FASANI, Raniero

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 45 (1995)

FASANI, Raniero

Raniero Orioli

Nacque probabilmente a Perugia, verso l'inizio del sec. XIII.

Fino al 1260 le notizie sul F. sono a tal punto incerte e soffuse di leggenda da farlo talora confondere con l'omonimo beato Raniero da Borgo Sansepolcro, o addirittura da metterne in discussione la stessa realtà storica: ma, in tale anno, egli viene comunemente indicato quale promotore di quel movimento penitenziale, noto sotto il nome di disciplinati o fiagellanti, che, sorto appunto nel 1260 nel capoluogo umbro, si diffuse con una rapidità prodigiosa per quasi tutta l'Italia centrosettentrionale e, valicando le Alpi, fece proseliti anche in Francia, Germania, Austria e Ungheria.

Da tale movimento poi, scemata nel giro di pochi mesi la foga che si era manifestata nelle forme appariscenti di processioni di uomini che si fiagellavano in ricordo ed imitazione delle pene patite dal Cristo, invitando gli altri uomini a redimersi, a comporre le divergenze e a riappacificarsi, scaturì una singolare fioritura di confraternite laiche che, con alteme fortune e con indubbi adattamenti al mutare dei climi politici e religiosi, sono sopravvissute fin quasi ai nostri giorni.

La singolare fortuna del movimento e la proliferazione delle confraternite hanno condizionato non poco la conoscenza della realtà storica del F., anche perché la fonte più prossima su di lui e che non poco momento ha avuto nel sorgere dell'agiografia fasaniana contiene, accanto ad elementi tipici del genere, altri di apparente maggiore credibilità che ad un vaglio critico risultano peraltro scarsamente attendibili.

L'anonimo autore della Lezenda de fra Rainero Faxano - nata in ambito bolognese - data l'inizio della predicazione del F. al 1258, al tempo del podestà Rolandino Marescotti, quando, dopo diciotto anni di vita penitenziale lontano dal mondo, gli sarebbero apparsi più volte il santo eremita Bevignate e la Madonna, che gli avrebbe consegnato una lettera per il vescovo di Perugia. Dopo un primo inutile tentativo di conoscerne il contenuto, celebrata una messa solenne sull'altare su cui era stata posta, la lettera venne finalmente aperta e vi si trovò fra l'altro l'invito a far penitenza per evitare una giusta punizione divina. E fu così che. secondo la Lezenda, "molti denudatisi iniziarono con fra Raniero a fiagellarsi e con l'aiuto della grazia divina già al secondo giorno non vi era in Perugia persona che nudo non si fiagellasse. E tutti coloro che si odiavano fecero pace. In tal modo, come ben si sa, questa forma di disciplina penitenziale si propagò per tutto il mondo cristiano ...".

A porre in discussione l'attendibilità della Lezenda giocavano non pochi elementi; innanzitutto il fatto che il bolognese Rolandino Marescotti fu sì podestà di Perugia, ma nel 1263 e non nel 1258, e che la rapida diffusione del movimento dei disciplinati è, nelle cronache coeve, comunemente fatta risalire al 1260. La stessa figura di s. Bevignate appare a sua volta alquanto evanescente; talora identificato con un non meglio precisato eremita del sec. V, con ogni probabilità era invece da ravvisare nel santo locale, quasi contemporaneo dello stesso F., in onore del quale, nel 1256, a Perugia si diede inizio alla costruzione di una chiesa nella periferia della città, nel rione di Porta Sole. Nonostante ciò gli elementi atti a dar corpo alla figura di Bevignate restano assai labili e la Chiesa ha avuto non poche difficoltà a riconoscerne la santità, nonostante le ripetute pressioni a tale fine esercitate dalla Comunità perugina già a partire proprio dal giugno del 1260, quando, supportata dall'allora vescovo Bernardo Corio, si chiese a Roma la sua canonizzazione.

All'incongruenza cronologica relativa al podestà Marescotti e all'evanescenza di s. Bevignate si aggiunga il fatto che fino al 1935 non risultava testimoniata nel periodo l'esistenza nel capoluogo umbro di una famiglia Fasani: solo in quell'anno infatti la pubblicazione, a cura dell'Ansidei, del regesto delle riformagioni del Comune di Perugia dal 1256 al 1300 fornì elementi che potevano dare consistenza storica alla figura dei F.: il 4 maggio 1260 il Consiglio comunale aveva aderito alla richiesta di proclamare quindici giorni di astensione dal lavoro "propter utilitateni devotionis que fit communiter in predicta civitate". La richiesta, che sarebbe stata rinnovata ed accolta il 19 dello stesso mese, era stata avanzata da "alcuni religiosi e specialmente da fra Raniero"; quel Raniero che, il 31 dicembre dello stesso anno, il Consiglio avrebbe consultato in merito alla persona da inviare quale podestà a Foligno.

