RHYTON

Enciclopedia dell' Arte Antica (1965)

RHYTON (ῥυτόν: ῥέω, scorrere)

K. Tuchelt

Definizione usata generalmente per boccali e vasi da libagione che, oltre a un foro più grande da usarsi per riempirli, ne hanno anche uno più piccolo che serve per versare il liquido. La terminologia di r. è usata inoltre (ed è questo il significato che ha finito per prevalere nell'uso archeologico) anche per boccali e vasi da libagione foggiati a mo' di figure, specialmente a forma di animale e di corno; generalmente si fa differenza tra quelli contraddistinti da un apposito foro per versare e quelli in cui, invece, il liquido si versa facendolo traboccare dall'orlo. È stato E. Buschor a far notare la differenza tra questi due tipi (Das Krokodil des Sotades, in Münchner Jahrbuch, ii, 1919, p. 26 e in Furtwängler-Reichhold, iii, p. 296). La definizione di r. (= vaso per versare) è appropriata solo se riferita a vasi forniti di un particolare accorgimento tecnico, cioè un apposito foro di uscita per versare il liquido, e non ha niente a vedere con la forma del vaso. Vasi da mescita esistono sia tra quelli foggiati a mo' di figure di ogni tipo che tra quelli dalla forma usuale (per esempio brocche, anfore e calici). Naturalmente la maggior parte dei rhytà consta di vasi a forma di animale, cioè di vasi in cui l'apposito foro per versare il liquido, spesso praticato nella parte inferiore del vaso, è disposto, rispetto al foro d'immissione del liquido, in modo tale da poter regolare la quantità del liquido da versare con un movimento appropriato. È dunque necessario classificare separatamente i rhytà (vasi da mescita) da un lato e le brocche a forma d'animale prive dell'apposito foro per versare il liquido, dall'altro, giacché ambedue le varietà possono essere istruttive per quanto concerne il loro impiego (libazione o mescita) e l'ambito culturale al quale appartengono.

La classe dei vasi a forma d'animale consta di tre tipi principali: i vasi che raffigurano l'animale per intero, i vasi a testa di animale e i vasi a protome o maschera animalesca. A seconda dell'uso al quale sono destinati e dell'àmbito cui appartengono possono presentare o meno l'apposito foro per versare il liquido. Questi vasi verranno trattati secondo: A) l'àmbito di diffusione (in ordine cronologico) e B) l'uso a cui sono destinati. Sarà dato poi C) un elenco di monumenti scelti.

A) Ambito di diffusione. - 1. Iraq; Iran; Egitto. - I vasi che raffigurano l'animale per intero presentano un foro per l'immissione del liquido sul dorso dell'animale al quale spesso corrisponde un foro per versare il liquido praticato nella bocca o nel petto, così come accade per le protomi animalesche, con annesso un piccolo serbatoio a forma di vaschetta. Questi vasi compaiono fin dal primo periodo di Tell Ḥalaf: a) nel triangolo compreso tra il Tigri e lo Zab superiore; b) nella regione della Diyala: c) nella Mesopotamia meridionale; d) a Susa II e a Tepe Siyalk; e) in Egitto dove nella civiltà di Naqādah II compaiono anche vasi con manico che raffigurano l'animale per intero. I vasi rappresentano soprattutto colombe o tori e sono d'argilla o d'alabastro; in Egitto vengono raffigurati animali indigeni; si trovano per esempio vasi a forma di ippopotamo; f) in Palestina, vasi a forma di uccelli. L'origine di questi vasi a forma d'animale si potrebbe ricercare nell'àmbito della civiltà di Tell Ḥalaf; per ora non è possibile stabilire con maggiore approssimazione quale sia stato l'apporto dell'Iran a questo sviluppo. L'Egitto è lungi dall'aver sviluppato in modo autonomo il vaso a forma d'animale. Gli antichi esemplari del periodo di Naqādah II sono in parte frutto di importazione dalla Mesopotamia (A. Scharff, Die Frühkulturen Agyptens und Mesopotamiens, in Der Alte Orient, xli, 1941, 16 ss.), in parte constano di imitazioni egiziane indigene. Dopo il periodo di Gemdet Naṣr compaiono dalla metà circa del III millennio a. C. i tradizionali vasi raffiguranti l'animale per intero e quelli muniti di piccole ruote (cult-waggons) nella g) regione della Diyala e h) nella Mesopotamia meridionale.

2. Siria settentrionale; Palestina. - Vasi del tardo III millennio a. C. che raffigurano un animale per intero sono stati sicuramente rinvenuti a a) Til Barsib; b) in quantità ingente a Biblo e c) a Gezer. L'affinità tipologica con i vasi più antichi menzionati nel primo paragrafo, è indiscutibile.

3. Egeo. - Vasi di forma tradizionale raffiguranti animali per intero e che sono all'incirca contemporanei a quelli di Biblo si incontrano fin dal Minoico Antico III e dal Minòico Medio in a) Creta; una forma spuria e una copia locale in pietra a b) Amorgo.

