QUEVEDO y VILLEGAS, Francisco de

Enciclopedia Italiana (1935)

QUEVEDO y VILLEGAS, Francisco de

Salvatore Battaglia

Scrittore, poeta e uomo politico spagnolo, nato a Madrid nel 1580, morto a Villanueva de las Infantes nel 1645. Il padre, Pedro Gómez de Quevedo, era segretario della principessa Maria d'Austria, la figlia di Carlo V; la madre, Maria de Santibáñez, era dama della regina; e il Q., sebbene rimanesse privo dei genitori appena alla soglia della giovinezza, ebbe il tempo di educarsi negli ambienti della corte e della politica, beneficiando delle sostanze e delle aderenze sociali del padre. Gli studî universitarî, prima ad Alcalá de Henares (1596-1600), dove s'impadronì mirabilmente delle lingue classiche, dell'italiano e del francese, poi a Valladolid (1601-1604), dove si perfezionò nelle dottrine teologiche e filosofiche, gli fornirono subito un patrimonio culturale che sarà valido strumento per la sua molteplice attività. Fino dal 1603, nella Flor de poetas ilustres di Pedro de Espinosa, figuravano alcune composizioni liriche del Q. (una favola mitologica, canzoni burlesche, sonetti, epigrammi, ecc.), considerato ormai come poeta maturo; ma egli si orientava più decisamente verso una visione satirico-moralistica della vita umana e della società spagnola e "palaciega" in particolar modo, che ispira appunto le opere di quest'epoca: la Vida del Buscón, il romanzo picaresco e spregiudicato, risale agli anni 1603-1606, anche se fu edito soltanto nel 1626, ed è del 1606 il primo dei suoi Sueños cioè di quelle originali e sottili inquisizioni critico-umoristiche che gli suggeriva la diretta esperienza degli uomini. e delle cose e che egli per ragioni di prudenza si limitava a diffondere manoscritte fra pochi amici. Ma l'uomo si rivelava sempre più insofferente nell'attrito con la realtà, e uno dei non pochi e gravi incidenti (questa volta, l'uccisione di uno sconosciuto, in difesa di una gentildonna), a cui dava luogo la sua indole troppo impulsiva, sebbene aperta e generosa, lo portò ad accettare la protezione del duca di Osuna, Pedro Téllez de Girón, allora viceré di Sicilia; ma Q. ritornò nello stesso anno (1611) in Spagna, ritirandosi nei suoi possedimenti a Torre de Juan Abad: qui compose qualche altro Sueño (fra l'altro, uno dei più celebri: El mundo por de dentro); si diede a lavori di esegesi filosofica (il discorso sulla Doctrina estoica; la traduzione dell'Epitteto), del resto implicita nella sua prosa critica; iniziò quelle Cartas del caballero de la Tenaza (ed. 1625), che rappresentano il carteggio più originale della sua epoca, e infine parve assorbito dalla meditazione mistica (Lagrimas de Jeremías; Poesías morales y lágrimas de un penitente, ecc.). Ma nel 1613 riprendeva la via dell'Italia, come consigliere dell'Osuna; e alle sue dipendenze il Q. svolse un'attività politica, diplomatica e amministrativa assai delicata, in favore sempre della sua nazione e del suo protettore, spesso pericolosa per la sua stessa incolumità personale e qualche volta anche ingrata per i violenti attacchi di cui fu oggetto e dai quali si difese con pari energia e acrimonia. A Nizza (1613) sfuggì a malapena alla vendetta del duca di Savoia, contro il quale si adoperava a sobillare la città; a Venezia, dove svolgeva un'azione ostile e disgregatrice, preoccupato sempre d'impedire che la repubblica di S. Marco o altro stato italiano potesse infirmare o comunque limitare la preponderanza spagnola in Italia, a stento riuscì a salvarsi con la fuga e sotto le spoglie di mendicante, durante la così detta congiura del maggio 1618. Ai molti attacchi di cui fu fatto segno, sia d'Italiani (famigerato il libello del savoiardo Fulvio Valerio: Castigo esemplare dei calunniatori, 1618), sia di Spagnoli, invidiosi della sua potenza o nemici del suo protettore, egli rispose con un memoriale al re (Lince de Italia y zahorí español, 1628), scritto durante uno dei suoi esilî, che è documento interessante come rivendicazione della sua operosità in Italia (si veda anche per la politica di Venezia, il suo opuscolo: Mundo caduco y desvarios de la edad, del 1621). Ma, rimasto privo di forti protezioni, una volta mancatagli quella dell'Osuna, per il quale egli s'era compromesso assai coraggiosamente, e incapace di mendicante altre nuove, caduto più volte in sospetto del potente duca d'Olivares, gli toccò seguire le incertezze e le ingratitudini della fortuna politica: esiliato già nel 1620, nuovamente nel 1622; denunziato alla fine del 1628 all'Inquisizione dal Tribunal de la Justa Venganza (libello denigratore: opera di suoi nemici, tra cui J. Pérez de Montalbán e L. Pacheco de Narváez); di nuovo in favore della corte (fu nominato perfino segretario del re, nel 1632); arrestato dal 1639 al 1642 per ordine dell'Olivares, che gli attribuiva un memoriale anonimo contro il suo governo vessatorio e immorale, il Q. trascinò gli ultimi anni in un amaro e miserevole abbandono, quasi a toccare con la personale esperienza i limiti estremi di quella decadenza civile e spirituale ch'egli aveva così vigorosamente individuata e fustigata in seno alla società spagnola contemporanea.

