RAMPONI, Virginia, detta Florinda

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 86 (2016)

RAMPONI, Virginia, detta Florinda

Alice Bragato

RAMPONI (Ramponi Andreini), Virginia, detta Florinda. – Nacque il 1° gennaio 1583 a Genova.

Fin dai tempi di Francesco Bartoli (1781, pp. 13 e 38) si è ritenuto che fosse nata a Milano, la città dove nel 1601 la giovane si accasò con Giovan Battista Andreini, il quale nella dedicatoria del poema La Tecla vergine e martire (Venezia 1623) dichiara di aver avuto «e sorelle e moglie e figliuolo milanesi» (c. 7v). Luigi Rasi (1897), dal canto suo, cita le stanze di Francesco Ellio in lode dell’attrice, La Sirena del mar Tirreno (Milano 1612), come testimonianza «del casato vero di Virginia Andreini» (p. 149). In una supplica al senato di Genova del 4 novembre 1610 Virginia viene definita «cittadina originaria di Genova» (cfr. Neri, 1906, p. 106). Infine le Rime in lode di Verginia Ramponi Andreini, comica Fedele detta Florinda, raccolte dagli Accademici Spensierati (Firenze, Volcmar Timan, 1604; unicum nella Biblioteca Trivulziana di Milano) e destinate a essere vendute in allegato alla pièce d’esordio del marito, La Florinda (ma l’intera tiratura di questa prima edizione fu fatta distruggere dall’autore per via di un incidente di stampa, eclissando così queste Rime di encomio agli occhi dei posteri), contengono un dialogo in cui Liguria contende a Flora e a Minerva la paternità della comica: «Non fia che vada altera / Fiorenza di colei che nel mio seno / trasse l’origin vera».

Non si hanno notizie circa la vita di Virginia e la sua famiglia di origine fino al matrimonio con Andreini, ossia con il celebre comico dell’arte Lelio, figlio di Isabella Andreini, famosissima comica Gelosa. Non risultano fratelli né sorelle; il nome del padre non è menzionato in nessun carteggio; della madre, Tommasina Ramponi, si trovano sporadiche notizie nei carteggi del genero. Il 30 giugno 1609 Virginia diede alla luce il primogenito, Pietro Enrico, così battezzato in omaggio a un suo fervente ammiratore e importante mecenate, Pedro Enríquez de Acevedo conte di Fuentes, governatore di Milano (il ragazzo divenne pittore e sposò una tal Caterina Mascherani; è documentato a Mantova almeno fino al 1658). Il 16 novembre 1611 Andreini scrisse a Vincenzo Gonzaga che Virginia era di nuovo incinta, ma non si hanno notizie di un secondo figlio.

La carriera della Ramponi ebbe presumibilmente inizio a Firenze nel 1603, quando debuttò nel ruolo eponimo della tragedia composta dal marito, La Florinda: gliene restò poi il nome. Dimostrando sin dagli esordi di possedere uno straordinario talento istrionico, Virginia si impose come diva indiscussa della compagnia dei Fedeli, fondata nello stesso anno da Giovan Battista: il suo peso in seno alla troupe fu tale che sovente i Fedeli vennero poi identificati come la «compagnia della Florinda» (cfr. Don Giovanni, 2003, p. 252). La consacrazione della diva si ebbe a Mantova il 28 maggio 1608, quando Virginia comparve in scena nella tragedia di Ottavio Rinuccini L’Arianna, sostituendo la giovane cantante Caterina Martinelli, allieva di Claudio Monteverdi, deceduta ai primi di marzo durante le prove. L’opera di Monteverdi era uno dei tanti spettacoli allestiti per le nozze mantovane del principe Francesco Gonzaga con Margherita di Savoia; ai festeggiamenti partecipavano anche i Fedeli, in quanto compagnia ducale. La comica poté in tal modo dimostrare di possedere, oltre al grande talento di attrice, qualità canore straordinarie, che senz’altro contribuirono ad assicurare durevole fama al grande monologo dell’eroina (il solo brano di musica superstite, ma divulgatissimo): a detta del cronista Federico Follino, il «lamento che fece Arianna sovra lo scoglio abbandonata da Teseo […] fu rappresentato con tanto affetto […] che non si trovò ascoltante alcuno che non s’intenerisse, né pur fu una dama che non versasse qualche lagrimetta al suo bel pianto» (cit. in Fabbri, 1985, p. 133; cfr. anche Annibaldi, 2001, p. 42). È stata avanzata l’ipotesi, non implausibile, che il lamento sia stato aggiunto al dramma proprio su sprone dell’attrice (cfr. Carter, 1999b). Pochi giorni dopo, il 4 giugno, Florinda ripeté l’exploit nel lamento dell’Ingrata che nel Ballo delle ingrate di Rinuccini e Monteverdi introduce il balletto generale; e nell’aprile del 1611 a Casale Monferrato impersonò la dolente Cerere nel perduto Rapimento di Proserpina di Ercole Marliani e Giulio Cesare Monteverdi.

