GHIGLIANOVICH, Roberto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GHIGLIANOVICH, Roberto

Rita Tolomeo

Nacque a Zara il 17 luglio 1863 da Giacomo, avvocato e deputato alla Dieta provinciale di Dalmazia per il partito autonomista dalmata, e da Luisa Africh.

Cresciuto in un ambiente familiare liberale e tollerante, mostrò fin da giovane notevole esuberanza intellettuale che lo spinse a coltivare, accanto agli studi, molteplici interessi letterari e a seguire con attenzione, grazie anche alla frequentazione di quelli che erano allora tra i suoi amici più cari, il croato P. Klaič e il serbo D. Baljak, il risveglio culturale degli Slavi meridionali, al punto da voler apprendere anche la lingua serba.

Nel 1880, iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza, seguì i corsi di studio tra Graz e Vienna, dove si trasferì e dove poté immergersi nello stimolante ambiente culturale della capitale asburgica. Proprio in quegli anni, attraverso il contatto con altri giovani italiani, provenienti dalla Dalmazia e dalle province irredente, andò maturando la consapevolezza della propria appartenenza nazionale. Questa presa di coscienza lo spinse, una volta ritornato a Zara ed entrato a far parte dello studio paterno, ad affiancare all'attività di penalista un sempre crescente impegno politico.

Sono questi gli anni che vedono contrapporsi, in Dalmazia, il partito nazionale - favorevole all'unione della provincia alla Croazia e Slavonia in un'unica entità politico-amministrativa - al partito autonomista, sostenitore, invece, di una Dalmazia autonoma all'interno della cornice asburgica.

L'ingresso sulla scena politica del G. quale segretario di L. Lapenna - già capo degli autonomisti negli anni Sessanta e quindi consigliere aulico alla Suprema Corte di giustizia a Vienna - coincise con una fase di rinascita dell'autonomismo dalmata, dopo la lunga crisi intercorsa tra il 1870 e il 1882.

Il G. lo affiancò nell'opera di riorganizzazione del partito, il quale andava ormai perdendo il suo carattere interetnico, fondato sull'idea di una specificità dalmata, per diventare espressione dei Dalmati italiani la cui attenzione andava piuttosto al neocostituito Stato italiano. Egli stese, quindi, il programma elettorale autonomista per le elezioni del 1885 - che vedevano quale candidato del partito proprio il Lapenna - in prospettiva di un'alleanza con i Serbi di Dalmazia, solo mezzo per arginare in qualche modo il movimento croato e riuscire ad avere voce nel Parlamento di Vienna.

Come segretario del comitato elettorale, insieme con E. Fenzi e il Baljak, fu l'anima di una vivace campagna che toccò i maggiori centri dalmati. Le elezioni, svoltesi in un clima di intimidazioni e brogli - denunciati dal G. su Il Dalmata - videro la sconfitta del Lapenna, ma favorirono una ricompattazione del partito intorno alle forze emergenti. Negli anni Novanta il G. collaborò attivamente con N. Trigari, podestà di Zara e capo dell'autonomismo in Dalmazia, ma ormai in lui andava confermandosi la convinzione che il lealismo asburgico, cui erano ancora fedeli i capi storici dell'autonomismo, dovesse avere una funzione esclusivamente strumentale, finalizzata alla necessità di salvaguardare un minimo spazio politico e culturale per i Dalmato-italiani.

Era, inoltre, convinto che si dovesse uscire dai ristretti limiti di un'azione politica attenta solo ai particolarismi locali e incentrata su Zara per dare vita a un partito di più vasto respiro, in grado di riunire tutte le personalità di spicco tra gli Italiani di Dalmazia. Altrettanto importante era poi stabilire una rete di rapporti con il governo di Roma e con il partito liberal-nazionale italiano delle terre giuliane. Particolarmente significativo, poi, e ad ampio raggio, il suo programma di valorizzazione della cultura italiana: fiduciario della Dante Alighieri, il G. patrocinò l'istituzione a Zara della Pro Patria, pronunciandone il discorso inaugurale; quando questa venne sciolta, con un decreto austriaco del 1890, istituì la Lega nazionale, di cui fu il primo presidente. Nel 1899, dopo la nascita della Società politica dalmata, che portò a Zara, fondò insieme con l'avvocato L. Ziliotto La Rivista dalmatica, diretta dallo storico e filologo V. Brunelli; con Ziliotto ed E. Salvi, diede poi vita anche all'Associazione politica tra gli studenti della Dalmazia, che volle collegata con quella degli studenti triestini. Inoltre, promosse e mantenne vivi gli scambi culturali con la penisola, organizzando incontri e conferenze con uomini di cultura e giornalisti italiani, tra cui N. Colajanni, L. Barzini, E. Corradini e V. Gayda.

