RESPIRAZIONE

Enciclopedia Italiana (1936)

RESPIRAZIONE (fr. respiration; sp. respiración; ted. Atmung; ingl. respiration)

Agostino PALMERINI
Ettore REMOTTI
Giuseppe GOLA Nicola LEOTTA

Processo biologico fondamentale, caratteristico degli organismi viventi, animali e vegetali. Infatti, perché si compiano i processi vitali proprî degli organismi suddetti, è necessario che essi continuamente assumano ossigeno dall'ambiente esterno ed emettano anidride carbonica. Questo fatto fondamentale si compie negli organismi vivi con meccanismi varî e diversamente complicati a seconda della natura animale o vegetale e della diversa complessità dei singoli organismi. Ma sostanzialmente lo scambio gassoso può avvenire in due modi: per contatto diretto delle cellule vive con il mezzo ambiente (aria o acqua) o con l'interposizione del sangue che diviene il veicolo dei gas della respirazione. In questo ultimo caso avviene un doppio scambio gassoso: da una parte fra il sangue e i tessuti (respirazione interna), dall'altra fra il sangue e il mezzo ambiente: aria o acqua (respirazione esterna). Accenneremo soltanto alla recente teoria (G. Colosi) che anche nella respirazione polmonare ammette come mezzo esterno un liquido e più precisamente il sottile velo liquido presente sulle superficie alveolari del polmone. La respirazione interna è diffusa, in quanto si compie in corrispondenza delle estreme ramificazioni vascolari in contatto con tutti i tessuti dell'organismo. La respirazione esterna, invece, avviene esclusivamente negli organi respiratorî propriamente detti: polmoni o branchie. In varie forme, come per es. negli Anfibî a pelle nuda, gli scambî gassosi attraverso la cute possono avere tale importanza da far considerare la pelle anche come un organo respiratorio. In casi più rari (come in alcuni pesci che vivono nel fango) anche nell'intestino avvengono scambî gassosi fra il sangue e l'esterno. Anche i cosiddetti germi anaerobî obbligati, che muoiono in presenza dell'ossigeno libero dell'aria, non si sottraggono alla legge biologica fondamentale della respirazione; infatti essi assumono l'ossigeno necessario alla loro vita dalle molecole delle sostanze che compongono il loro substrato nutritivo.

Per la respirazione dei vegetali, v. p. 122; solo nella serie animale si può parlare di un apparato respiratorio vero e proprio (v. respiratorio, apparato) che nelle forme più complesse implica, oltre allo studio degli scambî respiratorî propriamente detti, quello della meccanica respiratoria (cassa toracica, polmoni, muscoli respiratorî) del centro fisiologico della respirazione collegato con vie nervose afferenti ed efferenti ai diversi meccanismi fisiologici della respirazione.

La respirazione negli animali.

Il bisogno di ossigeno, pressoché nullo in molti endoparassiti (anossibionti: alcuni Trematodi, quasi tutti i Cestodi, diversi Nematelminti), adattati anzi a un elevato tenore della CO2 ambiente; debole in molte altre forme abitatrici del limo o delle acque putride, dove il contenuto in ossigeno disciolto è tanto minore quanto più intensi sono i fenomeni putrefattivi (poli- e mesosaprobî, come varie specie di Protozoi, Lumbricidi, Rotiferi, Dafnie, Chironomidi, ecc.), diviene assoluta necessità comune a tutti gli abitatori di acque limpide, dolci o marine, massime per quelle fortemente aerate dei ruscelli e torrenti, e assume poi particolare intensità nelle forme terrestri, normalmente adattate a un'assai più ampia disponibilità di questo elemento.

Tutte queste specie - la grande maggioranza del regno animale - per le quali i processi ossidativi costituiscono momento essenziale della dinamogenesi, devono quindi mantenersi in continuo rapporto di scambio gassoso con l'ambiente, da cui assumono ossigeno per eliminarvi i prodotti terminali della combustione, la CO2 e l'acqua.

Proprietà generale della cellula viva, tale capacità di scambio raggiunge la sua massima espressione in quei tessuti nei quali essa specificamente si localizza per la funzione respiratoria. Troveremo fra questi, anzitutto, compresa - com'è ovvio - la superficie esterna del corpo, là dove alla permeabilità unisca sufficiente estensione in rapporto alla massa, sì da assicurare adeguata intensità ai processi di diffusione gassosa. Al che possono concorrere, anche senza avere significato specifico in tal senso, la presenza di appendici (ciglia, pseudopodî, tentacoli, ecc.) o l'appiattimento stesso del corpo, insieme, d'altro lato con eventuali dispositivi di vascolarizzazione, quali son dati, ad es., dalle reti capillari intraepiteliali nella cute degli Anellidi, degli Anfibî, ecc. Mancano, per tal modo, apparati respiratorî veri e proprî, oltreché nei Protozoi, nei Poriferi e nei Celenterati, nei Platelminti, nella maggioranza degli Anellidi (Oligocheti, Irudinei, molti Policheti), nei Briozoi e nei Brachiopodi, in molti Molluschi, in alcuni Entomostraci, Insetti e Aracnidi e infine in alcuni Anfiburodeli, tra cui particolarmente ricordiamo lo Spelerpes fuscus e la Salamandrina perspicillata, nella quale il polmone, pur presente, è limitato a un breve diverticolo destituito d'importanza funzionale.

