lisboa (1989; trad. it., 1990); O Evangelho segundo Jesús Cristo (1991; trad. it., 1992).

Stagione anche di saggisti appaiono questi anni Ottanta della rinata letteratura portoghese. E basti tra gli altri il nome di Eduardo Lourenço (n. 1923), il quale parte da un'esperienza filosofica heideggeriana per esplorare i miti propri della cultura nazionale (O Labirinto da Saudade, 1978; Pessoa, rei da nossa Baviera, 1986; Nós e a Europa, 1988). In questo contesto appare cioè fondamentale l'opera, di notevole livello, dei molti critici-saggisti che, anche con una diversa focalizzazione delle opere del passato (interessante di questo decennio appare la rivalutazione letteraria di tutta la letteratura di viaggi e scoperte), sembrano indicare il cammino in un paese come il P. in cui sono ben pochi coloro che riescono a vivere di letteratura e in cui pertanto è sempre vivo il dialogo o addirittura lo scambio di funzioni fra il poeta, il critico e il professore.

Per contro, come sempre in P., il teatro segna il tempo: e lo segna anzitutto la letteratura drammatica in un momento in cui anche qui, come dovunque, anziché nell'esibizione di nuovi testi, l'attività teatrale riposa essenzialmente sullo spettacolo, con il recupero spesso di un repertorio nazionale classico e moderno da parte di agguerrite compagnie drammatiche. Si scoprono e riscoprono testi misconosciuti del passato (come il teatro di Jorge de Sena, raccolto in Mater imperialis, 1991; o il teatro di Bernardo Santareno [1920-1980]: Português, escritor, 45 anos de idade, 1981). Ma si fanno anche nuove proposte testuali a opera di autori già affermati come Jaime Salazar Sampaio, Prista Monteiro, Natália Correia (A pécora, 1983) e ancora José Saramago (A segunda vida de Francisco de Assis, 1986; trad. it., 1991).

Bibl.: M. Alzira Seixo, A palavra do romance, Lisbona 1986; I. Allegro de Magalhães, O tempo das mulheres, ivi 1987; E. Prado Coelho, A noite do mundo, ivi 1988; M. de Fátima Martinho, A poesia portuguesa nos meados do séc. XX: rupturas e continuidade, ivi 1989; F. Guimarães, A poesia contemporânea portuguesa e o fim da modernidade, ivi 1989; A.J. Saraiva, A tertúlia ocidental, ivi 1990; A.J. Saraiva, Ó. Lopes, História da Literatura portuguesa, Porto 199216:Una raccolta antologica di testi è in L.M. Nava, Antologia da poesia portuguesa 1960-1990, Bruxelles 1991.

Archeologia. - Le recenti indagini archeologiche condotte in P., e in particolare a Conimbriga, Scallabis e Mirobriga, sono state finalizzate all'acquisizione di nuove conoscenze relative agli insediamenti preromani. A Mirobriga, in località Castello Velho, sono stati individuati i resti di un tempio databile al 4° secolo a.C., composto da un piccolo edificio quadrangolare cui in un secondo momento fu aggiunto un temenos. L'edificio è stato abbandonato nel 2° secolo a.C. e sostituito nel secolo successivo da un nuovo tempio che risulta composto da una cella, un pronao e un temenos. Uno degli insediamenti romani su cui si hanno a disposizione più dati è quello di Conimbriga, dove i rinvenimenti testimoniano diversi livelli di occupazione. Al di sotto del foro augusteo, l'unico completamente scavato in P., sono state rinvenute tracce dell'abitato preromano. Al periodo flavio va ascritto un successivo foro e a quello traianeo la realizzazione di un imponente impianto termale.

Problematica rimane, nonostante i numerosi studi sull'argomento, la ricostruzione del sistema viario del paese, così come risultano insufficienti i dati sulla vita rurale in epoca romana. L'economia era basata sull'agricoltura ma importanti erano anche le attività estrattive, in particolare legate all'oro, al rame, al ferro, allo stagno, al piombo, e alcune attività industriali come la produzione di garum.

Nell'Alentejo e nell'Algarve sono state individuate numerose villae (Torre de Palma, Cucufate, Pisoes) appartenenti ai grandi latifondi che caratterizzavano l'economia del Portogallo. Uno dei monumenti romani più importanti è costituito dalla villa di Cucufate, il cui primo impianto risale al 1° secolo d.C. Nella prima metà del 2° secolo d.C. la villa è stata ricostruita attorno a un peristilio. Essa si compone di un corpo di fabbrica rettangolare a due piani, con la facciata caratterizzata da una lunga terrazza cui si accede attraverso tre rampe di scale. L'edificio è stato distrutto nel 4° secolo d.C. per far posto a una nuova costruzione utilizzata in età medievale come monastero.

Un'altra grande villa, che occupava un'area di 15.000 m2, si trova a Milreu. Essa consta di un peristilio sul quale si apre una sala absidata (da identificare probabilmente con un triclinium), da un impianto termale con mosaici raffiguranti dei pesci e da una parte abitativa privata organizzata intorno a un atrio. La parte rustica comprende le strutture agricole e quelle di servizio. Nell'area della villa si sono rinvenuti anche due mausolei e un tempio, dedicato alle attività acquatiche, collocato su un podio decorato da mosaici e circondato su tutti i lati da un portico. Tra i rinvenimenti scultorei della villa di Milreu vanno ricordati quattro busti in marmo con i ritratti di Agrippina, Adriano, Gallieno e di una donna dell'età flavia. L'ultimo rifacimento della villa risale al 4° secolo d.C., ma gli scavi e i reperti dimostrano che il sito era già occupato nel 1° o 2° secolo d.C.

