DOMINICANA, REPUBBLICA

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Dominicana, Repubblica

Anna Bordoni
Alfredo Romeo
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(App. IV, i, p. 609; V, i, p. 863)

Popolazione

La dinamica demografica è stata caratterizzata, negli ultimi decenni, da un elevato incremento annuo, il quale, benché progressivamente diminuito a partire dagli anni Settanta, si è mantenuto nel decennio Novanta intorno al 20‰. A partire dagli anni Ottanta si è verificato un intenso processo di urbanizzazione: la popolazione delle città è salita dal 50% del 1980 al 63% del 1997. Massima città del paese e di gran lunga principale polo produttivo è la capitale, Santo Domingo, che al censimento del 1993 contava 2.138.300 ab.; distanziata per consistenza demografica e per peso economico è la seconda città, Santiago de los Caballeros (691.000 ab.); il resto della rete urbana è costituito da centri di medio-piccole e piccole dimensioni.

Condizioni economiche

La crescita delle città è andata di pari passo con la diminuzione degli addetti al settore primario (50,2% nel 1970, 45,7% nel 1980 e 18,9% nel 1997); ciò nonostante, l'agricoltura continua a essere un'attività rilevante, con colture destinate all'esportazione (canna da zucchero, caffè, cacao, tabacco), anche se di recente ne sono state favorite altre, destinate al consumo interno (riso, mais e alberi da frutta). I raccolti della canna da zucchero richiedono una grande quantità di manodopera, che stagionalmente immigra da Haiti. Le foreste forniscono buone quantità di legname pregiato, ma il loro sfruttamento intensivo ne ha determinato un certo impoverimento. In campo minerario è cessata l'estrazione dell'oro e della bauxite, quest'ultima in seguito alla decisione (1984) della maggiore società mineraria, che deteneva il monopolio di questa risorsa, di sospendere le attività. Resta il nichel, che annualmente concorre a formare poco meno di un terzo delle esportazioni.

Condizionato da una cronica mancanza di energia, di manodopera e di capitali, il settore industriale non riesce a trovare la strada per una significativa crescita e rimane sostanzialmente legato al comparto agroalimentare; sussistono ancora le grandi nazionalizzazioni, attuate nella prima metà degli anni Ottanta, mentre le privatizzazioni sono ancora agli inizi. Una buona fonte di valuta è rappresentata dal turismo, che nel 1995 ha fornito oltre il 13% del PIL. Il reddito medio pro capite, anche se notevolmente aumentato grazie agli aiuti economici statunitensi, resta inferiore alla media latino-americana. La bilancia commerciale è in crescente passivo: le importazioni provengono soprattutto da Stati Uniti, Venezuela, Messico e Giappone, e riguardano macchinari, petrolio e prodotti derivati; le esportazioni sono prevalentemente dirette negli Stati Uniti (51% del totale) e sono costituite da nichel, zucchero e sigari, per la cui qualità la R. D. ha superato Cuba.

Bibliografia

K.J. Meyer-Arendt, R.A. Sambrook, B.M. Kermath, Seaside resorts in the Dominican Republic: a tipology, in Journal of geography, 1992, pp. 219-25.

M. Ceara Hatton, L'économie dominicaine 1980-90, in Annales des pays d'Amérique latine et des Caraïbes, 1993, 11-12.

L.T. Reynolds, Harnessing women's work: restructuring agricultural and industrial labor forces in Dominican Republic, in Economic geography, 1998, pp. 149-69.

Storia

Afflitta da una corruzione ormai endemica e da enormi squilibri economici e sociali, la R. D. ha conosciuto nel corso degli anni Novanta una preoccupante crescita della criminalità, legata soprattutto al traffico di stupefacenti. Ai problemi interni, come anche al rapporto tradizionalmente difficile con la confinante Haiti, non ha saputo trovare soluzione l'anziano presidente J. Balaguer, ininterrottamente al potere per un decennio (1986-96), ma rimasto anche in seguito, a dispetto dell'età, vero arbitro della vita politica dominicana.

