RIFUGIATI

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

RIFUGIATI

Gaetano ARANGIO-RUIZ

. La pratica internazionale del primo e del secondo dopoguerra ha coniato due termini, che coprono, con un notevole grado di approssimazione, le varie categorie di profughi che dànno luogo ad un problema internazionale: i rifugiati o profughi (refugees); e le displaced persons (DP). I refugees sono i profughi internazionali in senso proprio e cioè "tutti coloro che si trovino fuori del loro paese" e che, per essere stati perseguitati, o per timore di persecuzioni per ragione di nazionalità, religione, razza o opinioni politiche, non vogliano o non possano far ritorno in patria o valersi all'estero della protezione diplomatica dei rappresentanti del loro paese. Nella categoria sono inclusi anche coloro che non desiderino ritornare nel loro paese per avversione al regime politico in esso esistente. Displaced persons sono invece coloro che non per loro volontà, ma per effetto dell'azione diretta o indiretta delle autorità civili o militari dei paesi belligeranti si siano trovati a guerra finita fuori del loro paese di origine. La distinzione fra le due categorie non è però molto netta, in quanto ogni displaced person che si rifiuti di tornare in patria (o nel suo paese di residenza) per avversione al regime o per tema di persecuzione religiosa, raziale o politica, rientra anche nella categoria dei refugees in senso stretto (rifugiati politici) e viene considerata, a tutti gli effetti, come tale; e d'altra parte molte delle vittime di persecuzioni che la costituzione dell'International Refugees Organization (IRO) qualifica di "rifugiati" sono anche displaced persons. Permane tuttavia fra il grosso delle due categorie la differenza essenziale costituita dal fatto che il problema dei rifugiati in senso stretto è un portato della situazione politica in cui certi paesi vengano a trovarsi indipendentemente dalla guerra e in particolare dell'intolleranza politica, nazionale, raziale o religiosa praticata da certi governi indipendentemente dal concorso di particolari circostanze internazionali, come quelle derivanti dallo stato di guerra: è un problema di ogni tempo e di ogni luogo; mentre il problema delle displaced persons è il prodotto tipico di ogni guerra e specialmente della guerra "totale".

Entrambe le categorie di profughi, fra le quali prima della seconda Guerra mondiale non si faceva una distinzione, hanno formato oggetto di attività internazionale sin dall'altro dopoguerra. I gruppi più importanti di profughi che si contavano subito dopo la prima Guerra mondiale erano i varî milioni di Russi allontanati dal loro paese dalla rivoluzione del 1917, gli Armeni, ed altri gruppi (Greci, Bulgari, Siriani) ai quali si dovevano aggiungere, negli anni successivi, le vittime della persecuzione nazista e fascista: profughi politici d'Italia e di Germania; vittime della persecuzione antisemita condotta dal nazifascismo prima in Germania e poi via via nei paesi occupati prima dello scoppio della seconda Guerra mondiale (Austria e Cecoslovacchia); e i repubblicani spagnoli. Inizialmente il compito della tutela dei profughi fu assunto dalla Società delle Nazioni, che svolse, fra notevoli difficoltà, a partire dal 1921, una multiforme attività attraverso varî organismi: l'Ufficio Nansen (autonomo), costituito nel 1921, che si è occupato principalmente dei Russi e degli Armeni; l'Alto commissariato per i profughi della Germania (costituito nel 1936); ed organismi speciali costituiti di volta in volta per risolvere i problemi circoscritti (rifugiati greci, bulgari, ecc.). L'azione della Società delle Nazioni non ha mai raggiunto, tuttavia, intensità e proporzioni notevoli. Il progressivo aggravarsi del problema con l'andar degli anni indusse numerose potenze a costituire per proprio conto, e con il contributo finanziario principalmente della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, un organismo internazionale indipendente dalla Società delle Nazioni, seppure in collaborazione con l'Alto commissariato e con l'Ufficio internazionale del lavoro: l'Inter-Governmental Committee on Refugees (IGCR); organismo creato a Évian nel luglio 1938 al quale veniva affidato il compito di curare l'assistenza e il ristabilimento all'estero dei profughi politici, raziali o religiosi dalla Germania e dall'Austria e più tardi dai Sudeti. L'IGCR, che ha continuato la sua attività fino al 30 giugno 1947, aveva provveduto all'epoca dell'inizio della seconda Guerra mondiale alla sistemazione di 240.000 profughi, dei 400.000 compresi nel suo mandato. L'IGCR forniva ai profughi oltre alla protezione legale e politica - che sostituiva la protezione diplomatica dei rappresentanti dei paesi di origine e comprendeva il rilascio di un documento di identità del tipo del passaporto Nansen - sussidî di mantenimento, emigrazione o una di queste forme di assistenza. Durante gli ultimi mesi della sua esistenza l'IGCR ha anche assunto direttamente l'amministrazione di numerosi campi di profughi in Germania, in Italia ed in Austria. All'assistenza fornita ai profughi durante la guerra e sino al 1° luglio 1947 dall'IGCR si è aggiunta - sotto forma, per lo più, di sussidî e viveri in sostituzione del mantenimento da parte dell'IGCR - quella ad essi prestata dall'UNRRA, che non comprendeva però, in nessun caso, la loro sistemazione all'estero.

