RENDICONTO

Enciclopedia Italiana (1936)

RENDICONTO (fr. bilan, compte de pertes et profits, compte rendu; sp. bilance, cuento; ted. Bilanz, Rechnung, Rechnungsablegung; ingl. balance-sheet, profit and loss account)

Renato SAVELLI

Rilevazione contabile e dimostrazione, fatta a sé stessi o ad altri, del risultato di una gestione. È parziale se ha per oggetto uno o più negozî, uno o più elementi della materia amministrabile (conto di cassiere, di agente contabile, di materie, di lavori, di speculazioni, d'affari, ecc.); è generale se conclude un'intera gestione o le gestioni dell'azienda. Se è fatto per la liquidazione, o cessione, o assorbimento, o fusione dell'azienda è detto di gestione particolare, di liquidazione e contiene valori quasi tutti di stima; è detto senz'altro di gestione o di esercizio o ordinario se è fatto alla fine dell'esercizio per rilevare il risultato della normale gestione. Quest'ultimo ha per oggetto preponderante il reddito; tuttavia diverse sono le caratteristiche che assume nell'azienda di produzione di reddito e in quella di erogazione di reddito.

Azienda di produzione. - Nell'azienda di produzione di reddito il rendiconto consiste nel bilancio e nel conto perdite e profitti. Con la formazione del bilancio si rileva contabilmente il reddito d'esercizio, sommando algebricamente i valori attribuiti alle rimanenze utilizzabili attive e passive (capitale alla fine dell'esercizio) col valore del fondo iniziale. Questo calcolo perciò implica la determinazione dei valori e delle rettifiche di valori componenti il fondo finale, che sono i seguenti: Attività: valori numerarî certi (denaro), assimilati (crediti di funzionamento in moneta di conto), presunti (crediti di funzionamento in moneta diversa da quella di conto; ratei attivi); costi sospesi d'immobilizzazioni e di disponibilità non numerarie; valori nominali sospesi (costi, rettifiche di ricavi, risconti attivi). Passività: valori numerarî assimilati (debiti di funzionamento in moneta di conto) e presunti (debiti di funzionamento in moneta diversa da quella di conto e ratei passivi); ricavi sospesi (debiti di finanziamento); valori nominali sospesi (ricavi, rettifiche di costi, rettifiche della massa di valori attivi, cioè fondi ammortamento, fondi rischi, risconti passivi). Capitale netto: capitale sociale, fondi di riserva, utili di esercizî precedenti, utili dell'esercizio, che stanno dalla parte delle passività; o perdite da ammortizzare, perdita dell'esercizio, dalla parte delle attività. Alcuni valori si rilevano dai conti del sistema del reddito, dopo il loro assestamento; altri si determinano per valutazione, desumendo gli elementi necessarî da scritture non sistematiche; tutti però sono approssimati, lontani cioè dal rappresentare la precisa produttività di reddito, propria del capitale.

I valori delle immobilizzazioni, che passano a gradi dal capitale al reddito, rappresentano, in bilancio, la parte non utilizzata, ma che si utilizzerà nei successivi esercizî, come capitale. Tale parte è la differenza fra il valore del bilancio precedente e una quota d'ammortamento (v.) che, passando fra i componenti negativi del reddito d'esercizio, può essere portata a incrementare gradatamente i fondi di ammortamento.

I valori delle disponibilità non numerarie, cioè quelli destinati a trasformarsi totalmente e in breve tempo in valori numerarî, e a passare fra i componenti del reddito d'esercizio, ottenendo il correlativo ricavo si calcolano: o in base al loro costo, o al prezzo corrente, o al minore fra i due, o al presunto prezzo di futuro realizzo, o a un prezzo ragionato. Questi prezzi sono spesso di difficile determinazione e taluni conducono a liquidare utili non conseguiti. Criterio di prudenza, quantunque non sempre equo, è quello del prezzo minore fra costo e prezzo corrente, perché esclude utili non realizzati e include perdite non sopportate. In pratica predomina il criterio del prezzo ragionato, che non deve tuttavia superare mai il prezzo effettivo di costo, ma viene usato ora l'uno, ora l'altro a seconda delle condizioni dell'azienda e delle previsioni per l'avvenire. È difficile, e forse non opportuno, suggerire norme di generale applicazione, buone in ogni tempo e per le svariatissime specie di aziende. Il codice di commercio italiano, a differenza di altri, non ne dà.

