Proteine

Universo del Corpo (2000)

Proteine

Franca Ascoli e Anna Maria Paolucci

Proteina (termine coniato nel 1838 dal chimico olandese G. Mulder, derivandolo dal greco πρωτεῖος, "che occupa la prima posizione") è il nome di sostanze organiche a struttura chimica molto complessa e di fondamentale importanza biologica. Le proteine costituiscono la classe più abbondante delle macromolecole naturali. Composte di una o più catene di monomeri, gli aminoacidi, fanno parte di enzimi, anticorpi, ormoni ecc. e possiedono una grande versatilità di struttura e di funzione, costituendo il fondamento di tutti i processi cellulari.

Biochimica

di Franca Ascoli

l. Composizione e struttura

Da un punto di vista strettamente chimico, le proteine sono costituite da lunghe catene dette polipeptidiche o proteiche, formate dai 20 L-aminoacidi naturali (v. aminoacidi), legati tra loro da legami peptidici. L'unione di due aminoacidi dà origine a un dipeptide; nel caso di tre aminoacidi, legati da due legami peptidici, si ha un tripeptide e così via. La sequenza con cui i diversi aminoacidi si succedono nella catena proteica costituisce la struttura primaria della proteina, che per convenzione si scrive partendo dal gruppo aminico e terminando con il gruppo carbossilico. In vivo, ciascuna catena proteica è sintetizzata, con la sua specifica sequenza, dal corrispondente DNA genomico con un complesso processo di trasmissione dell'informazione, attraverso uno specifico RNA messaggero (mRNA). La sequenza aminoacidica è così determinata dalla sequenza nucleotidica del gene corrispondente. Il processo finale della biosintesi vera e propria delle proteine è detto traduzione, cui seguono spesso modifiche post-traduzionali della proteina neosintetizzata (v. acidi nucleici).

Le proteine possono essere monomeriche (costituite da una sola catena di aminoacidi) o multimeriche (costituite da più catene, uguali o diverse fra loro). Il numero di aminoacidi per catena, e quindi il peso molecolare, varia molto nelle diverse proteine. La più piccola proteina conosciuta è l'insulina (peso molecolare 5933), l'ormone deputato alla regolazione del metabolismo degli zuccheri, che è costituita da due catene di 21 e 30 aminoacidi; un esempio di una proteina di grandi dimensioni è dato dalla glutamina sintetasi (peso molecolare 600.000), l'enzima deputato alla sintesi dell'aminoacido glutamina, che è costituito da 12 catene identiche, ciascuna di 468 aminoacidi. Alcune proteine, che vanno sotto il nome di proteine coniugate, contengono, oltre agli aminoacidi, altri gruppi detti prostetici, come per es. il gruppo eme nelle emoglobine e mioglobine, alcuni lipidi nelle lipoproteine, alcuni carboidrati nelle glicoproteine, alcuni acidi nucleici nelle nucleoproteine, i gruppi fosfati nelle fosfoproteine, alcuni metalli (come ferro, zinco, calcio o rame) nelle metalloproteine, e nucleotidi flavinici nelle flavoproteine. Le proteine che non contengono gruppi prostetici vengono dette semplici.

I 20 aminoacidi naturali non sono mai presenti in quantità uguali in una catena proteica; alcuni si trovano in una sola copia o sono addirittura assenti, mentre altri possono essere largamente rappresentati. La composizione dei diversi aminoacidi costituenti una proteina si esprime in percentuale e si determina per mezzo di idrolisi chimica e dosaggio mediante analisi cromatografica. La determinazione della sequenza degli aminoacidi di una proteina richiede, invece, metodologie più complesse, basate su un insieme di metodi enzimatici e chimici di frammentazione e successivi cicli di degradazione e analisi cromatografica automatizzata, che sono effettuati sui singoli frammenti a partire dall'aminoacido N-terminale. Da alcuni anni , inoltre, vengono utilizzati anche metodi basati sull'uso della spettrometria di massa, che consentono di sequenziare proteine anche in quantità molto piccole, dell'ordine di un microgrammo.