4. Egeo; Grecia; Balcani. - Poiché quanto ai vasi finora menzionati si tratta di esemplari in cui la raffigurazione dell'animale investe tutto il corpo del vaso, allora sia a) Creta che b) Cipro partecipano fin dagli ultimi tre secoli del III millennio a. C. al processo di animazione organica delle forme vascolari (askòi). Questi esemplari appartengono alla fase di sviluppo egeo-balcanica (S. Fuchs, Die griechischen Fundgruppen der frühen Bronzezeit und ihre auswärtigen Beziehungen, Berlino 1937; V. Milojčić; Die Askoskanne und emige andere ägäisch-balkanische Gefässformen, in Mitt. d. Inst., iii, 1950, p. 107 ss.) e come tali vanno distinti dai vasi che raffigurano l'animale per intero menzionati fino a questo punto. Contrariamente ai vasi tradizionali raffiguranti l'animale per intero, l'animazione organica degli askòi è appena il risultato di uno sviluppo successivo che si basa sull'askòs stesso. I vasi vengono animati traendo ispirazione da forme umane o animali; oltre il foro per riempirli hanno anche un altro foro per versare il liquido. Il centro di produzione di questi vasi a forma di askòi si trova c) nella regione danubiana inferiore e i suoi influssi si estendono fino alla d) Grecia, e) all'Asia Minore nord-occidentale (Troade) e all'Egeo.

5. Anatolia centrale. - I numerosi rhytà della stazione commerciale antico-assira, a) kārum di Kültepe-Kanesh (inizio del ii millennio a. C.) sono da considerare tipologicamente affini e anche derivati dalle forme dei rhytà più antichi della Siria settentrionale e della Mesopotamia che raffigurano l'animale per intero. Imitazioni indigene del periodo pre-hittita e hittita-antico sono accertate per b) Kültepe e recentemente per c) Boǧazköy. Vasi a forma d'animale sono noti nell'Anatolia centrale già prima del II millennio a. C. a d) Hacilar II e a e) Kangal. I vasi raffigurano oltre agli animali domestici anche quelli selvatici; predominano il toro e il leone. Il vaso d'argento a forma di cervo di f) Micene è un esemplare importato dall'Anatolia centrale. Al contrario di tutti i rhytà finora nominati che raffigurano l'animale per intero, i due vasi a forma di cervo di Kangal e di Micene, come pure i vasi a forma d'animale del periodo hittita antico, sono vasi dotati di un unico foro per immettere e versare il liquido (v. sotto B).

6. Siria settentrionale; Palestina; Cipro; Iran. - Nel corso del II millennio a. C. compaiono numerosi vasi raffiguranti l'animale per intero - anche alcuni esemplari con anse: a) a Cipro e nella Palestina - e vasi a forma di askòi. Dall'esame del materiale archeologico proveniente a tutt'oggi dall'Iran risulta che durante il tardo II millennio a. C. l'Iran ha subito l'influsso dei vasi a forma di animale e delle forme a loro affini (askòi; kèrnoi con decorazione figurata) della regione siriana settentrionale cipriota. b) La regione situata tra i laghi di Van e di Urmia e il corso superiore del Tigri che confina a S-O con la regione siriana settentrionale del Khabur e a N-E con la regione del Caspio, aveva ancora una funzione mediatrice decisiva all'inizio del I millennio a. C. (Per la ripartizione geografica e per il controllo dei luoghi di scavo v. K. Tuchelt, Tiergefässe in Kopfund Protomengestalt. Untersuchungen zur Formengeschichte tierförmiger Giessgefässe, Berlino 1962, Fundkarte 3).

7. Anatolia centrale; Egeo. - Lo sviluppo dei vasi a forma di testa di animale è essenzialmente più recente di quello dei vasi raffiguranti l'animale per intero. I vasi a forma di testa di animale fanno la loro comparsa circa contemporaneamente nell'Anatolia centrale durante il periodo hittita antico e a Creta nel Minoico Medio II-III. a) I vasi a testa di animale dell'Anatolia centrale (hittiti) sono coppe, b) quelli cretesi-minoici e i loro successori tardo-micenei sono invece rhytà con un piccolo foro in mezzo alla bocca per versare il liquido. Qui come là predominano le teste di toro e di leone, analogamente a quanto è stato constatato per i vasi più antichi del III millennio a. C. raffiguranti l'animale per intero. Lo sviluppo dei rhytà minoico-egei a forma di testa di animale (di metallo nobile, pietra o argilla) termina nel periodo tardo-miceneo. All'incirca contemporanei sono c) i rhytà a forma di imbuto minoico-egei e i cosiddetti rhytà a "uovo di struzzo". Questi funzionano al pari dei rhytà a forma di testa di animale, aprendo e chiudendo il piccolo foro che serve a riempire il vaso ed appartengono, secondo il principio del loro funzionamento, al gruppo dei sifoni, noti anche nella ceramica hittita antica. Sia i vasi hittiti a forma di animale intero che le coppe hittite d) a forma di testa di animale (detti bibū, parola di origine sumerica: B. Meissner-W. von Soden, Akkadisches Handwörterbuch, 2. Lieferung, 1959, p. 125, termine riferito a metallo prezioso, pietra, terracotta Edelmetall, Stein, Ton; A. Goetze, in Language, xxxvi, 1960, p. 468, ha proposto l'interpretazione di bibrū come "uccello simile a un gallo"; rhytà a uccelli sono diffusi in Iran e Mesopotamia fin dai tempi più antichi), sono documentati nei testi dell'impero hittita e di conseguenza sono databili a partire dalla seconda metà del II millenmo a. C.