Il contrasto di opinioni tra il G. e Trigari, in cui era fortemente radicato il lealismo asburgico ed era netto il rifiuto di ogni programma irredentista, condusse alla sostituzione, nel 1900, dell'ormai anziano capo dell'autonomismo alla carica di podestà di Zara, ricoperta per 25 anni, con il più giovane Ziliotto.

La successione era stata organizzata dal G. il quale, sebbene di fatto capo politico del partito, preferì riservare a sé la carica di deputato alla Dieta, per meglio svolgere la propria attività e mantenere i contatti con i diversi esponenti degli Italiani della sua provincia e con gli ambienti politici del Regno, assumendo, almeno ufficialmente, un atteggiamento leale verso gli Asburgo. Vienna, d'altra parte, mandava segnali di cauta benevolenza agli Italiani di Dalmazia nella speranza di trarre profitto dallo scontro tra gli opposti antagonismi nazionali.

I rapporti da lui stabiliti con il mondo politico italiano e con gli ambienti liberal-nazionali giuliani permisero al G. di ottenere gli aiuti e i finanziamenti necessari a imprimere maggiore combattività all'azione dei circoli dalmati.

Proficuo in tal senso fu il rapporto instaurato con F. Venezian, leader dei liberali italiani di Trieste e dell'Istria, e con il deputato pesarese E. Mancini, i quali lo posero in contatto con personalità della politica e dell'economia quali D. Sanminiatelli, E. Nathan e B. Stringher, esponenti di primo piano della Dante Alighieri e sensibili alla situazione dei dalmati italiani.

In Dalmazia, intanto, andava stabilendo legami con i rappresentanti consolari italiani e, sul piano della politica interna, rese più stretta la collaborazione con l'elemento serbo. Lavorando sempre all'ombra di un lealismo di facciata nei confronti dell'imperial-regio governo, egli si richiamò alle norme della legislazione austriaca riguardanti le minoranze, nel tentativo di garantire ai partiti che ne erano espressione parità di trattamento e, quindi, di salvaguardare, contro il processo di discriminazione posto in atto da parte delle amministrazioni municipali in mano croata, l'uso della lingua italiana nell'istruzione e nell'amministrazione pubblica. Data la decisa opposizione dell'elemento slavo, il successo della sua azione per il mantenimento di scuole e istituzioni italiane fu reso possibile solo dai finanziamenti che giungevano dalla Dante Alighieri e che, a partire dal 1898, divennero sempre più cospicui, come documentano le relazioni finanziarie del Ghiglianovich.

A sua volta questi faceva giungere ai vertici della Dante Alighieri e agli ambienti della Consulta, con cui era in contatto diretto, memoriali e relazioni inerenti alle delicate questioni balcaniche a lui ben note, in particolare sull'Albania, ancora ottomana ma oggetto in quegli anni di interesse da parte sia austriaca sia italiana. Nel 1898 si rivolse al governo italiano richiedendo un intervento presso Nicola I principe del Montenegro, la cui figlia Elena aveva sposato il principe ereditario Vittorio Emanuele, affinché esercitasse tutta la sua autorità morale sui Serbi di Dalmazia dissuadendoli dall'allearsi con il partito nazionale croato.

Con l'entrata in guerra dell'Italia la scelta irredentista divenne inevitabile per il G. che, su suggerimento degli stessi ambienti autonomisti zaratini, decise di passare la frontiera austriaca e stabilirsi a Roma. Offertosi volontario, fu nominato, su proposta di P. Thaon de Revel, tenente di complemento dell'81° fanteria e, dall'ottobre 1915, messo a disposizione dell'Ufficio di stato maggiore della Marina, interessata a valersi delle sue conoscenze di luoghi e problemi dalmati.

