Pubblicita

Enciclopedia del Novecento (1980)

Pubblicità

S. Watson Dunn

sommario: 1. Introduzione. 2. La pubblicità come comunicazione: a) obiettivi della pubblicità; b) il processo di comunicazione pubblicitaria; c) ostacoli a un'efficace comunicazione pubblicitaria. 3. Comunicazione e motivazione: a) predisposizioni; b) fonte della comunicazione; c) gruppi di riferimento; d) variabili demografiche; e) adozione di nuove idee. 4. Simboli impiegati nella comunicazione pubblicitaria. 5. Approcci creativi alla pubblicità: a) argomentazione; b) umorismo; c) descrizione; d) modello di riferimento (testimonial); e) dialogo; f) narrazione. 6. Scelta dei media pubblicitari: a) fattori quantitativi; b) fattori qualitativi; c) tipi di media. 7. Preparazione del budget pubblicitario: a) percentuale sulle vendite; b) unità di vendita; c) obiettivi. 8. Misurazione dei risultati della pubblicità: a) prevalutazione della pubblicità; b) postvalutazione della pubblicità. 9. Pubblicità e società. 10. Regolamentazione e controllo della pubblicità. 11. Istituzioni e organizzazioni della pubblicità. □ Bibliografia.

1. Introduzione

La pubblicità, come forma di persuasione esercitata attraverso i mezzi di comunicazione di massa, è diventata praticamente ovunque un fattore importante nella vita della gente; essa ha registrato una crescita particolarmente rapida a partire dal 1900, diventando uno strumento capitale per il marketing di beni e servizi e per la comunicazione - a un pubblico di massa - dei vantaggi di un particolare prodotto o servizio, o anche di idee estranee alla sfera economica. La pubblicità utilizza diversi mezzi di comunicazione: quotidiani, riviste, riquadri per affissioni, televisione, radio, lettere di vendita e cinema. Si presenta nelle forme più vane: dal breve annuncio fatto da una piccola stazione radio al costoso programma televisivo, dall'inserzione di due righe all'inserzione a colori che occupa più pagine di una rivista.

Secondo una stima dell'International Advertising Association, la pubblicità in tutte le sue forme assorbe in tutto il mondo più di trenta miliardi di dollari l'anno. Circa il 60% di tale cifra è speso negli Stati Uniti e un altro 28% in Europa. Le spese per la pubblicità nei paesi all'avanguardia nel mondo sono riportate nella tabella.

Tabella

Benché la pubblicità, così come la conosciamo oggi, sia essenzialmente un fenomeno del XX secolo, molte delle sue funzioni sociali ed economiche risalgono a epoche assai più remote. Per esempio, nell'antica Grecia i banditori che vendevano schiavi e bestiame facevano uso di pubblici annunci e di rime pubblicitarie sotto certi aspetti affini agli odierni comunicati commerciali radiofonici; di banditori erano affollate le strade dell'antica Roma e dell'antica Cartagine e, in seguito, degli altri principali centri commerciali d'Europa. Dopo i banditori vennero le insegne, che assai spesso, nell'Europa e nell'Asia medievali, avevano carattere simbolico. Per esempio, a Roma una capra rappresentava un caseificio, un mulo che spingeva una macina indicava un forno, un ragazzo preso a frustate era l'insegna di una scuola. Le prime insegne di negozi di sigari (raffiguranti Indiani) erano intagliate a Londra dai carpentieri di navi, che utilizzavano allo scopo pezzi di alberatura.

Gran parte della pubblicità del XX secolo ha lo scopo di spingere i consumatori a preferire una certa marca o un certo marchio di fabbrica. Ma il sistema della differenziazione attraverso le marche e i marchi di fabbrica risale all'Europa medievale. In un primo tempo, i beni venivano venduti nelle immediate vicinanze del luogo di produzione, e non c'era quindi alcuna necessità di differenziarli. Più tardi le corporazioni introdussero i marchi per identificare il produttore. Come risultato del controllo sulla qualità esercitato dalla corporazione, il marchio divenne un simbolo di qualità e fece salire il prezzo della merce. Ad esempio, i filati di lino di Osnabrück, soggetti a un accurato controllo, erano rinomati per la loro alta qualità e potevano di conseguenza essere venduti a un prezzo del 20% superiore rispetto a quello dei prodotti concorrenti. Con l'accentramento della produzione e l'estendersi dei mercati, il marchio aumento d'importanza e fu messo in evidenza in tutte le forme di pubblicità.

L'invenzione dei caratteri mobili e la diffusione del giornale - in un primo tempo soprattutto in Europa occidentale - diedero un grande impulso allo sviluppo della pubblicità nei secc. XVI e XVII. Gli addetti alla pubblicità poterono così raggiungere, in modo rapido ed economico, un vasto pubblico di probabili consumatori. Un altro capitale fattore di progresso fu rappresentato dalle tecniche per la produzione di massa. Non appena la tecnologia permise di produrre a costi minori, il personale addetto alla pubblicità e al marketing fu incaricato di trovare nuovi mercati per i beni così prodotti. Di conseguenza, verso la fine del XIX secolo e agli inizi del XX una grande importanza fu attribuita, nei paesi più progrediti, al marketing di massa e alla comunicazione di massa. Nello stesso tempo, sia le organizzazioni pubblicitarie specializzate, come le agenzie e i reparti pubblicitari delle imprese e dei media, sia le associazioni industriali di categoria contribuirono, nei paesi industrializzati, a sviluppare e a professionalizzare la pubblicità.

Grande influenza sul carattere della pubblicità negli anni sessanta e settanta ha avuto la notevole intensificazione, in quasi tutti i paesi, del controllo da parte del governo nonché la crescente pressione critica da parte di gruppi di consumatori. Comunque tutto ciò non ha rallentato la crescita della pubblicità, di cui si fa largo uso sia nei paesi capitalisti sia in quelli socialisti. Molti sono i fattori che hanno promosso la crescita della pubblicità nel XX secolo (v. Dunn, 1969, pp. 33-34), tra cui i più importanti sembrano essere i seguenti: 1) l'aumento di produttività per addetto, da cui discendeva la necessità di trovare modi efficaci per stimolare la domanda; 2) il progresso tecnologico, che ha reso possibile un miglioramento dei sistemi di produzione, di distribuzione e di comunicazione; 3) l'aumento del reddito pro capite. Una popolazione prospera costituisce un mercato attraente per l'inserzionista; 4) la crescita della classe media. La classe media benestante, che cresce percentualmente in modo costante, dispone di una quota di reddito tranquillamente spendibile in prodotti pubblicitati; 5) l'incremento nel settore dei trasporti. Si sono resi così possibili in molti paesi la formazione di mercati nazionali e l'accentramento della produzione; 6) l'innalzamento del livello d'istruzione. Una popolazione alfabetizzata più istruita è impaziente di migliorare le sue condizioni di vita e può essere influenzata più facilmente dalla pubblicità; 7) il declino della vendita personale. La pubblicità può realizzare molti tipi di vendita e di comunicazione persuasiva in modo più efficiente di quanto possa fare la vendita personale; 8) lo sviluppo di organizzazioni pubblicitarie specializzate, che hanno contribuito a formare un atteggiamento professionale; 9) l'incremento della ricerca in campo pubblicitario, che ha reso la pubblicità più produttiva e ha contribuito a limitare lo spazio lasciato alle congetture; 10) la moltiplicazione delle marche e la varietà di merci. La pubblicità cerca di suscitare una preferenza per l'una o l'altra marca, beni e servizi; 11) lo sviluppo d'imprese di grandi dimensioni; 12) la distanza fra produttore e consumatore. Dato che i produttori hanno un contatto meno diretto con i consumatori, la pubblicità colma il vuoto creatosi nelle comunicazioni; 13) lo sviluppo, accompagnato dal favore del pubblico, del sistema di vendita a credito.

2. La pubblicità come comunicazione

Siamo tutti circondati da una gran varietà di forme di comunicazione. Dalla maggior parte dei suoni o dei gesti che la gente produce risulta una qualche forma di comunicazione. Talvolta la comunicazione è intenzionale e rimane sotto il controllo del comunicatore, ma spesso non lo è. Gli abiti che una persona indossa, l'automobile che guida e il suo modo di camminare possono comunicarci sul suo conto tanti dati quanti ce ne comunicano i suoi discorsi.

