RICCOLDO da Montecroce

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

RICCOLDO da Montecroce

Francesco Surdich

RICCOLDO (o Ricoldo) da Montecroce. – Nacque, probabilmente nel 1243, a Monte di Croce, castello del contado fiorentino sulle colline a monte di Pontassieve, da Pennino che ebbe anche altri due figli: Bencivenni e Sinibaldo, che morirono rispettivamente il 15 aprile 1303 e fra il 1305 e il 1309.

Dopo aver studiato le arti liberali in diverse università europee entrò nell’ordine domenicano nel 1267 andando a risiedere nel convento di Santa Maria Novella. Nel 1272 il capitolo di Firenze dei domenicani lo nominò lettore dello Studio delle Arti nel convento di Pisa, dove forse compose il commento del Peryhermesias di Aristotele e si occupò di logica. Nel 1287 gli affidò la cura interinale del convento di Prato e l’anno successivo, per intervento del maestro dell’ordine dei predicatori, partì per l’Oriente, dove si fermò sino alla fine del secolo, entrando in contatto con le comunità cristiane dei maroniti, dei nestoriani, dei monoteliti e dei giacobiti, che si confrontavano fra loro anche violentemente, come avrebbe denunciato in una raccolta di lamentazioni, redatte nello stile dei profeti di Israele, contro queste lotte fratricide.

Entrato in Siria a San Giovanni d’Acri, attraversò la Galilea fino al Lago di Tiberiade, da dove ritornò a San Giovanni d’Acri, viaggiando lungo la fascia costiera prima alla volta di Giaffa e poi di Gerusalemme. Incorporato nella Società dei Frati itineranti che doveva sovrintendere all’attività di apostolato di tutti i predicatori sparsi in Oriente, dopo aver visitato il fiume Giordano e il Mar Morto, abbandonò la Palestina muovendosi sempre lungo la costa, risalendo di nuovo verso San Giovanni d’Acri, passando da Tripoli e Tortosa ed entrando infine in Cilicia. Dal porto di Laiazzo (oggi Yumurtalik in Turchia) si inoltrò lungo la grande strada che conduceva a Tabriz, nel Nord della Persia: attraversò i monti del Tauro e viaggiò alla volta di Sivas, di Erzerum in Cappadocia, nei pressi del monte Ararat, e di Tabriz, dove giunse nel 1290 fermandosi alcuni mesi a predicare, prima di ripartire, passando per Mossul e Tikrit, alla volta di Baghdad, dove soggiornò per diversi mesi, nel corso dei quali discusse di questioni religiose con gli ulama di prestigiose madrash.

Da questa esperienza Riccoldo trasse il Liber Peregrinacionis o Itinerarium, redatto tra il 1288 e il 1291, che venne accolto come una guida per missionari e che consiste in una descrizione dettagliata delle contrade da lui visitate, nella quale risultano particolarmente degne di nota la descrizione dei Tatari e la presentazione dei costumi locali e della religione islamica, nei cui confronti egli dimostra un’apprezzabile apertura mentale. Avrebbe infatti voluto tradurre in latino il Corano, che, dopo aver appreso l’arabo, studiò durante il suo soggiorno a Baghdad (nella Bibliothèque nationale de France si conserva il manoscritto del Corano – ms. Ar. 384 –, da lui utilizzato, con le sue annotazioni in latino), assieme a altre opere di teologia islamica, anche se poi decise di rinunciare, dedicandosi tuttavia a un’analisi accurata del testo (Contra legem Sarracenorum). In questo suo scritto, che venne usato a lungo dai cristiani come fonte di informazione conoscendo svariate edizioni (la prima apparve a Siviglia nel 1500 con il titolo di Confutatio Alcorani) e venendo tradotto anche in tedesco, nel 1542, da Martino Lutero, appoggiandosi spesso al pensiero di Tommaso d’Aquino e ai due corpus della tradizione cristiana che in quel periodo veicolavano le informazioni sull’islam (quello di Pietro il Venerabile e quello di Marco da Toledo), Riccoldo mise in evidenza la composizione disordinata delle sure, le contraddizioni di stile, di contenuto e di dottrina in esse presenti. Se da un lato dimostra di apprezzarne la musicalità e la poeticità, ne critica invece la mancanza di organicità espositiva, dal momento che a suo parere i riferimenti alle storie dei profeti sono frammischiati a precetti morali, esortazioni, riferimenti ad avvenimenti contemporanei e preghiere e, soprattutto verso la fine del libro, dove le parole sembrano venirgli meno, sembra che Maometto parli come un visionario. Allo stesso tempo, però, ne segnalò anche gli elementi di novità, indicando dei nuovi princìpi per favorire il dialogo con i musulmani, vale a dire non discutere tramite gli interpreti, conoscere a fondo le dottrine delle chiese separate, tenere in considerazione i testi religiosi musulmani e soprattutto vivere in maniera profonda e coerente la fede cristiana. Malgrado l’ostilità di Riccoldo nei confronti dell’islam, alimentata anche dalla persecuzione che subì a San Giovanni d’Acri, questa sua opera mostra una sicura conoscenza del Corano e la capacità di superare il pregiudizio, comune a svariate critiche mosse dai cristiani nei confronti di questa religione, che Maometto avesse fondato e diffuso un’eresia cristiana.

