RENE

Enciclopedia Italiana (1936)

RENE (gr. νεϕρός; lat. ren; fr. rein; sp. riñón; ted. Niere; ingl. kidney)

Primo DORELLO
Ermanno MINGAZZINI

I reni sono due grosse ghiandole a struttura tubulare composta, che hanno l'ufficio di separare continuamente dal sangue la massima parte dei materiali di rifiuto sotto la forma di un liquido chiamato urina; questa viene incanalata nei calici, nei bacinetti, negli ureteri e versata nella vescica, dove si accumula e d'onde viene periodicamente espulsa attraverso l'uretra.

Cenno enbriologico. - L'apparecchio escretore dei vertebrati trae la sua origine da quella formazione embrionale detta cordone nefrogeno, la quale alla sua volta deriva dalla parte di mesoderma chiamata mesomero, e per giungere alla sua costituzione definitiva passa per tre fasi successive, che vengono distinte coi nomi di pronefro, mesonefro e metanefro. Negli Anamnî si trovano solo le prime due fasi, negli Amnioti si hanno ben distinte le ultime due fasi, ma si possono osservare pure tracce della prima.

Il pronefro, detto anche rene cefalico per la sua posizione rostrale, ricorda gli organi escretori degli Anellidi e risulta per ogni metà del corpo di un certo numero di esili tubi, detti canali segmentarî; ogni canale segmentario per una estremità si apre nella cavità generale del corpo per mezzo di un imbuto ciliato detto nefrostoma, mentre con l'altra estremità va a sboccaie in un canale longitudinale, detto canale di Wolff; questo raccoglie i prodotti di escrezione elaborati da tutti i tubuli dello stesso lato e li versa nella cloaca; a ogni canale segmentario si annettono uno o due corpuscoli di Malpighi.

Il mesonefro, detto pure rene primitivo o corpo di Wolff, è formato per ogni lato da un grande numero di canali segmentarî, che non comunicano più con la cavità generale del corpo, ma che per una estremità terminano in un corpuscolo di Malpighi, mentre per l'altra si aprono nel canale di Wolff, il quale caudalmente sbocca nella cloaca. Ogni corpuscolo di Malpighi si forma così: l'estremità libera del canale segmentario si dilata in forma di vescicola; in questa la metà mediale si introflette nella laterale formando una coppa a doppia parete, che accoglie un gomitolo vascolare; questo è alimentato da un ramo afferente proveniente dall'aorta e per mezzo di un ramo efferente si scarica nella vena cardinale posteriore (fig. 1).

Il metanefro, detto anche rene definitivo, compare dapprima come un semplice diverticolo tubulare della parte caudale del tubo di Wolff; questo diverticolo, che rappresenta l'abbozzo dell'uretere, nella sua parte terminale si dilata e questa dilatazione costituisce l'abbozzo del bacinetto: il bacinetto emette estroflessioni, che sono gli abbozzi dei calici: da ognuno di questi si originano numerosi tubi, canali papillari, che alla loro volta si ramificano ripetutamente, finché le ultime ramificazioni terminano con un corpuscolo di Malpighi. Il mesenchima cementa insieme tutte queste formazioni tubulari e il complesso assume una forma simile a quella definitiva (fig. 2).

Conformazione esterna. - Il rene ha la forma di un fagiolo con l'asse maggiore orientato secondo la lunghezza del corpo; la sua faccia ventrale è più convessa della dorsale; il margine laterale è uniformemente convesso, il mediale presenta nel suo terzo medio un'incisura detta ilo del rene, il quale costituisce l'ingresso di uno spazio a contorno rettangolare scavato nello spessore dell'organo, detto seno renale e destinato ad accogliere i vasi e i condotti escretori. Le due estremità dette poli sono arrotondate e quella superiore generalmente è più larga. Il peso del rene oscilla tra 110 e 160 grammi; quello di sinistra generalmente pesa più del destro, quello della donna meno di quello dell'uomo; con il progredire della vecchiaia il peso dei reni diminuisce. Nell'adulto il peso dei due reni sta a quello di tutto il corpo come 1 sta a 220-225; nel neonato, invece, il peso relativo è molto maggiore. Le dimensioni sono approssimativamente le seguenti: lunghezza cm. 12 con molte oscillazioni; larghezza cm. 7; spessore cm. 3. Talora i due reni si possono riunire per la confluenza specialmente dei poli inferiori e allora si ha quell'anomalia, che va sotto il nome di "rene a ferro di cavallo". Il colorito del rene è rosso cupo, la sua consistenza è notevole.