Nell'Alentejo sono state rintracciate numerose strutture fortificate, che si riteneva fossero piccole fortezze. Solo di recente si è avuta la conferma che si tratta invece di un particolare tipo di villa. Due di esse, a Lousa e a Monte do Manuel Gallo, sono state oggetto di scavi. Quella di Lousa presenta una pianta rettangolare di m 23 × 20, con mura spesse m 2 e un unico accesso sul lato orientale. Le stanze, di pianta irregolare e caratterizzate da finestre lunghe e strette, sono disposte attorno a una corte centrale dotata di una cisterna. I rinvenimenti dimostrano che il sito è stato occupato dal 1° secolo a.C. sino a buona parte del secolo successivo.

Per quel che riguarda le arti plastiche vanno segnalate alcune figure in granito, datate al 1° secolo d.C., rinvenute nel Minho e nel Sud della Galizia, che ritraggono un personaggio maschile stante con elmo, pugnale e scudo tenuto sul davanti. Generalmente definiti come "guerrieri galli o lusitani", sembra invece che rappresentino capi tribù o principi. Il patrimonio di mosaici inoltre si è di recente arricchito grazie agli esemplari, di eccellente fattura, rinvenuti nella villa di Moroicos.

Bibl.: J. de Alarcão, Roman Portugal, i-ii, Warminster 1988 (qui la bibl. precedente); Id., A urbanização de Portugal nas épocas de César e de Augusto, in W. Trillmich, P. Zanker, Stadtbild und Ideologie, Monaco di B. 1990, pp. 43-57; J. G. Edmondson, Romanization and urban development in Lusitania, in T. Blagg, M. Millet, The early Roman empire in the West, Oxford 1990, pp. 151-78.

Arte. - A Lisbona la sede della Fondazione C. Gulbenkian (FCG), progettata nel 1961 da P. Cid (n. 1925) e R. Atouguia (n. 1917) e inaugurata nel 1969, e la chiesa del Sacro Cuore di Gesù (concorso 1961; 1963-75) nel quartiere di Santa Marta − con il suo complesso che si scagliona tra due strade di diverso livello, su progetto di N. Teotonio-Pereira (n. 1922) e N. Portas (n. 1934) − segnarono una data importante nel panorama artistico portoghese, e furono l'espressione più significativa in campo architettonico alla fine degli anni Sessanta. Il decennio successivo si aprì con altri due eventi significativi: l'esposizione dedicata all'opera dell'architetto R. Lino, allora novantenne, campione del tradizionalismo portoghese, e la prima presentazione in P. dell'opera della pittrice M.H. Vieira da Silva, che aveva lasciato il P. nel 1928 per stabilirsi in Francia e divenire successivamente una dei protagonisti dell'École de Paris. Pur elaborando una ricerca distaccata dal percorso estetico di tradizione portoghese, Vieira da Silva (m. 1922) ha sempre mantenuto con la sua patria d'origine un rapporto sentimentale e culturale, che si riflette nelle sue labirintiche composizioni in cui brillano i riflessi degli azulejos di Lisbona.

La creazione della sezione portoghese dell'Association des Critiques d'Art (AICA) e una rappresentanza del paese nel Comité International d'Histoire de l'Art (CIHA), alla fine degli anni Sessanta, ebbero notevoli conseguenze: il Soquil, un importante premio di pittura, d'iniziativa privata ai margini delle istituzioni ufficiali, permise tra il 1968 e il 1972 di mettere in luce 22 giovani artisti, costituendo nel suo insieme una sorta di bilancio della vita artistica del periodo; bilancio che, nel 1971, ebbe un'altra notevole espressione sulle pareti de A Brasileira do Chiado, il famoso caffè degli intellettuali che negli anni Venti costituiva il museo ''modernista'': undici quadri modernisti, in gran parte raccolti dalla Fondazione C. Gulbenkian, furono sostituiti da altrettante opere di giovani pittori selezionati dall'AICA, esponenti di varie correnti, dal surrealismo all'astrattismo, al neofigurativismo: J. Rodrigo (n. 1912), F. Azevedo (n. 1923), M. Vespeira (n. 1924), N. Skapinakis (n. 1931), J. Hogan (1914-1985), C. Calvet (n. 1928), E. Nery (n. 1933), J. Vieira (n. 1934), Noronha da Costa (n. 1942), M. Baptista (n. 1936), A. Palolo (n. 1946).

Un altro evento positivo ebbe a verificarsi nel 1973 con l'inaugurazione a Lagos del monumento al re Sebastiano: suscitando oltre che scandalo anche minacce, l'opera di J. Cutileiro offriva un'immagine eterodossa del re ''manierista'' per eccellenza del 16° secolo, in evidente contrasto con la serie di statue ''nazionaliste'' che lo Stato Nuovo di Salazar aveva sparso per tutto il paese.