L'aumento numerico dei profughi per effetto diretto o indiretto degli eventi bellici, la nuova situazione politica venuta a crearsi in Europa ed in altre parti del mondo in seguito alla seconda Guerra mondiale e l'istituzione della nuova organizzazione generale delle Nazioni Unite, costituiscono i principali motivi che hanno determinato una radicale revisione del problema e la costituzione di un istituto specializzato delle N. U., con il compito specifico dell'assistenza ai profughi. L'effetto principale determinato dalla seconda Guerra mondiale è stato innanzi tutto lo straordinario aumento numerico dei rifugiati. Da un lato, come conseguenza diretta delle operazioni di guerra, le forze alleate si trovavano fra le braccia milioni e milioni di persone che erano state deportate dai Tedeschi o costrette ad abbandonare il loro paese (displaced persons). Dall'altro, al venir meno dei regimi totalitarî nazi-fascisti - e quindi del problema dei fuorusciti dai rispettivi paesi - faceva riscontro l'affermarsi di regimi nuovi in una buona metà dell'Europa, e quindi una nuova "fonte" di profughi politici. E ciò mentre rimaneva ancora da risolvere, per una buona parte, lo stesso problema di tutti quei profughi ante- e durante-guerra. Inoltre la nuova situazione politica venutasi a determinare dopo l'ultima guerra ha introdotto nel problema un elemento che prima si era fatto sentire in misura relativamente trascurabile e che ha invece assunto ora una posizione di primo piano fra i fattori che incidono nella sua soluzione: e cioè l'interesse e la voce dei paesi di origine dei profughi, che, a ragione o a torto, vedono in ogni attività che abbia per oggetto loro cittadini una violazione attuale o potenziale del diritto esclusivo che ogni stato esercita sui proprî sudditi; questo indipendentemente dal fatto che non sempre i paesi di origine vedono di malavoglia l'esodo di loro cittadini.

Un altro fattore nuovo rispetto all'anteguerra è costituito poi dal fatto che la maggior parte dei profughi - per lo meno dei profughi europei - si trovava raccolta nei paesi sconfitti dalle Nazioni Unite e quindi a carico delle forze di occupazione delle tre maggiori potenze in Germania, in Austria e in Italia. Non nuovo, ma sempre presente era l'altro fattore costituito dagli interessi dei paesi d'immigrazione, meta potenziale di quella notevole parte di profughi destinata al "ristabilimento" fuori d'Europa.

Negli ultimi mesi di guerra e nel periodo fra la capitolazione tedesca e la fine del 1946, il compito dell'assistenza ai profughi ed alle displaced persons è stato espletato da due organismi: l'IGCR e l'UNRRA.