Situazione e rapporti. - I reni riposano sulla parte più alta della parete posteriore dell'addome, sui lati della colonna vertebrale avendo i loro assi maggiori non perfettamente paralleli, ma un po' convergenti verso l'alto. Il rene destro è più basso del sinistro a causa del fegato, che gli sta immediatamente al disopra. Nella donna i reni sono generaimente più bassi che nell'uomo. I reni sono mantenuti in posto dal loro peduncolo formato dai vasi e dagli ureteri, dal peritoneo, che ne ricopre buona parte della faccia anteriore, ma soprattutto da una speciale formazione detta fascia renale; questa si può considerare come un ispessimento del connettivo retroperitoneale, il quale assume una struttura lamellare e in corrispondenza del rene si divide in due foglietti, uno prerenale ed uno postrenale: quest'ultimo è più spesso e posteriormente contrae aderenze coll'aponeurosi dei muscoli diaframma, quadrato dei lombi e psoas. I due foglietti, divaricandosi, delimitano uno spazio, detto loggia renale, il quale è un po' più ampio del rene stesso, poiché oltre a questo organo contiene la capsula surrenale e un'abbondante quantità di tessuto grassoso; infatti il rene, pur essendo unito alle pareti della loggia renale da esili tratti connettivali, non viene a contatto diretto con queste pareti, ma ne è separato da un involucro di tessuto adiposo, detto grasso perirenale o capsula adiposa del rene; questo grasso è più abbondante nella faccia dorsale e sui due poli renali. Anche attorno alla fascia renale si accumula abbondante grasso, distinto col nome di grasso pararenale. La faccia dorsale dei reni contrae rapporto in alto con le ultime due costole con l'interposizione del diaframma, in basso col muscolo quadrato dei lombi, con l'aponeurosi posteriore del muscolo trasverso, con la parte più laterale dello psoas e con i due nervi ileoipogastrico e ileoinguinale. Il polo superiore è coperto dalla capsula surrenale corrispondente. La faccia anteriore del rene destro sta in rapporto con la faccia inferiore del fegato, sulla quale lascia un'impronta, con la flessura destra e con la parte ascendente del colon. La faccia anteriore del rene sinistro sta in rapporto con la coda del pancreas, con la milza e con la flessura sinistra del colon.

Conformazione interna. - Facendo una sezione del rene, che passi attraverso l'ilo e la circonferenza, vediamo che quest'organo è formato da una sostanza propria e da un sottile rivestimento, detto capsula fibrosa del rene. La capsula, o tonaca fibrosa, è sottile, ma resistente; nei reni normali si lascia facilmente separare dalla sostanza propria e risulta formata da un tessuto connettivo fibrillare con un reticolo di fibre elastiche; nella parte più profonda si osservano fibre muscolari lisce. La sostanza propria del rene non mostra una struttura omogenea, ma si presenta costituita da due sostanze distinte col nome di midollare e corticale (fig. 3). La sostanza midollare ha un colorito rosso più o meno oscuro, si presenta striata radialmente, non è continua ma divisa in tante masse disposte attorno al seno; queste masse hanno una forma conica o piramidale e furono perciò dette piramidi di Malpighi. Il numero delle piramidi di un rene umano è assai variabile, però più frequentemente se ne riscontrano otto, delle quali tre sono ventrali, tre dorsali, una polare superiore e una polare inferiore. Ogni piramide ha la base rivolta verso la periferia del rene, l'apice diretto verso il seno, dove sporge sotto la forma di un mammellone, detto papilla renale; l'apice di ogni papilla presenta l'area cribrosa, essendo occupato da numerosi forellini (10-24), corrispondenti agli sbocchi dei canali collettori papillari. Attorno alla base di ogni papilla s'impianta un breve tubo detto piccolo calice; due o più piccoli calici confluendo formano m tubo detto grande calice; i grandi calici alla loro volta confluiscono nella pelvi renale o bacinetto, da cui si diparte l'uretere (condotto che porta l'urina nella vescica). La sostanza corticale ha un colorito rosso giallastro, un aspetto punteggiato, una consistenza minore della midollare; occupa la parte periferica del rene, ma si prolunga all'intorno delle piramidi e questi prolungamenti, che di fatto sono tubulari, nelle sezioni si presentano come colonne di sostanza corticale interposte tra due piramidi vicine: furono dette colonne di Bertin. Mentre in corrispondenza delle facce laterali delle piramidi la distinzione tra le due sostanze è abbastanza netta, nella base ciò non si verifica per il fatto che dalla base di ogni piramide si elevano numerosi prolungamenti di forma conica, i quali si avanzano nello spessore della sostanza corticale, senza però raggiungere la superficie del rene: a questi prolungamenti fu dato il nome di piramidi del Ferrein o raggi midollari di Ludwig. Quella parte della sostanza corticale, che va a riempire gli spazî compresi tra le piramidi di Ferrein e che si presenta ricchissima di corpuscoli renali, ebbe il nome di labirinto o pars convoluta, mentre la parte più superficiale della sostanza corticale, la quale di regola è priva di corpuscoli renali, fu detta da J. Hyrtl cortex corticis (fig. 7).

Struttura microscopica. - Il rene, essendo una ghiandola tubulare composta, risulta formato da un grande numero di canali collettori di prim'ordine e precisamente tanti quanti sono nella loro totalità i fori papillari: questi canali, a mano a mano che s'approfondano nella massa del rene, si dividono e si suddividono ripetutamente, riducendo il loro calibro e modificando pure la loro struttura, finché le ultime ramificazioni terminano con una formazione globosa a struttura molto complessa, che prende il nome di corpuscolo renale. I varî segmenti di questi canali, come presentano struttura differente, così hanno diverso valore fisiologico: quelli più piccoli, che appartengono alle ultime ramificazioni, provvedono alla secrezione dell'urina (canalicoli urinigeni o urinarî); gli altri più grandi sono semplicemente canali escretori (tubi collettori o uriniferi).

