CAPANNA, Puccio

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1993)

CAPANNA, Puccio

F. Todini

Pittore attivo ad Assisi e a Firenze nella prima metà del sec. 14°, seguace di Giotto, riconosciuto dalla critica moderna come uno dei maggiori artisti del Trecento.Vasari già nella prima edizione delle Vite (1550) ricorda C. tra i principali discepoli di Giotto, a conferma della sua fama in ambiente fiorentino, ma gli assegna, sulla base di notizie incerte e a causa della confusione con Puccio di Simone, una serie di opere di carattere estremamente eterogeneo. A precise tradizioni locali fa riferimento il francescano Ludovico da Pietralunga (1570 ca.), che indica con certezza le origini assisiati del pittore e ne fornisce un elenco di dipinti rivelatosi sostanzialmente attendibile.Sul pittore sono noti finora due soli documenti: nel 1341 "Puccius Capanne et Cecce Saraceni pictores de Assisio" ricevono dal comune di Assisi l'incarico di affrescare su due porte cittadine le immagini della Madonna e di vari santi (Abate, 1956); nel 1347 C. vende al prezzo di cinque fiorini un bue di pelo rosso (Cenci, 1974).L'identificazione di un brano superstite degli affreschi commissionati nel 1341 (Assisi, Mus. e Pinacoteca Com.; Marcucci, 1963; Scarpellini, 1969) ha reso possibile la restituzione a C. di un nucleo molto coerente di dipinti di altissimo livello conservati in Assisi, in passato variamente assegnati a Giottino, a Maso, al Maestro Colorista di Assisi e, da Longhi (1951) in poi - sulla traccia di un'ipotesi di Venturi (1907) -, prevalentemente a Stefano Fiorentino. Oltre al frammento citato con S. Francesco e Gesù bambino, il gruppo comprende capolavori come gli affreschi della cantoria della basilica inferiore di Assisi raffiguranti l'Incoronazione della Vergine e due Storie di s. Stanislao, la sublime lunetta con la Crocifissione e santi nella sala capitolare del Sacro Convento francescano, il polittico murale della Madonna con il Bambino fra quattro santi della cappella di S. Giorgio nella basilica di S. Chiara, l'Annunciazione e la Crocifissione nel monastero di S. Giuseppe, la Flagellazione, la Crocifissione e la Deposizione oggi conservate al Mus. capitolare, staccate dall'oratorio di S. Rufinuccio, dove resta ancora una figura di S. Antonio Abate.La formazione di C. va individuata nel clima di grande libertà espressiva proprio del cantiere giottesco della basilica inferiore di S. Francesco, dove, per opera del grande Maestro dell'Infanzia di Cristo, dietro cui si cela con probabilità il vero Stefano Fiorentino, e dell'umbro Maestro delle Vele, si afferma una variante originale del giottismo, che sviluppa in direzione naturalistica e gotica le premesse poste dal caposcuola negli affreschi della cappella della Maddalena. Una tendenza nettamente distinta rispetto all'evoluzione in senso monumentale di Giotto nella cappella Peruzzi, sorta all'interno della sua bottega, ma elaborata in forma autonoma dai giotteschi assisiati, di cui C. fu il geniale e più autentico erede.La pittura di C. sorprende per la mirabile capacità di definire le forme mediante il denso impasto del colore, con esiti di suprema pregnanza naturalistica, in cui verità di superficie e finezze di modellato si integrano nella larga misura delle strutture giottesche, esaltandosi all'interno di una nuova visione di profondissima penetrazione umana. C. è forse il più grande, certo il più moderno discepolo di Giotto, che prefigura quasi tutte le possibilità espressive del suo secolo e si pone come un precedente importante per la formazione del linguaggio tardogotico.A un momento non ancora inoltrato del suo percorso, per gli evidenti ricordi