QUALITA DI VITA

XXI Secolo (2010)

Qualità di vita

Fabio Efficace

Nell’ultimo trentennio, nel vocabolario medico è diventato sempre più frequente l’utilizzo dell’espressione qualità di vita per definire, in modo non sempre uniforme, una serie di aspetti che vanno al di là della tradizionale valutazione clinica e ‘oggettiva’ dell’intervento medico.

Afferrare il concetto di qualità di vita è, almeno intuitivamente, abbastanza semplice, anche perché il termine è entrato nel lessico comune in molti ambiti del vivere quotidiano. Può invece non essere così facile cercare di inquadrarlo nel contesto medico, capire da dove tragga le sue radici, in quali ambiti della medicina risulti più rilevante e come possa essere di aiuto nella pratica quotidiana.

Sostanzialmente, questo termine (utilizzato soprattutto nella versione inglese, quality of life, QoL) iniziò a essere utilizzato nella sua accezione moderna a partire dagli anni Sessanta del 20° sec., quando si cominciava a parlare di welfare. Da questo momento, principalmente negli Stati Uniti, QoL è stato utilizzato per descrivere il progresso della società che non viene più misurato solo in termini quantitativi, per es., secondo il livello di ricchezza economica raggiunto. In tale ottica, sono stati messi a punto e sviluppati strumenti di misura che possano offrire indici del livello di benessere raggiunto in un dato contesto socioculturale (indicatori sociali) e che tentino di descrivere e quantificare un certo grado di benessere raggiunto da una popolazione (Rapley 2003).

Se si vuole fissare una data che costituisca l’inizio del processo attraverso il quale, con il tempo, si è arrivati a parlare di QoL in ambito medico, questa è con molta probabilità il 1948. In quell’anno, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definì ufficialmente nel suo statuto il concetto di salute come uno stato caratterizzato da un completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente dall’assenza di malattie o infermità. Tale definizione portò con sé una grande rivoluzione, poiché implicava il riferimento a uno stato di benessere dell’individuo che andasse oltre la sua capacità di ‘funzionare’ sul piano puramente biologico. Un altro aspetto rilevante è che questa definizione presupponeva una sorta di continuum nel concetto di salute tra due ipotetici estremi opposti: ottima salute e pessima salute.

In effetti, la malattia non solo danneggia aspetti prettamente biologici e funzionali dell’organismo, ma spesso – con sfumature diverse a seconda della malattia, del paziente e del contesto sociale di riferimento, per citare solo alcune variabili – incide in modo sostanziale sulla vita sociale, emotiva, familiare-relazionale e lavorativa e talvolta sul modo in cui si interpreta la vita stessa e si ordinano le proprie priorità esistenziali.

Occorre inoltre tenere in considerazione la serie di cambiamenti che sono avvenuti nelle società occidentali durante la seconda metà del 20° sec. e che hanno, in qualche modo, aperto la strada a una riconcettualizzazione dell’efficacia dell’intervento medico. In modo sommario, si possono ricordare, per es., il miglioramento degli standard sanitari (almeno nei Paesi occidentali) e i progressi della tecnologia in ambito medico, che hanno offerto a molte persone la possibilità di una diagnosi più precoce e di maggiori opzioni terapeutiche, indipendentemente dalla patologia di riferimento. È importante rilevare anche la crescente necessità di documentare in modo circostanziato e su basi più rigorose e scientifiche la reale efficacia dei trattamenti, al fine di determinare un’allocazione delle risorse sanitarie più oculata e razionale, che ha caratterizzato la politica sanitaria di molti Paesi. Si è assistito a un aumento complessivo dell’età media della popolazione, con un conseguente incremento sostanziale di patologie legate all’invecchiamento, e a una crescita notevole di diagnosi di patologie di tipo cronico-degenerativo; ciò ha posto molti pazienti di fronte alla prospettiva di convivere con la malattia e con tutto ciò che essa comporta, non avendo una realistica speranza di completa guarigione, ma solo la possibilità di un ‘controllo’ della malattia. Il modello biomedico classico, in cui la salute viene vista come l’assenza di malattia – e secondo il quale ogni patologia può essere trattata e curata – per molti anni è stato la cornice teorica di riferimento della medicina, ma con il tempo è risultato sempre più inadeguato nel valutare l’efficacia dei trattamenti e, in generale, nell’affrontare i problemi della medicina moderna (Portney, Watkins 20093). Il criterio ‘oggettivo’ non è più in grado di rispondere da solo agli interrogativi posti dalla nuova scienza medica, poiché oggi essi sono molto più complessi e articolati. In tale ottica, tenere in considerazione il punto di vista del paziente e le sue scelte in riferimento alla malattia e ai relativi possibili trattamenti è divenuto, oggi, un aspetto molto importante (Hartzband, Groopman 2009).