Tubi urinigeni. - Nella descrizione di questi tubi è bene seguire la stessa via percorsa dall'urina, cioè cominciare dal corpuscolo renale, al quale seguono il tubulo contorto, l'ansa di Henle, il tubo intercalare (fig. 4).

a) Il corpuscolo renale o di Malpighi, corpusculum renis, è una formazione sferica, di colorito rosso scuro, del diametro di 1 a 2 decimi di mm., situata nel labirinto; il numero dei corpuscoli renali è grandissimo e varia notevolmente secondo i soggetti esaminati e secondo gli autori: T.A. Kittelson in un solo rene umano ne contò 1.040.000. Ogni corpuscolo renale consta di due parti diverse, alle quali corrispondono i due poli, cioè il polo vascolare e il polo urinario. Le due parti sono il glomerulo vascolare e la capsula di Bowmann; il glomerulo vascolare è formato (fig. 5) di un'arteriola, detta arteria afferente, la quale, entrata nel corpuscolo per il polo vascolare, si divide in molti rami capillari, i quali si avvolgono gli uni sugli altri in modo da formare una specie di gomitolo, tenuti insieme da scarsissimo tessuto connettivo, finché tornano a confluire in un'altra arteriola, detta arteria efferente, la quale esce pure essa dal polo vascolare nelle immediate vicinanze di quella afferente, distinguendosi da questa, oltre che per alcune particolarità della sua struttura, anche per il suo calibro minore. La capsula di Bowmann, risulta, come dimostra bene l'embriologia, di due strati formatisi per l'introflessione di una metà di una vescicola entro l'altra metà a guisa di berretto da notte; lo strato interno poco distinto e intimamente aderente al glomerulo vascolare è formato da cellule molto appiattite a confini vaghi; questo strato, giunto ai confini del polo vascolare, non lo riveste, ma s'inflette e si continua nello strato esterno; questo è formato da un unico strato di cellule grandi, poligonali, basse e all'esterno di queste da una membrana basale: queste cellule arrivate in corrispondenza del polo opposto a quello vascolare, cioè in corrispondenza del polo urinario, si continuano con le cellule del tubulo contorto e ugualmente si comporta la membrana basale: tra i due strati della capsula di Bowmann v'è un'esile fessura, che si continua con il lume del tubulo contorto.

b) Il tubulo contorto, che secondo le ricerche di K. Peter ha una lunghezza media di mm. 14, comincia al polo urinario con un piccolo strozzamento, detto colletto, si dirige verso la parte periferica del rene e, senza allontanarsi dal glomerulo, descrive al disopra di questo numerose tortuosità, alle quali deve il suo nome, finché abbandona il labirinto e penetra in una piramide di Ferrein per continuarsi nella parte discendente dell'ansa di Henle. Il tubulo contorto è formato di un epitelio ed è circondato da una membrana basale. Caratteristica è la struttura dell'epitelio, il quale risulta di un solo strato di cellule cilindriche, dette comunemente cellule renali (fig. 6); queste cellule, che non appaiono sempre ben delimitate una dall'altra, hanno un grosso nucleo centrale fornito di un reticolo cromatico e di un distinto nucleolo: il citoplasma ha una struttura molto differente a seconda che occupa la parte apicale o la basale della cellula; nella parte apicale, cioè in quella che guarda verso il lume del canale, il citoplasma è più chiaro e contiene numerose granulazioni di grandezza e di carattere differenti a seconda dello stato funzionale del rene; inoltre nella parte terminale porta il cosiddetto orlo a spazzola, cioè una specie di formazione cuticolare leggermente striata. La parte basale della cellula è piu oscura e mostra una netta striatura longitudinale, struttura a bastoncini, che sarebbe dovuta, secondo alcuni, a vere fibrille, secondo altri, a granuli disposti in serie lineari.

c) L'ansa di Henle deve il suo nome al fatto che si presenta sotto la forma di un tubo ricurvato a U e perciò consta di due branche: una continua il tubulo contorto e si dice discendente, perché si dirige verso la parte ilare del rene; l'altra, invece, risale verso la parte periferica del rene e si dice ascendente. La parte superiore dell'ansa è situata entro la piramide di Ferrein; la parte inferiore, invece, s'avanza entro la piramide di Malpighi e può giungere anche nella zona papillare; la lunghezza totale del tubulo, che forma l'ansa, è assai variabile, ma in media è di 15 mm. La porzione discendente dell'ansa è più sottile e risulta formata di uno strato di cellule piatte con citoplasma omogeneo, con un nucleo grosso, ma povero di cromatina, che sporge entro il lume del canalicolo; la porzione ascendente è più grossa ed è formata da uno strato di cellule cubiche con citoplasma opaco, vagamente striato, con un nucleo grosso ricco di cromatina. Attorno allo strato epiteliale di tutta l'ansa v'è una membrana vitrea, che, da una parte, si continua con quella del tubulo contorto, dall'altra con quella del tubo intercalare.

d) Il tubo intercalare o intermedio, che segue alla parte ascendente dell'ansa, esce dalla piramide di Ferreine penetra nel labirinto per porsi vicino allo stesso tubulo contorto, dal quale ha tratto origine; quivi descrive numerose sinuosità, indi penetra nuovamente nella piramide di Ferrein e sbocca in un tubo collettore: la sua parte terminale, che è più sottile, fu da alcuni chiamata canale di unione. Il tubo intercalare ha una struttura, che ricorda quella della parte ascendente dell'ansa di Henle.