Il termine ‛comunicazione' deriva dal latino communiz, che significa ‛comune'. L'ingrediente essenziale di ogni forma di comunicazione - sia che si svolga tramite i media, sia a livello personale - è quindi la ‛comunanza' (v. Schramm, 1971, pp. 3-53).

Nel caso di comunicazioni interpersonali (da persona a persona) il parlante può valutare immediatamente il tipo di reazione che sta ottenendo. La persona cui sta parlando lo sta ascoltando veramente? La reazione si presenta favorevole o sfavorevole ? Può darsi che egli voglia cambiare il suo messaggio o il modo di esporlo a seconda della reazione che suscita. Invece, nel caso di comunicazione attraverso i media (giornali, riviste, radio, ecc.) non è possibile per il comunicatore valutare questa reazione immediata (è dunque impossibile il feedback). Di conseguenza, i comunicatori che utilizzano i media devono condurre ricerche al fine di appurare quale sia la reazione al loro messaggio.

La natura della comunicazione pubblicitaria è rappresentata nella fig. 1. Si noti che esiste un'interazione tra i fattori in gioco, alcuni dei quali non sono sotto il controllo del comunicatore pubblicitario. Conoscendo i vari fattori, egli stabilisce il suo scopo od obiettivo, e manipola quindi i fattori soggetti al suo controllo: cioè il contenuto (‛che cosa' intende comunicare), il destinatario (‛a chi'), il mezzo (‛con quali media') e ‛l'effetto'.

a) Obiettivi della pubblicità

Nella massima parte dei casi l'obiettivo generale della pubblicità consiste nel comunicare una qualche caratteristica specifica del prodotto, del servizio o dell'idea da pubblicizzare. Per esempio, può darsi che un dato sapone contenga un ingrediente che mantiene morbida la pelle più dei prodotti concorrenti. Nell'annuncio pubblicitario delle Marlboro, di cui esistono varianti in molti paesi, l'obiettivo consiste nel comunicare quelle caratteristiche che distinguono le Marlboro dalle altre sigarette. In alcuni casi, l'obiettivo consiste nel comunicare qualcosa che distingue un'intera classe di prodotti: si tratta allora di un obiettivo ‛primario'; in altri casi nel distinguere una particolare marca dalle marche concorrenti: si tratta in tal caso di un obiettivo ‛selettivo'.

Molti esperti distinguono, in campo pubblicitario, fra ‛obiettivi di comunicazione' e ‛obiettivi di marketing' (v. Colley, 1961). Per esempio, nel caso di una birra l'obiettivo di marketing potrebbe essere ‛conquistare il dieci per cento del mercato entro due anni', e l'obiettivo di comunicazione ‛ottenere, al termine di un biennio, l'ottanta per cento di identificazioni del principale atout di vendita della marca' (per esempio, la sua leggerezza). In entrambi i casi l'obiettivo è stato presumibilmente stabilito in seguito a un'accurata ricerca, ed è l'obiettivo a fornire il filo conduttore per determinare il giusto ‛missaggio' delle scelte possibili. La pubblicità sarà confrontata con altri mezzi alternativi di marketing e di comunicazione, e a essa si farà ricorso soltanto nel caso che possa contribuire a raggiungere l'obiettivo fissato con maggiore economia e velocità rispetto ai mezzi alternativi.

Un altro utile modo di analizzare gli obiettivi di comunicazione consiste nel fissare la gerarchia di obiettivi. Dobbiamo allora prendere in considerazione lo ‛spettro delle comunicazioni', che include quattro stadi: 1) la notorietà. Il probabile acquirente è informato dell'esistenza della marca o società; 2) la comprensione. Il pubblico comprende di che prodotto si tratta e in che cosa potrà essergli utile; 3) la convinzione. Il pubblico raggiunge la disposizione mentale o il grado di convinzione adatto a comprare il prodotto; 4) l'azione. Il probabile consumatore acquista il prodotto.

Alcuni analisti distinguono gli obiettivi ‛commerciali' da quelli ‛sociali'. Sta prendendo sempre più piede il ricorso alla pubblicità con lo scopo di arrecare vantaggi alla società nel suo insieme piuttosto che a singoli inserzionisti. Un obiettivo sociale potrebbe essere quello di mettere in guardia i giovani contro la pericolosità dell'uso di droghe. Altre campagne condotte in vari paesi sono state promosse per invitare la gente a guidare con prudenza, a depurare aria e acqua, a sorvegliare la propria dieta, ecc. In taluni casi la pubblicità sociale è dovuta a enti governativi, in altri ad associazioni private, in altri ancora ad associazioni del mondo economico; ma in larga misura essa è dovuta a singole aziende, che antepongono il benessere sociale ai propri profitti.

b) Il processo di comunicazione pubblicitaria

Il processo attraverso cui vengono comunicati i messaggi pubblicitari può essere esaminato in diversi modi. Uno schema semplice di tale processo è rappresentato nella fig. 1. Le variabili manipolabili che vi compaiono sono note in inglese come le ‛5 w': ‛who' says what', ‛to whom', through which channel, with what effect' (‛chi' dice ‛che cosa', ‛a chi', attraverso ‛quale canale', con ‛quale effetto'). Il ‛chi' è il comunicatore, che deve progettare il messaggio e quindi giudicare in qual modo sia possibile conferirgli la massima efficacia. Il ‛che cosa' è il messaggio stesso: un insieme di parole, immagini e spazi sulla pagina stampata, ovvero di impulsi elettronici nel caso di messaggi televisivi o radiofonici. L'‛a chi' è il pubblico da cui ci si aspetta che selezioni, legga o ascolti il messaggio. ‛Quale canale' può essere un quotidiano o una rivista o una stazione radio, che si prevede costituisca un ponte fra il comunicatore e il pubblico cui si mira. ‛Quale effetto' può essere misurato in rapporto al numero di persone che hanno visto o ascoltato il messaggio, alla frazione di messaggio che i lettori ricordano e alla misura in cui il messaggio ha modificato i loro atteggiamenti o li ha spinti a comprare il prodotto.

Non appena il messaggio pubblicitario ha raggiunto il lettore o l'ascoltatore, incomincia a percorrere i canali della comunicazione interpersonale. Così, la persona convinta dalla pubblicità che un certo prodotto è particolarmente buono ne parla agli amici e ai vicini. Può accadere che, in capo a un certo periodo, il messaggio torni indietro al comunicatore stesso. In ogni caso, dato che viene diffuso in mezzo alla società, il messaggio diventa parte dell'esperienza e della cultura della società stessa.

c) Ostacoli a un'efficace comunicazione pubblicitaria

Esistono diversi ostacoli che si frappongono a un'efficace comunicazione pubblicitaria, ma tre in particolare meritano di essere considerati in questa sede. Un importante ostacolo è costituito dalla cultura propria del pubblico che si vuole raggiungere. Fra i diversi fattori che concorrono a formare una cultura vi sono le idee, i modelli di pensiero, i valori e il sistema simbolico della gente. Se qualche elemento del messaggio va contro le credenze culturali o le abitudini di chi lo legge, probabilmente costui non vi presterà fede, o ne altererà il significato in modo da adattarlo alla propria cultura. Un secondo ostacolo è il ‛rumore', come si dice con termine mutuato dall'elettronica. Può trattarsi di ‛rumore' nel senso fisico di cattiva trasmissione, cattiva stampa ecc. Ma può anche trattarsi di svariati elementi di disturbo inerenti al medium per es. un annuncio pubblicitario che, in una grossa rivista, deve lottare per attirare l'attenzione; o un comunicato commerciale televisivo che si trova a competere con un film). Un terzo ostacolo, che ha speciali implicazioni per la pubblicità, è lo scetticismo con cui molta gente accoglie qualsiasi messaggio persuasivo, e la conseguente tendenza a svalutare gran parte di ciò che si ascolta come ‛montatura pubblicitaria'. I consumatori sanno che il messaggio è pagato dall'inserzionista e che rappresenta il massimo sforzo da questi compiuto per convincerli del suo punto di vista.

3. Comunicazione e motivazione

Ogni avveduto professionista della pubblicità deve in certa misura conoscere e capire le motivazioni del consumatore. Deve porre a se stesso domande del genere: ‟che cosa induce la gente a comprare il mio prodotto?", ‟che cosa induce la gente a cambiare il suo atteggiamento nei confronti di questo prodotto?", ‟perché la gente si lascia convincere senza reticenze da alcuni messaggi pubblicitari e non da altri?". In questo capitolo esamineremo alcuni risultati della ricerca, che hanno un'importanza speciale ai fini delle comunicazioni pubblicitarie.