A partire, quindi, dalla suddetta definizione di sa­lute offerta dall’OMS, una sempre maggiore attenzione è stata via via data alla valutazione di tutti quegli aspetti che non possono essere misurati con un esame del sangue, con una radiografia o con un qualsiasi altro mezzo tradizionale di indagine clinica e/o strumentale. Pertanto, l’altro aspetto interessante di questa definizione – che ha aperto con il tempo la stra­da all’introduzione del concetto di QoL – è la centralità del paziente, del suo ruolo e della sua soggettività.

Quando ci si occupa di salute in generale, è importante quantificare e misurare ogni determinato aspetto (per es., la risposta clinica a un certo intervento terapeutico), al fine di avere tutti gli elementi per affrontare la patologia. Ma come si può misurare qualcosa che, per sua natura, è intimamente legato alle esperienze del singolo paziente, al suo vissuto personale, alla realtà socioculturale di riferimento e ad altri parametri soggettivi? Perché ci si dovrebbe occupare di valutare qualcosa che risulta così difficile misurare? Tentare di rispondere a questi interrogativi è lo scopo del presente saggio, senza tuttavia pretendere di dare una sola definizione di QoL. Valutare la QoL di un paziente è un’operazione che chiama in causa il carattere soggettivo di tale valutazione: mentre è possibile quantificare, per es., il numero dei globuli rossi o stabilire i valori di riferimento entro i quali considerare alcuni parametri del sangue come normali, ben più difficile è misurare o quantificare il benessere soggettivo di quello specifico paziente.

L’ingresso nel lessico medico di QoL – termine entrato formalmente nel 1977 nel glossario (Medical subject headings, MeSh) della statunitense National library of medicine – ha rappresentato senza dubbio un elemento di grande novità, poiché si è introdotto un aspetto per sua natura soggettivo in un ambiente tradizionalmente volto alla ricerca dell’oggettività. Nella figura 1 è riportato il numero di pubblicazioni che fanno riferimento alla voce quality of life apparse tra il 1977 e il 2007 sui MeSH (così come segnalate da PubMed, uno dei data-base scientifici più utilizzati in ambito medico): è evidente la crescente attenzione riservata all’argomento.

Terminologia

Data l’eterogeneità della terminologia correntemente utilizzata nella letteratura medica in riferimento ad aspetti legati alla QoL del paziente, è bene fare alcune distinzioni. Sebbene i confini tra le seguenti definizioni siano sfumati, esse daranno al lettore una prima chiave interpretativa per addentrarsi nella letteratura specialistica. Nei citati MeSh, il termine health status viene definito come il livello di salute (di un individuo, di un gruppo o di una popolazione) soggettivamente percepito oppure rilevato attraverso misure più oggettive. QoL, invece, indica sostanzialmente un concetto generico che riflette il modo in cui le persone percepiscono e affrontano il proprio stato di salute e altri aspetti della vita in generale (ivi inclusi quelli sociali e politici); quindi, tale concetto assume connotati molto ampi.

Non esiste un’unica definizione di QoL, e nella letteratura ne sono state proposte diverse, ognuna delle quali enfatizza un aspetto e si richiama comunque a determinate teorie di riferimento. Per es., il gruppo di lavoro sulla QoL dell’OMS proponeva nel 1995 la seguente definizione: «La percezione dell’individuo della propria posizione nella vita nel contesto dei sistemi culturali e dei valori di riferimento nei quali è inserito e in relazione ai propri obiettivi, aspettative, standard e interessi» (WHOQOL, The World health organization quality of life assessment, Position paper from the World health organization, «Social science and medicine», 1995, 41, 10, p. 1405). È bene evidenziare che, in generale, quando si parla di QoL tutte le definizioni prendono in considerazione aspetti che vanno al di là delle condizioni di salute dell’individuo, per includerne di molto generici, che difficilmente possono essere valutati e misurati nella pratica medica.

Un’altra espressione introdotta più di recente nella letteratura scientifica è health-related quality of life (HRQoL). Tale espressione, seppure anch’essa generica, risulta più circoscritta di QoL, e pone l’accento su quegli aspetti di qualità di vita che sono maggiormente influenzati dallo stato di salute. HRQoL è una formula più rilevante in campo medico, poiché fa riferimento alle condizioni di salute del soggetto e a quanto un’eventuale malattia e/o degli interventi medici possano influire sulla sua vita.

Occorre sottolineare, comunque, che nella letteratura medico-scientifica QoL viene molte volte utilizzato come sinonimo di HRQoL, in particolare quando ci si riferisce a soggetti affetti da una determinata patologia. Per semplicità terminologica, in questa sede si utilizzerà QoL in questa accezione. Sebbene l’introduzione del concetto di HRQoL non abbia completamente risolto il dibattito sul problema della definizione, essa ha certamente permesso di compiere un grande passo avanti verso una maggiore chiarezza concettuale. In tale ottica si è quindi stabilita una sorta di linea di demarcazione tra la qualità di vita intesa in ambito generale e quella riferita esclusivamente allo stato di salute (Outcomes assessment in cancer, 2005).