Tubi collettori. - I tubi collettori sono di parecchi ordini e hanno un calibro sempre più grande, quanto più si avvicinano alla papilla: tutti quanti però hanno il carattere comune di essere diritti, donde il nome di tubuli retti, e di confluire tra loro con un angolo molto acuto; furono osservati per la prima volta da L. Bellini, perciò vanno anche sotto il nome di questo anatomico. I tubi collettori più piccoli sono situati nelle piramidi di Ferrein e furono detti tubi lobulineari; questi, dopo avere ricevuto lo sbocco di parecchi tubi intercalari, penetrano nella piramide di Malpighi, ove, riunendosi subito con altri tubi della stessa specie, formano canali più grandi, chiamati tubi lobulari. Alla loro volta parecchi canali lobulari confluendo formano canali più grandi detti tubi papillari, i quali vanno a sboccare nell'apice delle papille. Tutti i tubi collettori sono formati da un solo strato di cellule cilindriche, il cui volume va crescendo a mano a mano che dai collettori più piccoli si passa ai più grandi: il citoplasma di queste cellule si colora bene, salvo che nella zona perinucleare, ove appare più chiaro: il nucleo è grande e povero di cromatina. Attorno allo strato epiteliale vi è una membrana basale.

Stroma. - Tutte le complesse formazioni finora descritte formano il parenchima renale e sono tenute unite da uno stroma connettivale che costituisce il tessuto interstiziale del rene; questo tessuto è molto scarso nella sostanza corticale, ove si osserva specialmente attorno ai vasi; è invece più abbondante nella sostanza midollare e specialmente in vicinanza delle papille. In certe forme patologiche, mentre il parenchima subisce profonde distruzioni, il tessuto interstiziale aumenta.

Vasi del rene. - Ogni rene è nutrito essenzialmente da una grossa arteria, detta arteria renale, che proviene dall'aorta addominale, ma riceve pure esili rami dalle arterie capsulari e dall'arteria spermatica interna. Ogni arteria renale alquanto prima di giungere all'ilo si divide in più rami; per solito si formano prima un ramo dorsale e uno ventrale, i quali entrando nel seno si suddividono, dando origine ai rami interlobari o peripiramidali: questi attraversano le sporgenze interpapillari e penetrano nelle colonne di Bertin disponendosi in numero di 5 o 6 attorno a ogni piramide di Malpighi; arrivati a livello della base di queste piramidi si ripiegano sopra di quella e prendono il nome di arterie arciformi (fig. 7): da queste partono numerosi rami a direzione raggiata, che vanno verso la superficie del rene, scorrendo negl'interstizî interposti tra le piramidi di Ferrein, e perciò sono dette arterie interlobulari. Le arterie interlobulari dànno origine alle arterie afferenti dei glomeruli e a esilissimi ramoscelli, che si sciolgono in capillari nella sostanza corticale e nella capsula fibrosa del rene. Le arterie glomerulari efferenti si ripiegano verso l'ilo del rene e in parte si sciolgono in capillari, che formano una fitta rete nel labirinto e nelle colonne di Bertin, in parte si distribuiscono alle piramidi di Malpighi, formando le arteriole rette spurie. Ma le piramidi di Malpighi sono prevalentemente nutrite dalle arteriole rette vere, le quali si originano dalla concavità delle arterie arciformi e, decorrendo radialmente, dànno il caratteristico aspetto striato alla sostanza midollare. Tutte le arterie poste nella compagine del rene sono terminali. La circolazione venosa si modella sopra quella arteriosa, fatta naturalmente eccezione per i vasi glomerulari: si hanno le vene rette, che si aprono nelle vene arciformi: queste sboccano nelle vene interlobari, le quali giunte nel seno confluendo dànno origine a parecchi tronchi, alcuni ventrali, altri dorsali rispetto al bacinetto; dalla confluenza di questi tronchi risulta per ogni lato una vena renale molto voluminosa, che sbocca nella vena cava inferiore. Alcune venuzze, nate nella parte più superficiale della sostanza corticale, emergono dalla superficie del rene, attraversano la capsula fibrosa e si gettano nelle vene della capsula adiposa del rene, per mezzo delle quali il sangue raggiunge l'arcata venosa perirenale, che comunica con le vene vicine. I linfatici del rene sboccano in linfoghiandole situate sui lati dell'aorta e della cava inferiore nelle adiacenze dell'origine dei vasi renali.

