ALPINO, Prospero

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

ALPINO (Alpini), Prospero

Giuseppe Lusina

Nacque a Marostica (Vicenza) il 23 nov. 1553 da Francesco, medico eminente, e da Bartolomea Tarsia di Padova; fu avviato dapprima al mestiere delle armi, che abbandonò ben presto per iscriversi a Padova all'università dei ifiosofi e dei medici, dove si laureò in medicina nel 1578. Esercitò la medicina a Camposampiero (Padova), ma per breve tempo, ché il patrizio veneto Giorgio Emo, inviato dalla Repubblica veneta console al Cairo, lo volle con sé in qualità di medico. Con l'Emo parti da Venezia il 21 sett. 1580 e dopo lunga navigazione approdò ad Alessandria il 22 marzo 1581, dove fu trattenuto a lungo, causa la peste; infatti giunse al Cairo appena il 7 luglio. In Egitto l'A. restò poco più di tre anni e nel novembre 1584era di nuovo in patria e precisamente a Venezia. Qui fu assunto come medico personale da Giovanni Andrea Doria, principe di Melfi, che lo condusse a Genova, dove esqrcitò la medicina anche per i privati. Dopo il 1590 era di nuovo a Venezia. Le sue opere di botanica gli valsero la cattedra di lettore dei semplici all'università di Padova (1594) e, dal 1603, la prefettura dell'orto botanico e l'ostensione dei semplici. Benché afflitto da gravi infermità tenne molto onorevolmente questi uffici sino alla morte, avvenuta il 23 nov. 1616. Fu sepolto a Padova nella basilica del Santo.

Le opere e l'attività dell'A. interessano grandemente sia la medicina sia la botanica: nella prima ebbe meritata fama e nel campo pratico e per i suoi lavori a stampa. Primo di questi in ordine di tempo è il De medicina Aegyptiorum (1591), presentato in forma dialogica e cioè sotto forma di risposte dell'A. a domande rivoltegli dal suo maestro M. Guilandino (che fu il primo professore di botanica a Padova, 1567).

Questo lavoro è un quadro fedele delle malattie specialmente endemiche ed epidemiche dell'Egitto; l'A. tratta pure delle misure igieniche e proffiattiche, del temperamento delle popolazioni, delle cause della loro longevità, ecc. Parte del trattato, però, è dedicata ai rimedi in uso, e a proposito della teriaca e di altri medicamenti composti egli accenna alla pianta produttrice, del balsamo, che propone di chiamare opobalsamum e di cui aveva portato a Venezia un esemplare vivente (si tratta della Commiphora opobalsamum, arbusto della famiglia Burseracee). Su quest'ultimo argomento aveva scritto un'ampia dissertazione sin dal tempo della sua dimora in Egitto: anche questa è in forma di dialogo, che egli immagina svolto fra l'autore stesso, il medico egiziano Abdella e l'ebreo Abdachim in un giardino del Cairo, dinanzi alla pianta viva, su cui gli antichi avevano tanto disputato e che egli descrive, figura e illustra in modo esauriente. Tutti i dati raccolti lo conducono a credere che la pianta sia originaria non dell'Egitto, ma dell'Arabia, ciò che è stato dimostrato esatto dalle esplorazioni posteriori. Questo lavoro diede lo spunto a una ricca letteratura, parte favorevole, parte contraria, che finisce con una dissertazione (1764) di G. Le Moine, allievo di C. Linneo, che rende giustizia all'illustrazione fatta dall'Alpino.

Del 1592 è l'altra opera botanica, De plantis Aegypti, anche questa in forma di dialogo col Guilandino. Vi si illustrano numerose specie, in particolare alberi e arbusti, spontanei o coltivati, di più largo uso nella terapeutica egiziana. Uno di questi è detto bun o buna, con i cui semi tostati si preparava una bevanda molto usata in Egitto, detta caova:si tratta del caffè, e l'A. è il primo botanico che parla di questa bevanda. Egli descrisse e figurò la pianta, vantandone gli usi terapeutici, lungi dal supporre quale voga essa avrebbe preso più tardi in gran parte del mondo. Questo libro dell'A. ebbe anche un'edizione a cura di G. Vesling, medico e viaggiatore botanico in Egitto e poi profes. sore di botanica a Padova, che vi fece aggiunte e correzioni notevoli, accrescendone l'importanza e la diffusione.