Dalla superficie esterna del corpo la funzione respiratoria può estendersi a quella che è da considerarsene diretta continuazione, la superficie intestinale o delle cavità analoghe. Così, anche a prescindere dai vacuoli pulsanti dei Protozoi, alla respirazione concorrono le camerette ciliate dei Poriferi, le pareti delle cavità gastrovascolari dei Celenterati e dei Platelminti, nonché l'intestino di molte altre forme (particolarmente Crostacei e Anellidi), e la mucosa buccofaringea ed esofagea degli Anfibî.

In alcuni poi dei gruppi sopra ricordati, la presenza nei tessuti di alghe unicellulari simbionti ci fa ritenere verosimile il concorso della funzione clorofilliana dell'ospite, anche se ancora oscuri siano i reali rapporti e il significato di questa singolare interrelazione tra animali e piante.

Là, però, dove il bisogno di ossigeno, con il più elevato livello metabolico, diventa più intenso, o dove la superficie corporea relativa - diminuendo col crescere del volume dell'organismo - viene a essere insufficiente, e la differenziazione a scopo protettivo di strati cornei o chitinosi ne diminuisce la permeabilità, la funzione respiratoria si localizza in organi specificamente differenziati, i quali sono poi sempre, a loro volta, derivazioni della superficie cutanea o di quella intestinale.

Tegumento e tubo digerente possono ancora, in moltissime forme, intervenire come ausiliarî, con importanza più o meno subordinata o con significati particolari in rapporto a eventuali fenomeni di divisione del lavoro o di adattamento: così, ad es., negli Anfibî (e occorre ricordare qui le fondamentali osservazioni di L. Spallanzani) l'ablazione del polmone è compatibile con la sopravvivenza dell'animale per l'attività integratrice e vicariante della mucosa buccofaringea ed esofagea, nonché della cute, la quale ultima sembra, in condizioni normali, interessata particolarmente all'eliminazione di CO2 (l'aria è infatti per questo mezzo respiratorio meno favorevole che l'acqua), mentre il polmone presiede all'assunzione dell'ossigeno. Analogamente, nei Cobitidi dei fondi melmosi, lacustri o fluviali, la mucosa intestinale provvista di ricca vascolarizzazione sembra esplicare, sull'aria atmosferica direttamente deglutita, una funzione vicariante di quella normale delle branchie, quando l'ossigenazione del mezzo acquatico sia deficiente in confronto degli elevati bisogni ossidativi di queste forme.

Nella molteplice varietà di aspetti particolari, connessi a diversità di ambiente e di vita e anzitutto alla profonda differenza tra le condizioni di funzionalità offerte dal mezzo acquatico e da quello terrestre, sono comuni a tutti gli organi respiratorî: a) l'ampio sviluppo della superficie, fino a superare molte volte quella corporea (ad es., 250 mq. circa in alcune specie); b) la spiccata permeabilità dei tessuti per il rapido scambio gassoso, c) i dispositivi molteplici per assicurare, con il rinnovamento del mezzo (acqua o aria) e con la rapida asportazione del gas assorbito, la persistenza del gradiente di pressione tra l'ossigeno ambiente e quello dei tessuti e liquidi dell'organo.

Estroflessioni della parete del corpo sono, fra gli apparati respiratorî acquatici, le branchie di molti Policheti in corrispondenza alle appendici metameriche, quelle dei Crostacei, pure localizzate sulle appendici ora toraciche ora addominali e spesso protette entro duplicature del rivestimento chitinoso, quelle infine dei Molluschi accolte entro la cavità del mantello. Varie di forma - lamellari, filamentose, piumate, reticolate - esse presentano, nei singoli gruppi, gradi diversi di complessità strutturale, per ripiegature molteplici di primo, secondo, terz'ordine, a dare uno sviluppo enorme alla superficie di scambio, anche sproporzionato talvolta alle esigenze, almeno apparenti, dell'animale, ma giustificato comunque, oltre che dallo scarso contenuto in ossigeno libero del mezzo acquatico (1/30 che nell'aria per unità di volume), dalla sua minore motilità e dalla conseguente difficoltà di rinnovamento. Connesse ancora col sistema cutaneo sono inoltre, fra gli Echinodermi, le estroflessioni vescicolari del tegumento delle Asterie, o le introflessioni delle Oloturie, mentre negli Echinidi la funzione respiratoria sembra devoluta negli uni (irregolari) ai pedicelli ambulacrali, negli altri (regolari) a espansioni della parete del seno periesofageo, e quindi della cavità interna del corpo.