del transetto destro e delle vele, risale la decorazione della cantoria della basilica inferiore di S. Francesco, eseguita su commissione di un membro della famiglia Soldani di Assisi, forse il mercante Iolo (m. nel 1337). Nell'Incoronazione è evidente il debito di C. verso la cultura gotica, mentre nelle splendide Storie di s. Stanislao egli compie decisivi progressi sulla strada dell'unificazione coloristica e spaziale delle figurazioni, che non trovò continuatori fino agli Orvietani e a Gentile da Fabriano.Più antichi, di tono ancora ortodossamente giottesco, appaiono gli affreschi del monastero di S. Giuseppe - per cui esiste un possibile riferimento al 1334 (Lunghi, 1989) - ai quali è prossimo il dittico, unica opera sicura di C. su tavola, di cui restano la piccola Crocifissione (Raleigh, North Carolina Mus. of Art) e la Madonna con il Bambino tra angeli e santi (Roma, Mus. Vaticani, Pinacoteca), di quasi certa origine assisiate per la presenza della rara immagine della beata Agnese d'Assisi. Alla stessa fase di diretta ascendenza giottesca sembrano risalire anche le parti autografe del breve ciclo con storie della Passione staccato dall'oratorio di S. Rufinuccio, terminato da un aiuto (forse il socio Cecce di Saraceno) identificabile con il Maestro di S. Egidio (Todini, 1979).La matrice culturale di questi dipinti si individua con chiarezza non solo negli affreschi della basilica inferiore, ma anche in tavole uscite dalla bottega di Giotto, come il polittico Stefaneschi (Roma, Mus. Vaticani, Pinacoteca) e il c.d. dittico Strasburgo Wildenstein (Strasburgo, Mus. des Beaux-Arts; New York, Wildenstein Coll.), mentre l'Annunciazione di s. Giuseppe rielabora l'analoga scena nel ciclo absidale nella Badia fiorentina (Procacci, 1968). Al seguito di Giotto e del maestro identificabile probabilmente con Stefano Fiorentino, o come maestro indipendente, C. fu certamente attivo anche a Firenze, dove la sua fama era ancora viva ai tempi di Vasari. Da una cappella scomparsa del contado fiorentino, nella zona di Pian di Giullari, proviene il frammento di affresco con s. Antonio da Padova (già a Roma, Coll. Profili; Todini, 1989), parte di una più vasta decorazione distrutta da un incendio alla fine del secolo scorso.Restando costantemente fedele ai suoi ideali di concretezza espressiva, l'artista si evolve in direzione di una sempre maggiore verità nella resa della figura umana, puntando gradualmente a superare la tipizzazione schematica del repertorio giottesco. Nel polittico murale di S. Chiara l'inclinazione ritrattistica si accompagna a una tendenza all'ampliamento delle forme, che si accentua nel frammento del 1341. L'esito più avanzato di tale svolgimento si vede nella mirabile Crocifissione e santi del capitolo del Sacro Convento, che unisce solidità di impianto di timbro monumentale e intimamente classico con profondi accenti di verità e introspezione psicologica nella caratterizzazione dei personaggi.In Umbria la grande lezione di C. venne precocemente seguita dai maestri del ducato di Spoleto, il Maestro di Fossa e il Maestro del Crocifisso d'argento (Todini, 1986), fu ammirata più tardi da Cola Petruccioli e ancora in pieno Quattrocento dal giovane Niccolò Alunno (Todini, 1979), ma non ebbe un vero seguito locale per la grave crisi seguita alla peste del 1348. Le qualità fondamentali della sua pittura, forse per il tramite delle opere lasciate a Firenze, furono invece riprese e sviluppate dai giotteschi attivi in Lombardia verso metà secolo a S. Gottardo in Corte a Milano, all'abbazia di Viboldone e soprattutto dall'autore della Pietà di S. Remigio (Firenze, Uffizi), vale a dire il probabile Giottino.

