Radioricevitore

Dizionario delle Scienze Fisiche (1996)

radioricevitore


radioricevitóre [Comp. di radio- nel signif. c e ricevitore] [ELT] Ricevitore di onde radio, modulate o no, che è collegato all'entrata a un'antenna ricevente e dà un segnale d'uscita la cui ampiezza è proporzionale al segnale a radiofrequenza applicato a esso dall'antenna, oppure, nei sistemi di telecomunicazione, è costituito dal segnale modulante, che riproduce l'informazione avviata nel sistema dal radiotrasmettitore che si trova all'altro terminale del radiocollegamento. I r. sono classificati in base al servizio cui sono adibiti (r. telegrafici, telefonici, televisivi, per radiodiffusione, per radioastronomia, per telecomandi, per telemisurazioni, ecc.), al campo di lunghezza d'onda nel quale operano (r. per onde lunghe, medie, corte, per microonde, ecc.), al tipo di manipolazione o modulazione dei radiosegnali ricevibili (r. per modulazione di frequenza, di ampiezza, ecc.). Dal punto di vista delle caratteristiche del circuito utilizzato, i più diffusi sono (all'incirca dalla metà degli anni '30) i r. a supereterodina, costituiti in generale, nel caso di un r. radiofonico a modulazione d'ampiezza (v. fig.) da un'antenna ricevente collegata con un amplificatore a radiofrequenza (che seleziona e amplifica, tra gli innumerevoli segnali captati dall'antenna, quello emesso dalla stazione che si vuole ricevere), a sua volta connesso con un oscillatore locale (eterodina) in grado di generare un segnale di frequenza tale che, inviato a un mescolatore insieme al segnale selezionato, dia in uscita un segnale di frequenza fissa (frequenza intermedia), pari alla differenza tra le due frequenze in ingresso; il segnale così ottenuto viene quindi amplificato, raddrizzato e demodulato da opportuni circuiti, dando luogo a un segnale a bassa frequenza che viene nuovamente amplificato perché abbia la potenza necessaria ad azionare il dispositivo di uscita (per es., un altoparlante). La sintonizzazione del r., cioè la predisposizione di esso per ricevere i segnali di una data frequenza, è effettuata agendo sull'organo che fa variare la frequenza dell'oscillatore locale (di solito un condensatore variabile, monocomandato con quelli dei circuiti accordati del sintonizzatore e del miscelatore). La struttura di un r. per segnali a modulazione di frequenza è la medesima, salvo la sostituzione del demodulatore d'ampiezza con un demodulatore di frequenza (discriminatore). I r. non radiofonici hanno, naturalmente, uno stadio d'uscita adatto al particolare segnale d'uscita (una grandezza elettrica, ottica, meccanica, ecc.). In molti casi la struttura descritta è notevolmente più complicata; per es., per ricevere deboli segnali a microonde si ricorre a r. a duplice, o anche a triplice, supereterodina, in cui si praticano non una ma due, o anche tre, conversioni di frequenza al fine di ottenere la necessaria sensibilità, larghezza di banda, ecc. Inoltre, sono assai spesso messi in atto accorgimenti e dispositivi per migliorare in vario modo la qualità della ricezione, il più diffuso dei quali è la regolazione automatica di sensibilità (RAS; per r. radiofonici si parla di controllo automatico di volume, CAV), che fa variare l'amplificazione degli stadi a radiofrequenza e a frequenza intermedia in ragione inversa dell'intensità dei radiosegnali captati dall'antenna, cosicché l'uscita resti a un livello pressoché costante, eliminandosi l'effetto nocivo della variabile evanescenza dei segnali; altri utili accorgimenti sono la sostituzione di un sintetizzatore digitale all'oscillatore locale, insieme a variatori digitali di accordo per il sintonizzatore e il mescolatore (r. a sintonia digitale, o numerica), l'inserzione di misuratori dell'intensità del segnale ricevuto, e altri. Le caratteristiche di un r. variano assai a seconda dell'uso; tra esse si possono menzionare, come abbastanza generali: (a) la sensibilità, misurata dall'ampiezza (di solito in μV) o dal livello (in dB su 1 μV) del radiosegnale oppure del corrispondente campo elettrico (in μV/m) capace di produrre un determinato segnale d'uscita (per es., nei r. radiofonici una potenza sonora di 50 mW, con una modulazione al 30 % a 400 Hz); (b) la selettività, che misura la capacità di rispondere soltanto allo spettro occupato dal radiosegnale desiderato ed è espressa in vari modi con rifer. alla larghezza della banda passante; (c) l'uscita, suscettibile di varie definizioni (per es., per un r. radiofonico la potenza sonora massima, eventualmente a canale se l'uscita è stereofonica).

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