Retino

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)

retino

Stefano Marchesi

Serie di punti in rilievo che costituiscono la superficie della matrice per la stampa di un’illustrazione. L’immagine a colori, anche se digitalizzata da uno scanner o da una fotocamera, è un originale il cui tono continuo costituisce la sua modellazione chiaroscurale. In funzione della stampa, attraverso il retino si effettua la sua composizione in tanti piccoli punti più o meno estesi che, trasmessi alla matrice, consentono suo tramite di riprodurre sulla carta in termini di saturazione le diverse tonalità dei colori che la compongono. Il principio originario è quello di far passare la luce attraverso predeterminati spazi reticolari. La quantità variabile di luce che rappresenta le diverse tonalità dell’originale è il fattore che determina l’area dei punti in cui viene scomposta l’immagine. Il retino, quindi, predispone una trama costituita da un numero di file la cui frequenza è rapportata al centimetro (L cm 60=60 linee in 1 cm). La trama crea spazi quadrati nei quali trovano posto i punti di copertura dell’area colorata rispetto alle zone che rimangono bianche. Questo avviene per ogni colore selezionato in modalità discontinua per ripristinare nel processo produttivo la parvenza in stampa del tono continuo dell’immagine. Oggi la retinatura, nella lineatura assegnata, si effettua elettronicamente attraverso un calcolatore digitale che la trasmette alla fase di formatura per la stampa: una sorgente laser genera un punto la cui grandezza dipende dalla risoluzione attribuita all’immagine dal dispositivo di scrittura. Più la risoluzione è alta, minore è la grandezza del punto, cui corrisponde un maggior livello qualitativo di stampa; più la risoluzione è bassa, maggiore la grandezza del punto e scadente la qualità di stampa. I valori di lineatura in LPI (Lines per inch) dipendono da quelli di risoluzione in DPI (Dots per inch); nel reciproco adeguamento, la risoluzione dell’immagine si parametra ai livelli di grigio determinanti per riprodurre in stampa le sfumature presenti nell’originale a tono continuo. Nella pratica di stampa, in ragione della qualità richiesta e dei supporti impiegati oltre che della velocità di tiratura, si passa dalle 30/40 linee in flessografia e rotative per quotidiani a 60/70 linee fino a 80 in offset, sia a foglio sia in rotativa, per stampa ottimale. Al disotto delle 40 linee l’occhio avverte la trama del retino; solo oltre questo limite la percezione dell’immagine può risultare complessiva nel suo aspetto tonale originario. L’inconveniente nella riproduzione sulla carta delle trame retinate di colori aventi la stessa lineatura, che intervengono in sequenza per sovrapposizione, è stato risolto. Per evitare sfasature nell’accostamento della forma geometrica dei punti di retino, tipiche dell’effetto moirè e tali da confondere la struttura riproduttiva dell’immagine, questa metodologia ha fissato angolature precise per ogni colore. Sul presupposto che a 30° si ottiene l’angolatura ottimale, si assegnano valori di inclinazione rispetto ai colori previsti nell’ambito di 90°. Nella quadricromia al centro a 45° il colore più scuro, sotto e sopra in 30°, altri 2 colori, uno a 15°, l’altro a 75°; a 90° il colore più chiaro, il giallo. È questa la rotazione che determina la caratteristica ‘rosetta’ visibile col lentino contafili. L’opzione del retino stocastico che incontra sempre maggiori consensi, si articola su diverse tecniche basate tutte sull’opportunità di sostituire alla variabilità di grandezza del punto, una variabile quantità di piccoli punti uguali. La diffusione dei punti di retino supera l’ostacolo della corrispondenza geometrica e il conseguente ricorso all’inclinazione, eliminando il rischio di effetto moirè. La modulazione in tanti punti più piccoli favorisce la percezione del dettaglio e procura un abbassamento della risoluzione di scansione. Nella prestampa elettronica i dati di lineatura del retino e di conseguente inclinazione vengono impostati nel file finale di scrittura per la trasmissione al RIP (Raster image processor) che li registra per la periferica di uscita, il CTP (Computer to plate).

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