Già sul finire del 1914 aveva indicato, in una lettera al ministro degli Esteri S. Sonnino, i limiti territoriali della costa dalmata da annettersi che, a suo avviso, dovevano estendersi verso Sud fino alla Narenta, in modo da comprendere tutti i centri in cui era ancora presente una significativa componente italiana autoctona e, al contempo, garantire la sicurezza strategica e militare del Regno. Il patto di Londra del 26 apr. 1915 ridimensionava il programma politico-territoriale sostenuto dal G. e da altri fuorusciti giuliani e dalmati, prevedendo per l'Italia il possesso di una parte della Dalmazia veneta con le città di Zara, Sebenico, e i rispettivi retroterra, e molte delle isole antistanti, ma non Fiume, Spalato e Traù.

Gli ambienti politici italiani, perciò, e gli stessi vertici della Dante Alighieri guardavano con favore all'intensa opera di propaganda organizzata dal G., insieme con A. Cippico e A. Dudan, e orientata a diffondere, anche a livello divulgativo, la storia e la civiltà latina e veneta della Dalmazia.

Sempre grazie agli aiuti della Dante Alighieri il G. riuscì a far pubblicare numerosi scritti attestanti l'italianità della Dalmazia e sostenne l'attività sia pubblicistica sia politica di molti fuorusciti. Videro così la luce i due tomi di Dudan su La monarchia degli Asburgo (Roma 1915) e venne commissionata ad A. Tamaro la preparazione dell'opera in tre volumi La Vénétie Julienne et la Dalmatie. Histoire de la nation italienne sur ses frontières orientales (ibid. 1918-19).

A Roma, intanto, lo raggiunse la notizia della perquisizione effettuata in casa sua nel maggio 1916, che aveva portato alla scoperta di documenti attestanti i rapporti avuti in passato con A. Paternò Castello marchese di San Giuliano, S. Sonnino, S. Barzilai e la dirigenza della Dante Alighieri. In seguito a tale ritrovamento era stato processato a Zara per alto tradimento e condannato in contumacia, gran parte dei suoi amici erano stati inviati al confino e sua madre sottoposta a stretta sorveglianza. A partire dal 1917, l'apertura in Italia del dibattito sulle nazionalità, e in particolare sulla questione dalmata, rese ancora più intensa la sua attività, come testimoniano sia le memorie sulla emergente questione jugoslava e la Dalmazia, preparate per il ministero della Marina e per la Dante Alighieri, sia la fitta corrispondenza e le annotazioni su incontri e conversazioni avuti per sostenere le ragioni degli Italiani di Dalmazia.

Il G. non nascose mai le sue perplessità circa una possibile intesa dell'Italia con Serbi e Croati, dal momento che gli interessi dell'una andavano a coincidere con le richieste territoriali degli altri. Non nascondeva neppure il suo scetticismo riguardo all'esistenza di una nazione slavomeridionale e alle possibilità di sopravvivenza di uno Stato jugoslavo, nato dall'unione di Serbi, Croati e Sloveni, la cui costituzione andava vista come un'iniziativa strumentale e contingente, destinata ben presto a confrontarsi con gli obiettivi totalmente divergenti delle tre componenti etniche: desiderosi gli uni, i Serbi, di dar vita a una Grande Serbia, gli altri a una formazione statale all'interno della Duplice Monarchia o, in caso di sconfitta degli Imperi centrali, a una confederazione jugoslava in cui fosse rilevante il loro peso politico e in cui dominante era l'ostilità verso l'Italia. La massiccia propaganda che Serbi e Croati andavano svolgendo in Francia, Inghilterra e negli Stati Uniti, e che aveva ripercussioni anche in Italia dove determinava l'ostilità di alcuni politici verso qualsiasi forma di propaganda sui fondamenti storici delle rivendicazioni italiane, faceva intuire al G. che si era ormai alla fine di un'epoca e che questo avrebbe determinato la distruzione dei territori etnicamente misti.