8. Siria settentrionale; Palestina; Cipro. - Alle coppe a forma di testa di animale, e non già ai rhytà minoico-egei a forma di testa di animale, appartiene un gruppo che fin dal XIV-XIII sec. a. C. compare nelle regioni citate a) ed è rappresentato anche da un esemplare b) di Assur. I vasi che raffigurano un volto umano o una testa di animale terminano in un lungo collo; sono tutti privi di anse. Questi vasi non fanno parte dell'ambito minoico-egeo ma per l'uso a cui sono destinati sono affini alle coppe hittite. Le coppe d'argilla a forma di testa, di questo gruppo, che ovviamente imitano le forme in metallo, appartengono probabilmente all'ambito siro-mesopotamico settentrionale. Tipologicamente esse sono strettamente imparentate con le coppe iraniche a forma di testa d'animale dell'inizio del I millennio a. C.

9. Iran. - L'apporto dell'Iran allo sviluppo dei vasi a forma di animale si protrae nel tempo fino al IV millennio a. C. (paragrafo I e 6). La comparsa di coppe a testa di animale nella a) regione dei laghi di Van e di Urmia (ingenti rinvenimenti sono stati fatti recentemente a Hasanlu) va datata con ogni probabilità tra la fine del II e l'inizio del I millennio a. C. Contemporaneamente a queste ultime, nella b) regione caspio-iraniana fanno la loro comparsa i vasi a forma di protomi animalesche; si tratta per lo più di rhytà: alla protome animalesca si innesta la parte superiore del vaso di forma allungata. Date le cognizioni ancora limitate a cui sono pervenute fino ad oggi le ricerche archeologiche, non è possibile per ora datare con esattezza e raggruppare per provenienza queste due varianti dell'Iran di cui esistono esemplari di gran valore in metallo lavorato e imitazioni in argilla. Sia gli scavi in corso nell'Iran che gli ingenti rinvenimenti di vasi a forma di animale, contribuiranno ad approfondire le nostre cognizioni in merito (si veda ora R. Ghirshman, Le Rhyton en Iran, in Artibus Asiae, xxv, 1962). Se tra le coppe a forma di testa di animale e quelle citate nel paragrafo 8, sussiste una affinità tipologica, allora i vasi a forma di protome animalesca potrebbero essere considerati come una creazione iraniana. Ambedue le varianti sono state adottate dalla c) toreutica assira e achemènide. Fanno parte di questo gruppo anche d) le situlae, vasi a forma di testa d'animale con un'ansa mobile che non esistono soltanto nella toreutica assira, ma sono state adottate anche dalla metallotecnica achemènide (vaso d'argento a forma di testa d'ariete con ansa mobile, Istanbul, mercato antiquario 1962).

10. Anatolia; Siria; Egitto. - All'inizio e nella prima metà del I millennio a. C. si trovano vasi a forma di protome animalesca nella: a) Anatolia centrale e orientale; b) nella Siria settentrionale e quali oggetti di importazione del periodo achemènide nel c) Basso Egitto; dal VI sec. a. C. d) sulla costa occidentale greca dell'Asia Minore. Vasi assiri d'importazione a forma di testa di animale nella e) Siria, a Gordion e Samo. Rhytà in argilla a forma di testa di animale, produzione indigena della Frigia, si trovano fino agli inizî dell'ellenismo f) nella regione racchiusa dall'ansa dell'Halys; questi ultimi conservano la forma tradizionale dei vasi a forma di animale dell'Anatolia centrale.

11. Cipro; Rodi; Creta; Beozia; Sicilia; Etruria. - La forma egea antica a forma di askòs, con o senza ansa, prevalentemente a forma d'uccello si diffonde a) dalla Grecia orientale fino alla b) Italia dove continua a sopravvivere c) nella ceramica dell'Italia meridionale ancora nel IV sec. a C. Vasi con ansa raffiguranti il corpo dell'animale per intero che, come gli askòi, traggono la loro origine da una forma egeo-cipriota (paragrafo 6), si incontrano all'inizio del VII sec. a. C. nella d) Beozia; e così pure fin dall'inizio del VI sec. a. C. e) vasi a forma di protomi animalesche che derivano da un tipo della Grecia orientale. (Per gli aröballoi a forma di animale che provengono dalla Grecia orientale e da Corinto: H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, p. 170 ss.).