Dal canto opposto, dalla primitiva localizzazione intestinale derivano, oltre ai cosiddetti polmoni acquatici delle Oloturie (arborizzazioni più o meno complesse del tubo digerente al limite con la cloaca), anche tipicamente le formazioni branchiali degli Enteropneusti e dei Cordati. Costituite, nei casi più semplici (Tunicati, Anfiosso), da tasche e ripiegature dell'epitelio dell'intestino anteriore aprentisi verso l'esterno, esse si complicano grandemente nei Pesci, ove sono rappresentate da sistemi di lamelle inserite sui due lati dell'arcata branchiale, lungo fenditure decorrenti tra la faringe e la superficie del corpo. La struttura di tali lamelle, nelle quali il tessuto di sostegno è ridotto al minimo, sostituito da ampie lacune in cui circola il sangue, è tale da offrire il massimo di superficie assorbente nel minimo volume, e farne quindi l'organo più specificamente differenziato ai fini della respirazione branchiale.

Se il principio delle estroflessioni alla superficie del corpo è, in linea di massima, il fondamento della differenziazione degli organi respiratorî acquatici, dove il più immediato contatto con l'esterno è, oltreché possibile, necessario per la minore disponibilità di ossigeno libero e la maggiore difficoltà di ventilazione, la formazione di introflessioni entro cavità interne del corpo presiede al differenziamento degli organi di respirazione aerea, per i quali (una sottile membrana di tessuto ricca di acqua e fortemente permeabile essendone ancora l'unità funzionale) s'impone la protezione entro recessi, dove un'atmosfera satura di umidità protegga dalla troppo rapida evaporazione.

Tentativi verso una respirazione aerea si trovano attuati per varie vie e con vario grado di adeguatezza nei gruppi più svariati: così, fra i Molluschi, interessantissima è la seriazione evolutiva che nei Gasteropodi, attraverso l'atrofia delle branchie e la vascolarizzazione e pieghettatura della parete, conduce la cavità palleale a funzionare come un polmone. Fini analoghi sono raggiunti da rappresentanti sporadici di altri gruppi pure inizialmente marini, come, fra i Crostacei, il Birgus latro, capace di lunghe escursioni fuor d'acqua, in virtù dell'epitelio riccamente ramificato e vascolarizzato, che trasforma la parete interna della camera branchiale in una sorta di superficie polmonare; o come quegli Oniscidi, ormai tipicamente terrestri, nei quali la respirazione si localizza a livello di un sistema di tubi aerei inframmezzanti un ampio spazio emolinfatico. Fra i Pesci, nei quali è facile osservare la tendenza a catturare aria atmosferica onde ossigenare l'acqua circolante entro la cavità orale quando l'aereazione ambiente sia insufficiente, varî passaggi possiamo osservare tra questa, che chiameremmo una respirazione di fortuna, e un vero e proprio adattamento all'ambiente aereo. Così l'Anabas scandens, il pesce rampicatore delle Indie e della Malesia, deve la sua capacità di lunghe escursioni su per i tronchi degli alberi a un sistema labirintico di lamelle ossee, connesse con la cavità branchiale e la cui mucosa riccamente irrorata permette di utilizzare ossigeno atmosferico. Ben nota è anche la condizione dei Dipnoi, i quali possono superare i lunghi periodi di siccità dei bacini lacustri in cui vivono, sostituendo, in questo tempo, la respirazione branchiale (nel Lepidosiren però le branchie sono ridotte e forse insufficienti anche per l'habitat acquatico) col valorizzare le particolari attitudini secretorie ed assorbenti della vescica natatoria, le cui connessioni vascolari in queste forme segnano, per la serie dei Vertebrati, il primo comparire di una vera e propria piccola circolazione respiratoria. Condizione questa dei Dipnoi che ha, peraltro, i suoi precedenti nel complicarsi strutturale dello stesso organo in molti altri pesci (Ganoidi, ecc.), ai quali pure fornisce capacità maggiori o minori di respirazione aerea. Del resto anche la ben nota facilità di sopravvivenza fuor d'acqua dell'anguilla trova nelle condizioni della vescica natatoria, oltre che nella respirazione cutanea, la sua giustificazione.