Nervi. - I nervi del rene provengono dal plesso celiaco.

Bibl.: K. Peter, Untersuchungen über Bau und Entwicklung der Niere, Jena 1909; W. Möllendorff, Der Exkretionsapparat, Berlino 1930.

Chirurgia. - Il rene presenta relativamente spesso, alcune anomalie congenite, le quali non rivestono solo un carattere di curiosità anatomopatologica, ma possiedono una straordinaria importanza pratica perché mostrano una spiccata tendenza ad ammalarsi, e perché, ignorate, possono indurre in equivoci fatali. Queste anomalie vengono distinte così:1. anomalie di numero: a) aplasia (mancanza) di ambedue i reni (anomalia incompatibile con la vita dell'individuo); b) aplasia di un solo rene; c) rene soprannumerario; 2. anomalie di forma: a) rene a ferro di cavallo; b) rene a focaccia; c) rene fuso; 3. anomalie di posizione: a) rene distopico (ossia in una sede diversa dalla normale); b) distopia crociata, uni- o bilaternle (il rene si trova dalla parte opposta a quella normale, da un lato o da tutte e due); 4. anomalie di sviluppo: a) ipoplasia (piccolezza eccessiva); b) iperplasia: 1) compensatoria di un rene congenitamente piccolo; 2) congenita idiopatica (con l'altro normale). Fortunatamente uno studio sistematico completo dei malati del sistema urinario, consente di diagnosticare l'esistenza di queste anomalie, sulle quali le affezioni sembrano impiantarsi più di frequente che sui reni normali e permette di regolare preventivamente il piano operatorio. A parte il rene unico che restringe al puro necessario qualsiasi intervento, è il rene distopico e soprattutto quello a ferro di cavallo che più spesso sono stati oggetto di operazioni per calcoli, idronefrosi, tubercolosi e tumori.

Interessanti sono le cisti renali nelle quali si distinguono: 1. le cisti vere: a) dei reni nefritici; b) del rene policistico; c) cisti sierose; d) cisti ematiche; e) cisti dermoidi; 2. le false (nei tumori, nella tubercolosi e nell'idronefrosi parziali); 3. le parassitarie (cisti di echinococco). Tutte queste formazioni cistiche ricorrono raramente all'osservazione del chirurgo, salvo il rene policistico la cui esistenza dev'essere riconosciuta e distinta soprattutto dai tumori.

Per la sua posizione protetta, il rene soggiace di rado ai traumi distinti in: a) lesioni sottocutanee; b) lesioni aperte (ferite). L'entità di esse può variare dalla semplice contusione, priva di sintomi di qualsiasi importanza clinica, fino allo spappolamento completo e quindi alla perdita dell'organo. In questi ultimi casi, alla renale si associano lesioni di altri organi vitali (fegato, coste, polmoni, ecc.).

Di solito la contusione si rivela con dolori locali ed ematuria. Se il sangue si fa strada nei tessuti circostanti si forma un ematoma perirenale. In questo caso bisogna intervenire. Eccezionali sono le ferite, che si riconoscono per la fuoriuscita di sangue e di urina.

Una diagnosi, una volta all'ordine del giorno e ora posta raramente come affezione a sé, è il rene mobile. Una mobilità normale lieve, esiste sempre ed è sincrona al respiro: ma quando si palpa anche il polo superiore o quando si riesce a condurre l'organo dalla parte opposta a quella normale, si deve ammettere una mobilità patologica. Spesso un certo grado di mobilità anormale fa parte di una splancnoptosi generalizzata, e non può rappresentare un'affezione a sé. D'altra parte i sintomi di questa affezione, sono quanto mai varî, senza parallelismo tra grado di mobilità e disturbi subiettivi: essi sono rappresentati da dolori o nevralgie capricciosissime, nausee, vomito, anoressia, stitichezza, irrequietezza. La diagnosi di una tale affezione va posta con molta prudenza, poiché sotto una tale etichetta spesso si nascondono altre malattie che si rivelano nel decorso ulteriore. Assai spesso questi malati si giovano di una cura ricostituente generale e leggermente ingrassante, una cura psicoterapica, mentre l'uso di cinti e cinture è da sconsigliarsi. Per la cura chirurgica sono stati proposti circa 30 metodi, ciò che significa come nessuno sia realmente efficace; difatti il rene mobile ha una grande tendenza alla recidiva, e i disturbi continuano anche malgrado una buona riuscita dell'intervento.

Molto frequenti sono le pieliti, infiammazioni dei condotti (calici e bacinetto) destinati a raccogliere l'urina secreta del rene. Questa malattia è secondaria talora ad altre lesioni locali (calcoli), ma esiste anche come entità nosologica a sé e come tale è qui trattata. La pielite non risparmia nessuna età; colpisce prevalentemente le donne nelle quali è spesso monolaterale, meno spesso gli uomini (quasi sempre bilaterale). L'intensità con la quale la pelvi può essere colpita dall'infiammazione è varia, e numerosissimi sono i germi causali, ira i quali predomina il Bacterium coli.