12. Attica; Italia meridionale. - In Attica fin dalla metà del VI sec. a. C. un paio d'occhi dipinti animano organicamente la superficie vascolare delle a) tazze e delle anfore. Coppe, kàntharoi e oinochòai imitano questo modo di animare la forma vascolare e raffigurano un b) volto umano o c) forme animali. Mentre per le raffigurazioni del volto umano predomina durante il corso degli ultimi decenni del VI sec. a. C. e dei primi decenni del V sec. a. C. la forma ad oinochòe, per le raffigurazioni di animali prevale la coppa. In ambedue i casi il corpo del vaso, dotato di un'ansa, è nettamente separato dalla parte destinata alla rappresentazione figurata. La massima fioritura della coppa attica a testa di animale coincide d) con l'opera del vasaio Sotades durante la fase dello stile severo. Alla fine del V sec. e durante il IV sec. a. C. i prototipi attici raffiguranti teste di animali del secondo venticinquennio del V sec. vengono copiati non solo nell'Attica stessa ma soprattutto e) nell'Italia meridionale. Qui predomina il vaso a forma di testa di animale assimilato alla forma a corno, che veniva usato non già come coppa, ma come rhytòn. Rhytà in metallo di questo tipo sono testimoniati per l'Italia meridionale; comunque ciò non ci consente di considerarli come un'invenzione di questo àmbito, poiché un tipo affine in argilla è testimoniato f) per le botteghe dei vasai dell'Attica dell'inizio del IV sec. a. C.

13. Russia meridionale; Caucaso; Grecia settentrionale. - Imitazioni di forme in metallo e piastrine ornamentali di coppe a forma di corno, compaiono fin dal tardo VI sec. a. C. nella a) Russia meridionale e nella regione caucasica come pure in b) Grecia settentrionale. Imitazioni in argilla c) a Gordion; d) Deve Hüyük (Siria settentrionale) e e) a Bayrakli (l'antica Smirne). Quanto alle coppe a forma di corno citate sotto a) e b) si tratta sia di imitazioni della semplice coppa a forma di corno che di coppe la cui estremità inferiore raffigura una protome animalesca. Queste coppe scitiche a forma di corno risentono in parte dell'influsso dei vasi achemènidi a forma di protome animalesca (paragrafo 9), in parte dell'influsso greco e probabilmente anche delle botteghe greche delle regioni citate. I rhytà in metallo a testa di animale f) dell'Italia meridionale citati nel paragrafo 12 sono introdotti durante il IV sec. a. C. soprattutto nella g) regione balcanica meridionale e compaiono contemporaneamente nei luoghi dove furono rinvenute le coppe a forma di corno.

B) Uso al quale sono destinati i rhytà. - Dall'esiguo numero conosciuto di rappresentazioni figurate di antichi vasi a forma di animale (E. Heinrich, Kleinfunde aus den archaischen Tempelschichten in Uruk, 1936, tav. 38; 2 a; 7. Vorläufiger Bericht Uruk-Warka, 1936, tav. 25 e; H. Frankfort, Cylinder Seals, Londra 1939, tav. 5 c) si deduce che essi venivano adoperati nelle cerimonie cultuali come vasi per le libagioni (A. Moortgat, Tammuz, Berlino 1949, p. 31 s.). Anche i rhytà menzionati nel paragrafo 5 a, erano usati come vasi da libagioni. I vasi raffiguranti gli animali per intero o teste di animali del periodo prehittita o hittita antico erano usati per le offerte alle divinità o eventualmente persino come statuette cultuali (paragrafo 5 b; d; e; paragrafo 7 a: bibrŭ, v. K. Tuchelt, Tiergefässe, Berlino 1962, p. 49 ss.); per questi si tratta non già di rhytà bensì di coppe o di quella specie di rhytà privi dell'apposito foro per versare il liquido. A giudicare dall'analogia formale e cronologica che intercorre tra i vasi hittiti a forma di animale ed i rhytà minoici a testa di animale (paragrafo 7 b), si può dedurre che si tratta del pari di vasi cultuali anche se in questo caso non è possibile avvalersi dell'ausilio di testimonianze scritte o monumentali. Se ed in qual misura dopo il II millennio a. C. i vasi a forma di animale dell'inizio del I millennio a. C. citati nei paragrafi 8-10, siano ancora adoperati nelle cerimonie cultuali, può essere fino ad oggi positivamente accertato solo per quel che riguarda il complesso dei vasi nel suo insieme (Arch. Anz., 1928, p. 535, fig. 2; Perrot-Chipiez, Hist., II, p. 100, fig. 23). Per a) Asia Minore occidentale e b) Italia meridionale il loro impiego nel culto funebre è testimoniato fino al tardo ellenismo. Anche i vasi citati nel paragrafo 13 a) e f) (descrizione: B. Svoboda-D. Cončvev, Neue Denkmäler antiker Toreutik, Praga 1956, p. 71 s., fig. 22) erano destinati ad uso cultuale. Le coppe attiche a testa di animale invece non erano destinate al culto, a meno che non si voglia interpretarle come offerte votive (Wolters-Bruns, Das Kabirenheiligtum bei Theben, i, Berlino 1940, tav. 39, 2-3). Del resto nell'Attica la semplice coppa a forma di corno (κέρας) era propria della cerchia di Dioniso; appena alla fine del V sec. a. C., per influssi persiano-achemènidi, questa coppa venne adornata con una protome animalesca (Ath. Mitt., 1882, tav. 14) e da quel momento in poi venne rappresentata di regola assieme ad una tazza. In analogia con la tradizione monumentale προτομή e ῥυτόν vengono usati dagli autori attici e greci come termini per indicare forme vascolari appena dopo il V sec. a. C. in contrasto con l'uso più antico del termine κέρας (K. Tuchelt, Tiergefässe, p. 114 s.).