Ma, come dei diversi gruppi gli Artropodi e i Vertebrati superiori sono i soli ad aver raggiunto del dominio terrestre la totale padronanza, così in particolare, fra gli organi respiratorî, le trachee dei primi e i polmoni dei secondi sono quelli che dell'adattamento aereo riassumono in sé più tipicamente le caratteristiche.

Introflessioni dell'epitelio cutaneo, le trachee costituiscono un sistema di canalizzazione che percorre e permea tutti gli organi e tessuti del corpo: aprentisi all'esterno con gli stigmi - dove setole e peli chitinosi costituiscono filtri per il pulviscolo atmosferico - i tronchi maggiori, mantenuti beanti da una spirale di chitina, costituiscono le vie di conduzione dell'aria, e si sfioccano poi, a livello dei singoli territorî, in ricchissime reti di vasellini, il cui calibro può scendere molto al disotto di quello degli stessi capillari sanguigni dei Vertebrati e che costituiscono le vere vie di scambio, attraversanti, nelle loro ramificazioni più sottili, particolari cellule di cui è tuttora oscuro il significato. Nei Ragni e negli Scorpioni, il sistema respiratorio si modifica, in quanto gli stigmi si aprono in un ampio spazio, sulle cui pareti s'inseriscono - quasi pagine di un libro - numerose duplicature epiteliali vascolarizzate (è stato molto discusso se questi "polmon" rappresentino trasformazioni di trachee o di branchie). Quando poi, di queste forme tipicamente terrestri, alcune si plasmino secondariamente all'habitat acquatico (concorrendo così al popolamento delle acque dolci), le trachee o conservano inalterata la loro funzione (poiché l'animale trattiene per adesione alla superficie del corpo un velo d'aria che gli fornisce ossigeno, raccogliendolo per diffusione dal mezzo acquatico circostante) ovvero si sviluppano come una rete di canali chiusi, al disotto di sottili duplicature epiteliali che costituiscono una vera superficie branchiale di assorbimento del gas disciolto (tracheo-branchie).

Derivazione entodermica dell'intestino anteriore, il secondo di tali apparati di respirazione aerea, il polmone dei Vertebrati, si presenta, lungo la serie, con una successione di stadî, che vengono realizzando gradualmente una sempre maggiore estensione della superficie di scambio e una corrispondente riduzione dello spazio nocivo costituito dalla primitiva cavità. Dal sacchetto a pareti lisce di alcuni Anfibî urodeli - la cui funzione è , spesso da ritenersi idrostatica piuttosto che respiratoria - o da quello a brevi setti semplici o scarsamente ramificati degli altri Anfibî, insufficienti entrambi ai bisogni ossidativi e sussidiati dalla respirazione cutanea o buccofaringea, si passa così, per ulteriore complicazione di questi sepimenti, al polmone assai più ricco degli Ofidî (nei quali peraltro è sviluppato solo il destro) e ancor più dei Coccodrilli e dei Cheloni, dove la respirazione polmonare assume, anche per i progrediti meccanismi di ventilazione, quell'importanza assolutamente dominante e diremmo esclusiva che avrà poi nelle classi superiori. Fra queste, nei Mammiferi l'organo è ormai risolto in un complicatissimo sistema di vescicole indipendenti, cui l'aria è condotta dalla ricca canalizzazione bronchiale, realizzando un'estesissima superficie respiratoria; ma condizioni ancor più evolute e di maggiore adeguatezza funzionale esso offre negli Uccelli. In questi l'attivissimo ricambio gassoso, imposto dall'elevato livello metabolico e la ben nota capacità di lavoro muscolare intenso in piena calma respiratoria, con un ritmo che è anzi particolarmente lento (6 atti respiratorî al minuto nel condor), ci attestano tutta una particolare efficienza degli organi relativi. Efficienza che, contrastante con la strana esiguità della loro massa, è piuttosto realizzata dalle singolari peculiarità di struttura: le vie bronchiali (bronchi dorsali e ventrali, decorrenti paralleli in duplice sistema sulle due superficie polmonari, parabronchi, tra i primi interposti trasversalmente) sono qui fra loro tutte largamente comunicanti, mentre alle vescicole a fondo cieco dei Mammiferi si sostituisce una fittissima rete di capillari aerei, sfioccantisi dalle vie bronchiali, e intrecciati a immediato contatto con l'altra rete capillare, quella sanguigna.