La rivoluzione del 25 aprile 1974, aprendo il paese a un regime democratico, diede un nuovo senso al decennio. Il 10 giugno un gruppo di 48 pittori accorse a eseguire i 48 riquadri di un immenso pannello in onore della ''Rivoluzione dei garofani'': formule personali, sperimentate o improvvisate, allusive o esplosive, costituirono un'opera irregolarissima dove all'astratto e al concettuale si univa un'imagerie antica che risuscitava il neorealismo degli anni intorno al 1945. L'entusiasmo rivoluzionario degli artisti portoghesi si esaurì in questo pannello, che andò distrutto in un incendio nel 1981; una triste realtà si presentava nella crisi prodottasi subito dopo.

Il limitato mercato artistico, che aveva avuto un'evoluzione abnorme nel periodo di euforia bancaria verso la fine del regime, durante il governo di Caetano, ebbe un totale collasso; ma la crisi era ancora più profonda, toccando l'etica stessa della vita artistica. Un fantomatico Fronte d'azione popolare degli artisti plastici riuniva quei mediocri che volevano approfittare della situazione pararivoluzionaria con l'appoggio di un dipartimento militar-poliziesco e con il passaggio della Segreteria di stato per la Cultura al ministero dell'Informazione. Con un'evidente intenzione propagandistica diretta dal Partito comunista stalinista, il Fronte tentò d'impadronirsi della Sociedade Nacional de Belas Artes (SNBA) e di esercitare pressioni anche sulla Fondazione C. Gulbenkian. Una dittatura, com'è normale, ne nascondeva un'altra: quella che si volle imporre ufficialmente quale ''tribunale del gusto'', impedendo, tra l'altro, considerandola antiprogressista, la realizzazione di una grande esposizione di arte moderna portoghese presso il Museo d'Arte Moderna di Parigi.

Passato questo difficile momento della vita nazionale, una situazione di quiete portò a ritmi lenti, nel disinteresse generale, sia artisti e pubblico sia le forze politiche, incapaci di risolvere problemi di congiuntura e ancor meno di definire un'azione strutturale significativa della nuova situazione socio-culturale. Passati venti anni della ''Seconda Repubblica'', il bilancio di quanto è stato realizzato dai governi che si sono succeduti − di vario od opposto credo politico − è, per quanto riguarda le arti visive, globalmente negativo.

In tutto il paese in breve tempo il paesaggio rurale è stato distrutto da una misera architettura istituzionalizzata di emigranti, con la compiacenza di autorità locali che con il nuovo regime non hanno acquistato la necessaria cultura. Allo stesso modo, il patrimonio architettonico ha continuato a degradarsi, malgrado l'organizzazione di istituti specializzati che hanno elaborato riforme discutibili, sempre carenti di una politica culturale definitiva e di elementi competenti per la loro attuazione. Anche i musei hanno continuato a soffrire di mali analoghi, con indecisioni funzionali, sebbene siano cominciati a giungere, anche in questo campo, generosi sussidi, di cui si discuteva il giusto utilizzo, dai fondi della Comunità europea.

In questo deludente panorama, tuttavia, bisogna ricordare una serie di esposizioni di arte portoghese contemporanea che fu possibile realizzare in un breve arco di tempo in Europa e in Brasile, cosa che era stata impedita al regime dello Stato Nuovo, fin dagli anni Quaranta, dalla mancanza di simpatizzanti aperture internazionali ma anche dalla resistenza degli artisti migliori. In sedi prestigiose, a Parigi, Roma, Londra, Madrid, Barcellona e Monaco − e poi anche in Brasile, una volta cadute le restrizioni politiche nelle sue scelte anche culturali −furono inviate selezioni di pittori. La collaborazione nazionale nelle grandi esposizioni promosse dal Consiglio d'Europa cui ebbe accesso il nuovo regime fu, d'altra parte, compromessa dagli errori degli istituti che dovevano ufficialmente occuparsene. Negli anni Ottanta, con l'avvento di nuovi responsabili, questa situazione è peggiorata.

Alle esposizioni realizzate all'estero non corrispose l'avvio di uno studio sugli artisti portoghesi, carenza questa da sempre riscontrabile in Portogallo. Un'eccezione è data dalla retrospettiva dedicata ad A. Pedro (1909-1966) nel 1979 presso la FCG, dove tra l'altro si era realizzata, nel 1972, anche la prima, e fino al 1993 unica, esposizione dedicata a un artista dell'Ottocento, nella fattispecie A. Carneiro (1878-1930), maestro del simbolismo portoghese. Un fatto positivo e di esemplare importanza fu la creazione, a Oporto, di un Centro di Arte Contemporanea, dal quale nacque non l'atteso Museo Nazionale d'Arte Moderna (legalmente creato nel 1979 e poi dimenticato) ma la Fondazione Serralves, per metà privata, che esplicò nella capitale del Nord del P. una notevole attività, spesso in collaborazione con la Fondazione Gulbenkian. Si deve ancora ricordare la fondazione ufficiale di una Biennale internazionale di disegno che, purtroppo, si interruppe dopo la sua prima edizione nel 1979. Altre biennali, più avventurose e di diverso valore culturale, ebbero luogo, sempre a partire dagli anni Settanta, all'interno del paese, grazie a iniziative private, in un discutibile processo di decentramento.