Tra i molteplici elementi favorenti l'attecchimento dell'infezione è da ricordare nella donna la gravidanza; gli ostacoli alla minzione (ipertrofia prostatica) nell'uomo, le enteriti in ambedue, specie nei bambini. Le vie per le quali i germi possono giungere al rene sono varie: la ematogena (con la corrente sanguigna) da territorî lontani, e l'ascendente (dalla vescica) sono le più importanti. Esistono forme acute e forme croniche, e se le prime passano spesso nelle seconde, queste presentano ogni tanto episodî acuti. La triade caratteristica è formata da: febbre, dolori e piobatteriuria (eliminazione di germi e pus con le urine). La febbre, preceduta da brivido, sale alta, e con remissioni cade a poco a poco in 10-14 giorni. I dolori lombari spontanei e provocati, assumono talora il tipo colico. Nelle urine si trova albumina, pus e germi. Della pielite si può guarire, ma spesso si passa nello stato cronico.

Esistono anche forme torpide fino dall'inizio, nelle quali la febbre può mancare, i dolori essere miti. La piuria, invece, testimonia l'esistenza della flogosi. Fortunatamente l'individuo se si preserva da strapazzi fisici ed errori dietetici può vivere benissimo a lungo senza risentire noia della sua infermità. Infrequente è la perdita dell'organo per propagazione dell'infezione nel parenchima. La diagnosi di solito banale, è talvolta errata per le gravi condizioni generali che simulano un tifo, una sepsi; ma è poi corretta nel decorso ulteriore, la prognosi del quale è di solito buona.

Nelle forme secondarie la cura dev'essere rivolta alle cause determinanti (calcoli renali od ostacoli alla minzione), ai focolai lontani dai quali possono provenire i germi (tonsille, appendice, intestini malati). Nelle forme primitive i malati si giovano delle iniezioni endovenose di urotropina, di neoarseno-benzolo (forme stafilococciche), dei vaccini. Nelle forme gravidiche, che guariscono quasi sempre con il parto, raramente si è costretti all'interruzione della gravidanza. Nelle forme più ostinate, si ricorre al lavaggio della pelvi, o al suo drenaggio a permanenza.

Mentre, come s'è detto, sono frequenti le infiammazioni della pelvi, rare si osservano le suppurazioni acute del rene, quasi sempre unilaterali, sotto forma sia di nefropielite diffusa o di favo, oppure d'origine sia ematogena sia ascendente. I sintomi sono rappresentati da brividi, febbre alta, continuo-remittente, dolori colici o localizzati al fianco, stato generale fortemente compromesso. Le urine contengono pus, emazie, germi, albumina; non di rado offrono il reperto di una nefrite tossica. I pazienti sono minacciati dalla diffusione del processo ai tessuti circostanti (ascessi pararenali), dalla sepsi. Spesso per mancanza di sintomi patognomonici che spingano a un intervento tempestivo, i pazienti muoiono. Alla diagnosi, si giunge dunque con difficoltà; la prognosi è notevolmente oscura. La cura (le guarigioni spontanee con i comuni revulsivi appartengono alle eccezioni) è chirurgica, e consiste nell'asportazione dell'organo malato o nell'incisione e zaffamento del favo renale.

È notevole constatare come la sifilide non colpisca che eccezionalmente il rene sotto forma sia di gomme sia d'infiltrazioni diffuse, di guisa che queste non vengono prese in considerazione se non dopo aver messo da parte ogni altra probabilità.

Ancora più rara è l'actinomicosi (v.) del rene. Invece la tubercolosi entra per una parte assai importante nella patologia chirurgica del sistema urinario e occorre sapere che, a lato di una forma miliarica diffusa, cosiddetta medica, ne esiste un'altra squisitamente cronica, sull'inizio assolutamente unilaterale, suscettibile di cura chirurgica. Non tenendo presente questa constatazione quotidiana, l'infezione, lasciata a sé, tende fatalmente a invadere l'altro rene, ciò che conduce inesorabilmente alla perdita dell'individuo, in un tempo che si può calcolare intorno ai cinque anni, in mezzo a disturbi penosissimi. Il bacillo di Koch, raggiunto il rene per via sanguigna da un altro focolaio che non sempre si rivela clinicamente, vi produce lesioni a tipo generalmente distruttivo (forma ulcero-caseosa). La sintomatologia però non si riflette che di rado sui reni, e quasi costantemente sulla vescica. I disturbi vescicali, dapprima miti ed etichettati per una banale cistite, aumentano sempre più, ma sono talora intercalati da periodi di relativo benessere (pseudo-guarigioni). I malati sono costretti a urinare-spesso, anche se sanno che subito dopo insorgono dolori lunga l'uretra: d'altra parte se non soddisfano questo bisogno emettono involontariamente le urine (falsa incontinenza). Meno di frequente la tubercolosi renale si manifesta con dolori lombari e irradiazioni o con coliche: oppure con ematurie (urina con sangue) imponenti. Non bisogna credere che l'esistenza della tubercolosi in un organo così importante debba coinvolgere lo stato generale. Questo può rimanere buono a lungo: anzi qualche volta si osserva addirittura un'obesità. La diagnosi di una così grave malattia non è affidata all'esame clinico dei reni, ma principalmente a quello dell'urina e dell'interno della vescica (v. cistoscopia), e al cateterismo ureterale. Le urine presentano un aspetto sporco caratteristico: in esse si ritrova pus e sangue: ciò malgrado sono acide. Se vengono coltivate sui comuni terreni di coltura rimangono sterili. La ricerca dei bacilli non sempre riesce positiva: ma la microcoltura e soprattutto l'inoculazione nella cavia toglie ogni dubbio al riguardo. L'esame della vescica urinaria si pratica oggi correntemente con uno strumento chiamato cistoscopio; questo è costituito da un catetere di metallo nell'interno del quale è contenuto un sistema ottico (a periscopio) e portante alla sua estremità una lampadina elettrica. Distendendo la cavità con acqua si osservano successivamente le pareti vescicali e lo stato degli sbocchi degli ureteri. Di solito intorno a uno di questi ultimi esistono lesioni (tubercolini e ulcerazioni) caratteristiche. Con un piccolissimo catetere si può anche sondare uno o tutti e due gli ureteri, per assicurarsi della malattia di uno e dell'integrità dell'altro rene destinato a rimanere. Alla prognosi è stato già accennato. Intervenendo tempestivamente si può salvare l'individuo lasciandolo atto alle più bravi fatiche (guerra, gravidanza). Le cure mediche non hanno mai guarito nessuno dalla tubercolosi renale: la terapia razionale quindi si riassume nella nefrectomia (asportazione del rene) dopo essersi assicurato dello stato d'integrità dell'altro.