Molti studiosi di scienze del comportamento convengono sul fatto che le azioni e gli atteggiamenti della gente sono motivati e non già casuali. Il processo della motivazione è in verità, di solito, cosa molto complicata. L'acquisto di un singolo prodotto o servizio può risultare da cause intrinseche al prodotto stesso (il suo colore, la sua struttura, la disponibilità in negozio, ecc.), come anche da fattori intrinseci al probabile acquirente: fattori che, esistendo allo stato latente, possono essere stimolati dalla pubblicità o da altre forme di comunicazione. Questi fattori sono ciò che comunemente chiamiamo ‛moventi' e comprendono una vasta gamma di aspirazioni, desideri, bisogni, impulsi umani. I ‛moventi', che spingono la gente ad agire o pensare in una particolare maniera, sono molto difficili da studiare, in parte perché sono spesso nascosti e in parte per la loro complessità, in quanto agiscono in modo diverso a seconda dei diversi momenti. Alcuni moventi sono fisiologici o primari (derivanti direttamente dai bisogni fisici dell'uomo e comuni a ognuno), mentre altri sono secondari o acquisiti (variando a seconda delle società o dei gruppi). Esempi del primo tipo potrebbero essere la fame o il sesso; un esempio del secondo tipo potrebbe essere l'impulso al riconoscimento sociale o al dominio.

Alcuni comunicatori pubblicitari trovano utile fare una distinzione fra moventi nascosti e moventi che il consumatore è pronto ad ammettere. Psicologi clinici e psichiatri riscontrano che molte nostre azioni sono fortemente influenzate dai nostri moventi inconsci. In alcuni casi, di conseguenza, un inserzionista dovrà fare appello a desideri inconsci del lettore (per esempio il desiderio di prestigio o di attrattiva sessuale), come anche a desideri più palesi e più accettabili (per esempio, il desiderio di risparmiare). Alcuni comunicatori trovano utile distinguere anche fra approcci ‛razionali' e ‛irrazionali'. Benché la maggior parte della gente ami credere di comportarsi razionalmente, molte decisioni comprese le decisioni circa l'acquisto di un prodotto sono prese su una base estremamente irrazionale. Vi sono quindi pubblicitari che fanno appello ad associazioni irrazionali (per esempio, il sesso associato alle automobili sportive) anziché spiegare razionalmente i vantaggi del prodotto nei confronti dei prodotti concorrenti (per esempio, nel caso di un'automobile, i vantaggi offerti in materia di sicurezza). Nel più razionale mondo delle comunicazioni industriali, in cui una società cerca di vendere beni o servizi a un'altra azienda, l'approccio tende invece a essere più razionale.

In generale, i ricercatori sono giunti alla conclusione che nel motivare la gente a cambiare i propri atteggiamenti o opinioni hanno un peso rilevante i fattori che esamineremo nei successivi paragrafi.

a) Predisposizioni

È più probabile che la gente creda o risponda favorevolmente a una comunicazione persuasiva se questa viene incontro a sue precedenti inclinazioni. In altre parole, il pubblicitario dovrebbe dire alla gente ciò che la gente vuol sentirsi dire - o almeno ciò che si adatta alle sue credenze - e non già cercare di modificare le credenze esistenti. Dato un certo pubblico, una comunicazione ha maggiori probabilità di convincere gli elementi neutrali che non quelli ostili all'idea comunicata.

b) Fonte della comunicazione

Il ricorso a modelli di riferimento (testimonial) è da molto tempo uno degli espedienti favoriti dai professionisti della pubblicità. Si tratta di un'applicazione di quella che i ricercatori nel campo delle comunicazioni chiamano ‛teoria della credibilità della fonte'. Essi hanno riscontrato che quanto più il pubblico giudica attendibile, credibile o autorevole la fonte della comunicazione, tanto maggiore è la sua tendenza ad accettarne le dichiarazioni. È più probabile che la gente noti un inserzione pubblicitaria proveniente da una fonte di alto prestigio anziché quella proveniente da una fonte meno autorevole. Col passare del tempo, infine, la gente tende a ricordare il contenuto dell'inserzione e a dimenticare l'effettiva fonte dell'informazione.

c) Gruppi di riferimento

Se una persona prova simpatia o stima per un gruppo che sostiene un particolare punto di vista, sarà fortemente indotta ad adottare essa stessa quel punto di vista. Ricerche mostrano che la gente che si sta formando nuove opinioni si preoccupa di sapere che cosa potrebbe pensare della nuova idea questo o quel gruppo di persone. Di conseguenza, i pubblicitari conducono indagini su quegli atteggiamenti o norme di gruppo che possono entrare in gioco in relazione a un particolare prodotto o servizio. I ricercatori hanno riscontrato che l'efficacia dei gruppi di riferimento sugli atteggiamenti individuali dipende da due fattori: la natura del gruppo e la natura dell'atteggiamento in questione. Per esempio, se una persona vive in una comunità omogenea, molto compatta, si lascia influenzare dalle norme di gruppo molto più che se vivesse in una comunità effimera. D'altra parte, nel caso di un atteggiamento complesso o di un atteggiamento implicante una certa quantità di rischio, aumentano ovviamente le probabilità che il pubblico si rivolga, per avere lumi, al gruppo di riferimento.

Le classi sociali servono spesso da gruppi di riferimento. La gente tenderà ad acquistare quei prodotti o servizi che pensa convengano alla classe sociale con cui s'identifica. La classe sociale è determinata dalla fonte del reddito (salario o stipendio), dalla razza, dalla religione, dall'età, dal sesso e dal grado d'istruzione. In genere, chi ha ereditato molto denaro e possiede un'elevata istruzione viene considerato appartenente alla classe sociale più alta. I consumatori che amano identificarsi con le classi superiori tenderanno ad acquistare prodotti e servizi che ritengono convenienti a tali classi (per esempio champagne e vini raffinati).

d) Variabili demografiche

La massima parte delle variabili demografiche correnti (età, reddito, sesso, luogo di residenza e istruzione) sono di aiuto ai professionisti della pubblicità nel predire le motivazioni dei consumatori. Si riscontra, per esempio, una grande omogeneità nei desideri dei giovani di 16-19 anni, e si tratta di un fenomeno che non si limita a un solo paese, ma è riscontrabile in misura sempre maggiore su scala internazionale.

e) Adozione di nuove idee

L'industria pubblicitaria ha fatto sistematicamente ricorso alla ‛teoria della diffusione', che concentra l'attenzione sulle modalità di adozione di nuove idee. Le comunicazioni fatte a viva voce sono fra le più efficaci. In quasi ogni campo vi sono leaders di opinione, cui la gente si rivolge per avere consigli sulla scelta di nuovi prodotti. Sulla base di ricerche estensive condotte in diversi paesi sulla diffusione di nuove idee risulta che, nell'adozione di una nuova idea, una persona attraversa tipicamente le fasi seguenti: 1) consapevolezza (sa che l'idea esiste, ma ha scarse informazioni); 2) interesse (va in cerca di maggiori informazioni); 3) valutazione (pesa i pro e i contro); 4) sperimentazione (per lo più su piccola scala); 5) adozione.

La pubblicità che impiega i mass-media ottiene il massimo impatto durante le fasi di consapevolezza e di interesse. I leaders di opinione e i membri dei gruppi dei pari hanno la massima importanza nella fase di valutazione. Amici e venditori al dettaglio acquistano importanza nella fase di sperimentazione. Ci troviamo quindi di fronte a un flusso ‛a due stadi'.

4. Simboli impiegati nella comunicazione pubblicitaria

Sia i simboli verbali sia quelli non verbali rivestono un ruolo importante nella strategia creativa del pubblicitario. Essi assolvono il compito primario di comunicare il messaggio pubblicitario. Tutti gli elementi dell'inserzione (le parole, le illustrazioni, i logotipi, l'uso del colore e molti altri) simboleggiano i vari concetti che costituiscono l'oggetto della comunicazione. Ogni comunicatore deve ricorrere a un qualche sistema di simboli. Il musicista ne ha uno, l'artista un altro, il matematico un altro ancora, ecc. Per il pubblicitario, i simboli sono o verbali (parole) o non verbali (tutti gli altri).