C) Monumenti scelti. - Gli esemplari citati qui appresso con la relativa pubblicazione rappresentano solamente una selezione molto limitata, data l'eccezionale ricchezza del materiale. Il criterio in base al quale è stata fatta la scelta è stato quello di citare gli esemplari più caratteristici (i numeri corrispondono ai paragrafi della sezione A; v. anche illustrazioni vol. iv, pagg. 242, 242; vol. v, pagg. 571, 1133.

A) i. a) Iraq, 2, 1935, tav. 5 a. b) Oriental Institute Publications, Chicago (= OIP), 63, tav. 25 a-b; 26; più tardi: tav. 133 c. c) 3. Vorl. Bericht Uruk-Warka, 1932, p. 29; E. Mackay, Report on Excavations at Jemdet Nasr, Iraq, in Anthropology, Memoirs, i, n. 8, 1931, tav. 76, 2; L. C. Woolley, Ur Excavations, iv, 1955, tav. 44. d) Mém. Délég. Perse, 13, 1912, tav. 30, 9; 37, 1, 2, 6, 7; 38, 2, 9, 11, 12; R. Ghirshman, Fouilles de Sialk, 1933-34, 1937, Parigi 1938, i, tav. 19, 2. e) J. Vandier, Manuel d'archéologie égyptienne, i, figg. 216, 3-6; 8-10; figg. 217, 19; 20; 22; 28-30; 32; 33; 39 ecc., figg. 218, 219; A. Scharff, Die Frühkulturen Àgyptens und Mesopotamiens, in Der Alte Orient, 41, 1941, tav. 4, 20-22. f) H. Vincent, Canaan, Parigi 1907, fig. 202; R. A. S. Macalister, The Excavations of Gezer, Londra 1912, III, tav. 19, 28. g) OIP, 63, tav. 94 b e i. h) E. Mackay, A Sumerian Palace and the "A" Cemetery at Kish, ii, in Anthropology, Memoirs, i, 2, 1929, tav. 46, 3; L. C. Woolley, op. cit., ii, 1934, tav. 188 a.

2. a) F. Thureau-Dangin-M. Dunand, Til Barsib, Parigi 1936, tav. 27, 1 e 3; b) id., Fouilles de Byblos, Parigi, i, tav. 74, 4552; 75, 4553, 4572, 4574; 76, 4554-55; 4557; 4559-62; 77, 4563-68, 4570-71; 78, 4575-76; 4578; 4580; K. Tuchelt, Tiergefässe, tav. 2; c) R. A. S. Macalister, op. cit., iii, tav. 126, 22, 25, 26 (già ii millennio a. C.).

3. a) R. B. Seager, Explorations in the Island of Mochlos, Boston-New York 1912, fig. 28 f; St. Xanthoudides, The Vaulted Tombs of Mesarà, Londra 1924, tav. 7, n. 5052; A. Evans, The Palace of Minos at Knossos, ii, fig. 154 a; L. Pernier-L. Banti, Guida degli scavi Italiani in Creta, 1947, fig. ii. b) H. Frankfort, Studies in Early Pottery of the Near East, i, Londra 1924, tav. 9, 4.

