FULGOSIO, Raffaele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 50 (1998)

FULGOSIO (Forgosio, de Fulgosiis), Raffaele

Cristina Bukowska Gorgoni

Figlio di Giovanni, nacque nel 1367 probabilmente a Piacenza da un'antica casata del luogo. Non è noto, con precisione, dove abbia compiuto il suo corso di studi: con ogni probabilità frequentò lo Studium di Padova dove, l'11 sett. 1387, si sottopose all'esame di licenza in diritto civile, presentato da N. Spinelli, F. Cassoli e C. Castiglioni. Successivamente, il 27 nov. 1389, venne licenziato in diritto canonico, presentato sempre dal Castiglioni e da G. de Zaziis, laureandosi il 23 genn. 1390.

Nell'anno accademico 1388-89, già licenziato in diritto civile, il F. venne impegnato presso l'università nella lectura iuris civilis, seguendo la prassi che permetteva ai più promettenti studiosi di prepararsi ai loro compiti futuri. Al primo periodo d'insegnamento si riferisce con ogni probabilità un aneddoto rammentato dal F., il quale venne redarguito dallo Spinelli perché riusciva a leggere in un anno accademico soltanto i primi dieci libri del Digesto mentre il suo maestro ne commentava ben ventiquattro (In primam Pandectarum partem commentariorum, I, Lugduni 1544, f. 4vb).

La carriera universitaria del F. fu rapida: a breve distanza dal suo dottorato, il 12 apr. 1390, presenziò a una seduta di laurea, mentre il 1° settembre figurava come esaminatore. Assunto inizialmente con lo stipendio mensile di poco superiore a 10 lire, nel 1391 la quota gli venne raddoppiata e sempre nello stesso anno entrò a far parte del collegio dei giuristi; nel 1395 partecipò inoltre alla redazione dei nuovi statuti dello Studium.

Nel corso della sua permanenza a Pavia, durata dieci anni, il F. mantenne i contatti con i suoi familiari a Piacenza, come testimonia un rogito notarile del 1391 (allegato dal Campi), con il quale il giurista, residente nella casa dei suoi fratelli, Antonio e Castellino, diede loro un mandato di procura. In seguito ebbe ancora l'occasione di tornare nella sua città natale: egli compare, infatti, come lettore straordinario del Codice con un salario di 26 lire, 3 soldi e 4 denari al mese, nei rotuli dei giuristi pavesi trasferiti allo Studio di Piacenza per l'anno 1399-1400. Negli atti dell'università di Piacenza la sua permanenza è confermata fino al 3 sett. 1401. Nell'anno accademico 1403-04 lo vediamo di nuovo a Pavia come lettore ordinario del Digesto e, l'anno successivo, del Codice. Il suo nome è registrato un'ultima volta nella documentazione dello Studio ticinese in data 10 maggio 1405.

Il 13 sett. 1407 il Senato veneto emanò un decreto con il quale dispose l'ingaggio dei migliori professori per l'università di Padova, indicando fra gli altri anche il Fulgosio. Nonostante il prestigioso invito, il F. non si recò subito a Padova e nell'anno 1407-08 insegnò con ogni probabilità a Siena (Belloni, p. 307). Solo nel 1409 si trasferì nello Studio patavino, insieme con il suo amico e collega Raffaele Raimondi, ottenendo uno stipendio di 500 ducati annui, pari a un ottavo della somma complessiva di 4.000 ducati destinata dal governo veneziano agli stipendi dei professori dell'ateneo. Dal 1409 il F. compare regolarmente nei rotuli dell'università e già l'anno seguente risulta impegnato in una delle due lecturae de mane.

In merito all'insegnamento del F., il Facciolati ricorda che egli iniziò a leggere il Codice solo nel 1422, mentre prima avrebbe insegnato, sempre presso lo Studium di Padova, diritto canonico; anche l'epitaffio del F. lo ricorda come canonista. Benché non si conoscano suoi scritti di argomento canonistico, tale affermazione non può essere rifiutata e al riguardo la Belloni ipotizza che egli potrebbe aver ricoperto, dal 1410, la cattedra de mane lasciata vacante da Francesco Zabarella, noto canonista. Quando il 20 luglio 1413 il Senato veneto concesse al F. un sostanzioso aumento di salario per evitare che si trasferisse - come gli era stato richiesto - presso lo Studium di Parma i funzionari veneziani procedettero a un confronto tra le sue lezioni e quelle svolte da Taddeo di Vimercate, un canonista appunto, che erano poco gradite dagli studenti, stando a quanto ricordato sempre dalla Belloni.

