PYRGI

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

PYRGI

Giovanni Colonna

(Πύϱγοι, Pyrgi)

La colonia maritima romana di P. fu fondata verso il 264 a.C. sul nucleo centrale di una cittadina etrusca d'ignoto nome, che fu il porto principale di Caere (oggi Cerveteri). Il sito, prossimo alle pendici dei Monti della Tolfa, coincideva in parte con quello dove sorge il castello medievale di Santa Severa (prov. di Roma), al km 52 della via Aurelia. Il luogo era celebre nell'antichità per il santuario di Leucotea (o Ilizia), dotato di favolose ricchezze, in parte asportate nel 384 a.C. da Dionigi il Vecchio di Siracusa, nel corso di una spedizione navale contro i ''pirati'' etruschi (Ps.-Aristotele, Oec., ii, 1349 b, nonché 1353 b; Diodoro Siculo, xv, 14, 3; Strabone, v, 225 ss.; Eliano, Var. hist., i, 20; Polieno, Strategemata, v, 2, 21; Servio, ad Aen., x, 184). Nulla si sapeva dell'ubicazione del santuario fino al maggio del 1957, quando iniziarono gli scavi dell'università di Roma, per iniziativa di M. Pallottino, che lo hanno riportato quasi interamente alla luce, con scoperte tra le più rilevanti compiute dall'archeologia italiana nel dopoguerra.

Sono state rimesse in luce le poderose fondazioni in tufo di due templi monumentali, designati A e B, databili rispettivamente intorno al 470-460 a.C. e intorno al 510-500 a.C., quest'ultimo con un piccolo recinto addossato lateralmente, includente un altare cilindrico con foro verticale sull'asse e un pozzo (area C). Il tempio più antico è a pianta periptera e cella unica, di un tipo ellenizzante non altrimenti noto in Etruria, mentre il più recente è un bell'esempio di tempio a tre celle del tipo chiamato da Vitruvio "tuscanico", con pronao a tre file di colonne (come nel tempio romano dei Castori, del 484 a.C.). All'intorno sono venute in luce le fondazioni del muro di recinzione, cui è addossata sul lato fiancheggiante il tempio B un'ala di almeno venti cellette, precedute da un filare discontinuo di piccoli altari. Alle spalle del tempio A fu aperto l'ingresso principale del santuario, affacciato su un piazzale cui metteva capo la grande strada carrabile larga più di 10 m, adducente a Caere, costruita già nella prima metà del 6° secolo a.C.

Lo sfarzoso rivestimento dei tetti dei templi e degli stipiti delle loro porte, in elementi di terracotta policroma più volte parzialmente rinnovati, annovera nelle parti figurate autentici capolavori, entrati ormai in tutti i manuali di arte etrusca. Basti citare l'altorilievo di stile tardo-arcaico proveniente dal retro del tempio A, con due rari episodi della saga dei Sette contro Tebe (Capaneo fulminato e Tideo che colpisce alle spalle il morente Melanippo suscitando la ripulsa di Atena e con essa la condanna a restare mortale). Oppure le figure superstiti dell'altorilievo di stile tardo-classico della fronte dello stesso tempio, che metteva in scena la tutela offerta da Eracle all'errante Leucotea col giovane Palemone. Notevolissimi anche i pochi avanzi degli altorilievi di stile ionizzante del tempio B e, per la loro unicità iconografica, le coeve antefisse a figura intera attribuite all'ala delle venti celle, con divinità o personificazioni astrali tra le quali si riconoscono il Sole, la Notte, Lucifero a testa di gallo, Eracle e l'Aurora tra i suoi bianchi cavalli.

Le iscrizioni rinvenute − di carattere commemorativo o dichiarativo più che dedicatorio − concordano nell'additare nell'etrusca Uni, assimilata ad Astarte, la grande dea del santuario: divinità synnaoi sono Tina, il Giove etrusco (cui forse era sacra l'area C), e Thesan, l'Aurora, affine alla latina Matuta e probabilmente identificata dai Greci con Leucotea (cui forse era dedicato il tempio A, aggiunto in un secondo momento). Il ritrovamento più sensazionale (1964) è stato quello di tre lamine d'oro iscritte, due in etrusco e la terza in fenicio, commemoranti la fondazione di un culto di Uni-Astarte da parte del ''re su Caere'' Thefarie Velianas, beneficato dalla dea con tre anni di regno. L'eccezionale documento, probabilmente riferentesi al tempio B, ha segnato una svolta nella conoscenza della storia arcaica dell'Italia preromana, confermando la presenza di forti interessi cartaginesi in Etruria all'epoca del primo trattato fra Cartagine e Roma.