Anche se, allo stato attuale delle nostre conoscenze, non ci sia facile definire la reale portata dell'intervento dei fenomeni fisici di diffusione negli scambî a livello delle superficie respiratorie, è tuttavia indubbio che il fattore, che ad essi presiede, è costituito dalla differenza tra i valori della pressione parziale dei gas sui due lati della superficie stessa. Sull'uno quindi adeguati dispositivi vascolari per il rapido rinnovamento del mezzo interno, sull'altro meccanismo di ventilazione per il rinnovamento di quello esterno, dovranno, momento per momento, ripristinare quello squilibrio di pressione sul quale s'impernia tutto il fenomeno. Quanto ai primi, come si è già ripetutamente accennato, gli epitelî di scambio gassoso sono in genere o a diretto contatto con i liquidi interni, che ne riempiono la cavità (cfr. echinodermi), o accompagnati e spesso permeati da una fitta rete vascolare, caratterizzata talora da singolari peculiarità di struttura, rivolte ad aumentarne il rendimento. Si stabilisce così un'intima correlazione tra i due apparati, circolatorio e respiratorio, correlazione della quale espressione estrema può esser fornita dalla proporzionalità, che intercede tra lo sviluppo dell'uno e la localizzazione dell'altro, come si manifesta negl'Insetti dove la capillarizzazione respiratoria delle trachee riduce e sostituisce il sistema vascolare. Sempre in riferimento a questo stesso ordine di condizioni, dirette a evitare l'accumulo di ossigeno, possiamo ricordare la presenza di sostanze atte a fissare questo corpo in combinazione labile. Pigmenti di varia natura, particolarmente del tipo dell'emoglobina, oltre che nei tegumenti e a livello di organi interni (nel riguardo dei quali essi devono esplicare l'ufficio di accumulatori temporanei di ossigeno) si trovano assai spesso, anche negl'Invertebrati, nei liquidi circolanti o nelle cellule in essi sospese, di cui aumentano la capacità di fissazione e di trasporto, esaltando l'efficienza respiratoria dei dispositivi di circolazione.

Passando ora al secondo ordine di fenomeni, per la rinnovazione del mezzo esterno possono essere utilizzati, anche se non a ciò specificamente diretti, il giuoco delle ciglia vibratili della superficie del corpo e delle cavità interne, l'agitarsi dei tentacoli e le correnti vorticose proprie di molte forme sedentarie e, infine, gli stessi meccanismi motori, che possono essere contemporaneamente interessati alla locomozione (Anellidi, Crostacei, Cefalopodi).

Movimenti respiratorî specifici si hanno invece nei Pesci, nei quali una corrente intermittente dalla bocca alle branchie, mantenuta dal giuoco ritmico inspiratorio ed espiratorio di apertura e chiusura dell'una e delle altre, col concorso di dispositivi valvolari, assicura il rinnovamento continuo e completo del mezzo.

Diverse saranno, evidentemente, le condizioni di ventilazione degli apparati respiratorî aerei; qui alla più facile motilità e diffusibilità del mezzo si contrappone la disposizione anatomica degli organi stessi, dove l'aria tende a intasarsi entro un complicato sistema di recessi a fondo cieco, che implicano inevitabilmente un rinnovamento solo parziale. Ricorda ancora, per certi aspetti, quella dei Pesci la ventilazione polmonare degli Anfibî: l'aria, in un primo momento aspirata nella cavità orale, è quindi sospinta con una sorta di deglutizione nel polmone, dopo essersi nella bocca mescolata ad altra che da questo viene espirata per il giuoco della sua elasticità e dei muscoli addominali. Tale meccanismo si alterna, tuttavia, con quello di semplice oscillazione del pavimento boccale, a rima faringea chiusa, che alimenta la respirazione della mucosa della bocca, della faringe e dell'esofago, e che, comune agli Urodeli privi di polmoni, sembra, anche negli Anuri, costituire quasi la forma base di respirazione, in confronto della polmonare. Da quanto sopra si è detto, negli Anfibî la bocca, funzionando da pompa aspirante e premente intercalata tra il mezzo esterno e quello dei polmoni, costituisce il centro motore dell'inspirazione, la quale sarà invece in tutti gli altri Vertebrati dovuta piuttosto al giuoco della dilatazione toracica, cui si deve l'espansione delle vescicole polmonari. Tale meccanismo toracico si ha già nei Rettili, nei quali però, all'azione delle costole si aggiunge la ricca muscolatura liscia e fors'anche striata degli stessi polmoni e la conseguente possibilità per questi ultimi di variazioni attive del loro volume; nei Mammiferi esso si complica poi con l'intervento del diaframma. In confronto però delle condizioni di ventilazione di questi, dove cospicuo è ancora lo spazio nocivo bronchiale e considerevole la frazione di aria residua, che a ogni atto respiratorio non può venir rinnovata, di gran lunga superiori appaiono quelle degli Uccelli. Tutt'altro che chiare ne sono però ancora oggi le modalità; ché, fra l'altro, mentre da un lato il polmone fisso alle pareti toraciche non è capace che delle limitatissime variazioni di volume connesse coi movimenti delle costole, dall'altro i bronchi principali, derivanti dalla trachea, sono - direttamente o no - in ampia e facile connessione con i molteplici sacchi aerei (cervicali, clavicolari, toracici posteriori e anteriori, addominali), sì che occorre ammettere l'esistenza di speciali dispositivi regolatori a spiegare, per ogni atto respiratorio, il passaggio dell'aria per la più intricata via dei canalicoli polmonari, piuttosto che per quella tanto più rapida e aperta dei sacchi. I quali, d'altro lato, per l'esiguità del loro sviluppo in superficie e l'insufficienza circolatoria, non possono certo essere direttamente interessati agli scambî gassosi. Potremmo tuttavia, tenuto conto anche della presenza di vie bronchiali ricorrenti (saccobronchi), che dai sacchi ritornano ai polmoni, rappresentarci nel modo seguente il funzionamento del complesso apparato: nell'inspirazione, mentre una parte dell'aria passa nel polmone, richiamatavi anche dalla dilatazione del sacco aereo ventrale, l'altra si accumula quasi in riserva nei sacchi dorsali, per essere poi da questi sospinta a sua volta nelle vie polmonari, quando la compressione dei movimenti espiratorî svuota queste ultime insieme col sacco ventrale verso la trachea. Per tal modo, una corrente d'aria pura passerebbe continua nell'inspirazione come nell'espirazione a contatto dell'epitelio polmonare, per il giuoco sincrono e, al tempo stesso, in certo qual modo, antagonista dei sacchi dorsali e ventrali. Dispositivi regolatori della direzione della corrente aerea nelle due opposte fasi sarebbero allora forniti dalle fibre muscolari, che i bronchi posseggono in vicinanza dello sbocco nei sacchi. Durante il volo poi la controcorrente d'aria potrebbe, accumulandosi sotto pressione in questo ricco sistema di vie aeree, rendere l'animale indipendente dai valori della pressione esterna e giustificarci così la facile permanenza dell'uccello anche a grandi altezze. Peraltro, a prescindere da ciò, oscuro è tuttora per il volo il meccanismo dei movimenti di ventilazione, perché non da tutti è ugualmente ammessa la totale sospensione delle oscillazioni costali e il conseguente giuoco respiratorio dagli spostamenti del capo e delle narici, che della controcorrente dovrebbero favorire ora la penetrazione lungo le vie aeree (pressione positiva e inspirazione) ora il deflusso laterale (pressione negativa ed espirazione).