Espressioni come ‛General Motors' o ‛Nestlé' evocano certe idee per la persona che le vede o le sente. Nei confronti di tali idee gruppi diversi di lettori potranno essere più o meno ben disposti. Stampare in neretto o in corsivo i simboli verbali darà loro un'enfasi speciale, e potrà cambiarne il valore simbolico; anche il contesto in cui una parola viene usata ne muta il valore simbolico. Di conseguenza, quando gli esperti di ricerca pubblicitaria cercano di identificare il valore simbolico di una parola, devono verificarla nel contesto del messaggio completo, e non a partire dal simbolo isolato.

I simboli non verbali sono ancora più difficili da usare in maniera efficace. Gran parte del significato che artisti e musicisti cercano di comunicare non è direttamente traducibile in parole. Essi cercano di evocare un certo stato d'animo e di associarlo al prodotto o al servizio pubblicitario. La pubblicità del tè per esempio, nel tentativo di estendere il mercato, ha cercato in vari annunci e inserzioni di associare il tè a un tipo d'uomo attivo (atleti, camionisti, ecc.). Un esempio di simbolo non verbale usato con grande successo in molti paesi è il simpatico tigre creato dalla Standard Oil Company del New Jersey e dalla sua agenzia pubblicitaria per simboleggiare la forza e la potenza della sua benzina. In questo caso, il simbolo fu ideato, dapprima, per venire usato negli Stati Uniti, ma benché molti dirigenti delle consociate della Standard Oil e delle loro agenzie pubblicitarie sparse nel mondo fossero scettici circa la sua utilizzazione in altri paesi, la società madre decise il lancio con lo slogan ‛Put a tiger in your tank'. Nei paesi di lingua francese lo slogan divenne ‛Mettez un tigre dans votre moteur' e in Italia ‛Metti un tigre nel motore'.

Specialisti in comunicazioni pubblicitarie hanno riscontrato che i simboli possono agire sul consumatore a vari livelli di coscienza. Un buon esempio è il bisticcio, essendo basato sul doppio significato di una parola. Gli attori comici dovrebbero ritirarsi dagli affari se non potessero creare storielle basate su due o più significati di una parola. Analogamente, uno può dire ‛I piedi mi fanno morire' per esprimere simbolicamente la propria sofferenza, senza per questo volere assolutamente intendere di essere realmente vicino alla morte.

Parecchi studiosi di scienze sociali hanno notato che l'inserzione pubblicitaria può essere un simbolo di un particolare stile di vita. Essa offre al lettore di riviste, all'ascoltatore o allo spettatore un mosaico di diversi stili di vita fra cui si può scegliere quello che si preferisce. Il pubblicitario, quindi, non presenta soltanto un simbolo isolato, ma qualcosa che si inserisce in un quadro molto più vasto: lo stile di vita preferito dal potenziale utente del prodotto.

5. Approcci creativi alla pubblicità

L'apice del processo di programmazione pubblicitaria consiste nella creazione del messaggio pubblicitario, che verrà trasmesso al pubblico attraverso uno dei vari media disponibili. Di conseguenza, le attività di un'organizzazione pubblicitaria (agenzia, società, ecc.) sono in gran parte dirette alla preparazione di messaggi efficaci. Nella maggioranza dei casi, il reparto creativo è generalmente il più vasto fra i vari reparti di un'agenzia.

Prima di cominciare a scrivere l'annuncio, il professionista pubblicitario esperto avrà generalmente già deciso gli obiettivi della comunicazione (che cosa vuole comunicare e a chi), e avrà anche deciso fino a che punto porre l'accento sugli elementi verbali rispetto a quelli visivi. Nel caso di inserzioni destinate alla stampa (quotidiani, riviste, ecc.) egli avrà probabilmente vagliato parecchi titoli e selezionato i migliori per un eventuale uso. Nel caso di un messaggio televisivo, avrà già deciso la visualizzazione cui fare ricorso per esprimere l'idea pubblicitaria.

Molti professionisti della pubblicità classificano le inserzioni secondo certi criteri. In tal modo si facilita il compito creativo - specialmente se si tratta di un neofita - aiutandolo a organizzare il proprio pensiero e a prendere decisioni circa il modo migliore di esprimere un'idea scegliendo fra diverse alternative possibili. In molti casi, comunque, lo specialista farà ricorso a due o più tipi diversi combinati fra loro.

a) Argomentazione

Si tratta di un tipo frequente di approccio creativo, reso popolare nei primi anni venti da teorici della pubblicità come Cl. Hopkins. Generalmente comprende un'asserzione indicante quali vantaggi ci si può aspettare dall'acquisto di un particolare prodotto (per esempio, ‛Risparmia tempo e denaro comprando la tal marca'); l'asserzione è accompagnata da sottotitoli e testo, nonché da materiale illustrativo, che la chiariscono o la confermano. È della massima importanza, in questo tipo di annuncio, assicurarsi che il problema venga nettamente evidenziato nel titolo o nell'illustrazione, e deve inoltre trattarsi di un problema che il lettore riconoscerà come proprio. Solo in tal caso egli sarà disposto a prestare orecchio allo sforzo persuasivo del messaggio che gli spiega come il prodotto o il servizio pubblicitato possano aiutarlo a risolvere il problema in questione.

b) Umorismo

Molti annunci pubblicitari - in particolare quelli diffusi attraverso media adoperati a scopo di intrattenimento, come la radio, la televisione e il cinema - ricorrono in larga misura all'umorismo per attrarre l'attenzione o anche per comunicare il messaggio pubblicitario. In quasi tutti i paesi i consumatori sono al giorno d'oggi più istruiti e quindi più critici nei confronti delle pretese pubblicitarie più azzardate. In molti casi, tali pretese possono essere mitigate e rese divertenti con un pizzico di umorismo accortamente dosato. In genere, il ricorso all'umorismo è più efficace in quei casi in cui il prodotto o il servizio sono venduti a un prezzo basso e in cui la storia da raccontare è semplice. In alcuni casi, questo approccio è stato usato con buoni risultati per infondere nuova vita in un tema ormai vecchio o nella vendita di un prodotto rimasto pressoché immutato col passar del tempo.

c) Descrizione

Come dice il nome, le inserzioni di tipo descrittivo elencano le varie caratteristiche del prodotto o servizio pubblicitato. La massima parte dei cataloghi o opuscoli pubblicitari inviati per posta è di questo tipo, dato che il lettore deve poter visualizzare il prodotto sulla base della descrizione fornita dal redattore dell'annuncio. Tutti i prodotti venduti principalmente in base alla loro capacità di richiamo visivo (per esempio, mobili o automobili) si prestano a esser pubblicitati mediante un testo descrittivo. L'annuncio descrittivo che rende possibile la facile comprensione di caratteristiche specifiche del prodotto è probabilmente il più efficace. Ne è un buon esempio la pubblicità industriale, che include parecchi dettagli e spiegazioni di macchinari complessi, venendo così incontro ai bisogni dell'acquirente, il quale deve decidere se una data macchina sarà in grado di soddisfare le sue necessità.

d) Modello di riferimento (testimonial)

In questo tipo di annunci si attira l'attenzione e si suscita l'interesse del pubblico facendo ricorso a una personalità famosa che si renda garante del prodotto. Fin dai primi anni venti si è fatto ricorso alle dive del cinema per smerciare non soltanto i film di cui erano protagoniste, ma anche prodotti come saponi di bellezza, cosmetici, penne stilografiche, ecc. Questa forma di pubblicità si fonda sul presupposto che la gran massa della gente desideri imitare, anche in materia di acquisti, le abitudini delle persone che ammira. Ricerche nel campo delle comunicazioni hanno però dimostrato che non sempre la gente adotta le opinioni di personaggi famosi; accade spesso, invece, che accolga le idee di persone la cui situazione presenta affinità con la propria. Per esempio, è più probabile che la massaia si lasci influenzare, nell'acquisto di un prodotto alimentare, dal modello di riferimento costituito dalla massaia media, che deve far da mangiare per una famiglia numerosa piuttosto che da quello costituito da una diva dello schermo la quale, probabilmente, non ha alcuna necessità di cucinare. In alcuni annunci di questo genere, il garante è un personaggio fittizio anziché una persona reale; in certi casi, il ruolo di testimoni dei vantaggi offerti dal prodotto o servizio pubblicitato viene svolto da gruppi o associazioni.