Attualmente esiste nella letteratura internazionale un ampio consenso su alcuni aspetti fondamentali del concetto di QoL in medicina, in particolare sul fatto che esso sia un costrutto soggettivo (ossia che deve essere valutato, in linea di principio, dal paziente stesso), multidimensionale, dinamico (ovvero che può variare nel tempo in base a diversi fattori) e culturalmente correlato. Riguardo a quest’ultimo aspetto, la letteratura ha evidenziato come gruppi culturali diversi possano in effetti valutare in modo diverso quali siano gli elementi che maggiormente contribuiscono a determinare la loro QoL (Scott, Fayers, Aaronson et al. 2008). Per quanto concerne la multidimensionalità del costrutto di QoL (probabilmente la sua caratteristica più distintiva e importante) vi è oggi un ampio consenso su alcuni aspetti fondamentali che ogni strumento volto a quantificarla deve necessariamente considerare: funzionamento e benessere fisico; funzionamento e benessere psicologico (principalmente aspetti emotivi e cognitivi); funzionamento e benessere sociale; sintomi fisici (sia quelli relativi alla specifica patologia sia quelli derivati dai possibili trattamenti per quella patologia).

Infine, in riferimento alla terminologia utilizzata nella letteratura, occorre evidenziare che la Food and drug administration (FDA), l’ente federale preposto alla regolamentazione dei farmaci negli Stati Uniti, ha supportato sempre più l’utilizzazione di un termine di più ampio respiro, patient-reported outcomes (PROs). Sebbene una traduzione letterale non sia possibile, potremmo usare quella di ‘esiti/risultati riportati dal paziente’. Il termine è comprensivo di qualsiasi tipo di rilevazione sullo stato di salute che venga direttamente dal paziente, sia che si tratti di una rilevazione di natura multidimensionale (quale appunto quella di QoL come precedentemente delineata) sia di una rilevazione di natura più circoscritta, che si focalizzi, per es., su sintomi specifici o su determinate limitazioni funzionali (Acquadro, Berzon, Dubois et al. 2003). L’approccio terminologico sostenuto dalla FDA trova il suo punto di forza nel fatto che permette di abbracciare un ampio spettro di costrutti teorici, i quali devono essere riportati esclusivamente dal paziente. In tale ottica, si noti come la QoL possa essere considerata uno dei tanti possibili PROs. Il lettore troverà spesso anche questo termine nella letteratura medica.

Strumenti di rilevazione

Un aspetto che va sottolineato è il fatto che la vera rivoluzione avvenuta in ambito medico nell’ultimo ventennio non riguarda tanto la scoperta dell’importanza della QoL del paziente, quanto piuttosto la necessità di cominciare a ‘misurare’ la QoL in modo più sistematico e con strumenti appositamente costruiti. In effetti, la QoL del paziente è sempre stata in modo più o meno esplicito al centro dell’agire del medico. Basti pensare, per es., alla semplice domanda con cui spesso si viene accolti in uno studio medico, ovvero: «Come si sente?». Questa semplice frase può essere considerata, in fondo, una sorta di valutazione informale della QoL (Parmet 2002). Quello che è cambiato nel corso degli anni e attraverso i progressi della scienza, è stato il metodo di rilevazione della QoL, che si è sempre più affinato, passando da metodi di rilevazione indiretti e rudimentali a metodi via via più sofisticati e centrati sulla prospettiva del paziente stesso. Già ai tempi dell’antica Grecia venivano messe in atto delle rappresentazioni teatrali allo scopo di alleviare le sofferenze dei malati distogliendo la loro attenzione dai sintomi delle proprie malattie. Durante queste rappresentazioni l’espressione del paziente veniva accuratamente monitorata al fine di capire se e quanto egli fosse emotivamente coinvolto. Un esempio più vicino a noi di misurazione indiretta della QoL del paziente si ha con l’introduzione, alla fine degli anni Quaranta del 20° sec., dell’indice di Karnofsky, tramite il quale il medico valutava aspetti relativi alla funzionalità del paziente su una scala da 0 a 100 (Bottomley 2008). Sebbene oggi l’indice di Karnofsky non sia considerato come una misura di QoL del paziente (perché non riflette la percezione del paziente ma quella del medico, e perché valuta solo aspetti relativi all’autonomia funzionale), è bene sottolineare come l’introduzione di questa scala di valutazione nella pratica medica abbia rappresentato un importante passo avanti nell’aprire la strada a una nuova generazione di strumenti sempre più specifici e metodologicamente affidabili.

Oggi, in ambito medico misurare la QoL significa essere in grado di ridurre un fenomeno soggettivo a una serie di indici che permettano di effettuare inferenze il più possibile informative. Nella pratica comune, la QoL si rileva solitamente attraverso la somministrazione di brevi questionari. In generale, questi strumenti vengono costruiti non tanto per fornire un indice unico e complessivo della QoL percepita dal paziente, quanto per dare al medico un profilo multidimensionale della sua QoL (che contempli almeno le aree indicate nel paragrafo precedente).