Nonostante queste notizie consentissero se non altro di rilevare l'esistenza di un non meglio precisato fra' Raniero, patrocinatore della devotio del 1260 e persona di riguardo e tenuta in considerazione dall'autorità civile, si è dovuto attendere la seconda metà di questo secolo per reperire quegli ulteriori riscontri, senza i quali notevoli sarebbero rimaste le perplessità sulla sua reale esistenza. Gli elementi portati alla luce dall'Ansidei, infatti, non bastavano da soli a tale fine, essendo testimoniata per gli anni 1230-1285 la presenza in Perugia di un omonimo fra' Raniero de Bendefende, appartenente all'Ordine dei frati predicatori e morto in fama di santità. Si devono quindi agli studi promossi e immediatamente susseguenti le celebrazioni del VII centenario della nascita del movimento dei disciplinati - tenutesi in Perugia nel settembre 1960 - l'acquisizione ed il rinvenimento di ulteriori e più sicure notizie sul Fasani. Grazie infatti ai lavori dell'Ardu, dei Frugoni, dei Nicolini - per citare i contributi principali - siamo oggi in grado di meglio delineare la sua figura e far sì che le stesse notizie forniteci dalla Lezenda possano assumere una valenza di non poco momento.

Se ancora incerto è se fosse il F. quel Raniero che nell'ottobre del 1262 venne invitato dal podestà di Perugia, Pietro Parenti, a interporre i propri uffici per far cessare i dissidi sorti tra gli abitanti dell'Isola Maggiore dei Trasimeno, non sussistono dubbi sulla sua identificazione coi personaggio che, nel dicembre dello stesso anno, stipulò un contratto d'affitto ventinovennale con i canonici della cattedrale di S. Lorenzo per un piccolo casale situato dalla parte di porta Sole, non lontano dalla chiesa che si stava costruendo in onore di s. Bevignate. Il documento contiene una singolare e significativa clausola, tesa ad inibire al F. l'edificazione sul casale di un oratorio o una chiesa. I canonici dovevano dunque temere che le intenzioni del F., visti i suoi precedenti, fossero rivolte a costituire una sede per sé e per i suoi, una volta scemato l'entusiasmo iniziale che aveva dato luogo alle manifestazioni più clamorose e appariscenti. Timori che si rivelarono fondati: il 10 ott. 1265 le clarisse del convento di Monteluce ottennero dal Pontefice Clemente IV un privilegio atto a garantire che, entro un raggio di 300 canne (circa mezzo chilometro) dalla loro comunità, nessuno osasse costruire altro "monastero o oratorio o chiesa o ospedale con annesso oratorio" ed il 13 novembre l'abate di S. Pietro, Raniero Coppoli, venne incaricato di procedere ad un'inchiesta per verificare il formale rispetto del privilegio papale. Non vi sono dubbi che l'azione delle clarisse fosse finalizzata a rimuovere quanto precedentemente era stato paventato ed inutilmente inibito dai canonici nei confronti del Fasani. Il 13 febbr. '66 l'abate constaterà infatti che "un certo fra Raniero Fasani aveva costruito un edificio che intendeva trasformare in oratorio", per la qual cosa procederà a diffidare quest'ultimo e gli ordinerà di demolire l'edificio sotto minaccia di scomunica. Questo episodio, oltre a dar corpo alla realtà storica del F., lo ricollega ad una zona, quella di Porta Sole e della chiesa di S. Bevignate in Perugia, e in qualche modo consente di recuperare quale fonte attendibile -anche se opportunamente da decodificare - la Lezenda bolognese.

Altri ancora sono i riscontri documentali che ci consentono di meglio definire la figura del F. e soprattutto di aver la misura dei rispetto e della considerazione in cui era tenuto dai concittadini. Il 15 maggio 1277 il Comune perugino deliberava una elemosina di 4 lire a favore del R; l'offerta venne rinnovata - anche se ridotta a 3 lire - nel marzo del 1282, nel dicembre dell'86 e nel dicembre dei '90, non più però a lui, ma alle di lui vedova e figlie, il che ci fa conoscere insieme con la data approssimativa della morte - prima del marzo del 1282, appunto - anche il fatto che il F. era coniugato e padre di famiglia.

