GARIBALDO, re dei Longobardi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)

GARIBALDO (Garipald, Garipaldus), re dei Longobardi

Jörg Jarnut

Principe longobardo della nobilissima stirpe di Gauso, era figlio del re dei Longobardi Grimoaldo I (662-671) e della seconda moglie di questo, una figlia del re Ariperto I, della quale ignoriamo il nome. Per parte di padre, dunque, G. apparteneva alla famiglia del duca del Friuli Gisulfo II (circa 590-610), di cui Grimoaldo I era figlio. Tramite la madre era invece imparentato con la dinastia così detta bavarese (meglio sarebbe definirla agilolfinga), che dal 615-616 regnava sui Longobardi, e con la stirpe dei Lethinges. G. era infatti pronipote di quel Gundoaldo (fratello della regina Teodelinda e figlio dell'agilolfingo duca dei Bavari Garibaldo e della letingia Walderada) che il re Autari aveva creato duca di Asti quando era stato costretto a esulare in Italia.

Il padre di G. era duca di Benevento quando, alla morte di Ariperto I (circa 660), era intervenuto nella lotta per la supremazia apertasi tra i due figli del sovrano scomparso, Godeperto e Perctarit. Eliminato il primo e costretto l'altro all'esilio, era stato riconosciuto re da un'assemblea degli armati tenutasi con ogni probabilità a Pavia e aveva sposato la figlia di Ariperto I per legittimare il trono usurpato (662).

Non conosciamo la data precisa della nascita di G., comunque successiva al secondo matrimonio del padre e dunque intorno alla metà del settimo decennio del secolo.

Nelle intenzioni del padre, G. era senza dubbio destinato a succedergli sul trono di Pavia come capostipite di un nuovo ramo della dinastia bavarese e come legittimo erede dei sovrani che lo avevano preceduto, da Adaloaldo ad Ariperto I. Ce lo attesta il nome, così ricco di suggestioni e di richiami agilolfingi e letingi, che il padre aveva voluto imporgli. Ce lo conferma la circostanza che Grimoaldo I intese, sin dagli inizi del suo governo, mantenere separati i destini della sua casa e del Ducato di Benevento da quelli del Regno e della discendenza che avrebbe avuto dal suo secondo matrimonio. Non chiamò infatti a Pavia, per renderlo partecipe del potere regio, il primogenito Romualdo I, cui aveva, allontanandosene, affidato il governo del Ducato, né alcun altro dei suoi figli. Il Bognetti ha prospettato la possibilità che Grimoaldo I - che la letteratura storica ritiene di professione ariana sebbene sua madre fosse cattolica - avesse fatto battezzare G. secondo il rito cattolico per radicare meglio la nuova dinastia in un contesto sempre più determinato dal cattolicesimo. Questa ipotesi non è priva di suggestione - Adaloaldo, figlio dell'ariano re Agilulfo e della cattolica Teodelinda, era stato battezzato secondo il rito cattolico -, ma non trova conforto nelle fonti.

Subito dopo la morte di Grimoaldo nel 671 i fedeli alla memoria di Ariperto I e alla sua famiglia risollevarono il capo. Si formò - a quanto sembra - un forte partito, che riteneva G. inadatto al governo e auspicava il ritorno dell'esule Perctarit. G. non poteva avere, allora, più di sei o sette anni: "adhuc puerilis aetatis" e "puerulus" lo dice del resto Paolo Diacono che, inoltre, lo definisce "rex" ma non lascia capire se gli attribuisce quel titolo perché fosse stato associato al trono dal padre - come appare più probabile - o perché, dopo la morte di questo, fosse stato riconosciuto legittimo successore al trono di Pavia da un'assemblea popolare.

Non era destinato a regnare a lungo. Perctarit, non appena ebbe ricevuto la notizia della morte dell'antico avversario, si affrettò, attraversando la Francia, a tornare in Italia. Alle Chiuse trovò ad attenderlo le più alte cariche di corte, i grandi del Regno e un buon numero di guerrieri, che gli tributarono i massimi onori; marciò, con l'esercito che si era raccolto intorno a lui, su Pavia, senza incontrare valide opposizioni. Correva appena il terzo mese dalla morte di Grimoaldo I, quando Perctarit, "exturbato Garibaldo puerulo a regno", venne solennemente riconosciuto re dei Longobardi.

Nulla si sa del destino di G. dopo questi avvenimenti. È tuttavia probabile che egli sia stato eliminato come lo erano stati altri giovani re in circostanze analoghe.

Fonti e Bibl.: Paulus Diaconus, HistoriaLangobardorum, a cura di L. Bethmann - G. Waitz, IV, 51 e V, 33, in Mon.Germ. Hist., Script. rer. Lang. et Italic. saec. VI-IX, I, Hannoverae 1878, pp. 138 s., 155; L.M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, II, 1, Leipzig 1900, p. 255; G.P. Bognetti, S. Maria forisPortas di Castelseprio e la storia religiosa dei Longobardi, in Id., L'età longobarda, II, Milano 1967, pp. 343 s.; R. Schneider, Königswahl und Königserhebung im Frühmittelalter, Stuttgart 1972, pp. 45 ss.; H. Fröhlich, Studien zur langobardischen Thronfolge, Tübingen 1980, pp. 154-157; P. Delogu, Il regno longobardo, in Storia d'Italia (UTET), I, Torino 1980, pp. 96 ss.; J. Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino 1995, pp. 59 ss.

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