Negli ultimi trent’anni, sono stati sviluppati centinaia di strumenti per misurare la salute percepita e la QoL in molte condizioni patologiche: patologie cardiovascolari, oncologiche, dermatologiche, del sistema immunitario e dell’apparato respiratorio, solo per citarne alcune, in pazienti adulti; inoltre esistono strumenti sviluppati per l’età pediatrica o adolescenziale. Un data-base contenente molti degli strumenti che vengono utilizzati in questo campo è PROQOLID (Patient-Reported Outcome and Quality Of Life Instruments Database), sviluppato dal Mapi research institute con sede a Lione. Il gruppo statunitense FACIT (Functional Assessment of Chronic Illness Therapy) ha sviluppato una serie di strumenti di rilevazione da impiegare nelle patologie croniche.

Data l’attuale grande disponibilità di questionari (o scale) di valutazione in quest’area, può essere talvolta arduo per il medico o il ricercatore individuare quale sia quello più appropriato allo specifico contesto di applicazione. È importante, inoltre, che chi si avvicina all’utilizzo di questi strumenti sia in grado di distinguere la reale solidità scientifica che c’è dietro il processo di sviluppo e validazione del questionario specifico. Del resto, tali strumenti devono rispondere a molteplici caratteristiche psicometriche (in primis validità e attendibilità dello strumento) per poter essere utilizzati con successo e fornire informazioni solide sul piano clinico.

Le misure di salute e QoL possono essere sommariamente suddivise nelle seguenti categorie: strumenti generici, strumenti specifici, strumenti specifici per particolari aree di QoL.

Strumenti generici

Si tratta di questionari che possono essere impiegati per descrivere lo stato di salute soggettivo e la QoL di diverse tipologie di pazienti; essi consentono anche di comparare i profili di salute di diversi gruppi di pazienti indipendentemente dalla patologia. Tali strumenti non vengono validati, quindi, su popolazioni specifiche di pazienti, e possiedono un’estrema versatilità applicativa. L’implicita limitazione è quella di non riuscire a offrire un profilo di QoL specifico quando si voglia centrare l’attenzione su un particolare gruppo di pazienti affetti da una determinata malattia. Soprattutto nel caso di studi comparativi, nei quali si voglia valutare l’effetto di una terapia sperimentale in termini di QoL su due gruppi di pazienti affetti dalla stessa patologia, questi strumenti (se non sono utilizzati insieme ad altri tipi di misurazione più specifici) potrebbero non essere abbastanza precisi da rilevare differenze significative. Uno strumento degno di nota, data la sua provata efficacia metodologica, è il 36-item short-form health survey della RAND corporation (più conosciuto con l’acronimo SF-36). È uno degli strumenti di rilevazione generici più utilizzati al mondo, e si compone di 36 domande che indagano le seguenti aree della salute: attività fisica, limitazioni di ruolo dovute alla salute fisica, attività sociali, limitazioni di ruolo dovute allo stato emotivo, salute mentale, dolore fisico, vitalità, percezione generale di salute. La figura 2 illustra i profili di QoL di un campione di soggetti italiani coinvolti nel processo di validazione del questionario SF-36. Si noti come l’impiego di questi strumenti generici possa fornire, tra l’altro, un utile mezzo per valutare quanto patologie diverse influiscano in maniera differente su particolari aree di QoL (Apolone, Mosconi, Ware Jr 2000).

Strumenti specifici

In questa seconda categoria rientrano i questionari sviluppati per valutare una serie di aspetti che possono influire sulla QoL di pazienti con patologie specifiche o comunque sottoposti a determinati trattamenti. In quest’ultimo caso i questionari mirano a cogliere quali aree della QoL e in che misura siano maggiormente influenzate dalla specifica terapia a cui il paziente è sottoposto: è facile immaginare come un paziente che abbia subito un trapianto di midollo osseo possa presentare uno spettro di problemi di salute rilevabili soltanto attraverso l’utilizzo di un questionario ad hoc.

In generale, essendo strumenti molto specifici, tali questionari vengono impiegati nelle sperimentazioni cliniche per valutare l’efficacia complessiva di una nuova terapia secondo la prospettiva del paziente. In particolare, risultano utili negli studi prospettici poiché sono in grado di rilevare variazioni in termini di QoL nel corso del tempo. In alcuni contesti medici, per es. quello oncologico, esistono strumenti per valutare specificamente la QoL in pazienti affetti dalle più svariate patologie (come tumori del seno, del polmone, della prostata). Uno di questi è il QLQ-C30 dell’EORTC (European Organisation for Research and Treatment of Cancer).