Una ''operazione estetica'' che ha rivestito notevole importanza, ovvero l'esposizione Alternativa Zero, realizzata dal critico e cineasta E. De Sousa (1921-1988), fu progettata sullo sfondo del panorama creativo allora rappresentato, in pittura, da artisti affermatisi in precedenza e solo raramente giunti alla ribalta in quegli anni (come fu il caso singolare di J. Guimaraes − n. 1939 − che ebbe una vasta proiezione internazionale, grazie anche a un indovinato appoggio critico di G. Dorfles), e che tuttavia nella scultura aveva registrato un significativo fallimento nel 1979 proprio nel concorso per un monumento al movimento di liberazione del ''25 aprile'': un panorama artistico che vedeva esplorati sentieri già iniziati in precedenza, dalla land art all'echo-art, alla minimal art, alla body art, alle installazioni.

Esposizione aperta a vari orizzonti dell'avanguardia, Alternativa Zero assimilò, riflesse e propose quel che era e sarebbe stato possibile in P. dopo il 25 aprile, ricordando Documenta di Kassel. "Alternativa Zero perché non ce n'è un'altra", si disse allora, e in questa posizione di contestazione e di gioia, l'esposizione fu, allo stesso tempo, una sorta di bomba esplosiva, di agente catalizzatore e di impasse nel contesto di una situazione incerta. Una specie di simbolo finale del presente vissuto nella ''democratica'' seconda metà degli anni Settanta, nelle sue improbabili possibilità sociali.

Gli anni Ottanta si svolsero in tempi ormai armonizzati dall'equilibrio ''centrista'' di un potere avviato verso un orizzonte europeo, che si sarebbe definito nel 1993. Purtroppo, però, ancora una volta non se ne trassero che scarsi risultati culturali nel campo artistico, per via dell'incertezza o dell'incompetenza governativa.

Tra molte critiche per la sua ambientazione e per lo stile ''brutalista'' di castello-forte, fu costruito a Belem, presso il Tago, all'estremità occidentale di Lisbona, un grande Centro culturale, senza procedere tuttavia a un preventivo studio delle utenze e dei programmi. A quest'opera, progettata da V. Gregotti e inaugurata nel 1993, si contrappose, nella zona nord di Lisbona, il vasto complesso della Caixa General dos Depositos: destinato anch'esso a ospitare eventi culturali, musicali e artistici, in una strana e criticata commistione di stili architettonici, con le sue colonne e la sua decorazione il complesso richiama alla mente l'architettura imperialista di A. Speer e il gusto americano degli anni Trenta. Né l'uno né l'altro edificio soddisfa un discorso estetico che, nel corso degli anni Ottanta, si è polarizzato tra il puro e semplice gusto razionalista di A. Siza Vieira (n. 1933), internazionalmente apprezzato, e il gusto ludico del fantasioso postmodernismo di T. Taveira (n. 1938), il cui discusso complesso delle Amoreiras a Lisbona (1982) ha segnato una data importante nell'architettura e nel pensiero urbanistico della capitale.

Tra le attività svolte nel campo della cultura artistica di questo periodo merita particolare credito l'esposizione dell'arte portoghese del 19° secolo, presentata al Petit-Palais di Parigi nel 1987 e nell'anno successivo a Lisbona, che è stata in assoluto la prima mostra organizzata con responsabile impegno storico-critico. A essa ha fatto seguito, nel 1992, l'insieme ben strutturato di esposizioni presentate a Bruxelles e ad Anversa nell'ambito di Europalia, che ha avuto positiva accoglienza a livello ufficiale. Nello stesso anno ha avuto luogo a Roma la mostra del barocco portoghese del Settecento in relazione con l'arte romana (esposizione in parte riproposta a Washington), fondata su buoni criteri storici, grazie al contributo italiano.

Sempre negli anni Ottanta si sono tenute altre due esposizioni di carattere internazionale: una ufficiale, la xvii Esposizione del Consiglio d'Europa (1983), l'altra, per iniziativa della Fondazione Gulbenkian, relativa alle scelte attuali dei musei europei, con la criticata esclusione della Francia (1985). La prima esposizione che proponeva il tema apparentemente interessante delle scoperte portoghesi del secolo 15° (interesse però diminuito dall'esposizione medicea della stessa serie del Consiglio d'Europa tenutasi a Firenze nel 1977), venne formulata nello spirito nazionalista degli anni Quaranta: risultò un fallimento come successo di pubblico e si perse l'occasione di un'affermazione culturale nel quadro europeo con una tematica più inedita. La seconda esposizione manifestò una curiosa strategia di tendenza ''americana''. Si deve aggiungere che la prima esposizione ebbe un deliberato e ironico contrappunto critico nella polemica mostra sulla ''Storia Tragico-Marittima'' organizzata dalla SNBA.