e) Dialogo

In questo tipo di pubblicità i vantaggi del prodotto vengono comunicati tramite la conversazione di due o più persone. Come un commediografo, il redattore pubblicitario deve creare personaggi attraenti e farli parlare in modo credibile e interessante, così da far capire al lettore o all'ascoltatore i vantaggi che gli verranno dall'acquisto del prodotto pubblicitato. Televisione, cinema e radio sono i media naturali di questo tipo di annunci, che si associano ottimamente con la parte non commerciale dei programmi trasmessi. Comunque, il redattore deve assicurarsi che il suo testo sia abbastanza interessante da competere favorevolmente con gli altri testi offerti dai media in questione.

f) Narrazione

Strettamente collegata all'inserzione dialogata è l'inserzione narrativa basata su di un racconto capace di interessare e facile da ricordare. Il racconto è uno dei più antichi generi letterari, e costituisce un mezzo efficace per comunicare un'idea pubblicitaria. Fra le forme più comuni di inserzione narrativa figura il racconto breve o vignetta, l'immagine con didascalia, e la striscia comica. Se vuol rendere il racconto interessante, il redattore deve inoltre introdurre una qualche difficoltà o incertezza: sarà infatti grazie al prodotto o al servizio pubblicitato che il protagonista potrà risolvere la propria difficoltà (e la storia giungerà così al suo esito più frequente, cioè il lieto fine). In un modo o nell'altro, il redattore deve assicurarsi che il lettore o lo spettatore si lasci coinvolgere dal racconto, identificandosi sia con il problema sia con la soluzione offerta.

6. Scelta dei media pubblicitari

Per risultare efficace, ogni messaggio pubblicitario deve innanzitutto avere un pubblico. Non c'è infatti possibilità di comunicare finché non ci sia qualcuno che legga, senta o veda il messaggio. Di conseguenza, i programmatori della pubblicità dedicano una parte considerevole del loro tempo e dei loro sforzi alla determinazione del missaggio di media suscettibile di raggiungere il pubblico desiderato al minimo costo e con il massimo impatto. Fortunatamente esiste una gran quantità di dati riguardanti i media: sono facilmente disponibili, fra gli altri, dati sulla tiratura, sul pubblico, sulle tariffe, sul costo per mille. Spesso, rappresentanti dei media forniscono informazioni speciali sulle motivazioni, sulle predisposizioni e sulle abitudini, in materia di acquisti, del loro pubblico. Ma, nonostante la quantità di dati disponibili, la scelta dei media resta un'operazione altamente soggettiva per due ragioni: 1) il numero praticamente infinito dei missaggi alternativi utilizzabili in una situazione data; 2) il fatto che gli ingredienti del missaggio non sono in realtà confrontabili, come parrebbe a prima vista.

In quasi tutti i paesi, infatti, il pubblicitario dispone di una quantità di quotidiani, riviste, riquadri per affissioni, cartelli applicati ai veicoli pubblici, ecc., fra cui scegliere; in molti paesi dispone anche di un gran numero di stazioni radio, stazioni televisive e sale cinematografiche. Nell'ambito di ognuno di questi media egli può scegliere collocazione, tempo, ecc. Il programmatore cerca di confrontare queste alternative, talvolta sulla base di un modello matematico in cui ha introdotto i principali fattori coinvolti nella sua scelta. Tra i fattori di cui probabilmente terrà conto, nel confrontare media alternativi e nel preparare il programma dei media figurano i seguenti fattori quantitativi e qualitativi.

a) Fattori quantitativi

Sono quelli che possono, in vista del confronto tra i diversi media, essere espressi in forma numerica. I più importanti riguardano il mercato potenziale. Più l'analista dei media conosce le caratteristiche demografiche (per es. età, reddito, istruzione, ecc.) e psicologiche (per es. atteggiamenti, motivazioni, ecc.) del mercato che sta cercando di raggiungere, meglio può determinare quali media avranno la maggiore probabilità di coprirlo. Nella determinazione del mercato un'altra importante considerazione riguarda la distribuzione del prodotto. Se il prodotto è venduto su scala nazionale, il programmatore opterà probabilmente per media come riviste e quotidiani nazionali, che coprono tutto il paese.

Dopo aver determinato il più esattamente possibile le caratteristiche del suo mercato, il programmatore dei media tenterà di conciliarle con le possibilità di copertura del mercato offerte dai vari media presi in considerazione. A questo scopo, un'utile fonte di informazione è costituita dai dati sulla ‛circolazione' dei media. Benché il termine ‛circolazione sia causa di una certa confusione negli ambienti pubblicitari, per lo più viene usato per indicare il numero di copie di un medium che vengono distribuite in varie città, provincie o Stati, o a particolari gruppi demografici. In quasi tutti i paesi esiste un'organizzazione di controllo che serve a verificare le dichiarazioni fatte da un certo quotidiano o una certa rivista circa il numero di copie distribuite (per esempio, l'Audit Bureau of Circulations negli Stati Uniti, l'Office de Justification de Diffusion in Francia, l'Istituto Accertamento Diffusione in Italia).

L'analisi del ‛pubblico' è strettamente connessa con l'analisi della circolazione rappresentando anch'essa un modo di armonizzare le possibilità dei media con il potenziale di mercato. In questo tipo di analisi del pubblico, però, l'attenzione si concentra direttamente sul numero di persone che leggono o ascoltano un particolare messaggio. Può quindi capitare che una rivista venda un gran numero di copie, mentre solo una piccola parte dei suoi acquirenti si cura di leggerla per intero. D'altronde, vi sono pubblicazioni a bassa circolazione, che tuttavia godono di un pubblico appassionato e attento.

Un altro aspetto dell'analisi quantitativa dei media è rappresentato dal confronto fra i costi. Ovviamente, qualsiasi esperto pubblicitario vorrebbe ottenere il massimo impatto possibile sui suoi acquirenti potenziali al costo più basso. L'unità di misura comunemente usata soprattutto per confrontare tra loro vari quotidiani o varie riviste o vari programmi radiofonici e televisivi è il costo per mille persone raggiunte. Nei casi in cui sono disponibili percentuali e dati sul numero di persone raggiunte dal medium, il calcolo del costo per mille è un problema semplice. Bisogna tuttavia avere l'accortezza di tener conto del fatto che molte statistiche fornite dai media sono mere stime, e che in effetti sono molto meno obiettive di quanto sembri.

b) Fattori qualitativi

Malgrado l'abbondanza di dati disponibili, nelle decisioni relative ai media sussiste sempre un importante elemento soggettivo. Per esempio, una rivista destinata essenzialmente ai banchieri offre lettori al costo per mille di 18,54 dollari per pagina, mentre una rivista d'informazione generale ha un costo per mille di 5,26 dollari per pagina. Ora, se si vuole pubblicizzare un prodotto o un messaggio di particolare interesse per i banchieri, potrebbe essere ancora conveniente ricorrere alla prima, dato che lo speciale richiamo editoriale e l'elevato profitto che si potrebbe ottenere da questo gruppo probabilmente compenserebbero di gran lunga lo sfavorevole costo per mille.

c) Tipi di media

In quasi tutti i paesi la stampa assorbe la massima percentuale delle spese pubblicitarie. Negli Stati Uniti, per esempio, quotidiani e riviste assorbono circa il 56% della pubblicità totale, e nel mondo, secondo statistiche raccolte dall'International Advertising Association, circa il 40%.

7. Preparazione del budget pubblicitario

Avviene di rado che un programmatore pubblicitario sia sicuro di avere stanziato la giusta somma per la sua pubblicità. I budget pubblicitari sono andati aumentando in quasi tutti i paesi negli ultimi anni, benché sia rimasto notevolmente costante il loro rapporto percentuale rispetto alle vendite.

