PRECEDENZE

Enciclopedia Italiana (1935)

PRECEDENZE

Giovanni Sabini

. La nozione di "gerarchia", ossia di organizzazione gerarchica degli organi e delle funzioni dello stato, è correlativa a quella di "precedenza": la prima esprime un concetto di subordinazione giuridica dell'organo inferiore verso l'organo superiore; la seconda esprime l'idea di una preminenza puramente onorifica, spettante al titolare di un organo gerarchicamente superiore rispetto a quello inferiore.

Nelle prime e più rudimentali forme di società, nelle società patriarcali, emerge più evidente la stretta correlazione tra il potere esercitato dal capo dell'aggruppamento sociale e la superiorità morale e onorifica, che, appunto come conseguenza della potestà esercitata, gli viene attribuita. Ma essa si manifesta altresì nelle forme di società più complesse e più progredite: nello stato antico, medievale e moderno, come nella Chiesa. Sempre alla gerarchia delle funzioni e degli organi corrisponde la preminenza degli onori, cioè quella che generalmente si suole indicare sotto il nome di "diritto delle precedenze".

Ricordiamo appena che nella repubblica romana i magistrati, investiti del supremo potere, apparivano circondati anche di tutte le manifestazioni esteriori del prestigio: non partecipavano alle pubbliche cerimonie se non preceduti dai littori recanti il fascio di verghe con la scure, simbolo del comando. Nella legislazione giustinianea è minutamente disciplinato l'ordine gerarchico delle dignità tanto dell'impero quanto della corte imperiale, in relazione all'importanza delle funzioni che vi corrispondono. D'altra parte severissime pene venivano minacciate contro coloro che scientemente usurpavano un grado superiore a quello loro legittimamente spettante, considerandosi tale usurpazione alla stessa stregua del sacrilegio, giacché il colpevole divina praecepta neglexerit (Cod., XII, 8, ut dign. ordo servetur). Lo stesso avviene nella società medievale, dove il potere e le prerogative della feudalità si aggiunsero a quelli delle grandi dignità di corte. Anche la Chiesa ha sempre disciplinato con rigoroso ordine gerarchico le precedenze fra le varie dignità ecclesiastiche. Attualmente i principî generali, su cui si f0ndano le regole di precedenza, sono enunciati nel can. 106 del Codex iuris canonici, mentre le precedenze tra le varie cariche della corte pontificia, ecclesiastica e laica, e per gli insigniti degli ordini equestri pontifici, sono oggetto di numerosi decreti e costituzioni pontificie. Uno dei paesi, in cui l'ordine gerarchico e le precedenze sono rigorosamente stabiliti dalla tradizione e dalle costumanze politiche, è la Gran Bretagna, dove trovano ufficiale riconoscimento tutte le forze sociali che esercitano un'effettiva influenza politica nel campo dello stato: clero, nobiltà, funzionarî dello stato, insigniti di ordini equestri nazionali.

Nel regime britannico è considerato quale primo dignitario del regno l'arcivescovo di Canterbury, cui segue immediatamente il lord gran cancelliere (presidente della Camera alta); vengono poi gli arcivescovi di York, di Armagh e di Dublino, seguiti dal primo lord della tesoreria (carica tradizionalmente congiunta a quella di primo ministro), dal presidente del consiglio privato, da un certo numero di funzionarî di corte, e dal primo lord dell'ammiragliato. Seguono i duchi, i marchesi, i conti e visconti e quindi i vescovi.

In Italia, come per tutte le materie che si riferiscono comunque ai diritti onorifici, la regolamentazione relativa ai diritti di precedenza rientra nella competenza autonoma della corona, e il primo atto legislativo in fatto di precedenze fu emanato con r. decr. 19 aprile 1868. Secondo questo decreto, i titolari delle grandi cariche dello stato, tutti i funzionarî del medesimo, qualunque sia il loro grado e ufficio, i rappresentanti delle principali amministrazioni autarchiche e gl'insigniti di ogni classe dei varî ordini equestri nazionali sono classificati secondo l'importanza delle funzioni stesse, o secondo il grado onorifico, in quattordici distinte categorie. Ciascuna categoria, a sua volta, è suddivisa in un certo numero di classi, anch'esse gerarchicamente disposte in ordine decrescente d'importanza. Tale ordinamento, con qualche lieve ritocco, apportato successivamente con i regi decreti 14 settembre 1888, 7 aprile 1895 e 3 febbraio 1901, dettati dalla necessità di inserire nel posto più conveniente funzionarî di nuova creazione, come i governatori delle colonie, rimase invariato fino all'avvento del fascismo.

