POTENZA

Enciclopedia Italiana (1935)

POTENZA


Matematica. - Nei varî rami delle scienze matematiche la parola "potenza" è usata con significati diversi, dei quali si accenneranno qui i principali.

Aritmetica e algebra. - Indicato con n un qualsiasi intero assoluto, si dice potenza nma o di esponente n di un qualsivoglia numero a (base) e si denota con an (fr. puissance; sp. potencia; ted. Potenz; ingl. power) il prodotto di n fattori uguali ad a. La prima potenza coincide con la base, sicché l'esponente 1 non si scrive. Le potenze a2 e a3 si dicono quadrato e cubo, perché dànno, rispettivamente, l'area del quadrato di lato a e il volume del cubo di spigolo a.

Dalla definizione stessa discendono per le potenze le proprietà espresse dalle seguenti identità:

Valgono inoltre, sotto l'ipotesi essenziale che le basi a e b siano positive, le seguenti proprietà di disuguaglianza: da a > b consegue, qualunque sia l'intero assoluto n, an > bn; da m > n consegue am > an o am an, secondo che è a > 1 o 0 〈 a 〈 1.

La necessità di subordinare l'uso della identità

alla condizione m > n contrasta coi criterî di generalità, cui si ispira il calcolo algebrico. Perciò si estende il concetto stesso di potenza, in guisa da rendere valida in ogni caso l'accennata identità; e questo scopo si raggiunge, attribuendo, per definizione, ai due simboli a0 e a-p (con p intero positivo), per sé stessi privi di senso, i valori:

Acquistano così un senso le potenze ad esponente intero relativo (cioè indifferentemente positivo o negativo o anche nullo); e per tutte queste potenze si mantengono valide, oramai senza eccezione, le identità fondamentali (1).

Una seconda estensione del concetto di potenza è suggerita dall'intento di rendere valida un'altra identità, relativa alla teoria dei radicali (v. radice): se m ed n sono due interi assoluti, di cui il primo sia multiplo del secondo, si ha:

ma, quando m non sia divisibile per n, conserva bensì un significato il radicale a primo membro della (2), mentre il simbolo am/n risulta privo di senso. Orbene, in tal caso si adotta appunto, come definizione del simbolo am/n, la (2), che così risulta valida in ogni caso; e, associando alla nuova convenzione quella poc'anzi stabilita nel caso degli esponenti interi, si pone altresì:

Con ciò acquistano un senso tutte le potenze ad esponente razionale relativo (cioè intero o fratto, positivo o negativo); e, in base alle proprietà dei radicali, si riconosce che seguitano a valere, per siffatte potenze, le proprietà espresse dalle (1). Ma ad evitare equivoci e veri errori di calcolo, conviene tener conto di un'avvertenza. Nell'esponente di una potenza am/n il denominatore (indice di un radicale) va sempre pensato positivo,. mentre m può essere indifferentemente positivo o negativo. Inoltre, per una proprietà dei radicali (v. radice), i due interi m ed n si possono sempre supporre primi fra di loro. Sotto queste ipotesi la potenza:

se n è dispari, ha sempre un valore e uno solo, qualunque sia il segno di a. Se, invece, n è pari, e quindi m dispari, si presentano due casi nettamente diversi, secondo che a è positivo o negativo. Nella prima ipotesi

ha due valori, fra loro opposti, mentre nella seconda non ha alcun valore reale (bensì due valori immaginarî puri, anch'essi opposti). Ora, nel primo caso, cioè per a > 0, è buona norma attribuire, alla potenza am/n il valore positivo o, come si suol dire, aritmetico del corrispondente radicale, usando il simbolo − am/n, quando si voglia designare il valore opposto; mentre, nel secondo caso, cioè per a 〈 0, il simbolo am/n, nel campo reale, resta privo di senso e va perciò evitato.

Dopo l'introduzione delle potenze a esponente razionale, si fa ancora un passo, e si definiscono quelle a esponente irrazionale; ma, poiché a questa nuova estensione del concetto di potenza si perviene con un procedimento di approssimazione, in cui si usano potenze di ugual base ad esponente razionale qualsiasi, si è costretti, se si vuol restare nel campo reale, ad imporre alla base la condizione che sia positiva. Ciò ammesso, si ricordi che un numero irrazionale si definisce come elemento di separazione fra la classe dei numeri razionali minori e quella dei numeri razionali maggiori (v. numero). Preso allora, come esponente un qualsiasi numero irrazionale, per es. il noto numero π, che dà il rapporto della lunghezza della circonferenza al rispettivo diametro, e prefissata una qualsiasi base positiva a, si ripartiscono i numeri razionali positivi in due classi, assegnando alla prima, in corrispondenza di ogni potenza di a ad esponente razionale minore di π, tutti i numeri razionali che non la superano, e collocando nella seconda classe, dopo aver costruito la prima, tutti i numeri razionali che ne son rimasti esclusi. Si dimostra che queste due classi definiscono, come loro elemento di separazione, un ben determinato numero reale; ed è questo il valore che si attribuisce, per definizione, alla potenza aπ dopo di che si definisce anche la a mediante la solita convenzione

Per queste potenze a esponente irrazionale seguitano a valere le identità fondamentali (1); e sussistono altresì, in quanto si tratta esclusivamente di potenze a base positiva, le proprietà di disuguaglianza enunciate dapprincipio per le potenze a esponente intero.