Calcolosi renale. - Non si conosce ancora la ragione per la quale si vengano a formare calcoli nel rene: sembra che vi concorrano parecchi elementi riuniti: da un lato locali: diminuzione dei colloidi protettivi dell'urina, alterazione della superficie di tensione, alterazioni delle pareti della pelvi e dei calici, infezioni e stasi; dall'altra, generali: la carenza di vitamine, patemi d'animo, le diatesi.

I calcoli possono essere unici o multipli, piccoli o grandi (fino a 800 gr.) e composti di uno o più sali (ossalati, urati, fosfati). Il loro accrescimento è lento nelle forme asettiche, rapido in quelle infette. Il parenchima dell'organo spesso tollera a lungo la presenza di questi calcoli: ma la funzione ne risente sempre. In prosieguo di tempo, però, si stabiliscono decubiti, ulcerazioni, infezioni, distruzioni più o meno estese dei tessuti (pionefrosi calcolosa).

La sintomatologia si riassume nella triade: dolori, ematuria (urine sanguigne) ed espulsione di calcoli. Ma la concomitanza di questi tre elementi non è affatto costante: i due primi sintomi si possono presentare isolatamente. I dolori si presentano o sotto forma di colica e scendono dal fianco verso il testicolo e le cosce accompagnandosi con sudore freddo, vomito, qualche volta lieve febbre, oppure assumono il carattere di dolori in una delle due fosse lombari, cupi sordi esacerbati dalle fatiche. L'ematuria segue la colica, ma può anche comparire da sola, essere mite o imponente. Sebbene la quantità d'urina durante la colica diminuisca più o meno sensibilmente, è solo in alcuni casi che essa subisce un arresto completo. Questa anuria legata a riflessi inibitorî, può terminare con la morte o risolversi perfettamente, ma rappresenta sempre una grave complicazione. L'espulsione dei calcoli non si osserva che di rado. I concrementi sono piccoli, rugosi per lo piu̇. La diagnosi è spesso facile, talora però la fenomenologia acuta ricorda o l'appendicite o la colica di fegato e persino l'occlusione intestinale; la forma cronica alcune lesioni gastriche ed . epatiche. Naturalmente si deve eseguire l'esame d'urina (albumina, sangue, pus), l'indagine radiografica completa (poiché una volta su otto la calcolosi si manifesta clinicamente da un lato solo ed è invece bilaterale), la cistoscopia. Dal punto di vista prognostico si può dire che se una calcolosi asettica può essere tollerata a lungo, quella infetta va operata subito se si vuol salvare l'organo, a meno che non vi siano controindicazioni mediche. Le cure termali (per es., Fiuggi) servono a mobilizzare e a far discendere i piccoli calcoli, ma non riescono mai a sciogliere nessun calcolo.

Calcolosi ureterale. - Sebbene si conosca qualche caso di calcolo primitivo dell'uretere, quasi sempre si ha da fare con calcoli discesi dal rene e fermatisi in uno dei suoi punti ristretti. La fenomenologia è identica a quella dei precedenti: solo quando il calcolo si ferma in immediata vicinanza della vescica può risvegliare una sindrome prostatica o vescicolare (a carico delle vescichette seminali). La diagnosi è spesso affidata al soli dati clinici, poiché i piccoli calcoli (e spesso sono tali) sfuggono all'indagine radiologica. La prognosi è più grave di quella dei calcoli renali, perché gli effetti sul rene sono più sensibili. In quanto alla terapia si può dire che quella termale, con acqua diuretica trova la sua più efficace indicazione. Tuttavia, anche quando il calcolo non mostra tendenza a scendere spontaneamente, è buona norma, prima d'intervenire cruentemente, provare a lasciare per 48 ore una sonda permanente nell'uretere. Può accadere, e accade molte volte, che il calcolo si mobilizza ed esce spontaneamente.