Dal 1984 lo scavo si è spostato su una seconda, minore area sacra, scoperta l'anno prima nel corso di una sistematica esplorazione, condotta, anche sulla scorta di una precedente prospezione geofisica, nel campo immediatamente a sud del santuario già noto. L'area, non recintata, accoglie almeno tre modeste costruzioni, di aspetto domestico, con esili muri dal basamento in pietrame e tetti coperti da semplici tegole. Due di esse (α e γ), dagli ingressi curiosamente decentrati rispetto all'asse maggiore dell'edificio, sono certamente sacelli, il primo della metà, o poco dopo, del 4° secolo, il secondo dell'epoca del tempio A. In quest'ultimo la segretezza dell'interno è accresciuta da una ''cella'' completamente chiusa e isolata, accogliente due tufi con cuppella per libazione. Notevoli anche un bothros a cista litica e soprattutto un raro esempio di altare a cumulo lenticolare di pietre brute, posto all'ingresso dell'area sacra. Dopo il sacco siracusano e forse solo alla metà del 4° secolo a.C. tutta la zona d'ingresso fu consolidata con una massicciata di ghiaia e tufelli, contenente anche un'elevata quantità di oggetti votivi: vasellame, anche attico, talora miniaturistico, aes rude, armi da getto di ferro, gioielli, statuette fittili, ecc., databili in gran parte nel 5° secolo. Le iscrizioni vascolari dedicatorie menzionano gli dei Śuri e Cav(a)tha: il primo un Apollo infero, venerato anche dai falisci e assimilato da alcuni a Dis pater, la seconda una dea solare, peraltro assimilata a quanto pare a Proserpina. Si ritiene che sia questo il santuario di Apollo, ricordato da Eliano per l'episodio più empio del sacco siracusano: l'asportazione della mensa d'argento del dio ordinata da Dionigi dopo una beffarda libazione di fine pasto.

Intorno al 273 a.C., durante il conflitto tra Roma e Caere concluso con l'annessione a Roma di metà del territorio cerite (Dione Cassio, x, fr. 33; Zonara, viii, 10), a cominciare dal litorale, sia l'area Sud che il grande santuario furono devastati (tracce d'incendio sulle terrecotte del tempio A). Templi, sacelli e ogni altro edificio furono demoliti, le terrecotte architettoniche sparse più o meno ordinatamente a terra e sepolte, i pozzi colmati (dopo avervi gettato vittime animali e monete). Il culto continuò, in forme povere, per tutto il 3° secolo a.C., attardandosi almeno nell'area Sud, come provano le monete, fino all'inizio del 1° secolo a.C. Intanto sulle rovine della parte dell'abitato fronteggiante il porto, sepolte da uno spesso riporto di terra, fu impiantata la colonia romana, di cui resta quasi intero il circuito rettangolare di mura in ottima opera poligonale di arenaria, racchiudente un'area di circa 5,5 ha, con quattro porte, di cui tre riportate alla luce. Notevoli migliorie furono arrecate al porto, che sopravvisse all'abitato e rifiorì durante il Medioevo e oltre, protetto una torre e da una rocca. Ricordato in documenti dell'11° e 12° secolo, fu giudicato ancora capace di quattro o cinque triremi dal Cluverio, cui si deve nel 1624 l'identificazione del sito con l'antica Pyrgi. Vedi tav. f.t.

Bibl.: L. Canina, in Ann. Inst., 1840, pp. 34 ss.; G. Dennis, The cities and cemeteries of Etruria, Londra 18833, pp. 289 ss.; F. Castagnoli, L. Cozza, in Papers of the British School at Rome, 25 (1957), pp. 16 ss.; M. Pallottino, in Arch. Class., 9 (1957), pp. 206 ss.; A. Ciasca, G. Colonna, G. Foti, in Not. Scavi, 1959, pp. 143 ss.; G. Colonna, ibid., 1960, pp. 263 ss.; P. De Angelis, Santa Severa, Roma 1963; M. Pallottino e altri, in Arch. Class., 16 (1964), pp. 49 ss.; G. Colonna, in Atti del Congresso internaz. di numismatica, Roma 1961, ii, Roma 1965, pp. 165 ss.; Id., in Archaeology, 19 (1966), pp. 11 ss.; AA.VV., Le lamine di Pyrgi, Quad. Linc., 147, Roma 1970; AA.VV., in Not. Scavi, 1970, suppl. ii; J.P. Oleson, in Journal of Field Archaeology, 4 (1977), pp. 297 ss.; AA.VV., Die Göttin von Pyrgi, Akten des Kolloquiums Tübingen 1979, Firenze 1981; G. Colonna, in Rend. Pont. Acc., 57 (1984-85), pp. 57 ss.; G. Colonna, F. Melis, M.P. Baglione, in Santuari d'Etruria, catalogo della mostra di Arezzo, Milano 1985, pp. 127 ss.; J. Rasmus Brandt, in Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia, s. 2, 5 (1985), pp. 65 ss.; F. Coarelli, Il Foro Boario, Roma 1988, pp. 328 ss.; M. Cristofani, in Miscellanea ceretana, i, ivi 1989, pp. 85 ss.; G. Colonna, in Scienze dell'antichità, 3-4 (1989-90), pp. 197 ss.; M.P. Baglione, ibid., pp. 658 ss.; G. Colonna e altri, Pyrgi. Il santuario etrusco e l'antiquarium, Roma 1990 (guida alla visita); F.-H. Pairault Massa, Iconologia e politica nell'Italia antica, Milano 1992, pp. 67 ss.; G. Colonna, in Rend. Pont. Acc., 64 (1991-92), in corso di stampa (area Sud); D. Briquel, Les Tyrrhènes peuple des tours, Roma 1993, pp. 201 ss.; G. Colonna, in Enciclopedia dell'Arte Antica, suppl. ii, iii, s.v. Pyrgi, in corso di stampa.

TAG

Dionigi il vecchio

Monti della tolfa

Opera poligonale

Via aurelia

Altorilievo