La liquidazione dell'UNRRA, l'aumento del numero dei profughi che rifiutavano il rimpatrio loro offerto e il desiderio dei governi membri dell'IGCR di alleggerirsi almeno in parte della responsabilità e dell'onere finanziario, unitamente al fatto ormai compiuto della costituzione di una nuova organizzazione internazionale generale avente tra i suoi compiti principali il perseguimento di scopi sociali ed umanitarî, hanno portato a concepire l'opportunità di porre il problema dei rifugiati nelle mani di un organismo specializzato del tipo di quelli già costituiti o in via di costituzione per sopperire ad altre funzioni essenziali alla vita ed alla prosperità della comunità internazionale. Si è pensato, non a torto, che soltanto un organismo del genere avrebbe potuto realizzare il compito di ricondurre alla vita normale - in patria o all'estero - il milione e mezzo di rifugiati e di displaced persons - ma soprattutto dei primi - che popolavano i campi di raccolta provvisoriamente gestiti dalle autorità di occupazione, dall'UNRRA e dall'IGCR nei paesi europei occupati.

La necessità di porre su nuove basi il problema dei profughi venne riconosciuta dalla maggioranza delle delegazioni alla prima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il problema, così come si presentava a guerra ultimata, si riassumeva in un totale impressionante. Nonostante la notevole riduzione del numero di displaced persons rimpatriate dalle forze alleate e dall'UNRRA (circa 7.000.000), si calcolava che all'inizio del 1947 il numero dei profughi sarebbe ammontato a circa 2.000.000 di persone, temporaneamente stabilite in Europa - e specialmente in Germania, in Austria e in Italia - nel Medio Oriente, in Africa nell'Estremo Oriente. Esse erano ripartite grosso modo, come segue: 1) 300.000 rifugiati russi anteguerra (cosiddetti profughi Nansen), in Francia, Cina, ‛Irāq, Siria e nelle zone occidentali della Germania e dell'Austria; 2) 150.000 Tedeschi e Austriaci, per la maggior parte ebrei sfuggiti alle persecuzioni naziste, nel Regno Unito, Francia, Svezia, Svizzera, e Cina; 3) un milione e mezzo di displaced persons dissidenti, cioè persone deportate durante la guerra dalle forze dell'Asse o rifugiatesi all'estero, e contrarie al rimpatrio per ragioni politiche o per timore di nuove persecuzioni: fra i quali circa mezzo milione di Polacchi (in Germania, Austria, Italia e nel Medio Oriente); circa 300.000 fra Lituani, Lettoni, Estoni, Ucraini e Iugoslavi (in Germania, Austria, Svezia e anche in Italia, specialmente gli Iugoslavi); 4) nuovi profughi politici dai paesi dell'Europa orientale, fra i quali Ebrei polacchi (Germania, Austria e Italia), e cittadini Iugoslavi e Albanesi dissidenti (Austria e Italia) calcolati in circa 300.000, ma in continuo aumento a causa dei nuovi esodi.

Queste persone - di cui più di un milione si trovavano nella sola Europa - avevano bisogno urgente di assistenza materiale e cioè di essere ricondotte alla vita normale, o in patria, o in un paese diverso. Le difficoltà maggiori si presentavano naturalmente per i profughi decisamente avversi al rimpatrio, e che, non potendo essere costretti a ritornare contro la loro volontà nei paesi di origine, dovevano essere accolti in altri paesi, non sempre desiderosi di dar loro ospitalità. Che il problema si ponesse in questi termini veniva tuttavia contestato - in particolare in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite (1ª parte della 1ª sessione) - dalle delegazioni dei paesi dell'Europa orientale, dei quali si fece portavoce la delegazione iugoslava.