In ambito nazionale, si deve segnalare un'ampia esposizione presso la FCG, una sorta di bilancio dell'arte portoghese degli anni Quaranta, che non ha avuto, come si sarebbe voluto, un seguito storico; esposizioni sugli anni Cinquanta (1992) e sugli anni Sessanta (1994) sono state realizzate in maniera più modesta e se ne attende ancora una sugli anni Venti, con maggiore impegno culturale. Retrospettive monografiche sono state presentate nel cinquantenario della morte del populista J. Malhoa (1983) e nel centenario della morte del naturalista A.C. da Silva Porto (1994); e ancora altre dedicate a J. Almada-Negreiros e ad A. de Sousa-Cardoso (occasione perduta per studiare scientificamente, partendo da questi artisti, gli inizi della pittura moderna in P.) e nuovamente ad Almada nel centenario della sua nascita (1994). Nonostante queste iniziative il Centro d'Arte Moderna della FCG, inaugurato nel 1983, ha deluso le grandi aspettative in esso riposte per carenza di una programmazione critica. La grande esposizione, inserita nel quadro di ''Lisbona capitale culturale d'Europa 1994'', programmata intorno al capolavoro di Bosch La tentazione di sant'Antonio, conservato nel Museo d'Arte Antica della capitale, pur offrendo opportuni e notevoli esempi di pittura surrealista internazionale, ha perduto l'occasione di realizzare la grande esposizione di questo movimento a lungo attesa e di valorizzare, di conseguenza, il notevole contributo portoghese negli anni Quaranta e Cinquanta. Nel 1986 la FCG ha organizzato, anche se in maniera più modesta di quella del 1961, una vasta rassegna nazionale ispirata a una metodologia convenzionale non innovativa, alla quale si contrappose con successo la contemporanea esposizione realizzata dalla sezione portoghese dell'AICA, in occasione di un congresso dell'associazione a Lisbona (in quell'occasione fu eletto, come successore dell'italiano G.C. Argan, un presidente portoghese). All'AICA portoghese si deve anche la creazione, nel 1981, di premi annuali per le arti figurative e per l'architettura (al 1993, erano stati assegnati 26 premi).

Negli anni Ottanta ha cominciato anche ad avviarsi, con una continuità fino ad allora impossibile, un'industria editoriale che ha affiancato i progressi dell'insegnamento universitario di Storia dell'arte a Lisbona, iniziato nel 1976 con il mutamento del regime politico. È stata pubblicata una prima storia dell'arte nazionale, non omogenea per il livello dei molteplici autori, e si attende per il 1994-95 una prima opera di carattere scientifico in tre volumi. Si è sviluppata anche la critica del quotidiano artistico: essa però purtroppo, a eccezione della rivista della FCG Colóquio/Artes (pubblicata dal 1959), segue gli sviluppi del mercato che, dagli anni Ottanta, ha cominciato a professionalizzarsi, con gallerie ricche di buona volontà ma non sempre di competenza critica, in un'euforia commerciale toccata, tuttavia, negli ultimi tempi dalla crisi economica generale. I circuiti si sono trasformati in una prospettiva di redditività secondo la nuova ''etica'' euroamericana. Al loro interno agiscono i protagonisti e le comparse della vita artistica portoghese, dissolti, con onorevoli eccezioni, nelle acque di una creatività internazionalizzata, nelle mode e nelle chanches che si ripetono di paese in paese e di mercato in mercato. Da questo panorama si distaccano alcuni giovani venuti alla ribalta nell'ultimo decennio: tra questi ricordiamo, come esempio, i pittori H. Ruivo (n. 1950, che ha lavorato molto a Roma), L. Darocha (n. 1950, residente a Parigi), Cabrita Reis (n. 1956), Pires Vieira (n. 1950), P. Calapez (n. 1953), P. Proença (n. 1962), S. Pombo (n. 1947), G. Morais (n. 1948), o gli scultori P. Croft (n. 1957), M. Rosa (n. 1953), A. Rosado (n. 1955), R. Chafes (n. 1966), R. Sanches (n. 1954). Infine va rilevato come anche la fotografia sia stata recentemente riscoperta come affascinante mezzo espressivo. Vedi tav. f.t.

Bibl.: Alternativa Zero, catalogo della mostra, Lisbona 1977; R.M. Gonçalves, Historia da arte portuguesa, de 1945 à actualidade, ivi 1986; N. Portas, M. Mendes, Portogallo, Architettura. Gli ultimi vent'anni, Milano 1991; J.-A. França, A arte e a sociedade portuguesa no seculo XX (1910-1990), Lisbona 19913; B. Pinto de Almeida, Pintura portuguesa no seculo XX, Porto 1993; J.-A. França, Historia da arte portuguesa, iii vol.: 1750-1990, Lisbona 1994.

Architettura. - Anche dal punto di vista della storia dell'architettura, quella del 1974 può essere considerata una data significativa, che separa due periodi molto diversi, anche se lo stile degli architetti portoghesi ha seguito da vicino più i movimenti generali dell'architettura mondiale che gli eventi interni del Portogallo.