La documentazione ufficiale dell'università padovana attesta l'effettiva presenza del F. dal 3 ag. 1409 al maggio 1419, con l'eccezione di un breve periodo fra l'ottobre 1414 e la fine di febbraio del 1415. Tale lacuna è spiegabile con l'attività che il F. svolse al concilio di Costanza dove, insieme con importanti giuristi dello Studium antenoreo, tra i quali F. Zabarella, svolse un'importante funzione di consulenza giuridica nel corso delle diverse sessioni del concilio. Il fatto che i colleghi padovani presenti a Costanza con il F. fossero tutti canonisti ancor più avvalora l'ipotesi, già rammentata, che egli abbia anche insegnato diritto canonico.

A Costanza il F. difese papa Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa) dall'accusa di simonia, contro le richieste delle sue dimissioni avanzate dai delegati francesi, inglesi, tedeschi (in In primam Pandectarum partem…, I, f. 25va). Il 15 febbr. 1415 insieme con Pietro d'Ancarano dichiarò la disponibilità di Giovanni XXIII a sottoscrivere l'atto di cessione; da quel momento il suo nome non compare più negli atti del concilio, ma forse il F. non tornò immediatamente a Padova giacché la sua presenza all'università viene confermata solo per il 27 giugno di quell'anno.

Nel 1420 il F. fuggì da Padova per timore della peste. In questo periodo insegnava diritto civile in concorrenza con R. Raimondi; solo nell'anno 1422-23 i due colleghi e amici furono destinati a letture distinte e, mentre il F. proseguì l'insegnamento mattutino del Codice, il Raimondi iniziò a commentare l'Infortiatum nel pomeriggio.

Scampato all'epidemia del 1420, il F. non sfuggì alla successiva pestilenza del 1427: ammalatosi il 6 settembre di quell'anno morì il 12 dello stesso mese all'età di 60 anni. Fu sepolto nella basilica padovana di S. Antonio.

Sulla vita familiare del giurista le notizie sono contrastanti, perché risultano incerti i nomi delle sue prime due mogli. È forse da riferire al F. (e non a un suo omonimo nipote, come suppone il Poggiali) un breve di Bonifacio IX dell'11 apr. 1396 che concedeva a lui e a Mabilina, figlia di Bartolomeo Malvicini Fontana, la dispensa dall'impedimento di consanguineità, nonché il titolo nobiliare. La seconda moglie sarebbe stata Giovanna Nicelli, la terza fu Giovanna Beccaria, proveniente da una nota famiglia pavese, che - contrariamente alle notizie fornite da alcuni biografi - sopravvisse al marito e morì il 17 luglio 1439.

La personalità del F. attirò a Padova numerosi studenti, fra i quali Pietro Del Monte, futuro vescovo di Brescia, Angelo Gambiglioni d'Arezzo, Giovanni Nicoletti d'Imola, Francesco Porcellini e forse anche Nicolò da Cusa. L'elenco delle sue opere non è facile da compilare, e, come sostiene il Calasso, parte della sua produzione, spesso confusa con quella di R. Raimondi, non ci è pervenuta. La diffusione del suo pensiero è dovuta alla stampa. In ordine cronologico la prima delle sue opere è la raccolta di 243 Consilia (Brixiae 1490: cfr. Hain, Repertorium bibliographicum, 13703; Indice generale degli Incunaboli [=IGI], 8288), ripubblicata poi a Venezia nel 1575 e a Francoforte nel 1613 (per altri consulti del F., editi in raccolte miscellanee, cfr. Belloni, p. 310).