Strumenti specifici per particolari aree di QoL

I questionari della terza categoria hanno in comune con i precedenti la caratteristica di essere compilati dal paziente stesso, e si possono definire strumenti per la valutazione dei PROs. Non essendo per loro natura multidimensionali, non potrebbero essere considerati veri e propri strumenti di misura di QoL (il cui presupposto teorico è appunto la multidimensionalità). Tuttavia, data la varietà terminologica presente nella letteratura, in certe situazioni l’utilizzo in una ricerca anche di tali questionari è stato indicato come valutazione di QoL. Mentre le prime due categorie di strumenti prevedono la valutazione di più aspetti della QoL e della salute del paziente, questa categoria comprende questionari che valutano esclusivamente aspetti specifici, indipendentemente dalla patologia di riferimento, per es. ansia, depressione, funzionamento fisico, supporto sociale, dolore o stanchezza. In alcune situazioni, il medico potrebbe essere interessato a valutare solo un aspetto che si ritenga molto influenzato dalla particolare terapia: per es., in un’ipotetica situazione di ricerca in cui si comparino due tipi di interventi chirurgici di già provata efficacia clinica, si potrebbe essere interessati a eventuali differenze in termini di dolore postintervento. In tal caso, il risultato di un questionario che rilevi il livello di dolore percepito dal paziente potrebbe essere considerato un outcome decisamente importante, e potenzialmente determinante per decidere quale intervento risulti migliore.

Scelta dello strumentodi rilevazione

Effettuata questa classificazione degli strumenti, occorre sottolineare come la scelta di uno di essi debba necessariamente essere motivata da varie considerazioni. Infatti, misurare la QoL o altri aspetti della sa­lute in ambito medico significa avere uno specifico quesito clinico a cui rispondere e, conseguentemente, individuare lo strumento di rilevazione che meglio possa rispondervi. Mentre non può esistere il questionario migliore in assoluto, esisterà probabilmente il questionario (o la scala di rilevazione) più adatto alla specifica situazione.

Spesso tale scelta non è semplice, poiché dipende da molti aspetti contingenti, e il medico (o il ricercatore) potrebbe essere inizialmente disorientato dalla quantità di strumenti sviluppati nell’ultimo ventennio, molto spesso simili tra loro. Ferme restando le considerazioni che do­vrebbero sempre spingere il medico alla ricerca di strumenti metodologicamente forti (con alle spalle solidi dati di validazione e interpretazione clinica dei punteggi), esistono poi molti altri fattori da ponderare per la scelta dello strumento. I fattori legati al setting della ricerca (per es., tipologia di pazienti coinvolti, durata dello studio e risorse disponibili) sono molto importanti. In uno studio prospettico su pa­zienti in fase avanzata di malattia, che richiedesse necessariamente un monitoraggio della QoL in tempi molto ravvicinati tra loro, un questionario breve e con domande molto chiare e dirette sarebbe senza dubbio consigliabile.

Nella tabella si indicano alcuni tra gli strumenti più rappresentativi, sia per ragioni storiche sia per frequenza di utilizzo nella letteratura medica.

Principali contesti di applicazione

Il panorama medico generale, principalmente nei Paesi industrializzati, negli ultimi anni è molto cambiato, diventando sempre più complesso e articolato: per es., è aumentata in modo considerevole la disponibilità di trattamenti o approcci terapeutici a disposizione dei medici, e ciò ha introdotto un ulteriore fattore di complessità nella scelta. Un altro aspetto importante è il cambiamento avvenuto nel rapporto medico-paziente, che ha visto il paziente diventare ‘attore’ sempre più attivo, insieme al medico, nel processo decisionale relativo al percorso terapeutico. Se si volessero riassumere in una sola le ragioni per cui è opportuno valutare la QoL del paziente, essa sarebbe quella di ‘avere informazioni’: informazioni derivate dal paziente, che siano utili nel guidare la pianificazione di interventi terapeutici, nell’implementazione di specifici programmi di supporto, nel documentare l’efficacia degli interventi medico-sanitari e di programmi di riabilitazione e nella descrizione dell’impatto di quella patologia e di eventuali trattamenti su quello specifico gruppo di pazienti.

Attraverso studi di tipo principalmente descrittivo, è stato possibile identificare quali siano le aree di QoL maggiormente influenzate in molti tipi di patologie, stabilendo dei veri e propri profili di salute. In generale, queste informazioni sono utili per identificare le aree della salute alle quali prestare maggiore attenzione per una specifica patologia e/o trattamento, e, quindi, per agevolare la pianificazione di interventi terapeutici e di supporto mirati (siano questi volti ad aspetti psicosociali o ad aspetti di natura prettamente medica). Oggi sono disponibili numerosi profili di QoL: per es., utilizzando la citata SF-36 è stato possibile identificare la presenza di sintomi, quali stanchezza e dolore, comuni a pazienti con diabete, con artrite reumatoide, con problemi cardiaci e con alcune patologie oncologiche (J.E. Ware, M. Kosinski, S.D. Keller, SF-36 physical and mental health summary scales. A user’s manual, 1994).

