TARANTINO, Quentin

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

TARANTINO, Quentin (propr. Quentin Jerome)

Simone Emiliani

Regista, sceneggiatore, attore e produttore statunitense, nato a Knoxville (Tennessee) il 27 marzo 1963. Tra i più importanti cineasti statunitensi emersi dall’inizio degli anni Novanta, con il suo stile unico e inconfondibile, identificabile anche da una sola inquadratura, è autore di un cinema dall’immaginario prorompente in cui si fondono immagini, colori, musiche, dialoghi anche lunghissimi che creano il ritmo del film.

Django unchained

Appassionato del cinema italiano di genere (dall’horror di Mario Bava e Lucio Fulci ai thriller di Dario Argento, dai ‘poliziotteschi’ di Fernando Di Leo agli spaghetti-western di Sergio Leone), nel suo universo immaginativo sono entrati in gioco anche i film di kung fu, la blaxploitation e il noir rivisitato in senso post moderno. Sul filo della sua cinefilia, mai esibita, un dettaglio ripreso da altri film, un brano di una colonna sonora, la presenza di un attore che ha rappresentato un’icona nel passato o in un genere cinematografico appaiono frammenti di una memoria personale e, combinati con i tipici elementi del suo stile, producono una miscela esplosiva in cui la violenza e l’humour convivono. Amato dal grande pubblico, con Pulp fiction (1994) ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes e l’Oscar per la miglior sceneggiatura, riconoscimento ottenuto anche per Django unchained (2012).

Messosi subito in luce con il suo primo lungometraggio, Reservoir dogs (1992; Le iene), e raggiunta la consacrazione di pubblico e critica con Pulp fiction, dopo essere stato sceneggiatore e protagonista di From dusk till down (1996; Dal tramonto all’alba) di Robert Rodriguez e avere reso omaggio alla blaxploitation e alla sua eroina Pam Grier con Jackie Brown (1997), ha poi diretto Kill Bill. Vol. 1 (2003; Kill Bill - Volume 1) e Kill Bill. Vol. 2 (2004; Kill Bill - Volume 2). Sul corpo dell’attrice più rappresentativa del suo cinema, Uma Thurman (nel ruolo di una donna in cerca di vendetta dopo che nel giorno del suo matrimonio ha assistito al brutale omicidio del marito e degli invitati), ha fatto convivere Bruce Lee (richiamato dalla tuta gialla con le strisce nere) e Jeanne Moreau di La mariée était en noir (1968; La sposa in nero) di François Truffaut. Ha poi firmato Death proof (2007; Grindhouse - A prova di morte), primo di due lungometraggi horror (l’altro, Planet terror, è stato diretto da Rodriguez sempre nel 2007), ispirato alle graphic novel e chiaro omaggio al cinema on the road e agli slasher-movies (i film horror con maniaco omicida che perseguita spesso un gruppo di adolescenti) degli anni Settanta. Il suo cinema è sempre stato riconoscibilissimo, ma si è anche messo ogni volta in discussione percorrendo nuove strade. È questo il caso di Inglorious basterds (2009; Bastardi senza gloria), ambientato in Francia durante la Seconda guerra mondiale e incentrato su un gruppo di soldati di origini ebraiche incaricati di uccidere il maggior numero di nazisti ed eliminare Adolf Hitler durante l’anteprima di un film organizzata da Joseph Goebbels. Oltre a rendere omaggio a Quel maledetto treno blindato (1977) di Enzo G. Castellari, T. ha fatto suo il taglio epico tipico del cinema bellico classico, trasfigurandolo però attraverso il suo sguardo: chiare le contaminazioni con il cinema demenziale che si combinano con l’energia sottesa alle opere di Robert Aldrich. I riferimenti cinefili sono inoltre frequenti anche nei nomi dei personaggi, mentre nel gioco delle ombre e nel modo in cui è stato illuminato il set sono evidenti i riferimenti (sempre istintivi e non calcolati) all’espressionismo tedesco. E T. ha guardato ancora al cinema di genere italiano con Django unchained, rivisitazione del film di Sergio Corbucci del 1966 ritrasformato in un western sulla schiavitù sospeso tra tradizione e modernità, passato e futuro. Gli Stati Uniti del Sud alla vigilia della guerra civile sono stati filtrati attraverso il suo sguardo irriverente e appassionato, con una violenza delirante che fa muovere gli attori (Leonardo DiCaprio, Jamie Foxx, Christoph Waltz) come burattini impazziti, in una sorta di kammerspiel dipinto da colori accesi.

Bibliografia: A. Morsiani, Quentin Tarantino, Roma 2005; Quentin Tarantino, a cura di V. Zagarrio, Venezia 2009; S. Foundas, Quentin Tarantino, Paris 2013.

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