Sulla base dei livelli di organizzazione che la catena polipeptidica può assumere viene poi determinata la struttura tridimensionale delle proteine, cui è strettamente correlata la loro funzione biologica. La sequenza degli aminoacidi, specifica per ciascuna proteina, che viene indicata come struttura primaria, subisce infatti dei ripiegamenti dando luogo alla struttura secondaria, stabilizzata da legami idrogeno tra i gruppi aminici e i gruppi carbossilici di residui aminoacidici della stessa catena proteica o di catene adiacenti. Le due strutture secondarie predominanti nelle catene proteiche sono la struttura ad α-elica e la struttura β a foglietto pieghettato; questi due elementi strutturali, e altri meno frequenti, possono coesistere nella stessa catena polipeptidica. Nelle proteine globulari (v. oltre) un ulteriore ripiegamento e la compattazione della struttura secondaria danno luogo alla struttura terziaria, che è stabilizzata da interazioni deboli di tipo elettrostatico o idrofobico, da legami idrogeno o da ponti disolfuro. Ogni proteina globulare (o famiglia di proteine globulari) assume quindi una struttura terziaria caratteristica cui corrisponde uno specifico ruolo funzionale. È stato osservato che, a seguito del ripiegamento, gli elementi della struttura secondaria delle proteine si dispongono localmente secondo ben definiti schemi comuni, per cui si trovano famiglie di proteine funzionalmente ed evolutivamente distanti, ma caratterizzate da regioni con struttura terziaria simile, dette domini. Infine, la struttura quaternaria è il livello di organizzazione superiore per le proteine formate da più catene, in cui le singole catene (dette anche subunità) interagiscono tra loro, generando la conformazione spaziale della proteina multimerica.

L'informazione necessaria per il corretto ripiegamento della struttura primaria, che determina la struttura tridimensionale della proteina, e, quindi, la sua ben specifica funzione, è già presente nella sequenza dei suoi aminoacidi, cioè nella struttura primaria stessa; in vivo questo ripiegamento è spontaneo nella proteina neosintetizzata oppure, come si va delineando negli ultimi anni, può richiedere l'intervento di altre proteine, denominate chaperonine, che in un certo qual modo 'assistono' le catene proteiche affinché queste assumano la loro configurazione caratteristica.

2.

Classi di proteine

Dal punto di vista della loro struttura tridimensionale, le proteine si distinguono in due grandi classi: le proteine fibrose e le proteine globulari. Le proteine fibrose svolgono un ruolo essenzialmente strutturale e hanno una forma allungata, in cui le catene proteiche si dispongono parallelamente e formano fibre o larghi foglietti. Tra le proteine fibrose, che sono insolubili in acqua o nelle soluzioni saline, sono da ricordare: 1) le α-cheratine, formate prevalentemente da strutture ad α-elica, che sono i principali costituenti dei capelli e delle unghie e sono presenti anche nella pelle; 2) la fibroina del baco da seta, che contiene lunghe regioni a foglietto β; 3) il collagene (il principale componente dei tessuti connettivi animali, come i tendini, le cartilagini, le ossa, i denti), le cui fibre risultano dall'impacchettamento del tropocollagene, costituito a sua volta da tre catene polipeptidiche di circa 1000 residui aminoacidici, che formano una tripla elica.

Le proteine globulari, molto più abbondanti delle proteine fibrose, sono solubili nelle soluzioni acquose, hanno una forma compatta e svolgono molteplici funzioni biologiche. Le proteine globulari si possono raggruppare secondo la loro funzione nelle seguenti categorie principali: gli enzimi, le proteine di trasporto, le proteine di riserva, le proteine di protezione e di difesa, le proteine di regolazione e le proteine di motilità. Gli enzimi, di gran lunga la categoria più abbondante fra le proteine globulari, hanno la funzione di catalizzatori nei confronti delle reazioni biologiche. Le proteine di trasporto veicolano invece specifiche sostanze in differenti cellule o tessuti. Da ricordare, tra queste, l'emoglobina, una proteina tetramerica, costituita da quattro catene, uguali due a due, ciascuna contenente un gruppo eme con un atomo di ferro; questa importante emoproteina è presente nei globuli rossi del sangue cui conferisce il caratteristico colore rosso, e ha il compito di trasportare l'ossigeno dai polmoni ai tessuti, dove questo gas viene rilasciato e utilizzato per le svariate reazioni metaboliche necessarie alla vita e allo sviluppo della cellula; l'ossigeno liberato dall'emoglobina può legarsi all'emoproteina dei muscoli, la mioglobina, da cui viene rilasciato al bisogno. L'albumina, una proteina presente nella frazione plasmatica del sangue, trasporta invece acidi grassi, bilirubina, acidi biliari e ormoni steroidei. Altre proteine del plasma con funzione di trasporto sono le lipoproteine che trasportano lipidi, la transferrina, che trasporta ioni ferro, la ceruloplasmina, che trasporta ioni rame. Tra le proteine che veicolano le sostanze dall'esterno all'interno delle cellule, sono da ricordare le proteine di membrana, che formano canali a livello della membrana cellulare attraverso cui passano ioni, metaboliti o sostanze che la cellula utilizza come nutrienti (glucosio, aminoacidi).