Esistono poi molti studi, condotti al fine di valutare gli effetti a lungo termine di una terapia, che hanno permesso di identificare, anche a distanza di molto tempo dalla terapia, specifiche aree di QoL particolarmente compromesse.

Alcuni parametri dello stato di salute soggettivo del paziente possono inoltre fornire importanti informazioni prognostiche, relative alla futura risposta al trattamento o addirittura alla sopravvivenza. Per es., in diverse patologie neoplastiche, soprattutto in fase avanzata, si è visto che la percezione soggettiva di alcuni parametri di QoL fornisce informazioni relative alla sopravvivenza che sono indipendenti dai parametri clinici e di laboratorio tradizionalmente utilizzati (Efficace, Innominato, Bjarnason et al. 2008; Gotay, Kawamoto, Bottomley, Efficace 2008; Meyer, Fortin, Gélinas et al. 2009; Quinten, Coens, Mauer et al. 2009). Queste evidenze riportate in pazienti oncologici, insieme a molti altri studi simili condotti in pazienti con altre patologie, forniscono un ulteriore fondamento scientifico all’importanza di una misurazione sistematica della QoL nel contesto sia della ricerca sia della pratica clinica. Tali osservazioni scientifiche, in effetti, dimostrano nella maniera più palese che le informazioni rilevate attraverso la compilazione di questi strumenti sono uniche e non possono essere dedotte con altri metodi di rilevazione indiretta (ossia che non richiedano un’autovalutazione da parte del paziente stesso).

Sebbene molte questioni di natura metodologica restino ancora da chiarire, è importante evidenziare un altro recente campo applicativo di grande interesse, ovvero quello della valutazione della QoL nella pratica medica quotidiana (Fung, Hays 2008). La letteratura scientifica degli ultimi dieci anni ha rivelato come una valutazione formale (attraverso la somministrazione di brevi questionari) possa, in effetti, avere dei risvolti potenzialmente importanti, migliorando significativamente la qualità della comunicazione medico-paziente, nonché alcuni aspetti della sfera emotiva del paziente stesso (Velikova, Booth, Smith et al. 2004). La possibilità di utilizzare brevi questionari standardizzati può permettere al clinico di avere un profilo sistematico dello stato di salute percepito dal paziente (in riferimento alla patologia e/o trattamento) e di evidenziare aspetti che potrebbero altrimenti essere sottovalutati o trascurati. La tecnologia ha recentemente offerto la possibilità di implementare questo tipo di valutazione con supporti elettronici (per es., attraverso la tecnologia touch-screen), agevolandone sempre più le procedure di somministrazione nella pratica medica quotidiana. Tali aspetti del rapporto medico-paziente assumono un valore ancora più importante in patologie di tipo cronico, in cui questo rapporto si configura lungo un continuum terapeutico che può durare mesi o anni. Essendo tale campo applicativo relativamente recente, è possibile intravedere una sua probabile implementazione nei prossimi anni.

Misura di outcome

Una sezione a parte merita lo studio della valutazione della QoL come misura di outcome (esito/risultato), poiché in questo ambito si è assistito al maggior impiego degli strumenti di QoL.

In molte ricerche è fondamentale riportare e documentare i risultati attraverso indicatori di esito. Da sempre la medicina misura l’efficacia di un nuovo farmaco o di un nuovo approccio/intervento terapeutico in termini di outcomes più o meno ‘oggettivamente’ misurabili, come la sopravvivenza complessiva, la sopravvivenza libera da progressione di malattia, la risposta clinica, il grado di tossicità del trattamento stesso e l’andamento di diversi parametri di laboratorio. Introdurre la QoL (o qualsiasi altro tipo di PROs) come ulteriore misura di outcome in una ricerca clinica può fornire indicazioni aggiuntive di assoluto rilievo. Rispetto a tutti i parametri tradizionalmente utilizzati come misura di outcome (quelli precedentemente menzionati e molti altri comunemente utilizzati), la QoL è l’unica misura che possa fornire la prospettiva del paziente.

Sebbene la QoL sia stata indagata nei più svariati contesti di ricerca, uno dei campi più rappresentativi è stato quello dei cosiddetti studi di fase III. In questi studi viene testata l’efficacia di un nuovo potenziale trattamento in due o più gruppi di pazienti. La QoL, in tali contesti, viene generalmente misurata in modo prospettico durante il corso della ricerca, con lo scopo di monitorare gli effetti del trattamento anche dal punto di vista del paziente. La QoL può essere misurata sia come outcome primario (quindi come obiettivo principale della ricerca) sia come outcome secondario. Valutare la QoL significa, sostanzialmente, introdurre in modo formale la prospettiva del paziente (relativamente all’impatto della malattia e agli effetti del trattamento) quale importante parametro di valutazione dell’efficacia dell’intervento che viene testato.