L'uomo d'affari che programma un budget pubblicitario cerca in genere di massimizzare il suo utile, spendendo per la pubblicità finché ogni dollaro speso contribuisce ad aumentare il profitto totale. Se la pubblicità aggiunge sia pure soltanto un penny o una lira o un centesimo al suo profitto totale, il denaro è ben speso. Ma, quando si raggiunge il punto in cui le vendite vengono a costare più del profitto per unità venduta, è arrivato il momento di smettere di spendere. La difficoltà consiste nel prevedere con precisione quante vendite in più procurerà ogni unità di pubblicità e quanto guadagnerà la società sulle vendite. Vi sono molti modi per risolvere questo problema: esamineremo quelli più comunemente usati nei paragrafi seguenti.

a) Percentuale sulle vendite

Dei molti sistemi per la determinazione del budget, viluppatisi nel corso degli anni, quello della percentuale sulle vendite è stato indubbiamente il più popolare, sebbene non sia necessariamente il più logico dal punto di vista dell'uomo d'affari. Nella sua forma più semplice, lo stanziamento per la pubblicità viene calcolato in base a una percentuale fissa sulle vendite dell'anno precedente (o su una media degli anni precedenti). La ragione fondamentale di questo metodo è che le spese sono così riferite direttamente a fondi disponibili, ed è un modo semplice per fissare un ammontare preciso. Il procedimento è tuttavia illogico, in quanto parte dal presupposto che la pubblicità sia il risultato anziché la causa delle vendite. Di conseguenza la ditta può correre il rischio di spendere troppo poco dinanzi a un potenziale di mercato in ascesa e spendere troppo con un potenziale di mercato in fase discendente.

È molto più logico rapportare le spese pubblicitarie alle vendite previste. Questo sistema si basa sul presupposto che la pubblicità precede anziché seguire le vendite, e che la pubblicità è un fattore importante, benché generalmente non l'unico, nel produrre le vendite. Di conseguenza questo sistema dipenderà in misura notevole da un'accurata previsione del potenziale di vendita per il periodo coperto dal budget. In questo caso si usa predisporre una revisione periodica delle previsioni, dati i presumibili mutamenti intervenuti nelle condizioni economiche e di mercato.

b) Unità di vendita

Questo sistema è, fino a un certo punto, una variante del metodo di percentuale sulle vendite; ma, anziché stabilire lo stanziamento pubblicitario in rapporto alle vendite totali o al fatturato, il programmatore del budget fissa una data cifra da spendere per unità e la moltiplica per il numero di unità di prodotto vendute o da vendere. Questo metodo viene spesso usato per beni durevoli di alto valore unitario, come automobili, frigoriferi o lavatrici automatiche. Tale sistema si rivela anche utile nel caso di pubblicità associata o cooperativa (qual è quella, per esempio, delle cooperative agricole), in cui ogni produttore paga una cifra fissa per ogni cassa o barile, contribuendo alla pubblicità del prodotto come tale. Un esempio è la pubblicità del vino, settore in cui molti produttori conducono una campagna comune.

c) Obiettivi

Questo sistema è anche noto come il metodo del task o il metodo di ‛ricerca-obiettivo'. Chi prepara il budget stabilisce il ruolo che dev'essere svolto dalla pubblicità e stanzia i fondi sufficienti a raggiungere l'obiettivo. È quindi essenziale che l'obiettivo sia definito quanto più accuratamente e specificamente possibile. Supponiamo, per esempio, che un'azienda stia progettando di lanciare sul mercato un nuovo detersivo. Attraverso ricerche e la costruzione di un piano globale di marketing, l'azienda stabilirà quali funzioni spettino alla pubblicità e la somma necessaria allo scopo. È questo il metodo più logico quando si tratta di stanziare fondi per la pubblicità, ma è anche quello che porta via più tempo. Il sistema è largamente usato soprattutto per il lancio sul mercato di nuovi prodotti o servizi.

8. Misurazione dei risultati della pubblicità

Ogni pubblicitario sa che certe campagne hanno più successo di altre, generalmente grazie a maggiori sforzi creativi, a un migliore uso dei media pubblicitari o a una più oculata preparazione del budget. Il successo, però, può essere influenzato anche da altri elementi del missaggio di marketing (prezzo del prodotto, distribuzione, sforzi promozionali, ecc.) o da fattori esterni (tendenze dell'economia), su cui l'azienda ha scarso potere. Di conseguenza il lavoro di misurazione dell'efficacia di una campagna comporta un'attenta definizione del criterio di efficacia che s'intende usare per misurare il successo, come anche l'uso di un'adeguata metodologia di ricerca con cui valutare, su questa base, i vari annunci e campagne.

I criteri per valutare l'efficacia della pubblicità si possono dividere in due classi generali: quelli basati sugli obiettivi limitati e quelli basati sugli obiettivi di vendita. I primi sono essenzialmente quei criteri che servono a valutare fino a che punto l'annuncio pubblicitario ha comunicato il messaggio al suo pubblico. Fra i criteri per valutare l'‛efficacia della comunicazione' figurano i seguenti: 1) consapevolezza. La campagna pubblicitaria ha incrementato la conoscenza, da parte del consumatore, del messaggio (o del prodotto o dei tema)?; 2) ricordo. La gente è in grado di ricordare qualcosa che sia collegata allo specifico messaggio o medium?; 3) atteggiamento e opinioni. È cambiato l'atteggiamento delle persone in conseguenza del messaggio pubblicitario?; 4) fiducia. Fino a che punto il consumatore crede alle affermazioni contenute nell'annuncio pubblicitario?; 5) richieste di informazioni. Quale annuncio o campagna ha suscitato il maggior numero di richieste di informazioni?

Confrontare e valutare gli annunci pubblicitari sulla base degli obiettivi di vendita è più difficile dal momento che la vendita finale di un prodotto è influenzata da molte altre variabili oltre che dalla pubblicità. Comunque, il perfezionamento dei metodi sperimentali di controllo ha reso possibile l'adattamento dei metodi usati dalle scienze naturali, consentendo quindi su tale base una più rapida valutazione delle campagne pubblicitarie. Questi test sono congegnati in modo tale che l'unica differenza fra la popolazione che è oggetto del test e la popolazione di controllo consiste nell'essere o nel non essere esposti allo stimolo della pubblicità. Di conseguenza, ogni differenza nelle vendite riscontrata fra le due popolazioni può essere attribuita all'influsso della pubblicità.

a) Prevalutazione della pubblicità

L'idea di valutare l'efficacia di un annuncio o di un'intera campagna è una delle più seducenti per l'esperto di marketing. Molta gente preferirebbe sapere quanto sarà efficace un certo annuncio ‛prima' di spendere soldi per inserirlo nei media e quindi lanciarlo. Benché la previsione rimanga, nel migliore dei casi, una faccenda precaria, sono stati tuttavia sviluppati vari metodi per prevalutare le campagne pubblicitarie.

Un metodo diffuso è il test detto della ‛giuria dei consumatori'. In certi casi, si mostrano a varie persone due o più versioni di un annuncio proposto e si chiede loro quale avrebbe maggior probabilità di essere letta o quale potrebbe indurre con maggior probabilità a comprare il prodotto pubblicitato. In altri casi si pubblicano speciali tirature di riviste o quotidiani, la cui circolazione è regolata in modo che diversi destinatari ricevano differenti versioni dell'annuncio da valutare. Il vantaggio di questo sistema consiste nel fatto che i destinatari vedono l'annuncio in un contesto naturale anziché allo stato isolato.

Nel caso di media radiotelevisivi si ricorre generalmente a un teatro centrale o a una sala di proiezione, in cui si mostrano, di solito in un contesto non commerciale, i comunicati commerciali proposti. Si chiede quindi a ogni spettatore la sua opinione e quale sia la probabilità che i vari annunci facciano comprare il prodotto o servizio pubblicitato. Secondo un altro metodo, il ricercatore porta un piccolo proiettore in casa della persona prescelta e, dopo averle mostrato parecchie inserzioni, le chiede su ognuna la sua opinione.

Test mediante ‛pubblicità diretta per posta' (cartoline postali e simili) vengono talvolta usati per valutare la forza di richiamo di particolari annunci. Annunci proposti - o parti di essi - vengono spediti a campioni assimilati di consumatori. L'efficacia di ogni annuncio viene valutata ricorrendo a un'offerta, che accompagna gli opuscoli pubblicitari o le cartoline. Si parte dal presupposto che l'annuncio che suscita il maggior numero di risposte si rivelerà probabilmente il più efficace quando verrà diffuso su un quotidiano o una rivista.