Vissuto quando il grande impero spagnolo si andava sgretolando, lentamente nella sua compagine politica ma più rapidamente nella sua struttura spirituale, il Q. è lo scrittore ehe ne ha penetrato, più acutamente e con maggiore coscienza di tutti i suoi contemporanei, se non le cause profonde, certo gli aspetti morali più essenziali: la sua prosa, sia quella narrativa e pittorica della Historia de la vida del Buscón, llamado don Paolos (1606, ma edita a Saragozza nel 1626), sia l'altra più dialettica e intellettualistica dei Sueños (iniziati nel 1606; editi a Saragozza nel 1627, e, riveduti, nel 1629, nei Juguetes de la niñez) è l'espressione ironica, a volte amara e a volte indulgente, del disagio morale e della rivolta di uno spirito, che rimaneva tenacemente legato al passato, con i suoi ideali eroici e leggendarî, con la sua etica cristiana, con il gusto della vecchia poesia. Del resto, nonostante la modernità con cui il Q. sente la vita e la letteratura, la sua concezione della realtà e la sua vera natura artistica si ricollegano decisamente alla più tipica tradizione castigliana. L'atteggiamento dell'uomo e del politico, schiettamente conservatore e profondamente consapevole delle idealità imperialistiche della Spagna, trova riscontro nella sensibilità dell'artista che ha risentito nella prosa e nella poesia le esperienze più genuine della sua terra. Nel romanzo picaresco del Buscón, che sviluppa le premesse del Lazarillo, conservandone, meglio delle altre imitazioni piuttosto avventurose e romanzesche, la semplicità lineare e il sottile sapore estetizzante (v. picaresca, letteratura), il Q. ritrovava e poteva tradurre il senso della realtà sociale, antiletteraria e antiaccademica, e poteva appagare quel suo particolare gusto per il colore, il pittoresco, il volgare, anch'esso di vecchia data nella storia dell'arte spagnola. Nelle pagine satiriche dei Sueños (El sueño de las calaveras; El alguacil alguacilado; Las zahurdas de Plutón; El mundo por de dentro; La visita de los chistes; La casa de locos de amor: di paternità dubbia: El entremetido, la dueña y el soplón; La hora de todos y la Fortuna con seso), felice connubio di cultura classica, che da Luciano scende a Seneca, e di esperienza attuale, egli ha rivestito, non più in forma biografica, ma nella stilizzazione dei varî tipi umani e dei molteplici casi, la società nuova, nelle sue deformazioni spirituali e pratiche, con il gusto di trascorrere per l'ampio dominio delle vicende psicologiche e morali per farle oggetto di perpetuo commento; e quella vena satirico-narrativa che nella letteratura spagnola aveva esempî anche preumanistici, trovava ora in Q. il modello stilisticamente più maturo. Tale dominio spirituale e tale equilibrio culturale, per cui lo scrittore può accordare i motivi e le esperienze contemporanee con le forme artistiche del passato, si rivelano anche meglio nell'inesauribile produzione lirica, che con la fecondità dei suoi temi e ritmi, e con la trasmutabilità dei suoi toni e atteggiamenti, fa del Q. uno dei più originali poeti della Spagna. Circa ottocento componimenti poetici, tra piccoli e grandi, sono raggruppati nelle sue nove Musas (edizione postuma del 1648, curata dall'amico A. González de Salas per le prime sei Muse, e da un nipote del poeta, illetterato e confusionario, per le altre tre), con un contenuto eroico e rievocatore (Clio), didattico e moralistico (Polymnia), apologetico (Melpomene), amoroso e idillico (Erato), giocoso (Tersíchore), burlesco e leggiero (Thalía), per riprendere con nuove risorse nelle altre tre Muse (Euterpe; Celíope; Urania), e con una varietà di metri umanistici e tradizionali che si conformano alla diversa ispirazione: canzoni e sonetti alla petrarchesca; idillî, selve, sermoni, epistole, di cultura italiana e classica; romances, che sono tra i più belli, accanto a quelli di Góngora e di Lope de Vega; redondillas, letrillas, iácaras, décimas, endechas, bailes e perfino entremeses, con un equilibrio fra il popolare e il letterario, fra il tono eroico e il giocoso, fra la satira e la didattica, che poteva fargli disdegnare le "agudezas" e le innovazioni del concettismo e in particolar modo di Góngora, contro il quale il Q. scrisse più volte, ma dal cui influsso non seppe sottrarsi neanche lui. Complessivamente la lirica del Q., accanto ai motivi satirici polemici e negatori che si riscontrano nella prosa, elabora anche altri aspetti in forma positiva e più costruttiva, senza i quali l'anima dello scrittore apparirebbe limitata.