Nei tracheati, infine, accanto all'azione esplicata sulle trachee dai movimenti locomotori e cardiaci, veri e proprî atti respiratorî compaiono in molti Insetti, dove l'espirazione corrisponde alla contrazione attiva dei segmenti (prevalentemente addominali) e l'inspirazione al loro passivo dilatarsi. Sembra tuttavia che tali movimenti si limitino a ricambiare per un terzo circa l'aria dei tronchi maggiori, mentre per tutto il ricco sistema di finissime ramificazioni non resterebbero che i fenomeni di diffusione: meccanismo insufficiente, però, che male si accorda sia con l'intensità metabolica elevatissima di moltissimi insetti, sia poi con le condizioni sfavorevoli di approvvigionamento in cui molti di essi si trovano (alveari, formicai, ecc.), e che, secondo alcuni, avrebbe costituito uno dei fattori limitanti cui si dovrebbe la piccola statura delle forme del gruppo.

Per quanto si riferisce all'uomo, v. respiratorio, apparato.

Bibl.: A. Bethe, Handb. d. norm. u. pathol. Physiol., Berlino 1925; O. Bütschli, Vorlesungen über vergleichende Anatomie, Berlino 1934; L. Luciani e S. Baglioni, Fisiologia dell'Uomo, Milano 1928; H. Winterstein, Handbuch der vergleichenden Physiologie, Jena 1921.

La respirazione nei vegetali.

È il più importante processo di produzione di energia che si verifichi nei vegetali viventi, come negli animali. Il principale indice dell'attività respiratoria è dato dalla formazione di anidride carbonica (CO2) che viene emessa dagli organismi, e riversata nell'atmosfera; insieme alla CO2, ma assai meno facilmente avvertibile e meno costante, è la formazione di acqua. Si verifica cioè nella respirazione una demolizione delle molecole di sostanze organiche che erano state elaborate fino alla formazione di plasma vivente, e che avevano avuto la prima origine nel processo di fotosintesi clorifilliana che, come è noto, parte dalla elaborazione di acqua e anidride carbonica. È facile constatare l'andamento della respirazione ponendo dei vegetali in un ambiente ad aria limitata, e analizzando l'aria, sia con rigorosi metodi analitici, sia con esperienze più semplici o meno precise; si può, p. es., constatare la formazione di CO2 per il forte intorbidamento che subisce l'acqua di barite o quella di calce quando vi si faccia gorgogliare l'aria nella quale hanno respirato degli organismi; spesso è anche facile dimostrare non solo un accumulo di CO2 nell'aria, ma anche una sottrazione di ossigeno, la quale si verifica per lo più nella misura di un volume di ossigeno sottratto per uno di CO2 emessa; nell'aria confinata nella quale tessuti vegetali abbiano respirato a lungo, l'ossigeno può essere totalmente sottratto, e l'aria può divenire affatto impropria a mantenere la combustione di una fiammella. Nel maggior numero dei casi, come avviene nelle piante superiori, la respirazione si compie con l'assorbimento di un volume di ossigeno per uno di CO2 emessa; il rapporto CO2: O2 viene detto quoziente respiratorio; il quoziente respiratorio è di solito eguale o assai prossimo all'unità; ma vi sono casi nei quali il quoziente è alquanto superiore o inferiore all'unità.