Procedimenti indiretti e più elevati richiede la ulteriore estensione del concetto di potenza al caso in cui base ed esponente siano complessi (v. immaginario).

Va notato, infine, che nell'aritmetica dei numeri transfiniti la parola "potenza" (ted. Mächtigkeit) riceve un significato completamente diverso da quello elementare dianzi chiarito (v. insieme).

Geometria. - Se da un punto P del piano di una circonferenza C si conduce una retta che la seghi nei due punti A e B, il prodotto PA • PB delle lunghezze dei due segmenti PA e PB si mantiene costante al variare della segante per il punto P. Questo prodotto, preso positivamente o negativamente secondo che P è esterno o interno a C, si dice potenza del punto P rispetto alla circonferenza. Questa potenza si annulla per tutti (e soli) i punti della circonferenza.

Se rispetto ad una coppia di assi cartesiani sono x0, y0 le coordinate del centro della circonferenza e r il suo raggio, la potenza di un punto P di coordinate x, y è data da

cioè da un polimonio, che, uguagliato a zero, dà, in accordo con l'osservazione fatta, l'equazione della circonferenza (v. coordinate, n. 13).

Il luogo dei punti di uguale potenza rispetto a due circonferenze C1, C2 è una retta, che si dice asse radicale delle due circonferenze.

Questo asse radicale, se C1 e C2 si segano, è la congiungente dei due punti di intersezione; se C1 e C2 si toceano, è la tangente comune. In ogni caso l'asse radicale di C1 e C2 è anche l'asse radicale di due quali si vogliano fra le circonferenze del fascio di C1 e C2, designandosi con questo nome l'insieme delle ∞1 circonferenze, le cui equazioni si ottengono per combinazione lineare di quelle di C1 e C2.

Date tre circonferenze C1, C2, C3, non appartenenti ad uno stesso fascio, esiste un punto (ed uno solo) che ha potenza uguale rispetto ad esse e che si dice loro cemro radicale. E, se si considera la rete di circonferenza definita da C1, C2, C3 - cioè l'insieme delle ∞2 circonferenze le cui equazioni si ottengono per combinazione lineare di quelle di C1, C2, C3 - il centro radicale di queste tre è anche centro radicale di ogni altra terna di circonferenze della rete, non appartenenti ad uno stesso faseio.

Per le applicazioni del concetto di potenza, e di quelli connessi di asse e di centro radicale, alla risoluzione dei problemi, v. A. Sabbatini, in F. Enriques, Questioni riguardanti le matematiche elementari, parte II, Bologna (1926).

Meccanica. - Quando una macchina produce lavoro, si dice potenza media di quella macchina in un dato intervallo di tempo il rapporto del lavoro prodotto in quell'intervallo alla durata di esso. Se la produzione di lavoro, come accade di regola in condizioni di regime, è uniforme, cioè il lavoro prodotto risulta proporzionale al tempo impiegato a produrlo, la potenza media è indipendente dall'intervallo di tempo considerato, e si chiama senz'altro potenza della macchina (nel dato regime di funzionamento). Essa si può anche definire, in termini espressivi, ma non corretti, come il lavoro prodotto nell'unità di tempo.

Nella schematizzazione, che dei fenomeni fisici dà la meccanica razionale, il concetto di potenza media si applica ad una qualsiasi forza F, di componenti X, Y, Z, che produca lavoro, durante un dato moto del suo punto di applicazione x, y, z. La potenza media della forza F in un dato intervallo di tempo, dall'istante t all'istante t + Δt, è data (v. lavoro) da:

e si dice potenza della F nell'istante t il limite, cui codesta potenza media tende, quando si fa tendere Δt allo zero, cioè, ove si denoti con v la velocità del punto di applicazione,

Si vede così che in ogni caso, anche quando la forza è posizionale e quindi il lavoro non dipende dalla legge oraria del moto del suo punto di applicazione, il calcolo della potenza istantanea richiede la conoscenza della velocità di codesto punto.

Le dimensioni di una potenza sono, come risulta dalla definizione, L2T-3M. Come unità di potenza nel sistema pratico si usa il chilogrammetro per secondo, più spesso il cavallo-vapore o HP. (dall'inglese horse-power "potenza di un cavallo"), pari a 75 chilogrammetri per secondo, e talvolta il poncelet, cioè 100 chilogrammetri per secondo. Nel sistema. C. G. S., l'unità di potenza, cioè l'erg per secondo, non ha un nome speciale. In luogo di essa, gli elettrotecnici usano il watt, eguale alla potenza di un joule per secondo, e, con esso l'ettowat e il chilowatt, cioè i multipli del watt secondo 100 e 1000. Poiché, assunto per l'accelerazione della gravità il valore 9,8 m./sec. si ha:

risulta

cioè, all'incirca, 1,36 HP.