Idronefrosi. - Quest'affezione è caratterizzata anatomo-patologicamente, da una dilatazione più o meno spiccata, ma sempre evidente della pelvi e dei calici del rene, associata a una riduzione del suo parenchima. La causa di questa malattia è rappresentata da un ostacolo al deflusso urinario, ostacolo che può essere: congenito (ossia già presente all'atto della nascita) o acquisito, e non solo di natura meccanica (ossia grossolanamente apprezzabile), ma anche dinamico (insito cioè in un'alterazione dei nervi, della pelvi e dell'uretere o della loro muscolatura).

L'idronefrosi, specie quella consecutiva a un trauma, si può svolgere silenziosamente, ma il più delle volte si rivela con tipiche coliche, ossia con dolore improvviso, acuto, che dal fianco si porta verso il testicolo; con vomiti, sudori freddi, lieve febbre, oliguria (diminuzione di urina). L'idronefrosi, a lungo andare, porta alla distruzione dell'organo e generalmente s'infetta, anche se non in modo brusco ed evidente. Da quanto è stato detto, la diagnosi è sospettata di solito dalla sintomatologia, ma è accertata sia con l'esame obiettivo sia con le ricerche sussidiarie (pielografia, ossia con riempimento delle cavità renali con una sostanza opaca ai raggi X).

Da parecchie altre malattie va distinta l'idronefrosi durante la colica, soprattutto dall'appendicite. Una caratteristica differenziale consiste nell'immobilità del paziente affetto da appendicite, dall'irrequietezza di quello in periodo di colica renale. La prognosi è subordinata alla possibilità di agire sulla causa determinante il ristagno. La cura tende appunto all'abolizione dell'ostacolo, ma spesso non c'è che da ricorrere alla nefrectomia (asportazione del rene malato).

Pionefrosi. - Quando il rene cade preda di una suppurazione cronica con distruzione del suo parenchima si parla di pionefrosi. Il rene si trasforma cioè in una serie di cavità, comunicanti con la pelvi, ripiene di pus. L'affezione si tradisce con dolori cupi sordi a un fianco, intercalati talora da coliche febbrili, e urine torbide con pus. Assai spesso ma non sempre, la pionefrosi rappresenta l'esito di una calcolosi non curata. Anche in questo caso la diagnosi è affidata, oltre che all'esaqie clinico, a quello strumentale.

La prognosi è riservata, la cura è chirurgica (asportazione), a meno che la bilateralità dell'affezione o condizioni generali non costringano a palliativi e cure mediche.

Tumori. - In massima parte i neoplasmi renali sono maligni. Essi si osservano nei bambini (tumori misti) assai maligni; negli adulti (ipernefromi); nei vecchi (cancri: rari). I sintomi si riassumono in una triade: ematuria (ossia emissione di sangue con l'urina) dolore e tumefazione. L'ematuria è massiva, improvvisa, senza rapporto con alcuna causa che possa determinarla (strapazzi, eccessi dietetici), capricciosa, indolente, e spesso cessa quasi del tutto improvvisamente. I dolori sono per lo più cupi e solo qualche volta assumono il tipo colico. La tumefazione, addirittura visibile nei tumori dell'infanzia, si percepisce alla palpazione spesso, ma non sempre, negli adulti e nei vecchi. Lo stato generale è rapidamente compromesso nei tumori dei bambini, mentre può rimanere buono e a lungo negli adulti. La presenza di una febbre non è un argomento contrario al tumore: essa è stata spesso osservata negl'ipernefromi. In questi sono invero frequenti le metastasi (riproduzioni a distanza) nei polmoni (emottisi), nelle ossa (fratture spontanee). La diagnosi è affidata alle sistematiche ricerche cliniche e di gabinetto. Specialmente la pielografia dà immagini caratteristiche. La prognosi è assai riservata, la recidiva è facile. La cura consiste nella precoce, generosa asportazione del tumore.

Ematurie essenziali. - Sotto questa etichetta sono stati e vengono tuttora descritti alcuni casi di rene doloroso ed ematurico, nei quali non si riscontra alcuna alterazione anatomica che possa spiegare il disturbo. Sono casi rari che guariscono di solito con lo scapsulamento o con l'enervazione del peduncolo renale.

Nefriti ucute e croniche. - Non si può chiudere l'elenco delle malattie che cadono sotto il dominio del chirurgo, senza accennare alle nefriti acute e croniche, perché in una determinata epoca parve che queste affezioni beneficiassero dell'intervento operativo. Bisogna invece confessare che le speranze furono deluse nel senso più ampio della parola, sicché oggi nessuno vi ricorre più. Solo qualche sporadico caso di anuria quale espressione di un episodio acuto durante il corso di una nefrite cronica si è giovata dello scapsulamento. (V. anche urinario, apparato).