Il 23 sett. 1499 veniva terminata, sempre a Brescia con privilegio del Senato veneto, la stampa del commento alla seconda parte del Digestum vetus (Hain, 7394; IGI, 4108), riedito, unitamente al commento alla prima parte a Lione nel 1554: In primam (secundam) Pandectarum partem commentariorum… (cfr. Belloni, p. 309). Una nota del tipografo ci informa che il F. arrivò soltanto al XXIV libro del Digesto e che l'opera fu quindi completata dal suo amico e collega Raimondi. Un commento in due parti ai primi nove libri del Codice fu pubblicato a Lione nel 1547: quest'opera fu giudicata assai positivamente dal Savigny, che la riteneva più ampia e meglio ordinata a paragone di altre opere simili, tanto da costituire un'elaborazione perfezionata del testo delle sue lezioni. A parte apparve la repetitio "in Ex causa, auth. ad C. de liberis praeteritis [C. 6.28.4]" (nelle raccolte Repetitionum seu commentariorum iuris civilis…, VIII, Lugduni 1553, ff. 303-307), che offre una spiegazione diversa rispetto alla stessa legge contenuta nella seconda parte del commento al Codice. Un consulto legato all'attività del F. come avvocato conciliare è stato pubblicato dal Finke negli Acta concilii Constanciensis, III, pp. 109-113. Di un altro, lo stesso studioso ha indicato solo l'incipit e l'explicit (ibid., IV, p. 245). Infine il Petronio (p. 556) ha pubblicato un consilum inedito, conservato nei Libri commemoriali della Repubblica di Venezia.

Nonostante le favorevoli opinioni espresse nei confronti delle singole opere del F., il giudizio complessivo sulla sua figura rimane assai controverso: sulla sua fama gravò pesantemente l'accusa - formulata da Giasone del Maino (In primam Digesti veteris partem commentaria, Venetiis 1572, f. 152rb) - che egli, insieme con R. Raimondi, avrebbe plagiato l'opera e il pensiero del loro comune maestro C. Castiglioni. I due presunti plagiari sono stati anche accusati di aver distrutto le lecturae del Castiglioni per sfruttarne il contenuto durante le lezioni da loro tenute in quella città. A prescindere dall'accusa di plagio, sulla fondatezza della quale dubitò già nel Settecento il Poggiali, assai discusso rimane anche il dibattito sulle innovazioni di metodo apportate dalla scuola del Castiglioni o autonomamente dal Fulgosio. La frase di Giasone del Maino che allude esplicitamente nei suoi commentaria alle "nuove" opinioni del maestro fatte proprie dai suoi allievi è stata interpretata da alcuni come se si trattasse di un nuovo metodo, consistente in un approfondito studio delle fonti, tale da poter annoverare lo stesso F. fra i precursori dell'umanesimo giuridico. Questa opinione fu smentita dal Savigny, il quale affermava che si trattava di diverse soluzioni apportate a singoli problemi giuridici, senza con questo differenziarsi dal metodo abitualmente professato dai contemporanei.

A partire dal Savigny una frase del F. diventò loco comune per caratterizzare la decadenza dei giuristi postaccursiani, incapaci di liberarsi dall'autorità della glossa: si allude qui alla famosa affermazione: "volo - enim - potius pro me glossatorem quam textum", contenuta nel commento al Codice (l. 6 de obligationibus et actionibus n. 1 - In primam Codicis partem Commentaria, Lugduni 1547, f. 183vb). Inserita nel contesto del suo commento, questa frase del F. si rivela però come un invito a limitarsi a esporre le proprie opinioni nelle discussioni accademiche, attenendosi, nella prassi giudiziaria, all'opinione comune sancita dalla glossa. Anche in altre occasioni il F. sottolineò il ruolo e l'importanza formale svolta dalla glossa nei tribunali, al punto che giunse ad affermare che un avvocato che si fosse ostinato ad allegare il testo giustinianeo avrebbe perso la causa; benché non fosse spesso d'accordo con le singole soluzioni offerte, consigliava quindi ai suoi allievi di non discostarsi dall'opinione comune.

Il F. prese le distanze dai commentatori anche per quanto riguarda il rapporto tra il diritto comune e gli statuti e le consuetudini locali. Pur introducendo una regola interpretativa che privilegia il primo (l. Cum in C. de iure deliberandi n. 3 - In secundam Codicis partem…, Lugduni 1547, f. 71ra: "maxime ut statuta, quantum possumus, minus corrigant ius commune"), egli ammetteva, contrariamente ad altri esegeti, la possibilità di applicare la consuetudine anche se contraria al diritto comune, purché il suo senso fosse chiaro e giusto (l. Non dubium C. de legibus - In primam Codicis…, cit., f. 148va). Per il F., del resto, la ratio legis costituiva un criterio decisivo per l'applicazione di qualunque norma giuridica, e se essa era iniqua e incongrua o assurda era lecito non riconoscerne il potere vincolante.

