Referendum

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

referendum

Stefano De Luca

Deliberazione presa direttamente dai cittadini

Il referendum è il principale strumento di democrazia diretta; con esso il popolo partecipa in prima persona al processo decisionale. Nel 19° secolo era utilizzato solo in Svizzera e negli Stati Uniti; nel corso del 20° secolo è stato inserito nelle costituzioni di altri Stati democratici, per permettere al popolo di pronunciarsi direttamente su questioni costituzionali o legislative

Origine e sviluppi

Il termine referendum nacque in Svizzera, dove le piccole comunità montane praticavano la democrazia diretta, cioè si autogovernavano tramite assemblee alle quali partecipavano tutti i membri della comunità. Quando si tenevano le assemblee cantonali, le comunità vi inviavano i loro delegati, ma questi potevano prendere decisioni soltanto con la riserva ad referendum (cioè «per essere riferite»): quelle decisioni per divenire valide dovevano essere riferite alle rispettive comunità ed essere da queste approvate con una deliberazione collettiva.

In quanto strumento per eccellenza della democrazia diretta, il referendum fu sostenuto dai pensatori democratici – in primo luogo da Jean-Jacques Rousseau, secondo il quale tutte le leggi dovevano essere sottoposte alla ratifica popolare – e criticato dai pensatori liberali (liberalismo), che erano favorevoli al principio della rappresentanza e consideravano il parlamento l’unico luogo adatto per affrontare le complesse questioni di governo.

Nel 19° secolo, il referendum è ancora pressoché assente dalle costituzioni liberali (con le uniche eccezioni della Svizzera e degli Stati Uniti), mentre nel 20° secolo – con la definitiva affermazione del suffragio universale – esso viene inserito nelle costituzioni di altri Stati democratici, per dare modo al popolo di pronunciarsi sulle decisioni prese dai parlamenti in materia legislativa e costituzionale (sia per l’adozione della costituzione sia per la sua modifica).

Il referendum in Italia

Non contemplato dallo Statuto albertino, il referendum venne inserito nella Costituzione repubblicana del 1947, nelle due forme del referendum costituzionale, per eventuali modifiche alla Costituzione, e del referendum abrogativo, relativo alle leggi ordinarie. Tramite referendum, nel nostro ordinamento, si può quindi cancellare – totalmente o parzialmente – una legge esistente, ma non proporne una nuova.

Il referendum costituzionale è obbligatorio, se la modifica della Costituzione viene approvata dal Parlamento a maggioranza semplice; se invece la modifica viene approvata con la maggioranza dei due terzi, il referendum è facoltativo, viene cioè indetto soltanto se lo richiedono 500.000 elettori o 5 consigli regionali.

Quanto al referendum abrogativo, esso fu disciplinato soltanto nel 1970, da una legge (la n. 352) che introdusse alcuni criteri restrittivi. Anzitutto la raccolta delle 500.000 firme deve avvenire in tre mesi (in alternativa sono sufficienti 5 consigli regionali); in secondo luogo, spetta alla Corte costituzionale decidere sull’ammissibilità dei referendum proposti (che non possono riguardare leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e indulto e di ratifica dei trattati internazionali). Infine, il referendum abrogativo, a differenza di quello costituzionale, è valido soltanto se si raggiunge il quorum, quando cioè si reca a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto (il che significa che l’astensione può far fallire il referendum).

Dal divorzio alla procreazione assistita

Dal 1974 – cioè dallo storico referendum sul divorzio, richiesto da alcuni movimenti cattolici per abrogare la legge che lo consentiva e conclusosi con la conferma della legge – in Italia vi è stato un uso crescente dei referendum, soprattutto grazie all’iniziativa del movimento radicale, che ha voluto sottoporre al giudizio dei cittadini alcune rilevanti questioni civili e politiche. Tra i referendum più importanti, vanno ricordati quelli sull’aborto (1981), sulla ‘scala mobile’ (cioè sull’adeguamento automatico dei salari all’inflazione, 1985), sulla responsabilità civile dei magistrati e sul nucleare (1987), sul sistema elettorale (1991), sul sistema radiotelevisivo (1995).

Alcuni referendum sono falliti per il mancato raggiungimento del quorum (l’ultimo, nel 2005, sulla procreazione assistita); in altri casi le indicazioni emerse dal voto popolare sono state vanificate da successive norme legislative.

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