Ma se le ricerche di questi ultimi trent'anni hanno consentito di dare consistenza alla figura dei F., ridimensionandone l'alone agiografico e la tradizione - mai accertata - che lo voleva fondatore di numerose confraternite, resta d'indubbio interesse il dibattito storiografico sulla natura del movimento da lui promosso e sulle cause che ne favorirono la singolare e fulminea fortuna. L'esistenza di fraternite penitenziali non è certo una novità posteriore al 1260, e s. Francesco d'Assisi aveva già dato notevole impulso alla nascita di gruppi di penitenti laici in ambito urbano. Nel 1233 si era poi assistito al trionfo della predicazione del domenicano Giovanni da Vicenza, che aveva dato luogo a processioni penitenziali conosciute col nome di "Alleluia" le cui connotazioni, peraltro, variavano da luogo a luogo. A Parma, infatti, le parole di Benedetto da Cornetta, secondo quanto ci testimonia Salimbene de Adam nella sua cronaca, avevano impresso all'"Alleluia" un'impronta più serena, priva di quelle tonalità decisamente espiatorie che caratterizzeranno, invece, il movimento del Fasani. Nella stessa Perugia sappiamo che la pratica devozionale della processione penitenziale era antecedente al 4 maggio del 1260. Il 30 giugno dello stesso anno il podestà Tommaso da Gorzano aveva assolto quattro cittadini sorpresi per strada, nell'aprile precedente, dopo il suono della campana annunciante la chiusura delle porte e l'obbligo di ritirarsi in casa, poiché la giustificazione addotta era stata quella di essersi attardati per assistere allo spettacolo edificante di alcuni penitenti che si fiagellavano nel periodo quaresimale. Questa "devotio publica", questa forma penitenziale cruenta, non era quindi qualcosa di nuovo; il F. l'attinse da una tradizione decisamente francescana, e ciò giustifica l'ipotesi di una sua appartenenza all'Ordo de poenitentia.

La stessa fiagellazione, mediante il flagellum di strisce di cuoio o la scopa di ramoscelli, era già in uso a partire dal sec. VIII, come ci testimoniano i libri penitenziali. Tuttavia essa raramente assumeva aspetti pubblici in quanto era preferibilmente riservata al momento privato dell'ascesi dei singoli. Ciò che costituisce la novità dell'atteggiamento del F. non è tanto l'avere scelto la fustigazione come forma penitenziale di espiazione quanto l'averla resa pubblica, coinvolgendo in questa sua iniziativa tutta la Comunità perugina e in primo luogo il Consiglio comunale. Per questa ragione, al di là degli episodi devozionali, già presenti anteriormente al 4 maggio 1260, resta ferma questa data quale inizio del movimento dei disciplinati o fiagellanti del Fasani. Con quella delibera, infatti, si aveva "la consacrazione pubblica del movimento per mezzo di un atto del Comune" (Cecchini).

E con tale pubblico riconoscimento ben presto il movimento passò nelle città vicine di Assisi e Spoleto, per poi proseguire per Gubbio, Montefeltro, Bologna e Imola e diffondersi nell'Italia centrosettentrionale nel giro di pochi mesi. A Bologna, soprattutto, la teoria dei penitenti fiagellantesi ebbe una particolare accoglienza, tanto che si è supposta - ma non si hanno riscontri - la presenza in città dello stesso iniziatore.

Ma se il riconoscimento dell'autorità civile marca la peculiarità del movimento, ciò non basta a spiegarne la rapida diffusione. Le ipotesi formulate in proposito oscillano dall'indicazione di uno stato generalizzato di disagio, dovuto ai turbamenti prodotti dalle vicende politiche del tempo, a più specifici episodi o tematiche. Si è pensato - indotti a questo da una lettura superficiale della Cronica salimbeniana - che non poco abbia giocato, a favore del F., l'attesa dell'età dello Spirito preannunciata da Gioacchino da Fiore e da alcuni gioachimiti preconizzata proprio per il 1260. Ma poiché, laddove Salimbene parla dei disciplinati, non fa alcun cenno a possibili legami con le teorie gioachimite, se ne deve dedurre che l'attesa gioachimita del 1260 "non servì tanto a dare origine al movimento quanto a darne una spiegazione" (Manselli).

La disfatta subita dalle forze guelfe a Montaperti il 4 sett. 1260 può avere indubbiamente favorito il diffondersi di un doloroso sgomento, il senso di un approssimarsi di tempi tristi, superabili soltanto a costo di un'opera di espiazione e di preghiera, anche se non è accettabile la configurazione del movimento stesso come espressione della sola parte guelfa. È vero che i disciplinati e le loro confraternite non hanno avuto seguito nei territori dell'Italia meridionale che risentivano dell'influsso di Manfredi; che il marchese Oberto Pelavicino li diffidò e cercò di atterrirli innalzando forche sugli argini del Po e che l'ingresso dei penitenti nella Marca trevigiana fu possibile soltanto dopo la cacciata dei figli di Ezzelino da Romano; ma le ragioni di tali comportamenti sono da ricercare non tanto in una connotazione politica del movimento - connotazione non accertabile - quanto piuttosto nelle situazioni locali dove i singoli potentati avevano ragione di temere, per la loro sicurezza, un movimento che, con l'invocazione della pace e della misericordia, poteva sottendere un inequivocabile giudizio politico negativo.

