INGRAM, Rex

Enciclopedia del Cinema (2003)

Ingram, Rex

Giulia Carluccio

Nome d'arte di Reginald Ingram Montgomery Hitchcock, regista, produttore, attore e sceneggiatore cinematografico irlandese, naturalizzato statunitense, nato a Dublino il 15 gennaio 1892 e morto a Hollywood il 21 luglio 1950. Uno dei maggiori talenti visivi del cinema muto, fu anche una figura insolita per la sua ferrea determinazione nel difendere il ruolo del regista come artista, responsabile integralmente dell'opera, e nel non lasciarsi dominare dalle rigide regole dell'industria hollywoodiana.

Figlio di un pastore protestante che insegnava teologia al Trinity College di Dublino, dal 1905 al 1910 frequentò il St. Columba's College della stessa città; nel 1911 emigrò negli Stati Uniti. Dopo avere studiato scultura alla School of Fine Arts di Yale, entrò nel mondo del cinema nel 1913 con il nome di Rex Hitchcock, lavorando poi come arredatore, sceneggiatore e attore alla Edison Manufacturing Company, alla Vitagraph Company of America e, con il nome di Rex Ingram, alla Fox Film Corporation. Esordì nella regia nel 1916 con The great problem per la Bluebird Photoplays, un'associata della Universal Pictures, per la quale diresse poi diversi film, spesso storie esotiche o gotiche, in cui rivelò una grande cura nell'illuminazione e nella composizione dell'inquadratura, come anche nel realismo degli ambienti. All'inizio del 1918 passò alla Paralta Plays, ma dopo pochi mesi andò a combattere in Francia come aviatore dei Canada's Royal Flying Corps. Tornato in patria, rientrò alla Universal, e nel 1920 passò alla Metro Pictures Corporation (dal 1924 Metro Goldwyn Mayer). La sua carriera decollò con l'epico The four horsemen of the Apocalypse (1921; I quattro cavalieri dell'Apocalisse), il film che lanciò come divo Rodolfo Valentino, ma che confermò anche a pubblico e critica la raffinata cultura figurativa del regista e la sua grande sensibilità compositiva. Il suo prestigio raggiunse un tale livello che gli fu concesso il raro privilegio di disporre di una certa autonomia dalle norme della casa di produzione, e di una troupe fissa; di questa facevano parte tra gli altri l'attrice Alice Terry (sua moglie dal 1921, e protagonista di quasi tutti i suoi film degli anni Venti), il direttore della fotografia John F. Seitz e il montatore Grant Whytock, ai quali si aggiunse dal 1923 lo sceneggiatore Willis Goldbeck. I. realizzò così The conquering power (1921; La commedia umana), di nuovo con Rodolfo Valentino, e poi una di serie film di avventura interpretati da Ramon Novarro, la nuova star da lui creata, tra cui The prisoner of Zenda (1922; Il prigioniero di Zenda) e Scaramouche (1923). Queste opere furono tra le più note e popolari dell'autore: vi comparivano spesso invenzioni visive originali e piuttosto audaci, e la fase di preparazione del lavoro, da I. considerata non meno importante di quella delle riprese, poteva arrivare fino a sei mesi, una durata allora inusitata per Hollywood.

Nel 1923 sopravvenne però una crisi, allorché la MGM (forse allarmata dalla sua tendenza a sforare i budget) gli rifiutò la regia del kolossal Ben Hur (1926), che, affidata in un primo momento a Charles Brabin, passò poi a Fred Niblo. I. ne fu irritato al punto di volersi ritirare, ma venne dissuaso dal suo grande amico Erich von Stroheim, che lo considerava il più grande regista del mondo: volle infatti fargli realizzare nel 1924 il montaggio della versione ridotta del suo Greed (Rapacità), che però venne anch'essa rifiutata dai produttori. I. si trasferì con la moglie in Francia, dove per conto della MGM affittò gli studi di La Victorine presso Nizza, fondati nel 1920, che restaurò ed estese, assumendone quindi la direzione. Qui girò ancora qualche opera di rilievo: tra queste The Arab (1924; L'arabo), il suo ultimo film con Ramon Novarro, che si discostava dalla prassi hollywoodiana perché in parte girato dal vero nei luoghi dell'azione, la Tunisia (una scelta che I. avrebbe ripetuto anche per altri film); il dramma bellico-marinaro Mare nostrum (1926); il goticheggiante The magician (1926; Il mago), con Paul Wegener; il mistico The garden of Allah (1927; Il giardino di Allah), girato anch'esso in Nord Africa. Ma con l'avvento del sonoro entrò in crisi, e, benché avesse acquistato nel 1928 gli studi di La Victorine (ribattezzandoli Rex Ingram Studios) e fondato una propria casa di produzione, la Ingram Hamilton Syndicated, realizzò solo altri due film: uno muto, il dramma sentimentale The three passions (1928), e uno sonoro, l'avventuroso Baroud, noto negli Stati Uniti come Love in Morocco, che nella versione inglese (uscita nel 1932) fu diretto insieme ad Alice Terry e in quella francese (del 1931) anche ad André Jaeger-Schmidt: venne girato in Marocco, con attori in buona parte non professionisti, e vi tornò a recitare I. stesso. L'insuccesso commerciale di quest'opera lo costrinse a vendere i suoi studi e a ritirarsi dal mondo del cinema che, coltivando l'ideale umanistico del valore educativo ed estetico dell'immagine, aveva in fondo disprezzato per i suoi aspetti commerciali. Continuò a occuparsi di scultura e a studiare le culture mediterranee, a cui dedicò due romanzi (uno sulla Legione straniera, The Legion advances, 1934, e uno sulle corride, Mars in the house of death, 1939).

Bibliografia

L. O'Leary, Rex Ingram: master of the silent cinema, Dublin 1980.

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