Dalla sua produzione consulente traspare, in alcune occasioni, l'adesione formale alle richieste dei suoi committenti: è il caso ad esempio di "Roma communis patria" equiparato dal F. alla città di Venezia (cons. 62, ed. Venetiis 1575, f. 45va) o di un consulto, redatto tra il 1421 e il 1422 (pubbl. dal Petronio), nel quale il F. difese l'egemonia della Serenissima sull'Adriatico e i suoi interessi nel commercio con l'Europa centrale. Anche nel campo ecclesiastico la spinosa questione della donazione di Costantino fu trattata dal F. con prudenza. Pur dimostrando che i testi sia di diritto civile sia di diritto canonico non fornivano alcun argomento valido che potesse avvalorare dal punto di vista storico l'esistenza di un simile atto, egli riconobbe tale situazione di fatto, sottolineandone gli aspetti favorevoli al Papato. La sua posizione, influenzata dai pareri circolanti al concilio di Costanza e diffusi anche nell'ambiente universitario patavino, riveste una particolare importanza per la probabile influenza esercitata sul trattato di Nicolò da Cusa, il quale iniziò proprio a Padova nel 1417, quando il F. era ancora attivo, i suoi studi giuridici e poté senz'altro attingere, allorché compose nel 1433 il suo trattato De concordantia catholica, alle opere del F. diffuse in ambito accademico.