Le proteine di riserva costituiscono una scorta di nutrienti essenziali, come l'ovoalbumina presente nell'albume, che fornisce all'embrione l'azoto necessario al suo sviluppo all'interno dell'uovo. Anche la caseina del latte ha una funzione simile, fornendo azoto ai piccoli dei Mammiferi. Tra le proteine di riserva, che immagazzinano elementi diversi da quelli costituenti gli aminoacidi, è da ricordare la ferritina, che lega il ferro e lo rende disponibile alle proteine che ne necessitano, come l'emoglobina. Proteine di protezione e di difesa sono le immunoglobuline (o anticorpi) del sistema immunitario, prodotte dai linfociti dei Vertebrati; svolgono il ruolo di proteggere l'organismo dagli agenti patogeni di origine batterica o virale, e in generale dalle sostanze estranee. Altre proteine di protezione sono quelle della coagulazione, come la trombina e il fibrinogeno, necessarie per la produzione della fibrina, la proteina che forma i coaguli del sangue, impedendone, per es., la fuoriuscita dal sistema circolatorio eventualmente danneggiato. Le proteine di regolazione hanno la funzione di calibrare l'attività di altre proteine: per es., gli ormoni proteici, come l'insulina, senza penetrare all'interno della cellula, si legano all'esterno sui loro recettori (proteine integrali di membrana) che a seguito del legame modificano la loro struttura spaziale, trasmettendo così all'interno un segnale detto secondario, che stimola una risposta intracellulare; questo tipo di trasmissione del segnale, attivato da ormoni proteici, o da altri ligandi che si combinano ai recettori di membrana, sul lato esterno della cellula, va sotto il nome di trasduzione del segnale. Altre proteine di regolazione sono quelle coinvolte nella modulazione dell'espressione genica, che si legano a specifiche sequenze del DNA; si tratta dei cosiddetti fattori di trascrizione che attivano (induttori) o inibiscono (repressori) la trascrizione dell'RNA. Negli Eucarioti, la trascrizione viene anche modulata da altre proteine che legano il DNA, come i recettori per gli ormoni steroidei e alcune proteine con particolari motivi strutturali (del tipo a 'elica-giro-elica', a 'dita di zinco' o a 'cerniera di leucina'). Le proteine di motilità, infine, che conferiscono alla cellula particolari capacità di movimento, sono filamentose o in grado di formare filamenti a seguito di un processo di polimerizzazione: l'actina e la miosina, che formano il sistema contrattile della cellula, la tubulina, che costituisce i filamenti del fuso mitotico nella divisione cellulare, i flagelli e le ciglia. Altre proteine di motilità sono la dienina e la chinesina, le quali permettono il movimento intracellulare di vescicole e granuli lungo il citoscheletro.