Il quoziente respiratorio si può modificare con la natura del materiale che viene respirato o secondo i prodotti che risultano dalla respirazione. Di solito il materiale che viene respirato è un carboidrato, del quale è tipo il glucosio; ma talora sono respirati dei corpi più ricchi di ossigeno, come acido tartarico o citrico, ecc., e allora il consumo di ossigeno nella respirazione è alquanto minore; talora invece la respirazione si inizia da corpi del gruppo dei grassi, che sono poverissimi di ossigeno e ne risulta un consumo i ossigeno assai grande rispetto alla quantità di CO2 emessa. Di solito nelle piante superiori la demolizione respiratoria arriva fino a formare acqua e anidride carbonica; ma in altri casi si osserva che l'ossidazione degli zuccheri, per un meccanismo non ancora ben chiarito, dà luogo ad acidi come l'ossalico, il citrico, il tartarico, ecc., i quali appaiono, quindi, come prodotti di un'incompleta ossidazione; ciò si verifica in piante come quelle succulente o grasse o nei frutti carnosi immaturi (pesca, mela, uva, ecc.), nei quali, per la natura dell'epidermide, l'afflusso di ossigeno è scarso. In altri casi, come nella maturazione dei semi grassi, i materiali amilacei e zuccherini non vengono ossidati, ma subiscono un'elaborazione assai complessa per la quale, insieme con molta CO2, si formano dei composti poverissimi di ossigeno, quali sono i grassi. Ne risulta che il quoziente respiratorio può, in relazione a queste diverse modalità, variare in più o in meno entro limiti alquanto ampî.

La respirazione si svolge con differente intensità a seconda delle condizioni di vita degli organismi; la temperatura favorisce entro certi limiti il processo respiratorio; lo stato di attività del plasma esercita pure un'azione non piccola; i tessuti giovani respirano assai più attivamente degli adulti, quelli feriti o attaccati da parassiti assai più dei sani; la presenza di acqua, che influisce sull'attività del plasma, esercita la sua influenza sulla respirazione; i semi ben secchi possono ridurre i loro scambî respiratorî fino a dare l'impressione di una sospensione completa di essi; appena inumiditi, l'attività riprende in modo notevole. La conservazione della capacità germinativa di molti semi dipende dalla più o meno completa secchezza nella quale essi trascorrono il periodo di quiescenza. L'intensità della respirazione dipende infine dalla quantità di ossigeno e di CO2 che sono presenti nell'aria ambiente. La quantità di ossigeno presente può ridursi fino a 2/100 di quella normale, senza che si abbiano, di regola, gravi turbamenti nelle modalità della respirazione; ma al disotto di questo limite si manifesta e sempre più si aggrava una serie di modificazioni nelle modalità della respirazione che sono caratteristiche della cosiddetta anaerobiosi. Sono dette aerobiche le piante che si sviluppano in presenza di una certa misura di ossigeno libero, e anaerobiche quelle che si sviluppano in presenza di dosi minime o addirittura in assenza di ossigeno libero (v. aerobiosi; anaerobiosi).

Nel caso dell'anaerobiosi la demolizione respiratoria dà luogo alla formazione di composti diversi, quali l'acido lattico, l'acido butirrico, l'alcool, la glicerina, contenenti eguale o maggiore misura di ossigeno degli zuccheri da cui è partita la respirazione; si possono poi formare CO2, idrogeno, ecc.

La respirazione, qualunque ne sia la modalità, non si svolge sempre con una demolizione completa fino ad acqua e CO2, ma talora si arresta a fasi intermedie; la quantità di energia che può essere liberata nella funzione respiratoria può quindi essere la massima teoricamente possibile, cioè di circa 4000 calorie quando vengano respirati degli zuccheri, quasi 9000 quando vengano respirati dei grassi; ma se la respirazione si arresta alla fase di acidi organici o a quella di alcool o di acido butirrico, la quantità di energia sviluppata è assai minore, talora estremamente esigua; i prodotti organici della respirazione possono poi essere utilizzati da altri organismi, e produrre in questi nuova energia per un'ulteriore demolizione, spesso ancora incompleta.