Bibl.:

Fonti. - C. Cenci, Documentazione di vita assisana 1300-1530 (Spicilegium Bonaventurianum, 109), I, Grottaferrata 1974, pp. 85, 100; G. Vasari, Le Vite de' più eccellenti pittori scultori ed architettori scritte da Giorgio Vasari, a cura di G. Milanesi, I, Firenze 1878, pp. 394, 396, 402-404; id., Le Vite de' più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri, a cura di L. Bellosi, A. Rossi, Torino 1986, pp. 125-126, 128; Ludovico da Pietralunga, Descrizione della Basilica di S. Francesco e di altri santuari di Assisi (1570 ca.), a cura di P. Scarpellini, Treviso 1982, pp. 48, 63-65, 292-304.

Letteratura critica. - J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, A New History of Painting in Italy from the Second to the Sixteenth Century, II, London 1864, pp. 53 ss., 117 ss.; H. Thode, Franz von Assisi und die Anfänge der Kunst der Renaissance in Italien, Berlin 1885 (19042), pp. 273, 475, 551 ss.; W. Suida, Studien zur Trecentomalerei, RKw 27, 1904, pp. 385-483; Venturi, Storia, V, 1907, pp. 489-490; W. Suida, Zur Florentiner Trecentomalerei, Monatshefte für Kunstwissenschaft 1, 1908, pp. 1009-1012; O. Sirén, Giottino und seine Stellung in der gleichzeitigen florentinischen Malerei (Kunstwissenschaftliche Studien, 1), Leipzig 1908, p. 11 ss.; id., Giotto and Some of his Followers, Cambridge (MA)-London 1917, I, pp. 125 ss., 205-208; Van Marle, Development, III, 1924, p. 259 ss.; O. Sirén, Il problema Maso-Giottino, Dedalo 8, 1927-1928, pp. 395-424; P. Toesca, La pittura fiorentina del Trecento, Verona 1929, pp. 46-47; E. Zocca, Assisi (Catalogo delle cose d'arte e di antichità, 9), Roma 1936; R. Longhi, Fatti di Masolino e di Masaccio, CrArte 5, 1940, pp. 145-191: 180 n. 4; L. Coletti, Contributo al problema Maso-Giottino, Emporium 96, 1942, pp. 461-478; id., I Primitivi, II, I senesi e giotteschi, Novara 1946, pp. XLII-XLIII, XLVII; id., Il Maestro Colorista di Assisi, CrArte 8, 1949-1950, pp. 443-454; R. Longhi, Stefano Fiorentino, Paragone 2, 1951, 13 pp. 18-40; Toesca, Trecento, 1951, pp. 629-632; G. Abate, Per la storia e l'arte della Basilica di San Francesco ad Assisi, Miscellanea Francescana 56, 1956, pp. 3-36: 25-30; L. Marcucci, Dal 'Maestro di Figline' a Giottino, JBerlM 5, 1963, pp. 14-43: 26 n. 12; M. Boskovits, La Scuola di Giotto (I maestri del colore, 248), Milano 1968; U. Procacci, in The Great Age of Fresco. Giotto to Pontormo, cat., New York 1968, pp. 60-62, nr. 4; P. Scarpellini, Di alcuni pittori giotteschi nella città e nel territorio di Assisi, in Giotto e i Giotteschi in Assisi, Roma 1969, pp. 242-262; id., Un Capolavoro del Trecento umbro, Paragone 24, 1973, 279, pp. 3-31; M. Boskovits, s.v. Capanna, Puccio, in DBI, XVIII, 1975, pp.384-387; id., Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento, 1370-1400, Firenze 1975, p. 141; C.L. Ragghianti, Puccio Capanna, CrArte, s. IV, 23, 1977, 154-156, pp. 229-232; B. Zanardi, Da Stefano Fiorentino a Puccio Capanna, StArte, 1978, 33, pp. 115-127; F. Todini, Contributo alla pittura del Trecento ad Assisi: Puccio Capanna e i suoi seguaci, Esercizi 2, 1979, pp. 33-42; C. Brandi, Disegno della pittura italiana, Torino 1980, pp. 33, 39; F. Todini, Puccio Capanna, in F. Todini, B. Zanardi, La Pinacoteca Comunale di Assisi. Catalogo dei dipinti, Firenze 1980, pp. 56-58; C. Volpe, Il lungo percorso del 'dipingere dolcissimo e tanto unito', in Storia dell'arte italiana, V, Dal Medioevo al Quattrocento, Torino 1980, pp. 277-283; S. Nessi, La Basilica di S. Francesco in Assisi e la sua documentazione storica. Opere di Puccio Capanna, Assisi 1982; F. Todini, Pittura del Duecento e del Trecento in Umbria e il cantiere di Assisi, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, II, pp. 375-413: 400; E. Lunghi, Capanna, Puccio, ivi, p. 561; id., Il Museo della cattedrale di San Rufino ad Assisi, Assisi 1987, pp. 134-146; id., Catalogo delle opere di Puccio Capanna, in Puccio Capanna, cat., Assisi 1989, pp. 45-59; F. Todini, La pittura umbra. Dal Duecento al primo Cinquecento, Milano 1989, I, pp. 47-48.F. Todini

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