Aspetti nutrizionali

di Anna Maria Paolucci

l. Aminoacidi e proteine nell'organismo

Le proteine sono essenziali per l'accrescimento, il rinnovamento e il funzionamento dell'organismo. In caso di necessità metabolica, o in caso di un consumo di proteine in quantità eccessiva rispetto ai bisogni, esse vengono usate anche a fini energetici e forniscono 4 kcal/g. Durante il processo digestivo gli enzimi proteolitici secreti dallo stomaco, dal pancreas e presenti sull'orletto a spazzola delle cellule intestinali scindono le proteine negli aminoacidi costituenti, che possono così venire assorbiti ed entrare a far parte del pool degli aminoacidi liberi dell'organismo. Il pool è rifornito anche dagli aminoacidi che derivano dalla scissione delle proteine corporee. Queste sono infatti soggette a un continuo processo di sintesi e scissione, chiamato in passato 'ricambio' e attualmente con il termine turn over (mutuato dall'inglese). Al pool, costituito dall'insieme degli aminoacidi endogeni ed esogeni, attingono le cellule dell'organismo per sintetizzare le diverse proteine corporee, nonché molte altre sostanze derivate dagli aminoacidi ma non di natura proteica. Tra queste si possono citare i neurotrasmettitori, l'istamina, l'adrenalina, la carnitina, il glutatione. Non tutti gli aminoacidi hanno lo stesso significato alimentare. La maggior parte di essi può essere sintetizzata nell'organismo, purché siano disponibili da un lato un aminoacido capace di donare il suo gruppo aminico e dall'altro una molecola capace di accettarlo, trasformandosi in un aminoacido diverso da quello di partenza. Questi aminoacidi sono chiamati non essenziali. Esistono però degli aminoacidi denominati essenziali che non possono essere ottenuti per interconversione metabolica: ognuno di essi deve essere introdotto preformato con gli alimenti nell'esatta configurazione molecolare richiesta. I bisogni specifici in aminoacidi essenziali variano con l'età e, quando vengono calcolati in relazione al peso corporeo, sono notevolmente più alti nel bambino, per i bisogni legati all'accrescimento.

2.

Qualità delle proteine

La qualità nutrizionale delle proteine, cioè la loro attitudine a fornire aminoacidi in qualità e quantità necessarie per soddisfare i bisogni biosintetici della specie umana, risulta determinata fondamentalmente dalla loro composizione in aminoacidi essenziali, anche se esistono altri fattori che influenzano la biodisponibilità degli aminoacidi stessi. Dall'analisi del contenuto in aminoacidi essenziali nelle proteine, quello che si ritrova in minor quantità rispetto a una proteina standard di riferimento viene chiamato aminoacido limitante. Un aminoacido essenziale che sia presente in una proteina alimentare in quantità non adeguata limita in effetti l'efficienza con cui essa viene utilizzata per la sintesi delle proteine corporee, tanto è vero che per portare l'aminoacido limitante al livello richiesto, la proteina deve essere introdotta in quantità maggiore. Proteine di questo genere sono dette di bassa o di media qualità, a seconda dell'entità del deficit. Gli aminoacidi più frequentemente limitanti nelle proteine alimentari sono la lisina e il triptofano, in particolare nelle proteine dei cereali, e gli aminoacidi solforati, come avviene nelle proteine delle Leguminose, del latte e dei suoi derivati. Tuttavia, alcune proteine alimentari che da sole sarebbero di bassa o media qualità migliorano quando vengono ingerite insieme perché in questo modo riescono a complementarsi, cioè a compensare a vicenda i rispettivi deficit dando origine, dopo la digestione, a una miscela più equilibrata di aminoacidi. Sono complementari tra loro le proteine dei cereali (pane, pasta, riso) carenti in lisina, ma ricche in aminoacidi solforati, e quelle dei legumi (fagioli, lenticchie, ceci, fave, soia) ricche in lisina, ma carenti in aminoacidi solforati, oppure le proteine di cereali, come il mais, carenti in triptofano, e quelle del latte e derivati che ne sono invece ricche. Le proteine alimentari caratterizzate da un profilo aminoacidico che meglio corrisponde ai bisogni qualitativi e quantitativi della specie umana sono invece utilizzate con grande efficienza e ne è necessaria una quantità minore per soddisfare i bisogni proteici dell'organismo. Proteine di questo genere sono dette di alta qualità. Le proteine di più alta qualità sono quelle dell'uovo e delle carni di animali terrestri e marini, seguite da quelle del latte e derivati. L'attitudine delle proteine a soddisfare i bisogni nutrizionali umani viene determinata, oltre che dalla composizione aminoacidica, anche da altri fattori, come, per es., la digeribilità. In genere la digeribilità delle proteine contenute in diete di tipo occidentale è molto elevata, arrivando a valori prossimi al 100%. Con diete che contengano un'elevata percentuale di fibra, come quelle prevalentemente vegetariane, la digeribilità delle proteine diminuisce e si aggira intorno a valori dell'80-85%.