I valori numerarî presunti, sia attivi sia passivi, sono in funzione dei cambi adoperati. I ratei (valori aggiuntivi di altri che sono nella stessa parte del bilancio) e i risconti (valori di rettifica di altri che sono nella parte opposta) sono in funzione del tempo. Seguono i beni dei terzi.

Il conto perdite e profitti, "conto generale della gestione, estremo conto sintetico di reddito, è tra i conti di reddito il più espressivo, che tutti gli altri riassume e tutti compone ad unità per la determinazione dei risultati". Esso contiene gli elementi positivi e negativi del reddito d'esercizio. Può essere a risultati lordi, oppure a costi, ricavi e rimanenze, come indicano le seguenti dimostrazioni:

Se l'azienda è manifattrice o di servizî, si scinde da esso il conto esercizio, nel quale i risultati lordi sono di solito costituiti con gli elementi di reddito caratteristici dell'industria esercitata, in essi comprese le rimanenze. L'utile lordo, o la perdita lorda, vale come voce di collegamento tra il conto esercizio e il conto profitti e perdite.

Nell'azienda a carattere d'impresa commerciale è obbligatoria per l'art. 22 del cod. di comm. la formazione annuale del bilancio e del conto perdite e profitti; se l'azienda è dipendente e societaria, questi documenti, insieme con la relazione degli amministratori e con quella dei sindaci (anonime), vengono sottoposti all'approvazione dell'assemblea generale ordinaria dei soci, entro tre mesi dalla chiusura dell'esercizio.

Nell'azienda a carattere d'impresa pubblica, vincolata da bilancio preventivo di competenze finanziarie (v. bilancio), è fatto anche il conto consuntivo delle entrate e delle spese.

Azienda di acquisizione ed erogazione. - Nell'azienda che acquisisce ed eroga reddito per la soddisfazione dei bisogni privati ordinarî o pubblici, le fonti del reddito sono: lavoro, capitale messo in altra azienda, elargizioni volontarie o obbligatorie d'altri, tributi. Una può essere la fonte, o anche più; se il reddito proviene da una o più delle prime tre variamente combinate, l'azienda è a tipo baronale; se deriva anche, e in maggior misura, dalla quarta, a tipo comunale o statale. Il rendiconto deve dimostrare il reddito acquisito, i costi sopportati per acquisirlo, il reddito erogato per la soddisfazione di bisogni (erogazioni e costi di servizî), e quello risparmiato (conto economico o di redditi, costi e spese), lo stato del patrimonio; le risultanze della gestione delle competenze (entrate e uscite); quelle della gestione dei residui; quella del denaro (conti finanziarî). Secondo il tipo dell'azienda, prevalgono certuni dai conti indicati.

Il conto economico, o del reddito, contrappone ai redditi lordi (patrimoniali ed extrapatrimoniali, di bilancio e fuori bilancio), i costi sopportati per conseguirli, e alla loro differenza, o reddito netto, le erogazioni e i costi necessarî per l'efficienza dell'azienda e la soddisfazione dei bisogni; se risulta reddito risparmiato, va ad aumento del patrimonio o del reddito dell'esercizio prossimo. Per l'esatta distinzione dei redditi di esercizî susseguentisi, vengono calcolati ratei e risconti attivi e passivi, che figurano anche come valori aggiuntivi o diminutivi fra le attività e le passività del conto patrimoniale. Le sopravvenienze e le insussistenze, attive e passive, verificatesi nel patrimonio e nei residui completano il conto. I valori, in massima parte numerarî, si traggono dalla contabilità del reddito, detta comunemente del patrimonio finanziario, perché se non tutti, in massima parte i movimenti sono a denaro.