Come metodo di prevalutazione si fanno talvolta ‛esperimenti di vendita' su scala minima. In una variante di questo metodo diversi sistemi pubblicitari vengono usati in vari negozi, scelti mediante un quadrato latino o altre tecniche di scelta casuale. Per esempio, si possono adottare sistemi pubblicitari diversi in tre diversi negozi. Alla fine di un dato periodo ogni negozio interrompe la campagna pubblicitaria condotta fino a quel momento, sostituendola con una delle altre campagne da prevalutare, scelta in maniera rigorosamente casuale. Al termine del periodo previsto per il test sarà possibile scoprire, data la casualità che ha presieduto alla scelta sia del negozio che del trattamento pubblicitario, quale sia la campagna che ha provocato il maggior numero di vendite in ciascun negozio. Alla fine, ogni negozio - o altra unità in gioco nel test - avrà usato tutti i trattamenti pubblicitari.

Alcuni ricercatori sono stati attratti dagli apparecchi che si possono usare per prevedere l'efficacia della pubblicità. Uno di questi è il tachistoscopio, che da tempo viene usato dagli psicologi per misurare la percezione. Si tratta di un apparecchio che controlla l'esposizione a un messaggio in modo che lo sperimentatore possa stabilire il momento in cui il messaggio viene percepito. I ricercatori pubblicitari possono quindi scoprire quanto tempo occorre all'osservatore per afferrare il punto chiave dell'illustrazione, il titolo, ecc. Un altro strumento usato da alcuni per valutare la pubblicità è la fotocamera oculare, che fotografa il movimento degli occhi di una persona intenta a leggere. Un terzo congegno è lo psicogalvanometro; negli esperimenti con questo strumento, due elettrodi di zinco vengono applicati al soggetto, uno sul palmo della mano e l'altro sull'avambraccio. La traspirazione sul palmo della mano si traduce in un abbassamento della resistenza elettrica, che viene registrata. Si parte dal presupposto che quanto più alta è la tensione emotiva (responsabile della traspirazione) che l'annuncio è in grado di provocare, tanto maggiore è la probabilità che l'annuncio abbia successo.

b) Postvalutazione della pubblicità

È più frequente che si proceda alla valutazione ‛dopo' la diffusione dell'annuncio anziché prima: inoltre, gran parte dei risultati della postvalutazione vengono aggiornati regolarmente. I metodi di postvalutazione usati più largamente rientrano in quattro categorie generali: lettura, ricordo, vendite e ritorni di richieste.

La valutazione della lettura (o ‛riconoscimento') si effettua inviando agli intervistatori, poco dopo la pubblicazione, copie di una rivista o di un quotidiano. Ogni intervistatore, a sua volta, si mette in contatto con un gruppo rappresentativo di lettori di tali pubblicazioni e passa con ognuno in rassegna una copia priva di qualsiasi segno, chiedendo all'intervistato di indicare gli annunci che ha letto. Si chiedono informazioni sulla lettura del titolo, del testo, sull'illustrazione, ecc. La valutazione del ricordo (o ‛ricordo non aiutato') è in qualche modo simile: non si effettua però mostrando specifici annunci, bensì ponendo domande intese a scoprire quanta parte dei messaggi o dei temi pubblicitari l'intervistato ricordi dopo essere venuto a contatto con l'annuncio.

La valutazione delle vendite ha un grande interesse per i pubblicitari, in quanto l'obiettivo ultimo della maggior parte delle campagne pubblicitarie è appunto la vendita. Le vendite passate possono costituire un buon metro dell'efficacia della pubblicità nei casi in cui lo sforzo promozionale maggiore si effettua tramite la pubblicità (com'è il caso, ad esempio, delle vendite su catalogo). I negozi che fanno una pubblicità estensiva possono anche stabilire correlazioni fra quantità di pubblicità relativa a un determinato articolo e vendite realizzate entro due o tre giorni dal lancio dell'annuncio.

Un altro tipo di valutazione delle vendite è quella effettuata tramite campione assimilato. Si possono scegliere due campioni di consumatori, dei quali uno ha visto il messaggio pubblicitario e l'altro no. Si confrontano le vendite del prodotto nei due campioni assimilati, partendo dall'ipotesi che le maggiori vendite siano dovute al fatto di aver visto l'annuncio.

L'idea di valutare l'efficacia degli annunci in base alle richieste che provocano (generalmente per posta) è vecchia e ovvia. Ricorrendo a vari media il ricercatore diffonde un certo numero di annunci da valutare, assicurandosi in ciascun caso di offrire un qualche incentivo che spinga la gente a rispondere. L'offerta può consistere in un opuscolo illustrativo, un campione omaggio, uno sconto, ecc. Il presupposto è che i più efficaci sono quegli annunci che, a parità di costo, provocano il maggior numero di ritorni di richieste.

9. Pubblicità e società

La pubblicità è sempre stata oggetto di critiche, spesso aspre, per certi suoi effetti, reali o immaginari, sul piano sociale ed economico. Si sono condotte molte ricerche sulle conseguenze della pubblicità sulla società; le più estese sono state forse quelle che la American Association of Advertising Agencies ha promosso negli Stati Uniti negli anni sessanta. Un risultato interessante è stata la scoperta che l'uomo medio si preoccupa degli effetti sociali ed economici della pubblicità molto meno di quanto non facciano gli intellettuali e i legislatori, che tanto spesso la mettono sotto accusa.

La critica forse più frequente nei confronti della pubblicità è che, non dicendo la verità, essa inganna la gente che la legge o la ascolta. La validità di questo argomento poggia su una definizione di ‛verità' che generalmente varia da paese a paese. In Germania, per esempio, qualsiasi annuncio in cui compaiono superlativi è considerato fuorviante o falso. Negli Stati Uniti il pubblicitario deve decidere se l'impressione che l'uomo medio potrebbe ricavare dall'annuncio corrisponda o no alla realtà e, in caso negativo, deve cambiare l'annuncio. Ricerche fatte in molti paesi indicano che l'uomo medio si accosta a un annuncio pubblicitario con un certo grado di scetticismo e dà per scontato una certa montatura o esagerazione da parte dell'inserzionista.

Un'altra critica si appunta sul cattivo gusto in pubblicità, sia per quel che riguarda i prodotti stessi, sia per il modo di pubblicizzarli. Certa gente pensa sia di cattivo gusto fare pubblicità, di qualunque tipo, a prodotti come alcolici e deodoranti. Alcuni ritengono pienamente accettabili prodotti come spettacoli cinematografici e libri, ma si sentono offesi di fronte a certi annunci usati per pubblicizzarli, specialmente quando l'accento batte con forza sul sesso o sulla violenza. È questa una delle aree più difficili da controllare, dato che il gusto varia da cultura a cultura e persino da un gruppo all'altro nell'ambito della stessa cultura (per esempio, passando dai giovani ai vecchi). Vi sono comunque casi in cui si fa effettivamente ricorso, per attrarre l'attenzione sul messaggio, a espedienti pubblicitari indecorosi.

Taluni sembrano credere che la pubblicità renda i beni più costosi di quel che potrebbero essere. Le prove raccolte da numerosi ricercatori, tra cui N. Borden di Harvard e J. Bachman dell'Università di New York, viceversa, indicano esser più probabile che la pubblicità li renda meno costosi. Una riduzione del prezzo del prodotto può essere la conseguenza di risparmi resi possibili o dalla produzione di massa o dal marketing di massa. Nella massima parte dei casi, la pubblicità è un fattore importante al fine di stimolare una domanda sufficiente perché il produttore possa usare tecniche per la produzione di massa e il marketing di massa. Nel caso di prodotti come lavatrici automatiche e televisori, la pubblicità ha contribuito a realizzare una sostanziale riduzione dei prezzi: i risparmi connessi con la produzione di massa, infatti, non si potevano realizzare finché il volume produttivo non avesse raggiunto valori assai elevati.

Parecchi economisti hanno analizzato il rapporto fra pubblicità e livello del reddito nazionale. Alcuni hanno sostenuto che la pubblicità accelera le fluttuazioni del ciclo economico e dovrebbe quindi essere sottoposta a controllo. Le prove risultanti dalle analisi di Borden, di Lever e di Simon indicano che la pubblicità non è in grado di provocare né una depressione né un boom. Può invece, se usata accortamente, agire come stimolante all'interno di un mercato in via di sviluppo, e non manca qualche prova che, se ridotta troppo bruscamente, può accentuare, in caso di fase recessiva, la flessione dell'attività economica.