Ciononostante il Consiglio economico e sociale della N. U. veniva invitato dall'Assemblea (1ª parte della 1ª sessione) a studiare il problema e a riferirne alla seconda parte della prima sessione. Il Consiglio passava l'incarico (16 febbraio 1946) a un "Comitato speciale per i rifugiati e le displaced persons", il quale concludeva i suoi lavori (Londra) ai primi di giugno del 1946, raccomandando al Consiglio la creazione di un istituto specializzato da denominarsi International Refugees Organization, del quale sottoponeva lo schema di costituzione, accompagnato da un allegato contenente la definizione delle categorie di persone alle quali il costituendo istituto avrebbe esteso la sua assistenza. Dopo ulteriori elaborazioni in seno al Consiglio economico e sociale (2ª e 3ª sessione) tali proposte, accompagnate dalla costituzione dell'organizzazione venivano portate dinanzi all'Assemblea generale delle Nazioni Unite (seconda parte della 1ª sessione), che l'approvava. Accettato anche dai paesi orientali il principio che il problema dei rifugiati deve essere risolto su base internazionale e che a tale scopo dovesse esser creato un istituto specializzato al quale contribuissero tutti gli stati membri delle Nazioni Unite, ciascuno in proporzione delle sue possibilità, regnava disaccordo sui seguenti punti: a) se l'organizzazione dovesse considerare o meno fra i suoi compiti quello del resettlement ("ristabilimento") in massa dei profughi in paesi stranieri; b) se, in caso affermativo, tale resettlement si sarebbe dovuto considerare come il compito principale dell'organizzazione o se invece quello del rimpatrio avrebbe dovuto esser considerato come la sua funzione primaria; c) se la costituenda organizzazione dovesse o meno occuparsi di tutte quelle persone che, trovandosi fuori del loro paese si rifiutassero, per ragioni politiche, di valersi della protezione del loro governo; d) le categorie da escludere dal novero delle persone meritevoli dell'assistenza. Un altro punto di disaccordo riguardava l'amministrazione dei campi di profughi e le informazioni da fornire alle persone assistite sulle condizioni politiche nei paesi di origine allo scopo di favorirne il ritorno in patria.

A conclusione del dibattito, la costituzione dell'IRO veniva votata dall'Assemblea il 15 dicembre 1946 con 30 voti favorevoli contro i cinque contrarî dei paesi dell'Europa orientale e 18 astensioni.

L'organizzazione internazionale per i rifugiati (IRO) presenta una struttura analoga a quella della maggior parte degli istituti specializzati delle Nazioni Unite, salvo la maggiore accentuazione - imposta dalla natura dei compiti dell'ente - della funzione esecutiva. Gli organi sono: un Consiglio generale, al quale partecipano tutti gli stati membri, ciascuno con un voto, e che si riunisce normalmente due volte all'anno; un Comitato esecutivo, composto di nove stati membri eletti per due anni dal Consiglio generale; e una organizzazione amministrativa - con a capo un direttore generale nominato dal Consiglio su proposta del Comitato esecutivo - alla quale è affidata, sotto il controllo del Comitato esecutivo e del Consiglio generale, l'attuazione dei compiti dell'organizzazione al centro (Ginevra) e nei varî paesi dove l'attività dell'Organizzazione si svolge (paesi di residenza, di destinazione e di origine dei profughi).

I compiti principali dell'organizzazione sono il rimpatrio, il ristabilimento all'estero o nello stesso paese di asilo, e la protezione legale e politica dei profughi; compiti secondarî, strumentali, sono l'identificazione e la registrazione dei profughi, il mantenimento (vitto, alloggio, assistenza, ecc.), il trasporto in patria o nel paese di nuova destinazione. Dato però che ben pochi dei rifugiati con i quali l'IRO ha a che fare - dopo i rimpatrî in massa effettuati dall'UNRRA e dagli Alleati - desiderano ritornare in patria, e che l'Organizzazione oltre ad essere nell'impossibilità giuridica e materiale di farlo è soggetta all'esplicito divieto (art. 1° sez. C dell'Allegato I allo Statuto) di rimpatriare chicchessia con la forza, il compito di gran lunga più importante è in pratica quello del ristabilimento dei rifugiati in altri paesi. Non meno delicata è l'opera che si deve svolgere nei riguardi dei paesi di residenza dei profughi. Il paese dove, a quanto pare, più si è ottenuto in questo senso, è la Francia.