Nel conto del patrimonio, o stato dei capitali, o riepilogo degl'inventarî, sono raccolti i valori, d'acquisto o di stima, o fissati con quote di deperimento, degli elementi attivi e passivi del patrimonio permanente, da reddito e di uso, all'inizio e alla fine dell'esercizio. Sono desunti dagli inventarî, o registri di consistenza, nei quali sono state annotate, durante la gestione, le variazioni avvenute. La differenza fra i valori attivi e i passivi è detta attivo o passivo netto patrimoniale. Distinto dal permanente segue il patrimonio finanziario (denaro, residui attivi, residui passivi) i cui valori risultano dai conti delle predette scritture sistematiche del reddito. La somma algebrica di questi valori è l'avanzo, o disavanzo, d'amministrazione. Il conto finanziario comprende: 1. il conto delle competenze nel quale, riprese le voci del bilancio di previsione e le somme ivi stanziate per entrate e uscite di denaro, patrimoniali ed extrapatrimoniali, effettive (nette e per movimenti nei beni d'uso), per movimenti di capitali e partite di giro, si dimostra quale sia stata la somma accertata, e di questa la parte riscossa o pagata e quella rimasta da riscuotere (residuo attivo) o da pagare (residuo passivo), la versata e la rimasta da versare; 2. il conto dei residui, ossia la loro consistenza all'inizio, le variazioni, i residui che lascia l'esercizio che si chiude, la consistenza finale; 3. il conto della cassa che mostra il fondo di cassa iniziale, gl'incassi e pagamenti fatti in conto competenze dell'esercizio, in conto residui esercizî precedenti e in conto competenze esercizî futuri, il fondo di cassa finale.

I valori si traggono dalle scritture sistematiche del reddito: dai conti alle competenze, ai residui, agli agenti riscuotitori, alla cassa.

Segue la dimostrazione di concordanza fra il conto del patrimonio e quello del bilancio, cioè ii conto delle variazioni causate al patrimonio dagli accertamenti delle entrate (diminuzioni di attività e aumenti di passività) e dagl'impegni delle uscite (aumenti di attività e diminuzioni di passività). Per le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, la legge dispone che il tesoriere presenti, entro marzo, il cnnto finanziario all'amministrazione che delibera in merito, unisce il rendiconto economico-patrimoniale (stato dei capitali e rendiconto economico) e una relazione (conto morale), e manda tutto alla prefettura. Nei comuni e nelle provincie i tesorieri rendono conto della loro gestione entro ere mesi dalla chiusura dell'anno finanziario. Il conto finanziario, e quello patrimoniale, che ne è un allegato, con la relazione del podestà e del rettorato, è trasmesso alla prefettura.

Nell'azienda dello stato, chiuso l'anno finanziario, ogni ragioneria centrale forma il conto consuntivo delle spese e il conto del patrimonio per il proprio ministero e li trasmette, insieme con quelli delle entrate e delle spese delle aziende autonome e speciali che da questo dipendono, alla ragioneria generale, entro novembre. Il conto dell'entrata è fatto dal Ministero delle finanze. La ragioneria generale, dopo i necessarî controlli, forma il rendiconto generale, che trasmette, entro dicembre, alla Corte dei conti. Questa, entro il 15 gennaio, lo verifica, confrontandolo con le proprie scritture (parificazione), delibera a sezioni riunite; presenta relazione al capo del governo, la quale viene sottoposta all'approvazione del Gran Consiglio del fascismo, e rimandata al ministro per le Finanze che, entro il gennaio, presenta il rendiconto generale alla camera dei deputati.

Bibl.: F. Besta, La contabilità di stato, Venezia 1906; id., La ragioneria generale, Milano 1916; G. Zappa, Le valutazioni di bilancio, ivi 1910; id., Determinazione del reddito nelle imprese commerciali, Roma 1920-29; id., Bilanci di imprese commerciali, Milano 1924; G. Broglia, Verità, sincerità e chiarezza delle scritture contabili e dei bilanci delle società anonime, Torino 1923; L. De Minico, Assestamento dei valori di conto nei sistemi patrimoniali delle società anonime, Napoli 1923; id., Le riserve nelle imprese, ivi 1926; P. Onida, Il capitale nelle imprese commerciali, Milano 1925; id., Elementi di ragioneria commerciale, ivi 1927; C. Bagliano, Questioni di bilancio, Alessandria 1925; R. Roja, Contabilità di stato, Padova 1925; A. Ceccherelli, Le prospettive economiche e finanziarie nelle aziende commerciali, Firenze 1931; id., Istituzioni di ragioneria, ivi 1935; F. De Gobbis, Il bilancio delle società anonime, Milano 1931; P. Giovannini, Corso di ragioneria, Roma 1934.