Sempre in Oriente scrisse le Epistolae V de Perditione Acconis, cinque lettere sull’assedio e la caduta di san Giovanni d’Acri, compilate nel 1292 (pubblicate solo nel 1884 a Parigi negli Archives de l’Orient Latin, II (1884), pp. 258-269, da R. Röricht), il Liber denudationis sive ostensionis aut patefaciens, la Christianae Fidei Confessio facta Sarracenis, stampata a Basilea nel 1543; mentre, dopo il suo ritorno a Firenze, collocabile tra il 1299 e il 1300, compose il Libellus ad nationes orientales, in cui espose dettagliatamente le dottrine dei giacobiti e nestoriani, sulla posizione teologica dei quali Riccoldo sollecitò un pronunciamento autorevole, e si dedicò alla stesura di altri scritti (Contra errores Judaeorum, Libellus contra nationes orientales, Contra Sarracenos et Alcoranum, De variis religionibus) tra cui, poco prima di morire, una Improbatio Alcorani, un altro libello contro l’islam, che conobbe una grande diffusione anche nell’Impero bizantino, grazie alla traduzione di Demetrio Cidone (XIV secolo). A lui sono attribuite anche due opere di carattere teologico: verso il 1285 una difesa delle dottrine di Tommaso d’Aquino, in collaborazione con Giovanni da Pistoia, e, prima del 1288, un commentario dei Libri sententiarum.

Nel 1315 il Capitolo di Arezzo lo nominò predicatore generale, mentre l’anno successivo quello di Perugia gli inflisse una punizione per la sua gestione dei conventi delle suore domenicane, della quale era stato incaricato, spostandolo nel convento di Orvieto.

Morì a Firenze il 31 ottobre 1320.

Alcune delle opere più significative di Riccoldo sono state oggetto di edizioni critiche. Fra le più recenti ricordiamo quella del Liber peregrinationis, il cui testo manoscritto, uscito dallo scrittoio di Santa Maria Novella per mano del copista, corretto e integrato dallo stesso autore, che si conserva nella Staatsbibliothek di Berlino, lat. 4°, 466 (sec. XIV inc.), cc. 1r.-24r., è stato edito, con il titolo di Pérégrination en terre Sainte et au Proche-Orient, da R. Klapper, Parigi 1997 (una traduzione italiana è in Riccoldo di Monte di Croce, Libro della peregrinazione/Epistole alla Chiesa trionfante, a cura di D. Cappi, Genova-Milano 2005); e Il Contra legem Sarracenorum, il cui manoscritto originario (si conoscono altri 28 manoscritti) contenente anche un ritratto con barba di Riccoldo, si conserva nella Biblioteca nazionale centrale di Firenze (Conventi soppressi C.8.11739; edito da M. Merigoux, in Memorie domenicane, n.s., XVII (1986), pp. 60-142, edizione utilizzata per la sua traduzione italiana ne I Saraceni, a cura di G. Rizzardi, Firenze 1992, pp. 55-181).

Fonti e Bibl.: Testimonianze documentarie relative a Ricoldo si possono trovare nell’Archivio generale dell’Ordine dei Predicatori (Roma-Santa Sabina) e nell’Archivio di Stato di Firenze, oltre che negli Acta Capitolorum provincialium Provinciae Romanae (1243-1344), a cura di T. Kaeppeli - A. Dondaine, Roma-Santa Sabina 1941.

P. Mandonnet, Fra Ricoldo de Monte-Croce, pélerin en Terre Sainte et missionnaire en Orient, in Revue biblique, II (1893), pp. 44-61, 181-202, 584-607; U. Monneret de Villard, La vita, le opere e i viaggi di frate Ricoldo da Montecroce OP, in Orientalia Christiana Periodica, X (1944), pp. 227-274; A. Dondaine, Ricoldiana. Notes sur les oeuvres de Ricoldo de Montecroce, in Archivum Fratrum Praedicatorum, XXXVII (1967), pp. 117-179, J.-M. Mérigoux, Un précurseur du dialogue islamo-chrétien, Frére Ricoldo (1243-1320), in Revue Thomiste, LXXIII (1973), pp. 609-621; G. Rizzardi, Il «Contra legem Sarracenorum» di Ricoldo di Montecroce. Dipendenza ed originalità nei confronti di san Tommaso, in Teologia, IX (1984), pp. 245-269; Id., La controversia con l’Islam di Iohannes Guallensis O.F.M., in Studi francescani, LXXXII (1985), pp. 245-269 (questo studioso non sospetta il problema della paternità dell’opera edita sotto il nome di Giovanni il Gallese); J.-M. Merigoux, L’ouvrage d’un frère Prêcheur florentin en orient à la fin du XIIIe siècle. Le «Contra legem Sarracenorum» de R. da Monte Croce, in Memorie domenicane, n.s., XVII (1986), pp. 1-144; E. Panella, o.p., Ricerche su R. da Monte di Croce, in Archivum fratrum praedicatorum, LVIII (1988), pp. 5-85; Ch. Bousquet-Labouérie, Face à l’Islam, Ricoldo da Monte Croce (1288) et son imagier (1405), in Pèlerinages et croisades, Parigi 1995, pp. 249-261; C. Manetti, “Come Achab al calar del sole”: un domenicano giudica i Templari. La caduta di Acri nelle testimonianze di fra Riccoldo da Montecroce, in Acri 1291, La fine della presenza degli ordini militari in Terra Santa e i suoi orientamenti nel XIV secolo, a cura di F. Tommasi, Perugia 1996, pp. 171-180; C. Cabrol, R. du Monte Croce: une approche pacifique et scientifique de la croisade à la fin du XIIIe siècle, Tripoli (Libano) 2006; T.E. Burman, R. da Monte di Croce, in Christian-Muslim Relations. A bibliographical history, IV, (1200-1350), a cura di D. Thomas - A. Mallett, Leiden-Boston 2012, pp. 678-691.

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