Da allora Andreini si preoccupò sempre di valorizzare la qualità anfibia della moglie, metà cantante e metà attrice: le commedie che egli scrisse dipoi, dallo Schiavetto (Milano 1612) alle tre composte e pubblicate a Parigi nel 1622 (La Centaura, La Ferinda, Amor nello specchio: quest’ultima, non senza studiate scabrosità, mette in scena il triangolo amoroso tra Virginia/Florinda, Andreini/Lelio e l’amante di questi, Virginia Rotari, in arte Lidia, poi sua seconda moglie), esibiscono un ruolo di protagonista femminile che presenta un elevato numero di episodi cantati (serenate, balli, madrigali ecc.) o potenzialmente musicabili. Le doti canore di Virginia dovettero fomentare la passione dell’Andreini per il teatro in musica e la collaborazione con i fratelli Claudio e Giulio Cesare Monteverdi e altri compositori coevi: una testimonianza tangibile ne offre la «sacra rappresentazione» La Maddalena, data a Mantova nel 1617, alle cui musiche (stampate a parte) concorsero Claudio Monteverdi, Muzio Effrem, Alessandro Ghivizzani e Salamone Rossi.

Non si conosce la data esatta della morte di Virginia: nei carteggi dell’Andreini risulta ancora in vita nel settembre del 1629, mentre il 17 settembre 1631 il vedovo ne piange la scomparsa. Ignoto il luogo della morte e della sepoltura.

Florinda fu ammirata e celebrata dai contemporanei sia come attrice eccelsa sia come donna di grande fascino. Giovan Battista Marino nella Galeria (1620) dedicò un madrigale al perduto ritratto che le aveva fatto Cristofano Allori, detto il Bronzino, e nell’Adone la ricordò come Arianna (VII, 88). Domenico Fetti l’avrebbe ritratta nella sua Arianna e Bacco in Nasso (Mantova, Fondazione Banca agricola mantovana) e forse in altri dipinti. Una raccolta manoscritta di componimenti poetici a lei dedicati è a Milano, Biblioteca Braidense, ms. Morbio 1 (Barbieri, 2008). Con la morte di Virginia, Andreini perse l’elemento cardine della compagnia. Per i posteri Florinda rimase sempre essenzialmente la mitica Arianna monteverdiana. Solo di recente gli storici del teatro e della musica si stanno confrontando per rendere piena giustizia a quest’artista che fu una figura chiave sia per la Commedia dell’arte sia per l’opera per musica degli albori.

Fonti e Bibl.: F. Bartoli, Notizie istoriche de’ comici italiani che fiorirono intorno all’anno MDL fino a’ giorni presenti, I, Padova 1781, pp. 13-23, 38-42; E. Bevilacqua, Giambattista Andreini e la compagnia dei Fedeli, in Giornale storico della letteratura italiana, XXIV (1894), pp. 62-165; L. Rasi, I comici italiani, I, Firenze 1897, pp. 139-151; A. Neri, Fra i comici dell’Arte, in Rivista teatrale italiana, VI (1906), 11; P. Fabbri, Monteverdi, Torino 1985, ad ind.; F. Taviani - M. Schino, Il segreto della Commedia dell’arte, Firenze 19862, ad ind.; S. Ferrone, Attori, mercanti e corsari, Torino 1993, ad ind.; Comici dell’Arte. Corrispondenze, a cura di S. Ferrone et al., I-II, Firenze 1993, ad ind.; P. Besutti, Da “L’Arianna” a “La Ferinda”: Giovan Battista Andreini e la ‘comedia musicale all’improviso’, in Musica Disciplina, XLIX (1995), pp. 227-276; C. Burattelli, Spettacoli di corte a Mantova tra Cinque e Seicento, Firenze 1999, ad ind.; T. Carter, New light on Monteverdi’s “Ballo delle Ingrate”, in Il Saggiatore musicale, VI (1999a), pp. 63-90; Id., Lamenting Ariadne?, in Early music, XXVII (1999b), pp. 395-405; C. Annibaldi, Uno «spettacolo veramente da principi»: committenza e recezione dell’opera aulica nel primo Seicento, in «Lo stupor dell’invenzione»: Firenze e la nascita dell’opera, a cura di P. Gargiulo, Firenze 2001, ad ind.; A. MacNeil, Music and women of the Commedia dell’arte in the late Sixteenth century, Oxford 2003, ad ind.; Don Giovanni o L’estrema avventura del teatro, a cura di S. Carandini - L. Mariti, Roma 2003, ad ind.; F. Fiaschini, L’«incessabil agitazione»: Giovan Battista Andreini tra professione teatrale, cultura letteraria e religione, Pisa 2007, ad ind.; E. Wilbourne, «Isabella ringiovanita»: Virginia Ramponi Andreini before “Arianna”, in Recercare, XIX (2007), pp. 49-73; F. Barbieri, Poesie in lode di V. R.: edizione e commento del manoscritto Morbio 1 della Biblioteca Nazionale Braidense, tesi di dottorato, Università di Pisa, 2008; S. L’Occaso, Spigolature sui pittori e scultori emiliani a Mantova dal 1637 al 1707, in Acme, LXIII, 3 (2010), p. 147 n. 163 (su Pietro Enrico Andreini); A. Bragato, La drammaturgia sperimentale di Gio. Battista Andreini fra Commedia dell’arte, poesia e teatri per musica, tesi di dottorato, Università di Bologna, 2013; E. Wilbourne, Seventeenth-century opera and the sound of the commedia dell’arte, Chicago-London 2016, ad indicem.

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