Fonti e Bibl.: A. de Redusiis, Chronicon Tarvisinum, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XIX, Mediolani 1731, p. 864; A. de Ripalta, Annales Placentini, ibid., XX, ibid. 1731, p. 939; M. Savonarola, Libellus de ornamentu Paduae, a cura di A. Segarizzi, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XXIV, 5, pp. 34, 36 n. 1; J. Trittheim, De scriptoribus ecclesiasticis collectanea, Basileae 1494, f. 157r; Serie cronologica dei professori…, a cura di C. Prelini, in Monumenti per la storia dell'Università di Pavia…, a cura di A. Corradi, I, Pavia 1878, p. 30; Monumenti dell'università di Padova, a cura di A. Gloria, Padova 1888, I, pp. 74, 426; II, p. 10; Memorie e documenti per la storia dell'università di Parma, a cura di G. Mariotti, I, Parma 1905, ad Ind.; II, 1, ibid. 1913, ad Ind.; Acta concilii Costanciensis, a cura di H. Finke, Münster 1896-1928, I, pp. 263 s.; II, p. 212; III, pp. 9, 109-113; IV, p. 245; Codice diplomatico dell'università di Pavia, a cura di R. Maiocchi, I-II, Pavia 1905-13, ad Ind.; Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini…, a cura di G. Zonta - G. Brotto, I, Padova 1970, ad Indicem; P.M. Campi, Dell'historia di Piacenza, II, Piacenza 1651, p. 191; III, ibid. 1661, pp. 173, 181, 191, 199 s.; G.F. Tommasini, Gymnasium Patavinum, Utini 1654, pp. 20, 237; A. Gatto, Gymnasii Ticinensis historia, Milano 1704, p. 136; G. Panziroli, De claris legum interpretibus, Lipsiae 1721, pp. 179, 181; N. Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, I, Venetiis 1726, pp 210 s.; G. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, II, Patavii 1757, pp. 25, 27, 32; C. Poggiali, Mem. storiche per la storia letteraria di Piacenza, Piacenza 1789, I, pp. 22-25; VII, pp. 135, 174 s.; F.M. Colle, Storia scientifico-letteraria dello Studio di Padova, II, Padova 1824, pp. 134, 143; G. Robolini, Notizie appartenenti alla storia della sua patria, V, 1, Pavia 1834, p. 242; V, 2, ibid. 1836, pp. 106, 183, 261; G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., III, Milano 1833, pp. 28 s.; F.C. von Savigny, Geschichte des römischen Rechts im Mittelalter, VI, Heidelberg 1850, pp. 250-256, 484; B. Gonzati, La basilica di Sant'Antonio da Padova, II, Padova 1853, pp. 119-121; Z. Volta, Dei gradi accademici conferiti nello "Studio generale" di Pavia sotto il dominio visconteo, in Arch. stor. lombardo, s. 2, XVII (1890), p. 534; G. Romano, Niccolò Spinelli da Giovinazzo diplomatico del sec. XIV, Napoli 1902, pp. 39, 370 s.; V. Lazzarini, Il mausoleo di R. F. nella basilica del Santo, in Archivio veneto-tridentino, IV (1923), pp. 147-153; E. Besta, Fonti, legislazione e scienza giuridica…, in Storia del diritto ital., a cura di P. del Giudice, I, 2, Milano 1925, p. 828; Id., La scienza giuridica pavese nel primo secolo dopo l'istituzione dello Studio generale, in Contributi alla storia dell'università di Pavia, Pavia 1925, pp. 362, 368; E. Nasalli Rocca, Il trasferimento dello Studio visconteo da Pavia a Piacenza dal 1398 al 1402, Milano 1927, pp. 27 s., 32; R. Trifone, "Roma communis patria" nel pensiero dei giuristi dell'età intermedia, in Riv. di storia del diritto ital., IX (1936), pp. 359, 362; W. Engelmann, Die Wiedergeburt der Rechtskultur in Italien durch die wissenschaftliche Lehre, Leipzig 1938, ad Indicem; G. Barni, C. Castiglioni giureconsulto milanese e i suoi consilia, in Studi di storia e diritto in onore di A. Solmi, II, Milano 1941, pp. 159, 165; G. Ermini, F., R., in Enc. Italiana, XVI, Roma 1950, p. 160; F. Calasso, Medioevo del diritto, I, Le fonti, Milano 1954, pp. 582 s., 592; P. Fiorelli, La tortura giudiziaria nel diritto comune, II, Milano 1954, pp. 45 s.; P. Vaccari, Storia dell'università di Pavia, Pavia 1957, pp. 58, 83; Id., La scienza e l'insegnamento del diritto nell'università di Pavia, in Discipline e maestri dell'ateneo pavese, Pavia 1961, pp. 40 s.; G. Mantese, Il testamento di Raffaele Raimondi da Como, in Arch. veneto, s. 5, LXVIII (1961), p. 24; E. Cortese, La norma giuridica. Spunti teorici nel diritto comune classico, I, Varese 1962, pp. 160 s., 187 n. 5; II, ibid. 1964, pp. 226 s., 271 s.; D. Maffei, La donazione di Costantino nei giuristi medievali, Milano 1964, ad Indicem; G. Martellotti, Barzizza, Guiniforte, in Diz. biogr. degli Italiani, VII, Roma 1965, p. 39; T. Diplovatatius, Liber de claris iuris consultis pars posterior, a cura di F. Schulz - H. Kantorowicz - G. Rabotti, in Studia Gratiana, X (1968), ad Indicem; G. De Sandre, Dottori, università, Comune di Padova nel Quattrocento, in Quaderni per la storia dell'università di Padova, I (1968), p. 19; U. Niccolini, I giuristi postaccursiani e la fortuna della glossa in Italia, in Atti del Convegno internaz. di studi accursiani, a cura di G. Rossi, III, Milano 1968, ad Indicem; N. Horn, Die legistische Literatur der Kommentatoren und die Ausbreitung des gelehrten Rechts, in Handbuch der Quellen und Literatur der neuren europäischen Privatrechtsgeschichte, a cura di H. Coing, I, München 1973, pp. 232 n. 1, 270, 327; P. Sambin, Su Giacomo della Torre, in Quaderni per la storia dell'università di Padova, VI (1973), p. 156; M. Bellomo, Aspetti dell'insegnamento giuridico nell'università medievali, I, Le "Quaestiones disputatae", Reggio Calabria 1974, p. 142; U. Petronio, Venezia, Ancona e l'Adriatico in un consiglio di R. F. e R. Raimondi, in Scritti in onore di D. Gaeta, Milano 1984, pp. 521-557; A. Belloni, Professori giuristi a Padova nel secolo XV. Profili bio-bibliografici e cattedre, Frankfurt a.M. 1986, pp. 306-311; M.G. Di Renzo Villata, Scienza giuridica e legislazione nell'età sforzesca, in Gli Sforza a Milano e in Lombardia e i loro rapporti con gli Stati italiani ed europei (1450-1535), Milano 1987, p. 69; L. Mensi, Diz. biogr. piacentino, Piacenza 1899, p. 191; L. Hain, Repertorium bibliographicum, II, p. 424; IV, p. 193; Indice generale degli Incunaboli delle biblioteche d'Italia, II, p. 246; G. Dolezalek, Verzeichnis der Handschriften zum römischen Rechts, s.v.Raphael Fulgosius; G. Sapori, Antichi testi giuridici (secc. XV-XVIII) dell'Istituto di storia del diritto italiano, I, Milano 1977, nn. 1265-1268, 2418.

CATEGORIE