Le ragioni del successo e della rapida diffusione del movimento vanno quindi ricercate non tanto in singoli episodi, le cui connessioni con le vicende del F. e dei suoi fedeli non sono testimoniate dalle fonti coeve, quanto piuttosto nel generale clima che caratterizza la seconda metà del secolo XIII. La lotta tra Papato ed Impero, le divisioni all'interno delle città, il clima di discordia e d'insicurezza che ne conseguiva determinarono l'aspirazione ad un cambiamento e la ricerca di pace: "È indubbio che al suo primo nascere [il movimento] fu un moto spontaneo di popolo, che, sia pure promosso dalla vigorosa personalità di asceta e di predicatore di Ranieri Fasani, non avrebbe potuto avere l'intensità e l'espansione che ebbe se non avesse risposto ad esigenze profonde dello spirito collettivo". In tale frase R. Morghen (p. 32 s.) non soltanto coglie il perché di un esito tanto clamoroso ma forse racchiude anche la ragione delle difficoltà incontrate dalla ricerca storica nel cercare di dar corpo alla personalità del F., personalità destinata ad essere sopraffatta dall'idea stessa di cui s'era fatta promotrice.

Fonti e Bibl.: La Lezenda de fra Rainero Faxano, a cura di G. Mazzatinti, in Boll. della Soc. umbra di storia patria, II (1896), pp. 561 ss.; Salimbene de Adam, Chronica, a cura di O. Holder Egger, in Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, XXXII, Hannoverae et Lipsiae 1905-1913, pp. 70 s., 465 s.;, Regestum reformationum Comunis Perusii ab anno MCCCLVI ad annum MCCC, a cura di V. Ansidei, Perugia 1935, pp. 180 s., 338; L. Kern, A propos du mouvement des flagellants de 1260. S. Bevignate de Pérouse, in Studien aus dem Gebiete von Kirche und Kultur. Festschrift Gustav Schnürer zum 70. Geburtstag, Paderborn 1930, pp. 39-53; L. Tondelli, Le concrete origini del moto dei flagellanti degli anni 1260-61, in Studi e docc. d. Deput. di storia patria per l'Emilia e la Romagna. Sezione di Modena, n. s., II (1943), pp. 143-161; Il movimento dei disciplinati nel settimo centenario dal suo inizio (Perugia - 1260). Convegno internazionale, Perugia, 25-28 sett. 1960, Perugia 1962, in particolare i saggi di R. Morghen, R. F. e il movimento dei disciplinati del 1260, pp. 29-42; G. G. Meersseman, Disciplinati e penitenti nel Duecento, pp. 43-72; R. Manselli, L'anno 1260 fu anno gioachimitico?, pp. 99-108; E. Ardu, La data d'inizio del movimento dei disciplinati, pp. 368 ss.; U. Nicolini, Nuove testimonianze su fra' R. F. e i suoi disciplinati, in Boll. della Deput. di storia patria per l'Umbria, LX (1963), pp. 331-346 (riedito nel quaderno n. 2 del Centro di documentazione sul movimento dei disciplinati, Perugia 1965, pp. 3- 17); A. Frugoni, Sui flagellanti del 1260, in Bull. dell'Ist. stor. ital. Per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, LXXV (1963), pp. 211-237; U. Nicolini, Ricerche sulla sede di fra' R. F. fuori Porta Sole a Perugia, Perugia 1967, pp. 3-18; R. Manselli, Disciplinati, in Enc. Dant., II, Roma 1970, pp. 485 s.; Risultati e prospettive della ricerca sul movimento dei disciplinati. Convegno internaz. di studio, Perugia 5-7 dic. 1969, Perugia 1972, passim; G. Cecchini, R. F. e i disciplinati, in Accademie e Biblioteche d'Italia, XLII (1974), pp. 16-27, riedito in francese in Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen âge-temps modernes, LXXXVII (1975), pp. 339-352; G. G. Meersseman, I disciplinati nel Duecento, in G. P. Pacini, Ordo fraternitatis. Confraternite e pietà dei laici nel Medioevo, I, Roma 1977, pp. 451-475; G. Cecchini, Flagellanti (o disciplinati o battuti), in Diz. degli Ist. di perfezione, IV, Roma 1977, coll. 60-72 (60 ss. per il Fasani).

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