Le persone alle quali l'IRO estende la sua assistenza sono distinte, secondo l'Allegato I allo Statuto dell'Organizzazione (dove si trova l'enumerazione delle categorie assistite) nelle due grandi classi delle displaced persons e dei "rifugiati" propriamente detti. Per quanto riguarda la prima categoria, di cui si è detto sopra, l'assistenza è riservata a quelle persone il cui "spostamento" (displacement) sia stato causato durante la seconda Guerra mondiale dall'azione dei governi nazista e fascista o di qualsiasi altro governo che abbia combattuto accanto ad essi contro le Nazioni Unite. Per quanto riguarda i rifugiati, possono aspirare all'assistenza dell'IRO le seguenti categorie di persone: a) vittime (per ragioni di razza, religione o opinioni politiche) dei regimi nazista e fascista o di qualunque regime simile o che si sia ad essi associato nella guerra contro le Nazioni Unite; b) repubblicani spagnoli o altre vittime del regime falangista spagnolo; c) coloro che erano considerati rifugiati prima della seconda Guerra mondiale (pre-war refugees, profughi Nansen); d) coloro che, trovandosi comunque fuori del loro paese di origine o di residenza abituale, non possano o non vogliano valersi della protezione del governo dello stato di cui sono o erano cittadini, per ragioni (lèggi: mutamenti di regime politico) derivanti da eventi successivi allo scoppio della seconda Guerra mondiale (rifugiati politici); e) certe categorie di ebrei o di stranieri, già residenti in Germania o in Austria, e che si trovino in uno di questi paesi ma siano privi di una sistemazione stabile (la maggior parte dei profughi di religione ebraica rientrano nella categoria a o d); f) minori abbandonati e orfani di guerra. Sono tassativamente esclusi dall'assistenza dell'organizzazione: 1) criminali di guerra, collaboratori e traditori; 2) chiunque abbia assistito volontariamente nelle operazioni militari i nemici delle Nazioni Unite o abbia comunque partecipato alla persecuzione di popolazioni civili; 3) delinquenti comuni soggetti ad estradizione; 4) membri di organizzazioni terrostistiche o di organizzazioni che abbiano fra i loro scopi l'abbattimento violento del governo di un paese membro delle Nazioni Unite; 5) dirigenti di movimenti intesi a dissuadere i profughi dal rimpatrio; 6) le persone in servizio militare o civile di un paese estero; 7) gran parte delle persone di origine etnica tedesca (cittadini tedeschi e membri di minoranze tedesche in Europa). Per quanto riguarda in particolare il resettlement, cioè l'emigrazione in un altro paese, esso viene concesso soltanto a quelle persone che rifiutino di tornare in patria per motivi che, a norma dello statuto, siano ritenuti sufficienti, e precisamente: a) persecuzione sofferta o giustificato timore di nuove persecuzioni per ragioni di razza, religione, nazionalità o opinioni politiche; b) obbiezioni al rimpatrio di natura politica che l'organizzazione consideri giustificate (quali la soppressione delle libertà fondamentali); c) ragioni particolarissime di famiglia. I profughi che rifiutino il rimpatrio loro offerto dall'organizzazione senza giustificato motivo perdono il titolo all'assistenza.