È questo il caso di F. Tavora, che era stato autore nel 1957 del parco di Conceiçao, chiaramente ispirato alle forme di F.Ll. Wright, e la cui raffinata concezione razionalista, manifesta in opere come la sua casa a Ofir (1957) e la scuola di Vilanova de Gaia (1959), si mantenne dopo il 1974, palesandosi per es. nel restauro del convento di Santa Marinha de Costa (1985) dove gradevolmente si sovrappongono stili storici e moderni. Si può notare comunque che dopo la ''rivoluzione dei garofani'' del 1974, è stata cercata con maggior forza un'identità, un'architettura nazionale basata sulle forme molto gradevoli dell'architettura popolare portoghese o dei grandi periodi dell'architettura nazionale, come il romanico, il manuelino e il barocco. Ne è risultata una felice fusione di tendenze razionaliste e postmoderne, quale si può cogliere per es. nel gruppo di 2500 abitazioni per il Fundo de Fomento a Setúbal, costruite tra il 1975 e il 1983 dagli architetti J. Charters Monteiro, J. da Nobrega Sousa Martino e altri; nella Cooperativa di Alverca realizzata tra il 1976 e il 1983 da D. Cabral de Mello, M. Chalbert, V. Bravo Ferreira e M.M. Godinho de Almeida; o nella ristrutturazione del quartiere spontaneo di Casal das Figueiras a Setúbal (1979-83), opera di G. Byrne, nella quale si combinano le forme ingenue dell'architettura spontanea, con ricercate linee moderne. Altri notevoli esempi dell'architettura portoghese contemporanea sono il quartiere di nuovo impianto costruito tra il 1977 e il 1984 da J. Carrillo da Graça e A. Pires Martins ad Alter do Chao (Alto Alentejo) e due opere di A. Dias (Centro Commerciale di Vila do Conde, 1983, e gruppo di appartamenti a Ofir, 1983), di forme postmoderne.

Il gruppo di architetti che ha avuto maggior risonanza anche fuori dal P. è costituito dalla cosiddetta Scuola di Porto, formata da A. Siza Vieyra, J. Gigante, E. Souto de Moura, V. Moutinho e A. Soutinho. Fra le opere di Siza Vieyra, che di questa architettura è il realizzatore più conosciuto avendo peraltro vinto anche diversi concorsi internazionali, si ricordano il ristorante Boa Nova, la Casa Rocha a Maia, la piscina di Leca a Matosinhos (1982), la Banca Borges e Irmao a Vila do Conde (1982-86), la Casa Duarte a Ovar (1983), la scuola di Architettura di Porto (1985); dal 1989 Siza è inoltre impegnato nel grande progetto di restauro del quartiere Chiado di Lisbona, duramente colpito da un incendio. Moutinho è autore della Caserma dei Vigili del fuoco di Estarreja (1984), mentre Gigante ha progettato l'edificio delle Poste di Porto e il gruppo di case popolari di Fafel/Lamego (1980-82). Souto de Moura è autore di uno chalet a Genēs (1983), dell'interessante mercato di Braga (1983), dalle linee semplici e di grande funzionalità, e della serie di case Nevogilde a Porto (1984-86). Di Soutinho va ricordata la riuscita riconversione in museo d'arte del convento di San Gonçalo di Amarante, progettata nel 1973 e realizzata tra il 1980 e il 1983. La menzione di altri architetti, come C. Chuva Gomes (casa Moradia a Maita, 1989) e N. Ribeiro Lopes (casa a Evora, 1983), completa la panoramica su questo interessante periodo dell'architettura portoghese, connotato nell'insieme da un corretto dominio del mestiere e dall'adozione intelligente degli stili imperanti nell'architettura internazionale. Vedi tav. f.t.

Bibl.: N. Portas, M. Mendes, Portogallo. Architettura. Gli ultimi vent'anni, Milano 1991.

Musica. - All'indomani della prima guerra mondiale, lo sviluppo di una scuola nazionale contribuì a un profondo rinnovamento della vita musicale portoghese, nel senso sia di una ripresa del patrimonio folcloristico, sia di un'apertura verso le principali correnti musicali europee del periodo, in particolare l'impressionismo francese e l'atonalismo schönberghiano. Fra i compositori che si imposero maggiormente nel panorama musicale dei primi decenni del 20° secolo, si ricordano in particolare L. de Freitas Branco (1890-1955) e R. Coelho (n. 1891).

De Freitas Branco svolse un ruolo di primo piano a partire dalla metà degli anni Dieci: già nelle prime composizioni (così il poema sinfonico Os paraísos artificiais, 1910) risente dell'influenza dell'impressionismo, volgendosi in pari tempo all'atonalismo di A. Schönberg. Autore di musica per pianoforte, cameristica e sinfonica, alla metà degli anni Venti sviluppò uno stile neoclassico, quale si esprime per es. nella Sonata per violino e pianoforte n. 2 (1928) e nelle 4 Sinfonie, scritte fra il 1924 e il 1952. Coelho, fondatore nel 1934 dell'Acçao nacional de ópera, è autore di una vasta produzione musicale, in particolare sinfonica e operistica, di stile nazionalistico, che risentì in un primo momento dell'atonalismo schönberghiano: si ricordano in particolare la Sinfonia Camoneana n. 1 (1912), le Rapsodias portuguesas n. 1 (1934) e n. 2 (1942) e le Suites portuguesas nn. 1-4, scritte fra il 1925 e il 1956. Fra folclorismo e dodecafonia si muove in quegli stessi anni un terzo compositore della generazione più anziana, C. Carneyro (1895-1963).

A partire dagli anni Trenta emerse una nuova generazione di compositori formatasi alla scuola nazionalistica: si ricordano fra gli altri A.J. Fernandes (n. 1906), allievo di de Freitas Branco, alla metà degli anni Venti, al Conservatorio di Lisbona, e il più giovane F. Corrêa de Oliveira (n. 1921), allievo di Carneyro al Conservatorio di Oporto. Alla fase neoclassica dell'opera di de Freitas Branco si è richiamato sul finire degli anni Quaranta J. Braga Santos (n. 1924), autore in quegli anni di 4 Sinfonie, in cui risente dell'influenza del maestro: uno stile più personale si ritrova nelle opere del periodo successivo, come in Esboços sinfonicos (1962) e Sinfonietta per archi (1963).

