Prisma

Dizionario delle Scienze Fisiche (1996)

prisma


prisma (Lat. prisma, dal gr. prísma -atos, a sua volta da prízo "segare"] [ALG] Poliedro avente per facce due poligoni uguali (basi) posti su piani paralleli e un numero di parallelogrammi (facce laterali) uguali al numero dei lati delle basi (i loro lati non appartenenti alle basi sono detti spigoli laterali); a seconda della natura dei poligoni di base si ha un p. triangolare, rettangolare, ecc., in partic. parallelepipedo se le basi sono parallelogrammi; si ha un p. retto oppure obliquo a seconda che le basi siano ortogonali oppure no rispetto agli spigoli laterali; si ha un p. regolare se esso è retto e le basi sono poligoni regolari. Questi propr. sono p. finiti, essendo il p. indefinito il solido che si ottiene prolungando indefinitamente le facce laterali e che può essere pensato come il solido generato da un poligono che si muova di moto traslatorio rettilineo indefinito; inversamente, un p. ordinario, cioè finito, si può pensare (v. fig.) come la parte di un p. indefinito compresa tra due piani paralleli, ortogonali o no rispetto agli spigoli di esso, la cui distanza (h nella fig.) si chiama altezza del p.; il volume di un p. finito è pari al prodotto dell'a-rea di una qualunque delle due basi (area di base) per l'altezza. ◆ [FSD] Una delle forme cristallografiche semplici del sistema monoclino, distinta in triangolare, ecc., a seconda della forma della sezione: (→ cristallografia: Tab.). ◆ [OTT] P. a carrucola: denomin. data a p. ottici riflettenti, a 90°, che si possono spostare lungo l'asse ottico di un obiettivo per deflettere ortogonalmente l'asse di questo in varie direzioni; sono usati, per es., in alcuni tipi di periscopi (v. fig.). ◆ [OTT] P. acromatico: p. ottico tale da dare una deviazione pratic. costante nell'intero campo visibile; si ottiene con due p. in serie, fatti di vetri tali che il cromatismo dell'uno compensi quello dell'altro, oppure con disposizioni più complicate, con tre o quattro p. di vetri diversi. ◆ [ALG] P. archimedeo: uno dei 15 poliedri archimedei, e precis. il p. regolare che ha per basi due poligoni regolari di n (>4) lati e per facce laterali n quadrati (per n=4 si ha il cubo): → poliedro: P. archimedei: Fig. 7 (in cui si ha il caso per n=5). ◆ [OTT] P. a tetto: denomin. particolare di p. ottici riflettenti, a 90°, spec. quando, per ridurre l'ingombro, siano asportati alcuni vertici (v. fig.). ◆ [OTT] [ASF] P. obiettivo: sistema ottico, molto usato in unione con telescopi astronomici, ottenuto combinando con l'obiettivo del telescopio un p. disperdente (anche se con potere disperdente non molto grande) e ottenendo quindi nel piano focale dell'obiettivo lo spettro di tutti gli astri che sono nel campo dello strumento; fu ideato da J. Fraunhofer, ma il primo che ne fece un uso esteso fu A. Secchi, per classificare gli spettri stellari. ◆ [OTT] P. oculare: p. ottico riflettente usato in vari strumenti ottici per deviare la visuale in una direzione comoda per l'osservatore, come accade, per es., in telescopi diretti verso l'alto o in periscopi, risultando più comodo avere una visuale d'uscita pressoché orizzontale; un caso particolare è il p. a carrucola (v. sopra), che consente di variare la visuale. ◆ [OTT] P. ottico, o semplic., p.: mezzo otticamente omogeneo foggiato a p. cui si ricorre per provocare un'opportuna deviazione di un raggio di luce (p. rifrangenti), alla quale s'accompagna anche la dispersione del raggio, se esso è policromatico, cioè la scomposizione del raggio nei raggi monocromatici che lo compongono (p. disperdenti, usati, per es., in vari tipi di spettroscopi), oppure, usato semplic. per riflettere raggi luminosi mediante una riflessione interna totale, ottenendosi in questo modo un rendimento molto maggiore di quello di uno specchio (p. riflettenti, usati, per es., nei telescopi e nei binocoli detti appunto prismatici); la forma tipica, alla quale ci riferiremo inizialmente, è quella di p. retto triangolare, anche se si usano p. di altre forme, alcuni dei quali saranno ricordati nel seguito (per altri tipi si rinvia al termine di qualificazione, per es., per il p. di Ahrens → Ahrens, Felix Benjamin). (a) P. rifrangente. L'angolo diedro α (v. fig.) formato dalla faccia su cui incidono i raggi