Inaugurato nel 1990, il sesto mandato presidenziale di Balaguer, leader del conservatore Partido Reformista Social Cristiano (PRSC), si caratterizzò per la prosecuzione di una politica economica improntata a rigidi criteri di austerità e per la dura repressione delle proteste sociali provocate da tale politica. L'azione del governo, che nel 1991 strinse un accordo con il Fondo monetario internazionale, riuscì inizialmente a ridurre l'inflazione (passata dal 54% del 1991 al 4,5% del 1992, ma in seguito di nuovo in crescita), senza che tuttavia le condizioni di vita della maggioranza della popolazione migliorassero.

L'insoddisfazione per la politica economica costò al partito di governo la sconfitta nelle elezioni legislative del maggio 1994: il PRSC ottenne infatti 14 seggi su 30 al Senato e 50 su 120 alla Camera, contro i 15 senatori e i 57 deputati del socialdemocratico Partido Revolucionario Dominicano (PRD), mentre il Partido de la Liberación Dominicana (PLD), ormai schierato su posizioni moderate e ancora guidato dall'ottantaquattrenne ex presidente J. Bosch, anche a causa delle divisioni emerse al suo interno conquistò solo un senatore e 13 deputati. Tuttavia, nelle contemporanee elezioni presidenziali il ricorso a gravi irregolarità consentì all'ormai ottantasettenne Balaguer di prevalere per poche migliaia di voti sul candidato del PRD, J.F. Peña Gómez. Le fondate proteste dell'opposizione, che furono riprese anche dalla Chiesa cattolica e dall'Organizzazione degli Stati americani, costrinsero infine Balaguer ad accettare una riduzione del suo mandato e lo svolgimento, tra maggio e giugno 1996, di nuove consultazioni presidenziali, che si tennero con un nuovo sistema a doppio turno.

Assenti per la prima volta in trent'anni Balaguer (il PRSC avanzò la debole candidatura del vice-presidente, J. Peynado) e il suo storico rivale Bosch (dimessosi dalla presidenza del PLD all'indomani della sconfitta del 1994), le elezioni videro la vittoria di L. Fernández, candidato del PLD; quest'ultimo, impostosi al ballottaggio su Peña Gómez solo grazie ai voti del PRSC, confluiti su di lui in seguito a un'alleanza elettorale stretta tra i due partiti, diede vita nell'agosto 1996 a un nuovo esecutivo, di fatto dipendente dal sostegno parlamentare del partito di Balaguer. Tuttavia, nelle elezioni legislative del maggio 1998 (che per la prima volta non si svolsero contemporaneamente a quelle presidenziali e fecero registrare un'astensione pari al 52% degli aventi diritto, il tasso più alto nella storia elettorale dominicana) il PRSC subì un'inattesa sconfitta, conquistando solo due seggi al Senato e 17 alla Camera (portata per l'occasione a 149 membri). Dalle urne uscì vincitore il PRD, che ottenne 24 seggi al Senato e 83 alla Camera, mentre al PLD andarono quattro senatori e 49 deputati. Sul piano internazionale, nel 1997 la R. D. vide peggiorare le già difficili relazioni con Haiti, dopo l'espulsione di migliaia di immigrati illegali haitiani occupati nelle sue piantagioni. Nel settembre 1997 Santo Domingo sottoscrisse, con i rappresentanti di Belize, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama, la 'dichiarazione di Managua', per la costituzione di istituzioni politiche comuni ai paesi firmatari.

Bibliografia

B. Ramírez Morillo, Las elecciones dominicanas del populismo al márketing político, Santo Domingo 1995.

B. Ramírez Morillo, La sociedad dominicana. Origen, evolución y perspectiva, Santo Domingo 1996.

J. Hartlyn, The struggle for democratic politics in the Dominican Republic, Chapel Hill 1998.

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