Alcuni hanno accusato la pubblicità di incoraggiare situazioni di monopolio limitando il numero di scelte disponibili per il consumatore. Risulta viceversa molto più probabile che si verifichi la situazione opposta, in quanto la pubblicità consente a un nuovo prodotto, che presenti reali vantaggi, di procurarsi il favore del consumatore in un tempo relativamente breve. In effetti Borden ha fatto notare che il contributo essenziale della pubblicità all'economia consiste nella sua capacità di promuovere una dinamica espansione, in particolare promuovendo e diffondendo nuovi prodotti e servizi (v. Borden, 1942).

10. Regolamentazione e controllo della pubblicità

In quasi tutti i paesi del mondo si tende a esercitare un sempre maggior controllo su tutti i molteplici aspetti della pubblicità. Il controllo viene esercitato per lo più a livello governativo, tramite leggi o regolamenti più rigidi, oppure tramite un'accresciuta sorveglianza da parte degli organi statali. Intensificandosi la minaccia di ingerenza da parte del governo, i pubblicitari hanno di propria iniziativa istituito vari controlli sulla propria attività.

I controlli tendono a concentrarsi in particolare sui seguenti problemi: a) contenuto del messaggio pubblicitario (per esempio, verità delle affermazioni, oscenità o cattivo gusto, contenuto offensivo o calunnioso, ecc.); b) natura del prodotto pubblicitato (per esempio, tabacco, alcolici, specialità medicinali); c) spese per la pubblicità (per esempio, percentuale sulle vendite o fatturato dedicata alla pubblicità); d) pubblicità politica (per esempio, spese dei candidati nelle campagne elettorali) e labeling.

In quasi tutti i paesi, il governo centrale è l'ente più importante preposto alla regolamentazione della pubblicità. Il governo indiano, per esempio, ha preso tempo fa provvedimenti contro la quantità di pubblicità fatta dalle industrie di pneumatici. Il governo britannico si è comportato all'incirca nella stessa maniera nei confronti delle industrie di saponi e detersivi. Alcuni governi ricorrono allo strumento fiscale.

La regolamentazione senza intervento governativo (autoregolamentazione) viene esercitata soprattutto tramite associazioni di inserzionisti, agenzie, media, ecc. Per esempio, l'Institute of Practitioners of Advertising in Gran Bretagna e organizzazioni simili costituite dalle agenzie più importanti nella maggior parte dei paesi cercano di instillare nei propri membri un codice di etica professionale analogo a quello vigente in professioni come la medicina o l'avvocatura. In quasi tutta l'America settentrionale e in alcune parti dell'America Latina e dell'Europa, i Better Business Bureaux, organizzazioni senza scopo di lucro sostenute dalle industrie più disparate, operano come severi censori nei confronti degli abusi pubblicitari. Hanno anche collaborato, in molti paesi, con organi governativi.

11. Istituzioni e organizzazioni della pubblicità

Il campo coperto dalla pubblicità si può dividere in tre settori principali. Il primo è occupato dall'agenzia pubblicitaria, che programma e prepara la campagna pubblicitaria per conto del cliente; il secondo dall'inserzionista (generalmente un produttore di beni o servizi o un dettagliante) che paga le spese della pubblicità e il cui nome di solito compare nell'annuncio; il terzo dal medium, che porta il messaggio al pubblico.

Un'agenzia pubblicitaria, la Reynell & Son, fu fondata nel 1812 a Londra, ma le agenzie pubblicitarie hanno raggiunto il massimo sviluppo negli Stati Uniti. Nel 1971 nove delle dieci agenzie pubblicitarie più grandi del mondo erano americane e una (la Dentsu) era giapponese. L'agenzia pubblicitaria più grande del mondo, la J. W. Thompson, ha prodotto nel 1971, per i suoi molti clienti sparsi nel mondo, servizi pubblicitari per un valore di 774 milioni di dollari (secondo stime della rivista dell'industria pubblicitaria, ‟Advertising age"). Molte agenzie (specialmente negli Stati Uniti e in Inghilterra) durante gli anni sessanta e settanta hanno effettuato pubbliche emissioni di azioni.

Sebbene nulla obblighi gli inserzionisti a farvi ricorso, la massima parte delle ditte che cercano di coprire un mercato di massa si serve di agenzie. Le principali ragioni sono le seguenti: la possibilità di disporre di specialisti qualificati, che un'azienda non potrebbe permettersi di assumere a tempo pieno; l'obiettività, garantita dal ricorso a un punto di vista esterno alla società; le commissioni offerte alle agenzie, commissioni che non sono accessibili ai clienti. Alcune grandi compagnie dispongono di agenzie proprie o ‛domestiche' (house agencies), ma la maggior parte preferisce ricorrere a un'agenzia la quale, in quanto indipendente, sia in grado di essere obiettiva.

Per quanto il numero dei reparti specializzati vari da un'agenzia all'altra, le seguenti funzioni si riscontreranno in quasi tutti i casi: programmazione (obiettivi, strategie generali a disposizione del cliente); redazione dei testi (si tratta generalmente di un reparto molto importante); arte (bozzetto e visualizzazione degli annunci); scelta dei media; ricerca (raccolta dei dati che interessano tutte le funzioni della pubblicità); contatto (coordinazione di tutte le attività che riguardano il cliente); produzione (tipografia, arti grafiche, ecc.); produzione per radio e televisione (il reparto può dare direttive, scrivere il testo e scegliere gli attori, ma spesso lavora con case di produzione esterne); propaganda (merchandising); relazioni pubbliche (questo settore aiuta il cliente a ottenere la massima pubblicità redazionale e collabora con lui nella creazione dell'immagine della sua marca); acquisizione di nuovi clienti.

In quasi tutti i paesi le agenzie non trattano con ditte tra loro concorrenti né partecipano alla proprietà di media pubblicitari. Altrimenti ci sarebbe sempre il pericolo che risulti intaccata la loro obiettività nel trattare i problemi del cliente.

Generalmente un'impresa che ricorra alla pubblicità ha un capo ufficio pubblicità, che coordina tutte le attività pubblicitarie all'interno della ditta ed è responsabile dei collegamenti con l'agenzia pubblicitaria; occupa anche un ruolo chiave nella coordinazione della pubblicità con le funzioni connesse, come la promozione delle vendite e le pubbliche relazioni. Spesso lavora sotto un direttore (o capo ufficio) di marketing.

Negli ultimi anni si è andato affermando il concetto di ‛direzione per marche', specialmente in quelle imprese che controllano parecchie marche (per esempio, la Unilever, la Procter & Gamble). Ogni marca può avere una diversa agenzia pubblicitaria, e il direttore di marca è libero di entrare in concorrenza con le altre marche all'interno della società come fa nei confronti di marche esterne. Il direttore di marca è responsabile di tutte le attività pubblicitarie e di marketing che riguardano la sua marca.

I capi ufficio pubblicità o capi ufficio vendite dei media pubblicitari sono prima di tutto dei venditori che cercano di vendere quanto più spazio o tempo possibile ad agenzie e inserzionisti. Tutte e tre le più importanti istituzioni - agenzie, inserzionisti e media - nell'allestire la pubblicità si servono della collaborazione di società per le ricerche di mercato, di tipografi, di studi fotografici, di zincografi, di agenzie specializzate nello scoprire talenti, di case di produzione cinematografica, ecc.

Le associazioni hanno costituito una forza efficace nel migliorare la pubblicità e nel far conoscere l'industria pubblicitaria anche in ambienti non pubblicitari. La principale organizzazione internazionale è l'International Advertising Association, il cui quartier generale si trova a New York, ma che annovera presidenti provenienti dai paesi più disparati. Negli Stati Uniti, l'American Advertising Federation è stata la principale tra le organizzazioni che coprono tutti i rami dell'industria. Negli Stati Uniti, le agenzie pubblicitarie sono state rappresentate dall'American Association of Advertising Agencies e gli inserzionisti dall'Association of National Advertisers.

In Gran Bretagna l'organizzazione centrale dell'industria pubblicitaria è l'Advertising Association. L'equivalente inglese dell'American Association of Advertising Agencies è l'Institute of Practitioners of Advertising. In Francia l'organizzazione analoga è la Fédération Française de la Publicité e in Italia è la Federazione Italiana Pubblicità.

L'European Advertising Agencies Association è un consorzio di molte fra le più importanti associazioni dei paesi dell'Europa occidentale.

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