luminosi con quella da cui i raggi emergono si chiama angolo rifrangente; la deviazione δ subita da un raggio monocromatico che incida su una faccia del p. sotto l'angolo d'incidenza i si calcola risolvendo il sistema costituito dalle seguenti equazioni del p.: δ=i+i'-α, con i' angolo di emersione, sini/sinr= sini'/sinr'=n , con n indice di rifrazione del materiale (di solito vetro d'ottica) di cui è fatto il p. e r, r' angoli di rifrazione, r+r'=α; la prima e le terza equazione seguono dallo schema delle fig., mentre la seconda deriva dalle leggi della rifrazione, e costituiscono, nell'insieme, una relazione tra l'angolo di incidenza i e la deviazione δ operata dal p., per il tramite di due grandezze caratteristiche del p. medesimo, e cioè l'angolo rifrangente α della forma del p. e l'indice di rifrazione n del vetro del p. (che è una funzione della frequenza della luce, ed è pertanto la causa della dispersione stessa); se α non è grande (≤15°) e in condizioni di incidenza quasi normale (i al massimo di qualche grado), tale relazione assume la semplice forma: δ=(n-1)α. In generale, peraltro, la relazione è ben più complessa, presentando l'importante proprietà che δ presenta un valore minimo δm per un determinato valore im dell'angolo d'incidenza, dato dall'equazione di deviazione minima: nsin(α/2)= sin[(δm+α)/2]=sinim; per es., un p. di vetro con n=1.5 e α=60° dà una deviazione minima δm²37° per im²48.5°. Dato che gli angoli rifrangente, di deviazione minima e d'incidenza minima sono misurabili con grande accuratezza, l'equazione precedente consente di ricavare n misurando due di questi angoli; questo fatto è alla base dei rifrattometri, in cui l'indice di rifrazione di una sostanza si determina foggiando con essa un p., operando poi con questo in condizioni di deviazione minima e misurando i detti angoli (→ rifrattometro). (b) P. disperdente. A misura del potere disperdente di un p., che ne qualifica l'uso come elemento disperdente in uno spettroscopio o in un monocromatore, si assume la differenza tra le deviazioni minime corrispondenti alle due righe di Fraunhofer C (rossa, lunghezza d'onda di 656.3 nm) e F (blu, 486.1 nm), detta angolo di dispersione prismatica e che di solito non supera 3°. (c) P. riflettente. Dalle equazioni del p. si ricava che si ha riflessione totale, quando l'angolo r' della fig. è maggiore del-l'angolo limite arcsin(1/n), se α>2arcsin(1/n): per i normali vetri d'ottica (n tra 1.45 e 1.55) un angolo rifrangente di 90° verifica questa condizione, il p. configurandosi allora a sezione di triangolo rettangolo (per es., v. oltre: P. ottico a deviazione costante di Porro). ◆ [OTT] P. ottico a deviazione costante: dà una deviazione δ che è costante al variare dell'angolo d'incidenza (cromatismo a parte); è realizzato con vari artifici: (a) accoppiando al p. uno specchio piano, come nel p. di Wadsworth (fig. 1: a è lo specchio; δ varia con la posizione di questo); (b) usando p. di opportuno angolo rifrangente e opportuna base, come, per es., il p. di Abbe, con α=δ=60° (fig. 2), e il p. di Pellin-Broca (fig. 3), quadrilatero con α=δ=90°, entrambi molto usati in spettroscopi e monocromatori; ancora con δ=90° è il p. di Bauernfeind (fig. 4), o p. squadro di Bauernfeind; è da ricordare poi il p. di Jadanza che, a seconda di come è usato, dà per δ i valori 45°, 90°, 180° (fig. 5); (c) in partic., p. a deviazione nulla, cioè che non alterano la direzione della visuale, anche se in genere ribaltano le immagini (si parla allora di p. invertitori o ribaltatori), come fanno il p. di Amici, o di Wollaston (fig. 6), e il p. di Porro (fig. 7), detto anche p. riflettente di Porro; un sistema a deviazione nulla e che non ribalta le immagini si ottiene, per doppia inversione, mettendo opportunamente in serie due p. riflettenti di Porro (p. doppio di Porro), come si fa, per es., nei binocoli prismatici. ◆ [OTT] P. polarizzatore: denomin. generica dei polarizzatori che usano p. birifrangenti, come il polarizzatore di Nicol, o nicol. ◆ [OTT] P. squadro, o p.-squadro: denomin. data nelle applicazioni topografiche ai p. a deviazione costante di 90°, che quindi individuano due visuali ortogonali tra loro (per es., quello di Pellin-Broca o di Bauernfeind: v. sopra).

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