4. a) St. Xanthoudides, op. cit., tav. 2, 4121, 4126; 20, 4141; 28, 4121, 4122, 4126; tav. 29; tav. 30, 4119; III. London News, 6, 8, 1960, p. 226, fig. 9; p. 227, fig. 14, 15. b) P. Åström, The Middle Cypriote Bronze Age, Lund 1957, p. 16, n. vii; 25 s, n. xi; 29, n. iii; 33, n. vii; 46 s, n. xv; 62 s, n. xviii; 65 s, n. iv ecc. c) J. H. Gaul, The Neolithic Period in Bulgaria, in Am. Sch. of Prehist. Research Bull., 16, 1948, tav. 61, 1-2 e 3-5; H. Mòbius, Arch. Anz., 1954, p. 207 ss. d) Wace-Thompson, Prehist. Thessaly, Cambridge 1912, fig. 91; H. Goldman, Excavations at Eutresis, Cambridge (Mass.) 1931, fig. 223; 257; tav. 12, i. e) H. Schmidt, Heinrich Schliemanns Sammlung trojanischer Altertumer, Berlino 1902, fig. 607, 6o8, 1481 ecc. Vasi a volto umano: id., ibid., fig. 306, 308,309, 312,313, 1036-37 ecc.; Ill. London News, 6, 8, 1960, p. 226, fig. 10 da Lebena.

5. a) T. Özgüç, Ausgrabungen in Kültepe 1948, Ankara 1950, p. 188; 207 5, tav. 67, fig. 433, 435; T. e N. Özgüç Ausgrabungen in Kültepe 1949, Ankara 1953, p. 218 ss., tav. 38, 39, 40; fig. 285; tav. 42, fig. 341; T. Özgücm Kül-tepe-Kaniş, Ankara 1959, tav. 44; id., in Belleten, 18, 1954, figg. 16 e 18; id., Ausgrabungen in Kültepe 1949;tav. 38, 271; 39, 272, 273; 40, 285. c) F. Fischer, Die hethitische Keramik von Boǧazköy, Tubinga 1962 (manoscritto) n. 1253, Löwengefässe Tuchelt, Tiergefässe, 28, nota 89 = Arch. f. Orientforsch., xx, 1963, 245, fig. 47. d) Ill. London News, 8, 4, 1961, p. 590, fig. 14 (Haciar II); fig. 18, 20 (Hacilar VI). e) K. Tuchelt, op. cit., tav. 4, 5.f) G. Karo, Die Schachtgräber von Mykene, Monaco 1930, tav. 115 s.

6. a) L. C. Woolley, Alalakh, Oxford 1955, tav. 58 c, 58 d, 101 f, 103 c-d, 125 f; H. Th. Bossert, Altsyrien, fig. 1075; R. A. S. Macalister, The Excavations of Gezer, iii, tav. 126, 22, 23, 25, 26; P. Montet, Byblos et l'Égypte, Parigi 1928, tav. 123, 816, 825; tav. 145, 910; W. M. Flinders Petrie, Ancient Gaza, v, Londra 1952, tav. 20, 43; Syria, 13, 1932, tav. 2, 1; 17,1936, tav. 17, 2; C. A. Schaeffer, Ugaritica, ii, Parigi 1949, fig. 58 A; 62, n. 22; 81, n. 6; 93, n. 4. b) R. F. S. Starr, Nuzi, Report on the Excavations at Yorgan Tepe 1927-1931, Cambridge (Mass.) 1939, i, 427 ss.; ii, tav. 103 A. E. L; tav. 104; 105 A-C; 106 A; 107 A; Arch. f. Orientforsch., xx, 1963, fig. 37 (tell Chuera); T. Burton Brown, Excavations in Azarbaijan 1948, Londra 1951, tav. 12, n. 476; H. Samadi, in Arts Asiatiques, 6, 1959, 178, figg. 2, 4, 6; L. Vanden Berghe, Archéologie de l'Iran ancien, Leida 1959, tav. 154 a-b; 154 d-f; 155 a-c-e; 184 d; H. T. Bossert, op. cit., fig. 126, 240; R. Ghirshman, Fouilles de Sialk 1933, 1934, 1937, Parigi 1939, ii, tav. 21, 1-3; L. Vanden Berghe, op. cit., tav. 173 c.

7. a) T. Özgüç Kültepe-Karns,, tav. 45, i.3; T.-N. Özgŭç, Ausgrabungen in Kültepe 1949, tav. 40, 281; Orient Inst. Publ., 29, figg. 208-210, 212 e 213 (Matricis); H. Z. Koşay, Ausgrabungen von Alaca Höyük 1936, Ankara 1944, tav. 62; id., Les Fouilles d'Alaca Höyük 1937-1939, Ankara 1951, tav. 72; 73, 1-2; Belleten, 9, 1945, 39, tav. 4 ecc. b) G. Karo, Minoische Rhyta, in Jahrb. d. Inst., 26, 1911, 249 ss.; K. Tuchelt, op. cit., p. 36 ss., fig. 1 e 2. c) G. Karo, op. cit., 265 ss.; A. Evans,Palace of Minos, iii, p. 89 ss., figg. 50; F. Matz, Kreta, Mykene, Troja, Stoccarda 1956, tav. 69, 93, a destra; A. Evans, op. cit., ii, fig. 129 passim; Maraghiannis-Pernier-Karo, Antiquités Crétoises, Vienna, I, tav. 32, 16; 39, 8; 39, 10, 12; ii, tav. 37, 5; Ann. Br. Sch. Athens, 25, p. 183 s., fig. 36; p. 377 s., fig. 347. d) K. Tuchelt, op. cit., p. 49 ss.; L. Rost, Zuden hethitischen Bildbeschreibungen (i Parte), in Mitt. Inst. Orientforsch., viii, 1961, p. 161 ss.