Ediz.: Le prose in Bibl. aut. españ., XXIII e XLVIII (Madrid 1866-1876), a cura di A. Fernández-Guerra; le poesie (con qualche prosa dispersa), ibid., LXIX (1877), a cura di Fl. Janez (ristampa in 3 voll., Madrid 1926); Obras completas, a cura di M. Menéndez y Pelayo, Siviglia 1897-1907 (pubblicati solo 3 voll.); Poesías inéditas de Q., in Revue hisp., XXXIV (1915), pp. 566-576; Doce cartas de Q., a cura di F. Rodríguez Marín, in Boletín de la R. Acad. esp., I (1914), pp. 506-007; Los Sueños, a cura di J. Cejador y Frauca, Madrid 1916 (in Clásicos castellanos, XXXI e XXXIV); La Vida del Buscón, a cura di A. Castro, ivi 1911 (ibid., voll. 5); nuova ediz. 1927; a cura di R. Foulché-Delbosc, New York 1917; a cura di R. Selden Rob, Madrid 1927: si veda inoltre in Revista de filología españ., XV (1928), pp. 186-190; Teatro inédito (Como ha de ser el Privado; Bien haya quien a los suyos parece, ecc.), Madrid 1927.

Bibl.: E. Merinée, Essai sur le vie et les oeuvres de F. de Q., Parigi 1886. Oltre alle introduzioni delle ediz. citate, si veda: B. Sánchez Alonso, Las poesías inéditas e inciertas de Q., in Revista de Bibl., Archivos, ecc., IV (1927), pp. 123-146; A. González Palencia, Pleitos de Q., in Boletín de la R. Acad. espan., XIV (1927), pp. 495-519 e 600-619; L. Spitzer, Zur Kunst Q.s in seinem "Buscón", in Archivum Romanicum, XI (1927), pp. 511-580; R. Bouvier, Q., "Homme du diable, homme de Dieu", Parigi s. a. (ma 1929). Traduz. italiana del Buscón, a cura di A. Giannini (Il Pitocco, 2ª ed., Roma 1930), con introduzione.

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