3.

Bilancio dell'azoto

Il costituente elementare più caratteristico delle proteine è l'azoto. Circa il 96% di tutto l'azoto presente nell'organismo si trova nelle proteine, legato alle molecole dei singoli aminoacidi sotto forma di azoto aminico. Questa è la ragione per cui ci si riferisce spesso alle proteine come 'costituenti azotati della dieta'. Una parte dell'azoto dell'organismo deve essere quotidianamente reintegrata, perché, anche se gli aminoacidi che derivano dalla scissione endogena delle proteine vengono ben riciclati, una parte di essi va giornalmente incontro a processi di demolizione. Lo scheletro carbonioso della molecola confluisce in altri metabolismi e viene utilizzato a scopo energetico, mentre l'azoto viene eliminato nelle urine sotto forma di urea. Ulteriori perdite di azoto, seppure minoritarie, si hanno attraverso altre vie, come quelle tegumentali, fecali e secretive. Misurando la differenza tra l'azoto che viene assunto sotto forma di proteine e quello che viene eliminato attraverso i vari emuntori, si ottiene il bilancio dell'azoto. Nell'adulto che introduce una quantità di proteine sufficienti ai suoi bisogni il bilancio dell'azoto è pari a zero, perché le uscite sono uguali alle entrate; esso rimane tale anche aumentando la quantità di proteine ingerite, dal momento che non è possibile metterle in riserva e quindi l'organismo incrementa le uscite riportandosi così all'equilibrio. Il bilancio è, invece, positivo nei bambini e negli adolescenti, perché parte dell'azoto introdotto viene depositato nei tessuti di nuova formazione: in questo caso le uscite sono inferiori alle entrate. Nell'individuo che ingerisca una quantità di proteine al di sotto del minimo necessario, oppure non ne ingerisca affatto, il bilancio diventa negativo, con uscite superiori alle entrate, perché una quota seppur piccola di aminoacidi viene comunque sempre desaminata e l'azoto eliminato come urea. Il bilancio assume valori negativi anche negli stati catabolici o in seguito a traumi e interventi chirurgici, oppure nei casi in cui la qualità delle proteine alimentari risulti bassa. La determinazione del bilancio dell'azoto costituisce attualmente la metodologia usata preferenzialmente per individuare i bisogni proteici.

4.