La letteratura scientifica ha ormai ampiamente dimostrato che il punto di vista del paziente è assolutamente unico, e non può essere desunto dagli altri tipi di indicatori clinici utilizzati nella ricerca né dal giudizio del medico. Solo per citare un esempio, non è raro vedere che, negli studi clinici, molte volte i dati relativi alla tossicità di un trattamento (rilevati dal medico) non vanno nella stessa direzione dei dati della QoL riportati dal paziente. Quindi, in un ipotetico studio in cui venisse testato un farmaco sperimentale (a fronte di un farmaco standard) e venissero coinvolti due gruppi di pazienti (quelli trattati con il farmaco sperimentale, ossia il gruppo A, e quelli con il farmaco standard, gruppo B), nel caso la ricerca dimostrasse un’eventuale maggiore tossicità del farmaco sperimentale nel gruppo A, questa potrebbe non tradursi ipso facto in una peggiore QoL percepita dai pazienti di tale gruppo. Di qui l’importanza di misurare la percezione del paziente al fine di non perdere informazioni estremamente preziose per valutare al meglio l’impatto di una nuova potenziale terapia. In letteratura ci sono vari esempi che attestano come l’introduzione della QoL quale misura di outcome abbia contribuito a una più completa valutazione dell’efficacia di un determinato trattamento (Assessing quality of life in clinical trials, 20052). Sebbene in numero esiguo, esistono farmaci che sono stati addirittura approvati principalmente sulla base di un miglioramento in termini di sintomi percepiti dal paziente (Rock, Kennedy, Furness et al. 2007).

La valutazione della QoL è rilevante nel fornire informazioni utili a supportare e facilitare le scelte mediche sia in studi in cui sono paragonati trattamenti che non hanno intenti curativi sia in quelli che potenzialmente possono avere intenti curativi.

Negli studi in cui vengono comparati trattamenti che non hanno intenti curativi, l’obiettivo primario non è quello di testare un approccio che abbia realistiche possibilità di cura, quanto quello, per es., di alleviare i sintomi del paziente. In una sperimentazione su pazienti affetti da carcinoma dell’esofago in fase avanzata, si pensi a come la diminuzione della disfagia possa essere di per sé un obiettivo fondamentale della sperimentazione stessa. In tale contesto, rientrano anche i trattamenti per pazienti affetti da patologie croniche. In tutte queste situazioni, la valutazione della QoL (o di altri tipi di PROs) dovrebbe essere sempre considerata tra gli obiettivi primari dello studio.

Per quanto riguarda gli studi in cui vengono comparati trattamenti con intenti curativi, i dati relativi alla QoL del paziente forniscono sempre importanti informazioni per valutare l’efficacia globale del trattamento che viene testato. I dati di QoL che emergono da questi studi dovrebbero poi essere utilizzati per informare il paziente su quelle che potrebbero essere le eventuali conseguenze di un trattamento sulla sua QoL. È importante rilevare che la valutazione della QoL in uno studio comparativo deve essere pianificata a priori ed essere parte integrante del protocollo della ricerca. Nel protocollo, quindi, deve essere affrontata una serie di questioni, quali la scelta del questionario più adatto allo scopo, la descrizione delle motivazioni per la valutazione della QoL in quella particolare ricerca, un dettagliato piano per affrontare una serie di questioni metodologiche e logistiche (per es., tempi e procedure di raccolta dei dati di QoL, training e linee guida per i somministratori), nonché un piano di analisi dei dati.

In generale, la letteratura medica ha evidenziato che, indipendentemente dal disegno della ricerca (si tratti o meno di uno studio comparativo), una valutazione della QoL del paziente che non si attenga a determinati parametri di rigore metodologico non riesce a dare informazioni utili.

Qualità di vita in oncologia

L’oncologia rappresenta il campo medico nel quale probabilmente la valutazione della QoL ha compiuto i maggiori progressi, sia per il numero di pubblicazioni sia per i traguardi raggiunti in termini di consensi della comunità internazionale oncologica. Solo per citare alcuni esempi, l’American society of clinical oncology pone la valutazione della QoL tra le principali misure di outcome negli studi clinici oncologici da oltre un decennio; mentre già a partire dal 1985, la FDA considerava un miglioramento inteso in termini di QoL come possibile parametro per l’immissione sul mercato di un nuovo farmaco antitumorale. Tra gli obiettivi ufficiali e strategici identificati dal National cancer institute degli Stati Uniti vi è oggi in primo luogo quello di migliorare la qualità di vita dei pazienti oncologici e delle loro famiglie (National cancer institute 2006).

