Rabano Mauro (lat. Rabanus o Hrabanus Maurus)

Dizionario di filosofia (2009)

Rabano Mauro (lat. Rabanus o Hrabanus Maurus) Erudito (Magonza 780 ca


ivi 856). Monaco benedettino, studiò nel monastero di Fulda (di cui divenne abate nell’822) e poi a Tours, dove ebbe come maestro Alcuino. Dall’847 fino alla morte fu vescovo di Magonza. R. era un uomo di Chiesa, e i chierici erano i diretti destinatari delle sue opere, le quali hanno quindi un carattere essenzialmente pastorale e pedagogico (egli stesso fu definito Praeceptor Germaniae). Chiaro esempio a riguardo è lo scritto De clericorum institutione (trad. it. La formazione dei chierici), dove in tre libri viene esposto tutto ciò che un chierico deve sapere per l’espletamento del suo ufficio. Fortemente influenzata dal De doctrina christiana di Agostino, l’opera assegna grande valore propedeutico al sapere profano, il quale è costituito dalle discipline del trivium (grammatica, dialettica e retorica), e del quadrivium (aritmetica, geometria, musica e astronomia), e che insieme costituiscono le sette arti liberali. Il punto più alto del sapere è invece indicato nella conoscenza della Sacra Scrittura, e R. a questo proposito commenta numerosi libri del Vecchio e del Nuovo Testamento. Nel fare ciò attinge ampiamente ai testi patristici, e allo stesso tempo fa largo uso della teoria dei quattro sensi della Scrittura, ossia dei quattro differenti livelli in cui può essere letto il testo sacro: il senso letterale (o storico), il senso allegorico, il senso tropologico (o morale) e il senso anagogico. L’opera invece più importante dal punto di vista filosofico è il De rerum naturis et verborum proprietatibus, et de mystica eorum significatione (conosciuta anche come De Universo). Si tratta di una raccolta enciclopedica, il cui titolo indica chiaramente l’approccio con il quale R. intende analizzare il proprio oggetto. Dopo avere discusso della realtà spirituale (Dio, la Trinità, gli Angeli), l’autore si occupa del mondo creato e degli enti che lo compongono. A questo proposito, l’elemento caratterizzante la riflessione di R. è che la natura di ciascuno di questi enti è ricavabile dall’etimologia dei nomi che questi enti designano. In questo modo, come aveva insegnato Isidoro di Siviglia nelle sue Etymologiae (che è la fonte principale del De rerum naturis), conoscere l’etimologia di un termine significa conoscere la natura o essenza della cosa. Inoltre, secondo R., ogni realtà naturale ha anche un proprio significato simbolico, che rimanda a più alti insegnamenti morali e religiosi. Di conseguenza, l’analisi del mondo fisico risulta essere inscindibilmente legata all’ambito teologico, costituendone così il suo momento propedeutico. Sono, infine, da ricordare almeno altre due opere di R.: il De anima, nel quale sono utilizzati a piene mani i testi di Cassiodoro e Agostino, e il De arte grammatica, che si rifà invece a Prisciano. Nel suo ricco epistolario, vanno invece evidenziate le lettere a Notingo di Verona e Eberardo del Friuli, con le quali l’autore prende posizione contro la dottrina della predestinazione enunciata dal monaco sassone Gotescalco d’Orbais. Costui, facendo riferimento a quello che secondo la sua opinione era la corretta interpretazione del pensiero di Agostino, sosteneva una duplice predestinazione: non solo quella degli eletti alla salvezza, ma anche una dei reprobi alla dannazione. La posizione di Gotescalco è rifiutata da R., il quale la condanna nel sinodo di Magonza dell’848. Essa implica infatti necessariamente come sua premessa l’assurda tesi che Dio sia causa del male, e ha come diretta conseguenza la negazione della libera scelta dell’uomo nel suo agire morale. Per R., invece, la predestinazione è una sola, e ha come oggetto unicamente i buoni. Nella produzione delle sue opere R. risulta essere soprattutto un compilatore, i cui meriti risiedono in particolar modo nell’avere saputo dare un ordine al vastissimo materiale esegetico precedente.

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