Nel 1601 l'A. si presenta al pubblico con un lavoro di schietto carattere medico: De praesagienda vita et morte aegrotantium, che è dopo Ippocrate e Galeno il primo trattato di semeiotica. Esso ebbe larga fama, ottenendo, fino al 1774, ben sei edizioni. Vi sono passati in accurata rassegna tutti i segni e i sintomi dai quali si può dedurre lo stato, il decorso e l'esito di svariatissime malattie; l'A. ammette che la guarigione è dovuta innanzitutto a una potenza di natura ignota (vis medicatrix), inerente allo stesso individuo. Benché molti dei giudizi espressi si conformino a Ippocrate e a Galeno, non di rado egli ne dissente, affidandosi alla ragione e all'esperienza. Meno importante e più dottrinario è l'altro suo volume, De medicina methodica (1611), nel quale cercò, benché senza successo, di rimettere in onore le idee dei metodici (Temisone, ecc.), alle quali già Galeno aveva assestato fieri colpi. Comunque anche in quest'opera l'A. si rivela una personalità eminente nella prassi medica. Nel 1612 egli illustra una specie di rabarbaro (Rheum rhaponticum), ricevuta (1608) dal medico F. Crasso di Ragusa, già studente dell'tiniversità padovana, che a sua volta l'aveva ricevuta dai monti Rodopi della Tracia (Bulgaria), nei quali è stata effettivamente ritrovata spontanea nel 1894. Questo rabarbaro, coltivato dall'A. a Padova, attecchi egregiamente e l'A. ne trasse l'auspicio che con la sua diffusione potesse sostituire la droga, importata a caro prezzo da lontani paesi, e dimostrò che il rabarbaro della Tracia aveva tutte le buone qualità farmaceutiche delle specie asiatiche (ma ricerche posteriori ne hanno dimostrata la minore efficacia).

Dopo la morte dell'A. videro la luce due opere: la prima, De plantis exoticis, composta sin dal 1614, fu edita nel 1627 da suo figlio Alpino Alpino. Essa contiene la descrizione accurata, accompagnata da figure, di molte specie, quasi tutte nuove per la scienza d'allora; prevalgono quelle di Creta da esemplari o da semi ricevuti da quest'isola, ma ve ne sono altre dell'Egitto, da Napoli, Verona, Francia, ecc., nonché parecchie provenienti dal giardino di Camposampiero, dove il patrizio veneto Nicolò Contarmni aveva raccolto ogni sorta di rarità, anche nostrane. La seconda opera, Rerum Aegyptiarum libri quatuor, venne pubblicata nel 1735: è una vasta monografia geografica che ci rivela come si presentava tre secoli fa l'Egitto agli occhi di un viaggiatore pieno di senno e di talento di osservazione. Degno di nota è il libro quarto, che è il primo lavoro d'interesse zoologico per quel paese.

Nulla si sa dei numerosi manoscritti di cui parlano i suoi biografi: G. Federigo pubblicò un vasto riassunto di un manoscritto da lui visto e che trattava delle piante e degli animali velenosi e degli antidoti relativi. Nell'archivio dell'Orto botanico di Padova si conserva un voluminoso codice che è una sorta di zibaldone, nel quale l'A. scriveva di primo getto quelle opere o quelle idee, che, in seguito, ripulite, dava alle stampe; esso però contiene anche frammenti di cose rimaste inedite. C. Linneo dedicò all'A. il genere di piante Alpinia, della famiglia Zingiberacee. Il nome dell'A. resta legato specialmente alla scoperta di un grande numero di piante, particolarmente di Creta edell'Egitto; nell'ambito della flora di queste regioni egli lasciò tracce indelebili, ma anche le sue opere di medicina, e particolarmente il De praesagienda vita, godettero a lungo vasta fama. Infine, è da notare che nel Rerum Aegyptiarum egli rivela doti di viaggiatore curioso e attento osservatore e conoscenze anche fuori del campo medico e botanico.