Posteriormente varî decreti reali sono stati emanati per regolare tale materia: quello del 16 dicembre 1927, n. 2210, che stabilì tredici categorie di cariche e funzioni; quello del 18 gennaio 1929, n. 14, che modificò l'ordine della seconda e della terza categoria; quello del 10 ottobre 1929, n. 1758, che inserì il presidente e i membri dell'Accademia d'Italia recentemente fondata; quello del 22 dicembre 1930, n. 1757, che rimaneggiò ancora una volta le prime sei categorie di cariche e di funzioni, e infine quello del 18 ottobre 1934, n. 1730, relativo al segretario del Partito nazionale fascista.

Il vigente ordiamento italiano delle precedenze considera nelle prime quattro categorie i titolari delle cariche, degli uffici e delle dignità più elevate, sia dello stato che della corte, sia del Partito nazionale fascista che dell'Accademia d'Italia. Tutti coloro che sono assegnati a una delle prime quattro categorie sono considerati quali grandi ufficiali dello stato e godono il trattamento di eccellenza. Appartengono alla prima categoria dî grandi ufficiali soltanto il capo del governo, e, subito dopo, i cavalieri dell'Ordine supremo della SS. Annunziata. Rientrano nella seconda i presidenti delle due camere del parlamento, i ministri segretarî di stato, il segretario del Partito nazionale fascista, i sottosegretarî di stato, i marescialli d'Italia, il presidente dell'Accademia d'Italia, gli alti dignitari della corte di Sua Maestà il Re, il capo di Stato maggiore generale. Seguono nelle categorie terza e quarta gli altri grandi ufficiali dello stato, e quindi nelle successive categorie, dalla quinta alla tredicesima, tutti gli altri dignitarî, funzionarî dello stato, della corte, del Partito nazionale fascista, delle confederazioni sindacali e degli altri istituti di diritto pubblico, nonché gl'insigniti degli ordini equestri nazionali. Contrariamente al sistema delle precedenze inglesi, ove la nobiltà, come classe politica, costituisce un ordine costituzionale, e dove la chiesa anglicana s'identifica con lo stato, e per ciò tanto i membri dell'aristocrazia, quanto gli alti dignitarî ecclesiastici hanno rango preminente nella scala delle cariche dello stato, nel sistema italiano non trova posto la nobiltà come corpo, e gli stessi alti dignitari della Chiesa cattolica non sono propriamente inseriti nella gerarchia delle funzioni e delle dignità del regno, ma sono classificati a parte, fuori categoria. E mentre i cardinali prendono posto nella prima categoria (secondo l'art. 21 del trattato lateranense dell'11 febbraio 1929 hanno rango di principi del sangue) e precedono i cavalieri della SS. Annunziata, gli arcivescovi e i vescovi prendono posto nella quinta categoria, seguendo le cariche della classe quarta (r. decr. 22 dicembre 1930, n. 1757, art. 2).

Fonte di gravi preoccupazioni e di conflitti internazionali fu in passato la questione delle precedenze diplomatiche, a causa delle rivalità tra le principali potenze, che tutte vantavano diritti di preminenza per i propri ambasciatori o inviati. Ma il congresso di Vienna del 1815, che diede una nuova sistemazione all'Europa dopo la caduta di Napoleone I, formulò il regolamento generale del 19 marzo 1815, che, completato dal protocollo del 21 novembre 1818 annesso al trattato di Aquisgrana, e accettato da tutte le potenze, risolse in modo definitivo e uniforme la questione del rango dei diplomatici, distinguendoli in quattro classi: 1ª. ambasciatori e nunzî pontifici; 2ª. inviati straordinarî e ministri plenipotenziarî; 3ª. ministri residenti; 4ª. incaricati d'affari. La precedenza, secondo le consuetudini diplomatiche, risulta dalla classe alla quale ciascun inviato appartiene, e, se appartengono alla medesima classe, dalla data di notifica del loro arrivo in residenza. Il nunzio pontificio, però, ha sempre la precedenza su tutti gli altri rappresentanti della medesima classe, cioè gli ambasciatori, senza riguardo all'inizio della sua missione, ed è sempre considerato quale decano del corpo diplomatico. Dopo il trattato del Laterano, data la presenza in Roma del nunzio pontificio, questi è senz'altro considerato decano del corpo diplomatico accreditato presso il re d'Italia.