Figura di particolare rilievo nella prima metà del secolo è quella di F.L. Graça (n. 1906), autore di una vastissima produzione d'impronta folcloristica, che va dalla musica per pianoforte (Sonata per pianoforte n. 2, 1939) e cameristica (Quartetto per pianoforte, 1939), a quella orchestrale (Concerto per pianoforte n. 1, 1940) e operistica (La Fièvre du temps, balletto, 1938), nella quale l'autore fa uso di tecniche compositive contemporanee.

Una notevole influenza sui compositori che più hanno contribuito alla diffusione delle avanguardie in P. negli anni Sessanta ha avuto J. Croner de Vasconcelos (1910-1974), per lungo tempo professore di composizione al Conservatorio Nazionale di Lisbona. Fra i suoi allievi si ricordano M. de L. Martins (n. 1926), che nei primi anni Sessanta entrò in contatto con l'avanguardia tedesca (K. Stockhausen) e italiana (L. Nono e B. Maderna); A. Santiago (n. 1932), specializzatosi con G. Petrassi all'Accademia di Santa Cecilia a Roma nei primi anni Sessanta; L.F. Pires (n. 1934), che si è dedicato in particolare alla musica elettronica (fra le sue composizioni degli anni Settanta si ricordano Homo Sapiens, 1972; Litania, 1972; Reportagem, 1974; Dialogos per 8 strumenti e nastro magnetico, 1975), e J. Peixinho (n. 1940).

Peixinho è forse l'autore più significativo dell'avanguardia portoghese: ha fondato (1970) il Grupo de Musica contemporânea de Lisboa, dopo essersi specializzato dapprima all'Accademia di Santa Cecilia a Roma con B. Porena e G. Petrassi (1960-61), in seguito all'Accademia di Musica di Basilea con P. Boulez, K. Stockhausen e G.M. König (1962-63), e più tardi a Venezia con L. Nono; ha composto, fra l'altro, Successoes simétricas I, per pianoforte (1961), Successoes simétricas II, per orchestra (1971), Successoes simétricas III, per orchestra da camera (1974), Con-sequência (1974), in collaborazione con il Grupo de Musica contemporânea, ...e isto é so o início, hein?, per insieme strumentale (1975).

Compositore di grande spicco nella musica attuale portoghese, e, accanto allo spagnolo T. Marco, in quella iberica, è E. Nunes (n. 1941), che è stato peraltro dapprima allievo di H. Pousseur ai corsi estivi di Darmstadt (1963-65), quindi di K. Stockhausen alla Rheinische Musikhochschule di Colonia (1965-67).

Di un primo ciclo di composizioni di Nunes fa parte il lavoro più famoso, Ruf, per orchestra e nastro magnetico (1975-77; nuova versione, 1982), che grande successo riscosse al Festival di Royan (1977) e per il quale l'autore ha ricevuto il premio Psacaropulo della critica musicale torinese (1987). Inoltre si ricordano, assieme a The blending season per flauto, viola, clarinetto, organo elettrico e modulatori d'ampiezza (1973), Fermata per orchestra e nastro magnetico (1973), Voyage du corps per 28 voci, modulatori di ampiezza e nastro magnetico (1973-74), Impromptu pour un voyage II, per flauto, viola e arpa (1974-75), 73. Oeldorf. 75 n. 1 per 3 nastri magnetici stereofonici e 2 organi elettrici (1975), n. 2 per 6 gruppi vocali e 3 nastri magnetici stereofonici (1976), e Minnesang per 12 voci (1975-76). Un secondo ciclo, intitolato La creazione, comprende, fra l'altro, Nachtmusik I per coro e 4 strumenti (1977-78) e II per orchestra (1981), Einspielung I per violino (1979), II per violoncello (1980) e III per viola (1981), Tif'ereth per 6 strumenti e 6 gruppi orchestrali con due direttori (1978-85) e Wandlungen (5 Passacaglien) per 25 strumenti e musica elettronica (1986).

Bibl.: F.D. Perkins, Music in Portugal today, in The Musical Quarterly, 1965, pp. 38-43; R. Stevenson, Portuguese music: a historical résumé, in Journal of the American Portuguese Cultural Society, 4 (1970), 1, p. 49; A. Hesse, Die Musikkultur in Portugal. Notizen von zwei Reisen, in Musik und Gesellschaft, 26 (1976), pp. 586-92; R. Stevenson, Portugal, in The New Grove's Dictionary of Music and Musicians, 15, Londra 1980, pp. 139-41; J. de Freitas Branco, Portogallo, in Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, iii, Torino 1984, pp. 700-01.

