Salvani, Provenzano

Enciclopedia Dantesca (1970)

Salvani, Provenzano

Mario Puppo

Ghibellino (Siena 1220 c. - Colle di Valdelsa 1269), ebbe grande autorità non solo nella sua città, ma in tutta la Toscana; era figlio di Ildebrandino e nipote di Sapia, collocata da D. fra gl'invidiosi (Pg XIII 106-154).

Del 1247 i primi documenti sulla sua attività pubblica; nel 1250 è ambasciatore a Volterra; nel giugno 1251 favorisce l'alleanza coi ghibellini esuli di Firenze e da quell'anno è fra i membri del consiglio del capitano del popolo; nel 1259 è ambasciatore presso Manfredi. Guidò i Senesi nella battaglia di Montaperti e, dopo la vittoria, " guidava tutta la città, e tutta parte ghibellina di Toscana faceva capo di lui " (Villani VII 31). Secondo la tradizione partecipò al congresso di Empoli e fu tra i sostenitori della necessità di distruggere Firenze. Nominato (1262) podestà di Montepulciano, fu proclamato cavaliere e assunse il titolo di dominus. Nel medesimo anno, di nuovo ambasciatore presso Manfredi, proclamò la volontà di Siena di obbedire al re e di opporsi al papa. Dopo la battaglia di Benevento la sua fortuna cominciò a decadere.

Dopo la battaglia di Tagliacozzo (1268), pochi mesi prima della morte, per riscattare un amico prigioniero di Carlo d'Angiò, che aveva imposto sulla sua testa una taglia di 10.000 fiorini d'oro, " fece ponere uno banco con uno tappeto sulla piazza di Siena, e puosevisi a seder suso, e domandava ai Senesi vergognosamente ch'elli lo dovessino aiutare in questa sua bisogna di alcuna moneta, non sforzando persona, ma umilemente domandando aiuto, e veggendo li Senesi il signore loro, che solea esser superbo, dimandare così graziosamente, si commossono a pietade e ciascuno secondo suo podere li dava aiuto. Lo re Carlo ebbe li X mila fiorini e 'l prigioniero fuor di carcere, liberato dalla iniquità del re predetto " (Lana).

Secondo Benvenuto e il Buti, l'amico di P. sarebbe un Vinea (o Vinca); secondo altri, un Mino de' Mini, o, più probabilmente, un Bartolomeo Saracini. Il gesto del S. aveva forse solo un motivo politico: testimoniare in maniera clamorosa la crudeltà e l'avidità di Carlo. Nella battaglia di Colle di Valdelsa (giugno 1269), dove i Senesi furono sconfitti dai Fiorentini (con giubilo di Sapia: cfr. Pg XIII 115-123), " messere Provenzano Salvani, signore e guidatore dell'oste dei Sanesi, fu preso, e tagliatogli il capo, e per tutto il campo portato fitto in su una lancia " (Villani VII 31). Secondo la leggenda, si avverò così il presagio dell'incantesimo: " la tua testa fia la più alta del campo ". Alcuni studiosi ritengono probabile l'identificazione del S. col " Provenzano " che compare in una tenzone con Ruggieri Apugliese, allusiva alla situazione dei guelfi senesi fuorusciti nel 1261 (cfr. Contini, Poeti I 907-911).

D. colloca il S. tra i superbi, nel primo girone del Purgatorio, e ne introduce la menzione nel suo dialogo con Oderisi da Gubbio (Pg XI 109-142). Oderisi lo ricorda come esempio della caducità della fama mondana (il suo nome risonava un tempo per tutta la Toscana e ora appena se ne bisbiglia nella città natale) e come esempio di superbia punita (ebbe l'ambizione di diventare padrone di Siena e ora va affaticato e senza riposo sotto il masso). La presenza di Provenzano S. nel Purgatorio suscita in D. un dubbio: se egli si è convertito solo in punto di morte, come mai non è ancora fra i negligenti dell'Antipurgatorio? Oderisi risponde che l'atto straordinario di umiltà compiuto per riscattare l'amico dalla prigionia di Carlo, quando, piantato in mezzo alla piazza del Campo di Siena, si condusse a tremar per ogne vena (v. 138), gli acquistò il privilegio di evitare la sosta nell'Antipurgatorio.

L'episodio è punteggiato d'implicazioni e allusioni autobiografiche. L'accenno al tempo in cui il S. era signore di Siena provoca, con improvviso trapasso, una condanna violenta della rabbia fiorentina, allora superba e ora umiliata, e l'atteggiamento del S. mendicante per l'amico è commentato con un'oscura profezia sul futuro destino di Dante. La figura del penitente, all'inizio confusa con quella degli altri, spicca vigorosamente come quella di un " eroe della vita morale " (Pernicone), nella rievocazione dell'atto di umiltà in drammatica contrapposizione con la superbia precedente. Giustamente è stato osservato come il confronto fra la rappresentazione scultoria di Provenzano in mezzo alla piazza del Campo e il resoconto che danno del fatto gli antichi commentatori metta in rilievo " il divario che corre tra i procedimenti minutamente narrativi della cronaca e la sintesi potente della poesia dantesca " (Bertelli).

La figura del S. ha offerto argomento a un quadro di A. Cassioli (cfr. " Bull. " XIX [1912] 312) e al romanzo Cristina di E. Underdown (ibid. 79).

Bibl.- F. D'Ovidio, Nuovi studi danteschi: Il Purgatorio e il suo preludio, Milano 1906; F. Tempesti, P.S., in " Bull. Senese St. Patria " VII (1936). Vedi anche le più importanti letture del c. XI del Purgatorio: E. Panzacchi (Firenze 1901); L. Pietrobono (in " Giorn. d. " XXIX [1926], e Alcamo 1956); V. Rossi (in Scritti di critica letteraria. Saggi e Discorsi su S., Firenze 1930); A. Pompeati (Firenze 1934); C. Grabher (ibid. 1942); V. Pernicone (Bologna 1953); A. Vallone (Torino 1961); I. Bertelli (Firener 1967).

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