ROBERTO d'Oderisio

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1999)

ROBERTO d'Oderisio

M. Becchis

Pittore napoletano attivo in Italia meridionale nel 14° secolo.L'unico documento riferibile al pittore è una disposizione del 1382 di Carlo III di Durazzo (1382-1386) che stabilisce l'entrata a corte di R. in qualità di protopittore e di famiglio del re con uno stipendio di trenta once l'anno (Barone, 1887). Relativamente alla sua origine, egli stesso si definisce napoletano nella sua unica opera firmata, la Crocifissione per la chiesa di S. Francesco a Eboli (Salerno, Mus. Diocesano). L'unica data certa che riguarda il pittore, il 1382, lascia presupporre che una nomina di così alto rango sancisca una consolidata autorità maturata in un mestiere intrapreso già da tempo e non piuttosto un riconoscimento per una promettente carriera da poco avviatasi, come pure è stato ipotizzato (Morisani, 1947).Poiché le coordinate documentarie e geografiche sono così lacunose, la figura di R. è recuperabile solo attraverso le ricostruzioni critiche; tuttavia le diverse letture del documento citato e la complessa storia del luogo dove il pittore compì la sua opera maggiore, la chiesa di S. Maria Incoronata a Napoli, hanno comportato un lungo periodo di incertezze cronologiche e stilistiche intorno alla sua figura. La prima breve indicazione critica fu quella di Cavalcaselle (Crowe, Cavalcaselle, 1875), a proposito della Crocifissione di Eboli, volta a identificare l'ambito di formazione del pittore, collocandolo tra i seguaci napoletani di Giotto. In seguito Berenson (1900; 1923; 1930) attenuò la componente giottesca nella pittura di R., rilevando anche influenze cavalliniane e martiniane.La prima ricostruzione della figura e del catalogo dell'artista è stata compiuta da Bologna (1955; 1969) ed è tuttora in ampia parte accettata dalla critica. Muovendo dall'esame delle opere e dalla valutazione della onorificenza concessa da Carlo III, intesa come il riconoscimento a una lunga carriera, è possibile collocare la formazione di R. intorno al 1329-1334, anni in cui Giotto e soprattutto alcuni suoi allievi, tra cui Maso di Banco, erano presenti a Napoli. Infatti, in base alle descrizioni delle fonti e ai pochi lacerti rimasti, è proprio dal cantiere per la decorazione di Castelnuovo, dove Maso ebbe un ruolo di rilievo, che R. sembra aver tratto molti elementi della sua pittura: in particolare la forte attenzione alla definizione spaziale resa attraverso la stesura di veri e propri piani di luce su cui far risaltare nettamente le figure.A questo primo periodo sono riconducibili: il polittico commissionato da Antonio Coppola per la cappella nel duomo di Scala con la Dormitio e Coronatio Virginis tra santi (Bergamo, coll. privata); il frammento con la Coronatio già Mazzoleni (Milano, coll. privata); l'affresco con la Crocifissione nel duomo di Amalfi e la lunetta, con il medesimo soggetto, conservata a Napoli (Mus. e Gall. Naz. di Capodimonte). Le prime due fra queste opere sembrano potersi ritenere debitrici anche nell'iconografia del perduto polittico, dedicato all'Assunzione, che Giotto e la sua bottega dipinsero per la cappella palatina di Castelnuovo intorno al 1330-1331. Di poco posteriore a questo gruppo può essere la Presentazione della Vergine al Tempio (Bordeaux, Coll. Marcadé), in cui l'aggiornamento sulla pittura masiana secondo gli sviluppi fiorentini della cappella Bardi di Vernio in Santa Croce, in particolare nelle definizioni spaziali e architettoniche, ha fatto ipotizzare un viaggio di R. a Firenze (Bologna, 1969).Entro queste ricerche pittoriche, negli anni compresi fra il 1340 e il 1343, R. iniziò la prima parte della decorazione di S. Maria Incoronata a Napoli. Le differenze stilistiche tra gli affreschi delle pareti e quelli sulla volta - oggi staccati - sono motivate dall'intervallo cronologico tra i due cicli. Il primo sulle pareti fu eseguito quando l'edificio era ancora adibito ad aula di tribunale e infatti rappresenta scene bibliche di giustizia resa o ricevuta. A questo periodo viene ricondotta anche la Madonna dell'Umiltà in S. Domenico a Napoli (Leone de Castris, 1986).Allo scoppio della crisi avviata dall'assassinio di Andrea d'Ungheria anche R. dovette interrompere la sua attività; l'operato del pittore è nuovamente individuabile nel secondo ciclo di S. Maria Incoronata, costituito dai Sacramenti sulle vele, eseguiti forse su commissione della regina Giovanna I quando l'edificio fu trasformato in chiesa (1352-1354). In quest'opera la cultura giottesca di R. appare permeata di novità di tipo provenzale-avignonese, forse direttamente apprese alla corte papale (Bologna, 1969). Tali novità, costituite dal raffinato naturalismo e dalle preziosità cromatico-compositive, emergono anche più nettamente nel Cristo in pietà con i simboli della Passione (Cambridge, MA, Harvard Univ. Art Mus., Fogg Art Mus.), da Berenson (1930) ascritto a R. e da Bologna (1969) ipoteticamente individuato come parte del polittico per l'altare maggiore di S. Maria Incoronata, nel dittico con il Cristo morto e la Vergine (Londra, Nat. Gall.) e nel S. Giovanni Evangelista e la Maddalena (New York, Metropolitan Mus. of Art, Robert Lehman Coll.). Opere più tarde, ma sempre connotate dalla fusione delle culture pittoriche giottesche e avignonesi, sono la Pietà di Trapani (Mus. Regionale Pepoli) e la tavola nella chiesa napoletana di S. Maria della Pietà, detta Pietatella a Carbonara, con il medesimo soggetto, le quali tuttavia mostrano un riavvicinarsi ai modi più spiccatamente fiorentini.