Cinema. - Dopo che, sul finire dell'Ottocento, il fotografo A. Paz dos Reis aveva realizzato alcune riprese documentarie, nel 1909 venne fondata la prima compagnia nazionale cinematografica (la Portugalia Film) e di lì il cinema portoghese cominciò a organizzarsi a livello industriale. Per tutto il periodo del cinema muto, tuttavia, la produzione si sviluppò su basi precarie (con la sola eccezione della Invicta Filmes), caratterizzandosi per il massiccio ricorso a registi e tecnici stranieri. Soltanto tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta emersero i primi talenti locali: L. de Barros (autore del primo lungometraggio sonoro, A severa, 1931) e J. Brum do Canto, che domineranno la produzione del ventennio successivo. In questo periodo, inoltre, esordì M. de Oliveira con il cortometraggio Douro, faina fluvial (1930). Negli anni Trenta e Quaranta, la dittatura di Salazar non produsse, come il fascismo italiano, un esplicito cinema di regime. Salvo qualche raro film che esaltava l'ideologia ufficiale (A Revolução de Maio, 1937, di A. Lopes Ribeiro), vennero di norma evitati i temi sociali e politici, con la corrispondente predominanza di tre filoni: il film d'ambientazione rurale, il film storico-letterario e la commedia. Nel 1942 de Oliveira firmò il suo primo lungometraggio a soggetto, Aniki-Bobò, finanziato da Lopes Ribeiro, un regista-produttore che segnerà fortemente, nel bene e nel male, la storia del cinema portoghese del dopoguerra. Negli anni Cinquanta l'esordio più interessante è rappresentato da Saltimbancos (1951) di M. Guimarães, influenzato, anche nelle opere successive, dal neorealismo italiano. Alla fine del decennio, inoltre, inizia l'attività A. Campos che rappresenta, a tutt'oggi, la figura più rilevante nel campo del documentarismo portoghese.

Solo a partire dagli anni Sessanta si delinea un movimento di rinnovamento ad opera di una generazione di autori aperta ai fermenti del contemporaneo cinema europeo. Nel 1962 esce Dom Roberto di E. de Sousa, che può essere considerato un film cerniera tra il vecchio e il novo cinema rappresentato, quest'ultimo, negli anni immediatamente successivi, da registi quali P. Rocha (Os verdes anos, 1963), F. Lopes (Belarmino, 1964), C. Viladerbó (As ilhas encantadas, 1964), A. de Macedo (Domingo à tarde, 1965), tutti riuniti intorno al produttore-regista C. Telles, personaggio che gioca un ruolo centrale nel processo di sprovincializzazione e rifondazione del cinema nazionale portoghese.

Questo processo si radicalizza a partire dagli anni Settanta con la morte di Salazar (1970) e la promulgazione di una nuova legge sul cinema (1971) alla quale si deve l'incremento della produzione nazionale. Proprio all'inizio del decennio il Centro portoghese per il cinema, una cooperativa aperta agli autori e finanziata dalla Fondazione Gulbenkian, prende a svolgere una parte essenziale nella definizione degli orientamenti più vitali, producendo le opere d'esordio di A. Tropa (Pedro Só, 1970), J. Fonseca e Costa (O recado, 1971), A.P. Vasconcelos (Perdido por cem, 1971), A. Seixas Santos (Brandos costumes, 1972-74) e F. Matos Silva (O mal amado, 1972), oltre a quelle di A. de Macedo (A promessa, 1972) e di de Olivera (O passado e o presente, 1971).

Con la ''rivoluzione dei garofani'' del 1974, i temi della politica e della storia nazionale entrano prepotentemente nella produzione documentaria di R. Simões (Deus, Patria, Autoridade, 1975) e L.F. Rocha (Barronhos, 1975), e in quella a soggetto di E. Geada, Vasconcelos, Fonseca e Costa, e di altri. In questo periodo A. Reis e M. Martins Cordeiro realizzano Trás-os-montes (1976), un film significativo sulla ricerca dell'identità portoghese attraverso l'immaginario popolare. Il cinema ''rivoluzionario'' si esaurisce negli anni Ottanta con il ritorno a generi più tradizionali e la definizione delle varie poetiche d'autore, caratterizzate da una forte ricerca stilistica. Mentre i due maggiori autori portoghesi − de Oliveira (Francisca, 1981; Le soulier de satin, La scarpina di raso, 1983; Os canibais, I cannibali, 1988) P. Rocha (A ilha dos amores, 1982; A ilha de Moraes, 1984) − continuano la loro prestigiosa carriera, accanto ai nomi già emersi negli anni Settanta (tra i quali ricordiamo J.C. Monteiro, che è stato premiato alla mostra di Venezia del 1989 per Recordaçoẽs da casa amarela), si segnalano quelli degli esordienti J. Botelho (Conversa acabada, 1981; Tempos difíceis, esto tempo, Tempi difficili, 1988), L. António (Manhã submersa, 1980) e J. A. Morais (O bobo, 1987). Negli anni Novanta gli esiti più significativi sono stati raggiunti dal vegliardo de Oliveira (A Divina Comédia, 1991; O dia do desespero, 1992; Vale Abrão, 1993), ancora da Botelho (No dia dos meus anos, 1992; Aqui na terra, 1993), da Monteiro (O último mergulho, 1992), da F. Gomes venuto dalla Guinea-Bissau (Os ôlhos azuis de Yonta, 1992).

Bibl.: AA.VV., Le cinéma portugais, Parigi 1982; Portogallo. ''Cinema Novo'' e oltre..., a cura di A.M. Seabra, Venezia 1988.

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