I processi di putrefazione e di decomposizione dei detriti organici (foglie cadute, legni marcescenti, cadaveri di animali), si fondano appunto sopra tale successiva demolizione per opera di diversissime specie di organismi, per lo più assai semplici, che ne traggono ciascuno l'energia necessaria alla vita e rimettono in circolazione i materiali che erano stati viventi.

Il meccanismo della respirazione è assai complesso e non ancora ben chiarito; due ipotesi sono oggi le più discusse. Secondo il Bach gli zuccheri verrebbero ossidati per opera di perossidi, quali le ossigenasi che sarebbero, secondo Warburg, capaci di compiere nella cellula viva questo lavoro. L'ipotesi di Wieland sostiene invece che nelle piante si formerebbero dei prodotti dotati di intensa attività riduttrice, fino a sottrarre ossigeno dall'acqua; l'idrogeno, che così si metterebbe in libertà, verrebbe poi ossidato ad acqua per mezzo delle perossidasi, che funzionerebbero come accettori di idrogeno.

L'energia prodotta dalla respirazione è utilizzata dalle piante per lo svolgimento delle loro funzioni vitali, ma in parte anche dispersa come energia radiante sotto forma di calore, e più raramente di energia luminosa (fosforescenza).

La respirazione artificiale.

La respirazione artificiale è la riproduzione dei movimenti della respirazione normale, che si fa, come soccorso d'urgenza, quando, per una circostanza qualunque, come annegamento, intossicazione, presenza di corpi estranei nelle vie aeree, ecc.; sia avvenuto l'arresto del respiro. Qualunque sia la causa che abbia determinato questo arresto, la respirazione artificiale rappresenta, insieme con le altre provvidenze richieste dal caso specifico, il soccorso d'urgenza sempre ugualmente indispensabile.

Per eseguire la respirazione artificiale si porta il paziente in decubito orizzontale; si libera il suo torace (tagliando al caso anche gli abiti per fare più presto); si libera la bocca dagli eventuali corpi estranei che possano impedire il libero passaggio dell'aria e si fanno compiere al paziente movimenti simili a quelli che sono spontanei nella respirazione normale. Tali movimenti si possono produrre in parecchi modi, quali: la compressione ritmica della regione sternale (metodo di Corradi); il sollevamento ritmico delle spalle afferrate con le mani nei cavi ascellari (metodo di Pacini), il sollevamento ritmico, alternato alla compressione, delle pareti costali uncinate per i bordi (metodo di Schuller). Si può anche eseguire la compressione ritmica delle regioni laterali e inferiori del torace. Si coricherà il paziente sul ventre, con un braccio esteso e l'altro piegato al gomito, su cui si adagerà la testa di lui, con la faccia rivolta da uno dei lati, sì che la bocca e il naso restino perfettamente liberi. L'operatore si pone in ginocchio a cavalcioni del paziente e applica le sue mani sulla parte più bassa e laterale del dorso del paziente. Così potrà, comprimendo il torace, provocare l'espirazione, che manterrà per tre secondi; quindi, rimuovendo la compressione del torace, per l'elasticità del torace stesso e degli organi addominali, avviene spontaneamente l'inspirazione. Si fanno trascorrere altri tre secondi e quindi si ripete la compressione, e così di seguito.

All'anzidetto metodo, abbastanza buono, è preferibile, specie essendo in due, il metodo di H. R. Silvester, che è certamente il migliore ed è quello seguito dai medici e dai chirurgi. Il paziente si coricherà sul dorso e possibilaiente con la testa declina e penzoloni fuori del letto. Allora chi deve praticare la respirazione si porta dietro la testa del paziente, afferra questo per i polsi e comincia a praticare l'inspirazione, portando le braccia in alto e all'esterno in elevazione forzata; rimane tre secondi in questa posizione e poi passa all'espirazione, riportando le braccia in basso e all'interno sulla parete costale che deve essere anche compressa. Questa compressione toracica è praticata dall'altra persona che coadiuva. Dopo tre secondi, si ripete il movimento inspiratorio, e così via.

Qualunque sia il metodo usato, il ritmo deve essere sempre uguale, evitando soprattutto i movimenti accelerati e disordinati. E si dovrà proseguire, senza interruzione, fino a che non si rendano manifesti i segni della respirazione naturale. Non bisogna stancarsi né scoraggiarsi proseguendo anche per più ore. Così si può riuscire a ottenere il ripristino della normale respirazione, cioè la salvezza del paziente, in alcuni casi anche apparentemente disperati.