L'Organizzazione per i rifugiati è entrata in funzione come Commissione preparatoria (PCIRO) - in attesa del completamento del numero di quindici ratifiche richiesto per l'entrata in vigore dello statuto - il 1° luglio 1947, facendo proprie tutte le funzioni sin'allora svolte a favore dei profughi dall'UNRRA e dall'IGCR. Essa ha assunto durante il primo anno di attività il mantenimento di circa 740.000 individui raccolti nei campi di Germania (508.000), Austria (37.000), Italia (25.000), nel Medio ed Estremo Oriente (29.000) e 141.000 in altri paesi; nonché la protezione degli interessi di 900.000 altri rifugiati viventi per proprio conto, in parte nelle zone occupate della Germania e dell'Austria, in parte, fra cui circa 550.000 profughi anteguerra, nei paesi dell'Europa occidentale. Nonostante notevoli difficoltà finanziarie, derivanti dal ritardo delle ratifiche e del versamento dei contributi (soltanto 119 milioni di dollari, dei 155 previsti dal bilancio del primo anno, sono stati versati dagli stati membri), alla fine di giugno 1948 ben 256.000 persone del primo gruppo erano state trasferite definitivamente in altri paesi o - in minima parte - erano state rimpatriate, riducendo così a 598.000 il numero dei beneficiarî dell'assistenza e del mantenimento in campo. Il 20 agosto 1948, in seguito al completamento del numero prescritto di ratifiche (quindici) entrava in funzione l'organizzazione vera e propria (IRO). Alla fine dell'estate i paesi ratificanti erano sedici: Australia, Belgio, Canada, Cina, Danimarca, Repubblica dominicana, Francia, Guatemala, Islanda, Lussemburgo, Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Gran Bretagna, Stati Uniti e Venezuela; si attendevano ancora le ratifiche degli altri 8 stati che avevano sottoscritto lo statuto: Argentina, Bolivia, Brasile, Honduras, Liberia, Panama, Perù, Filippine. L'Italia è stata ammessa a far parte dell'organizzazione il 24 settembre 1948, con deliberazione unanime del Consiglio generale.

Secondo i calcoli degli organi direttivi dell'organizzazione e il desiderio degli stati membri l'IRO dovrà portare a termine il suo compito nel 1950. Nei due anni della sua esistenza successivi al primo - per ciascuno dei quali è previsto un bilancio di circa 155 milioni di dollari, - l'IRO sarà in grado di effettuare l'emigrazione o il rimpatrio di 825.000 persone circa. Tali prospettive più favorevoli sono principalmente dovute, oltre che al miglioramento verificatosi nella situazione finanziaria dell'organizzazione per effetto delle nuove ratifiche e adesioni, alla migliore disposizione dei governi dei paesi di immigrazione ad accogliere un maggior numero di profughi. I paesi di afflusso, in ordine decrescente di capacità e disposizione all'assorbimento ed oltre all'Europa occidentale (Belgio, Francia, Gran Bretagna, Lussemburgo, Olanda), che assorbirà circa 60.000 persone, saranno: gli Stati Uniti, che accoglieranno per il primo anno circa 75.000 individui (Displaced persons act del 25 giugno 1948), il Canada (60.000), la Palestina (50.000), l'Argentina (30.000), l'Australia (20.000), il Brasile (15.000), il Venezuela (10.000), la Colombia (10.000), e per cifre minori il Guatemala, il Chile, il Perù, il Paraguay, l'Africa Settentrionale e la Nuova Zelanda.

Bibl.: I. Hope Simpson, The Refugees Problem, Report of a Survey, Oxford 1939; A. Balazs, Die Flüchtlingsfrage, in Friedens-Warte, 1946, n. 3, pp. 135-43; F. Beswick, Rescue for Refugees, in Spectator, 7 marzo 1946; Britain and the Refugees, in The Economist, 28 dicembre 1946; G. M. Ubertazzi, Il problema dei profughi in Europa, in Relazioni internazionali, 8 febbraio 1947; A. Johnson, Places for Displaced Persons, in Yale Review, 1947, pp. 394-404; W. Schmolkova, Hilfe für die Displaced Persons, in Friedens-Warte, 1947, n. 3, pp. 138-44; P. M. Malin, The Refugee, A problem for International Organization, in International Organization, settembre 1947, pp. 443-59; Refugees without refuge, in The Economist, gennaio 1948; Risolvere il problema dei profughi, in Relazioni internazionali, 10 gennaio 1948; J. M. Sage, The future of displaced persons in Europe, in Department of State Bulletin, luglio 1947, pp. 86-95; F. Maclean, Refugees, The answer, in Observer, 29 febbraio 1948; A. Rucker, The work of the International Refugees Organization, in International Affairs, XXV, n. 1, gennaio 1949, pp. 66-73.

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