Opere: De medicina Aegyptiorum libri quatuor, Venetiis 1591; Parisiis 1646; Lugduni Batav. 1719; De Balsamo dialogus, Venetiis 1591; Patavii 1639; rist. in De medicina Aegyptiorum, Venetiis 1591 e Lugduni Batav. 1719, e trad. fr. di A. Colin, Lyon 1619; De plantis Aegypti liber, Venetiis 1592; ed. altera emendatior cum observationibus et notis S. Veslingi et Alpini libro de Balsamo, Patavii 1640; 3 ediz., De plantis Aegypti liber auctus et emendatus, ecc., Lugduni Batav. 1640; 4 ediz., ibid. 1735; De praesagienda vita et morte aegrotantium libri septem, Venetiis 1601; Francofurti 1601; Lugduni Batav. 1733; Venetiis 1735, 1751; Bassani et Venetiis 1774; De medicina methodica libri tredecim, Patavii 1611; De Rhapontico, Patavii 1612 (rist. in De plantis Aegypti, Patavii 1640 e in De medicina Aegyptiorum, Lugduni Batav. 1719); De plantis exoticis libri duo (a cura del figlio Alpino Alpino), Venetiis 1627; Rerum Aegyptiarum libri quatuor, Lugduni Batav. 1735; Trattato della Teriaca Egittia, in I. Ceccarelli, Antidotario romano latino e volgare, Roma 1619, pp. 179-191.

Il Biographisches Lexikon der hervorragenden Aerzte, Erganzungsband di HaberlingHubotter-Vierordt, Berlin-Wien 1935, p. 65 cita le seguenti edizioni non indicate in altre biografie dell'A.: De medicina Aegyptiorum, Patavii 1601; Parisiis 1615; Nordlingae 1829; De plantis Aegypti, Venetiis 1735; De praesagienda vita, Patavii 1601; Lugduni 1710; Francofurti 1621; Hamburgi 1734; Francofurti et Lipsiae 1754; Lugduni Batav. 1710, 1783; Nordlingae 1828; ediz. inglese, London 1746; De medicina methodica, Lugduni Batav. 1719 (si tratta probabilmente per tutte di edizioni contraffatte).

Iconografia: Quadro a olio del Bassano nel Museo civico di Vicenza; altro, pure a olio, nell'Istituto botanico di Padova; acquarello nell'Istituto botanico di Bologna; litografia in testa al De praesagienda vita, ed. Bassano 1774.

Bibl.: I. Ph. Tomasini, Elogia virorum.., Patavii 1644, pp. 301-305; N. Comnenus Papadopulos, Historia Gymnasii Patavini, Venetiis 1726, pp. 13, 345-346; G. Federigo, Elogio di P. A. Marosticense, Venezia 1825; R. De Visiani, Notizia di alcuni codici della Biblioteca dell'Orto botanico di Padova, in Riv. periodica dei lavori dell'A cc. di scienze, lettere ed arti di Padova, X (1861-62), pp. 43-64; P. A. Saccardo, La botanica in Italia, I, estr. da Mem. d. Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, XXV (1895), pp. 13-14; II, estr. da Mem. cit., XXVI (1901), p.10; A. Béguinot, P. A., in A. Mieli, Gli scienziati italiani, Roma 1921, pp. 84, 90; P. Capparoni, Profili bio-bibliografici..., Roma 1925, I, pp. (21)-(24); Anonimo, P. A., in Il Giardino di Esculapio, XXIII, n. 3, Milano 1954, pp. 1-25, con ill.

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