Bisogni proteici nell'uomo

Secondo la metodologia comunemente accettata, il bisogno fisiologico medio di proteine corrisponde alla quantità minima di proteine di alta qualità, capace di riportare e mantenere in equilibrio un bilancio dell'azoto precedentemente reso negativo da una dieta priva di proteine. I risultati di numerose determinazioni eseguite quasi tutte con proteine d'uovo intero, su volontari di vario ceppo etnico, hanno portato a concludere che il bisogno fisiologico medio, per proteine di alta qualità e cioè utilizzabili al 100%, è pari a 0,6 g di proteine al giorno per chilogrammo di peso corporeo, senza differenza tra uomini e donne. Su questa base è poi possibile calcolare il livello di assunzione raccomandato, aumentando il bisogno fisiologico medio mediante l'uso di determinati fattori di correzione, per tener conto della variabilità dei bisogni nella popolazione e della diversa qualità e digeribilità delle proteine alimentari. Tenuto conto di questi fattori di correzione e della composizione della dieta mediamente consumata dalla popolazione italiana, secondo le stime riportate dai LARN (Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana 1997), il livello di assunzione di proteine raccomandato per gli adulti, senza distinzione tra maschi e femmine, è risultato essere di 0,95 g al giorno per chilogrammo di peso corporeo. I valori indicati, formulati per la popolazione adulta, sono validi anche per gli anziani, non esistendo dati che facciano pensare a un minor bisogno di proteine in questa classe d'età. In altre situazioni, invece, i livelli di assunzione raccomandati possono subire delle variazioni. In gravidanza, per es., il bisogno proteico viene calcolato sulla base della quantità di proteine depositate sotto forma di tessuti fetali, annessi embrionali e incremento di tessuti materni, assumendo un peso del bambino alla nascita di 3,3 kg e un aumento del peso della madre di 10-12 kg. Alla quantità così determinata viene apportata una prima correzione aggiuntiva del 30% per tener conto della variabilità individuale, e una seconda, pari al 70%, per tener conto di un'efficienza di conversione delle proteine alimentari in proteine materno-fetali. Il valore finale ammonta a 6 g di proteine da aggiungere al livello di base, durante tutto il periodo della gravidanza. Per l'allattamento, si parte dalla quantità di latte mediamente secreto dalla donna (800 ml/giorno) e dal suo contenuto in proteine (1,15 g/100 ml). La quantità di proteine così determinata ammonta a 9,2 g di proteine al giorno. Per reintegrare queste perdite occorre tener conto che l'efficienza di trasformazione delle proteine alimentari in proteine del latte non è del 100% bensì del 70%. Si aggiungono poi altri fattori correttivi per tener conto della variabilità e della qualità, il che fa ammontare il valore di sicurezza a 17 g di proteine al giorno da aggiungere al livello di base per tutta la durata dell'allattamento. Nei bambini e negli adolescenti, infine, il bisogno di proteine è più alto che negli adulti, per motivi legati all'accrescimento. Per i lattanti, fino a 6 mesi di età, il bisogno di proteine viene dedotto dall'osservazione della quantità di latte materno ingerito da bambini con crescita soddisfacente e allattati da madri ben nutrite (il valore raccomandato è di 2,09 g/kg al giorno). A partire dai 6 mesi e per tutte le età successive, lo stesso calcolo viene effettuato basandosi sui risultati di determinazione dei bilanci dell'azoto, eseguiti in condizioni tali da permettere il mantenimento dell'equilibrio dell'azoto (peso corporeo costante), ma non l'accrescimento. Alla quantità così determinata, definita bisogno per il mantenimento, viene poi aggiunta quella necessaria per l'accrescimento che viene dedotta dagli incrementi giornalieri in peso di bambini la cui crescita si mantiene al 50° percentile delle curve di accrescimento e dal calcolo del contenuto in azoto dei tessuti depositati. La somma delle due componenti, bisogno per il mantenimento e bisogno per l'accrescimento, dovrebbe essere teoricamente sufficiente. In realtà è stato osservato che gli introiti proteici effettivi di bambini con crescita adeguata superano del 50% quelli teorici calcolati nel modo sopra descritto. È stato inoltre constatato che i bambini non crescono con un ritmo giornaliero costante, ma con delle ampie fluttuazioni che si ripercuotono immediatamente sul bisogno proteico, aumentandolo nei giorni in cui la crescita è maggiore. La prima e, soprattutto, la seconda considerazione, hanno fatto quindi ritenere opportuno incrementare del 50% la quantità di proteine previste per l'accrescimento, per assicurare un margine di sicurezza nei giorni in cui la domanda metabolica per l'accrescimento è più elevata. Il calcolo finale della quantità di proteine di alta qualità viene perciò effettuato aggiungendo alla quota prevista per il mantenimento quella per l'accrescimento, corretta due volte. La prima per aggiungervi il 50% del suo valore di base (fattore di sicurezza fisiologica), la seconda per tener conto della variabilità individuale. Il valore finale rappresenta il livello di sicurezza di assunzione di proteine di alta qualità. A partire dai 6 mesi di vita, con lo svezzamento, vengono introdotti alimenti contenenti proteine di qualità inferiore a quella del latte materno. Ne consegue, quindi, che da tale età viene effettuata un'ulteriore correzione per la qualità.

Bibliografia

istituto nazionale della nutrizione, Linee guida per una sana alimentazione italiana, Roma, INN, 1997.

LARN: Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana, Revisione 1996, a cura della Società italiana di nutrizione umana, Roma 1997.

c.k. mathews, k.e. van holde, Biochemistry, Redwood City, Benjamin/Cummings, 19902 (trad. it. Milano, Ambrosiana, 19982).

l. stryer, Biochemistry, New York, Freeman, 19954 (trad. it. Bologna, Zanichelli, 19964).

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