I progressi avvenuti nel campo della ricerca oncologica hanno ampliato le possibilità di vita dei pazienti, aumentandone in molti casi le possibilità di sopravvivenza e di guarigione: si pensi, per es., ai traguardi ottenuti nella cura dei tumori della mammella in fase precoce o in alcuni tipi di leucemie. Ciononostante, il numero complessivo di persone colpite da patologia neoplastica è sempre maggiore, anche in relazione all’aumento della vita media della popolazione. Di conseguenza, in molti casi il paziente oncologico si trova a dover convivere con la patologia e con gli effetti dei relativi trattamenti, spesso per un periodo prolungato della sua vita. I trattamenti che vengono solitamente utilizzati in ambito oncologico, a differenza di quanto avviene in altri ambiti della medicina, hanno degli effetti collaterali rilevanti sulla vita dei pazienti; tali terapie non solo causano normalmente una serie di sintomi (come nausea o grave astenia) e limitazioni funzionali, ma quasi sempre investono pesantemente anche la sfera sociorelazionale, psicologica e affettiva del paziente.

Nei casi in cui alla specifica diagnosi oncologica non possa seguire una realistica aspettativa di guarigione, i trattamenti attualmente disponibili sono molto limitati in termini di efficacia clinica, e spesso generano notevoli effetti collaterali. È facile capire, quindi, quanto il punto di vista del paziente, valutato attraverso la rilevazione sistematica e formale della QoL, debba rivestire un ruolo centrale nelle scelte terapeutiche.

Bibliografia

G. Apolone, P. Mosconi, J. Ware Jr, Questionario sullo stato di salute SF-36. Manuale d’uso e guida all’interpretazione dei risultati, Milano 2000.

Sh. Parmet, Quality of life, «JAMA. The journal of the American medical association», 2002, 288, 23, p. 3070.

C. Acquadro, R. Berzon, D. Dubois et al., Incorporating the patient’s perspective into drug development and communication. An ad hoc task force report of the Patient-reported outcomes (PRO) harmonization group meeting at the Food and drug administration, February 16, 2001, «Value in health», 2003, 6, 5, pp. 522-31.

M. Rapley, Quality of life research. A critical introduction, London 2003.

G. Velikova, L. Booth, A.B. Smith et al., Measuring quality of life in routine oncology practice improves communication and patient well-being. A randomized controlled trial, «Journal of clinical oncology», 2004, 22, 4, pp. 714-24.

Assessing quality of life in clinical trials. Methods and practice, ed. P.M. Fayers, R.D. Hays, Oxford-New York 20052 (in partic. D. Osoba, Helath-related quality of life outcomes in clinical trials, pp. 259-74).

Outcomes assessment in cancer. Measures, methods and applications, ed. J. Lipscomb, C.C. Gotay, C. Snyder, Cambridge 2005 (in partic. C. Ferrans, Definitions and conceptual models of quality of life, pp. 14-30).

National cancer institute, The NCI strategic plan for leading the nation to eliminate the suffering and death due to cancer, Washington D.C. 2006.

E.P. Rock, D.L. Kennedy, M.H. Furness et al., Patient-reported outcomes supporting anticancer product approvals, «Journal of clinical oncology», 2007, 25, 32, pp. 5094-99.

A. Bottomley, The journey of health-related quality of life assessment, «The lancet oncology», 2008, 9, 9, p. 906.

F. Efficace, P.F. Innominato, G. Bjarnason et al., Validation of patient’s self-reported social functioning as an independent prognostic factor for survival in metastatic colorectal cancer patients. Results of an international study by the Chronotherapy group of the European organization for research and treatment of cancer, «Journal of clinical oncology», 2008, 26, 12, pp. 2020-26.

C.H. Fung, R.D. Hays, Prospects and challenges in using patient-reported outcomes in clinical practice, «Quality of life research», 2008, 17, 10, pp. 1297-302.

C.C. Gotay, C.T. Kawamoto, A. Bottomley, F. Efficace, The prognostic significance of patient-reported outcomes in cancer clinical trials, «Journal of clinical oncology», 2008, 26, 8, pp. 1355-63.

N.W. Scott, P.M. Fayers, N.K. Aaronson et al., The relationship between overall quality of life and its subdimensions was influenced by culture. Analysis of an international database, «Journal of clinical epidemiology», 2008, 61, 8, pp. 788-95.

P. Hartzband, J. Groopman, Keeping the patient in the equation-humanism and health care reform, «The New England journal of medicine», 2009, 361, 6, pp. 554-55.

F. Meyer, A. Fortin, M. Gélinas et al., Health-related quality of life as a survival predictor for patients with localized head and neck cancer treated with radiation therapy, «Journal of clinical oncology», 2009, 27, 18, pp. 2970-76.

L.G. Portney, M.P. Watkins, Foundations of clinical research. Applications to practice, Upper Saddle River (N.J.) 20093.

Ch. Quinten, C. Coens, M. Mauer et al., Baseline quality of life as a prognostic indicator of survival. A meta-analysis of individual patient data from EORTC clinical trials, «The lancet oncology», 2009, 10, 9, pp. 865-71.