8. a) The Quarterly of the Department of Antiquities in Palestine, 4, 1934, tav. 27, 427; tav; 30; Th. Bossert, op. cit., fig. 1084-85; R. Dussaud, Les Civilisations préhelleniques2, Parigi 1948, p. 248, fig. 178; Syria, 13, 1032,fig. 5; C. F. A. Schaeffer, Ugaritica, i, tav. 10; Murray-Smith-Walters, Brit. Museurn Excavations in Cyprus, Londra 1900, tav. 3; Swedish Gyprus Expedition, tav. 150, i. b) Wiss. Mitt. Deutsch. Or. Gesell., 58, 1935, 78 ss., tav. 33; Arch. Anz., 1928, p. 546, fig. 2.

9. a) A. Godard, Le Trésor de Ziwiyè (Kurdistan), Haarlem 1950, fig. 57, 58; H. Samadi, Les Découvertes Fortuites (Darousse, Makou, Pochté Kouh, Ziwiyiè et Masdjdé-soleiman) et l'Ètat de la Civilisation chez l'Homme pré-Médique, Teheran 1960, p. 41, 43; Bull. Metr. Mus., 1960, p. 264, fig. 33; Ill. London News, 2, 4, 1960, p. 550, fig. 3; Bull. Metr. Mus., 1956, 10 a, 14 a, 15; E. Porada, Alt-Iran., Baden-Baden 1962, fig. a p. 112 ss. b) H. Samadi, op. cit., fig. 4; E. Herzfeld, Iranische Denkmäler, Berlino 1932, tav. 22, 4, 7-8; L. Vanden Berghe, op. cit., tav. 3 c; 159 a; Antike Kunst, 4, 1961, 21, tav. 10, 5. c) K. Tuchelt, op. cit., p. 57 ss., 83 s. d) Amer. Journ. Arch., lxii, 1958, 152; K. Tuchek, op. cit., tav. 8, 2.

10. a) T.-N. Özgüç, Karahöyük Hafriyati Raporu 1947, Ankara 1949, tav. 47, 3; Arch. Anz., 1940, 578, fig. 15; K. Tuchelt, op. cit., tav. 21, 1-4; Liverpool Ann. Arch. Anthr., 10, 1923, tav. 68; H. Th. Bossert, Geschichte des Kunstgewerbes, iii, 367, fig. b) Berliner Museen, 51, 1930, 148, fig. 1. c) Bull. Arch. Alex., 33, N. S., 10, 2, 1939, p. 350, fig. I; Arch. Anz., 1923-24, p. 108 s.; Bull. Arch. Alex., 1939, fig. 7; The Brooklyn Art Museum, 19, 1958, 10 ss.; K. Tuchelt, op. cit., tav. 24, 3-4; Bull. Arch. Alex., 1939, tav. 6 s.; Arch. Anz., 1906, p. 135 ss., fig. 8. d) E. Akurgal, Bayrakh, i. vorl. Bericht über die Ausgrabungen in Altsmyrna, Ankara 195o, tav. 15 a. e) Arch. Anz., 1928, p. 536, fig. 3; K. Tuchelt, op. cit., tav. 8, i; 9, 1-4 e fig. 3; Amer. Journ. Arch., lxii, 1958, p. 152; K. Tuchelt, op. cit., tav. 8, 2. f) H. de Genouillac, Ceramique Cappadocienne, Parigi 1926-1927, ii, tav. 13; J. Sieveking, Erwerbungsberichte, Monaco 1921-24, n. 55; O. R. Gurney, The Hittites, Harmondsworth 1952, p. xiv, tav. 23, 2; E. Akurgal, Phrygische Kunst, Ankara 1955, tav. 35; K. Tuchelt, op. cit., tav. 10, 1-3; ii, 1-2.

11. a) v. 6 a) Swedish Cyprus Expedition, iv, 2, p. 284 s., fig. vii, 14-15; R. A. Higgins, Catalogue of the Terracottas in the Department of Greek and Roman Antiquities British Museum, ii, Londra 1959, tav. 3, n. 1605; 4, n. 1606, passim; E. R. Price, in Classification des Ceramiques Antiques, 1927, p. 34 ss.; H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, p. 170 ss.; D. S. Robertson, in Journ. Hell. St., 58, 1938, p. 41 ss. b) R. A. Higgins, op. cit., tav. 32, n. 1681; E. Buschor, Das Krokodil des Sotades, fig. 42. c) Encyclopédie Photographique de l'Art. Le Musée du Louvre, iii, tav. 64. d) E. Buschor, op. cit., fig. 40 s.; C. Watzinger, Griechische Vasen in Tùbingen, Tübinga 1924; C. V. A., California, fasc. i, tav. 57, 2 a-c; R. A. Higgins, op. cit., tav. 31, n. 1678. e) H. Payne, C.V.A., Oxford, fasc. 2, p. 57; K. Tuchelt, op. cit., p. 94 ss., tav. 23, 1-2; 24, i; cfr. tav. 20, 1-2.