Bibl.: G. Angelluzzi, Lettere due sulla Chiesa dell'Incoronata e sulla sepoltura di Giovanna I, Napoli 1846; J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, Storia della pittura in Italia dal secolo II al secolo XVI, I, Firenze 1875, p. 564; N. Barone, Notizie storiche tratte dai registri di cancelleria di Carlo III di Durazzo, Archivio storico per le provincie napoletane 12, 1887, pp. 8-9; G. Filangieri, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle provincie napoletane, VI, Napoli 1891; B. Berenson, Roberto Oderisi und die Incoronata-Fresken, RKw 23, 1900, pp. 448-450; W. Rolfs, Geschichte der Malerei Neapels, Leipzig 1910, p. 62; B. Berenson, Una tavola di Roberto Oderisi, NN, n.s., 3, 1923, pp. 157-159; V. Lazarev, A New Panel by Roberto Oderisi, BurlM 51, 1927, 1, pp. 128-133; B. Berenson, A Panel by Roberto Oderisi, in Studies in Medieval Art, New Haven 1930, pp. 75-81; A.C. Quintavalle, Un dipinto giovanile di Roberto d'Odorisio, BArte, s. III, 26, 1932-1933, pp. 230-236; O. Morisani, Pittura del Trecento in Napoli, Napoli 1947, pp. 76-88; Toesca, Trecento, 1951, p. 690; F. Bologna, in Opere d'arte nel Salernitano dal XII al XVIII secolo, cat., Napoli 1955, pp. 28-34; O. Morisani, An Altar Panel by Roberto di Oderisio, ArtQ 19, 1957, pp. 156-162; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, III, 1, Central Italian and North Italian Schools, London 1968, p. 364; R. Oertel, Early Italian Painting to 1400, London 1968, p. 318; F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli 1266-1414, Roma 1969, pp. 262-282; A. Fittipaldi, L'età angioina: le arti visive, in Campania, Milano 1978, pp. 220-253: 242-243; P. Leone de Castris, Arte di corte nella Napoli angioina, Firenze 1986, pp. 374-407.M. Becchis

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