12. a) W. Technau, Exekias, Lipsia 1936, tav. 5 s. b) J. D. Beazley, Charinos, in Journ. Hell. St., xlix, 1929, p. 38 ss. c) Boll. d'Arte, 1931-32, p. 65 ss., fig. 1-7; E. Buschor, op. cit., p. 19 ss., fig. 17; Amer. Journ. Arch., xliii, 1939, fig. 4-5, 7; C. V. A., Petit Palais, tav. 30, 7, 8; K. Tuchelt, op. cit., pp. 69 ss., 134 ss.; H. Hoffmann, Attic Red-figured Rhyta, Magonza 1962. d) K. Tuchelt, op. cit., pp. 71 s., 121 ss. e) id., op. Cit., p. 120 s.

13. a) K. Schefold, Der skythische Tierstil in Sudrussland, in Eurasia Septentrion. Antiqua, 12, 1937, p. 9 s.; M. Rostovtzeff, Iranians and Greeks, Oxford 1922, tav. 13; 23,2; E. H. Minns, Scythians and Greeks, Cambridge 1913, p. 209, fig. 108; p. 211, fig. 111-12; p. 213, fig. 114; F. A. Ebert, in Reallex. d. Vorges., 13, tav. 29 A i; Arch. Anz., 1912, p. 325 s., fig. 4-5; Comptes Rendus Petersbourg, 1876, tav. 4, 8; 1877, tav. i, 5, 6, 7; Arch. Anz., 1938, p. 762, fig. 2; Antike Kunst, iv, 1961, tav. 11, 1-2; E. H. Minns, op. cit., 219, fig. 121, 221, 290; B. Svoboda-D. Cončev, Neue Denkmäler antiker Toreutik, p. 53 s., fig. 15. b) B. Filow, Die archaische Nekropole von Trebenischte am Ochrida-See, Berlino-Lipsia 1927, tav. 6, i; Arch. Anz., 1930, p. 279, fig. 6; id., Die Grabhügelnekropole bei Duvanlij in Sudbulgarien, Sofia 1934, p. 67, fig. 83, tav. 6; B. Svoboda D. Cončev, op. cit., p. 9 ss., tav. 1-4. c) Amer.Journ. Arch., lix, 1955, 3, tav. i, 5. d) Liverpool Ann. Arch. Anthr., 7, 1914-16, tav. 27, 15, 17. e) E. Akurgal, Bayrakli, i. vorl. Bericht über die Ausgrabungen in Altsmyrna, Ankara 1950, tav. 15 a.f) Ròm. Mitt., xxxviii-xxxix, 1923-24, p. 451 55., fig. 3, 5, 6; Österr. Jahresh., 5, 1902, tav. i. g) ibid., fig. 33, tav. 2; fig. 34, 35; B. Svoboda-D. Cončvev, op. cit., p. 71 s., fig. 22; tav. i, 2; tav. 3-9; Röm. Mitt., lxv, 1958, p. 138 ss.; Antihe Kunst, iii, 1960, p. 3 ss., tav. i, 2: i, 3; i, 4; 2, 4; K. Tuchelt, op. cit., p. 124 ss.

Per il settore B), Uso al quale sono destinati, si Veda a) (Asia Minore occidentale), K. Tuchelt, op. cit., p. 104 ss.; b) (Italia meridionale), id., ibid., p. 122 ss.

Bibl.: Th. Panofka, Die griechischen Trinkhörner und ihre Verzierungen, in Abhandlungen der Berliner Akademie, Berlino 18; 50; E. Pottier, in Dict. Ant., IV, 2, c. 865 ss., s. v.; E. Buschor, Das Krokodil des Sotades, in Münchuer Jahrbücher, XI, 1919, p. i ss.; M. I. Maksimova, Antike Figurenvasen (in russo), Mosca 1926 (cfr. la traduzione francese del von Carsow, Les Vases plastiques, Parigi 1926); B. Svoboda-D. Cončev, Neue Denkmäler antiker Toreutik, Praga 1936; H. Luschey, in Arch. Anz., 1938, 763 s.; id., Die Phiale, Bleicherode 1939; K. Tuchelt, Tiergefässe in Kopf- und Protomengestalt. Untersuchungen zur Formengeschichte tierförmiger Giessgefässe, Berlino 1962; H. Hoffmann, Attic Red-figured Rhyta, Magonza 1962; M.-L. e H. Erlenmeyer, Ursprung und Deutung der iranischen und griechischen Tierkopf-Rhyta, in Archiv für Orientforschung, XX, 1963, pp. 125-40.

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