Pur disperando delle sorti della Dalmazia, egli profuse tutte le sue energie e il suo patrimonio nello sforzo di raggiungere l'obiettivo dell'annessione di Zara e della costa dalmata all'Italia. Accettò, pertanto, di buon grado il compito di recarsi a Londra, nel settembre-ottobre 1918, con F. Bennati e G. Pitacco, per conto dell'Associazione politica degli Italiani irredenti, sorta a Roma nell'aprile di quello stesso anno, onde portare all'attenzione degli uomini politici e dei pubblicisti inglesi la questione dalmata.

Con la fine della guerra il G. poté fare ritorno a Zara, accolto trionfalmente dai suoi concittadini che, nel discorso di ringraziamento, esortò a "combattere ancora uniti e concordi perché bisognava vincere la pace". Nel marzo 1919, quindi, insieme con Pitacco, compì un viaggio negli Stati Uniti allo scopo di propagandare anche Oltreoceano la causa della Dalmazia. Le difficili trattative al tavolo della pace di Parigi, che il G. aveva seguito fin dai primi giorni, lo convinsero ad abbreviare la permanenza in America. Nei mesi successivi soggiornò prevalentemente a Parigi dove, prendendo atto delle reali difficoltà di trovare una soluzione soddisfacente alla questione dalmata, appoggiò la linea di Sonnino, mirante a rivendicare all'Italia solo la parte della Dalmazia prevista dal trattato di Londra. La formazione del governo Nitti-Tittoni, alla fine del giugno 1919, fu vista dal G. come un ulteriore colpo alle speranze delle comunità italiane d'oltre Adriatico.

La linea di condotta da lui prescelta, che cercava realisticamente di conciliare gli interessi dell'Italia con quelli della sua Zara, non poteva essere accettata da quanti rappresentavano le comunità italiane sacrificate; di qui le spaccature che si verificarono all'interno del partito italiano di Dalmazia nel corso del 1919-20 - derivanti da contrasti personali, oltre che da tradizionali rivalità municipalistiche -, le quali indebolirono irrimediabilmente il fronte dei fuorusciti. Così, mentre la stessa annessione di Zara veniva messa in forse, i rappresentanti delle comunità degli Italiani di Spalato, Sebenico e delle isole, non volendo passare sotto il dominio jugoslavo, si facevano promotori di un progetto per uno Stato libero di Dalmazia da porre sotto la tutela della Società delle Nazioni.

Il G., come altri esponenti dell'irredentismo zaratino, si dichiarò contrario a tale ipotesi che avrebbe avuto breve vita: l'esistenza, all'interno di una simile formazione statale, di una maggioranza croata avrebbe portato, in pochi anni, all'unione della Dalmazia al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, mentre, viceversa, l'annessione all'Italia almeno di Zara avrebbe garantito la salvaguardia della cultura e la diffusione dell'influenza italiane nella regione. Nei mesi successivi le discussioni al tavolo della pace concernenti il futuro della Dalmazia divennero ancora più complesse, per il collegamento creatosi tra la concessione di un prestito da parte degli Stati Uniti e le "pendenze politiche" dell'Italia, determinando nel G. la convinzione che, se da parte italiana si fosse continuato a insistere sull'annessione di Fiume, la Dalmazia sarebbe stata definitivamente persa.

In questa chiave, l'impresa di D'Annunzio a Fiume fu ritenuta dal G. molto pericolosa per i destini dalmati; egli si mostrò critico anche nei confronti dei progetti dannunziani di spedizioni militari in Dalmazia, che considerava avventati e dall'esito quanto mai incerto, ma con sicure ripercussioni negative sui rapporti dell'Italia con gli Alleati.

Da uomo realista e pragmatico continuò a sostenere la necessità di abbandonare i progetti utopistici e di portare, invece, al tavolo della conferenza due proposte concrete riguardanti la situazione di Zara: una prevedeva l'annessione all'Italia della città con l'intero capitanato distrettuale (e quindi anche l'isola di Arbe), il che avrebbe garantito alla ex capitale della provincia la sopravvivenza economica e all'Italia una buona base navale; l'altra la creazione di uno Stato libero di Zara, con un retroterra ridotto ai comuni censuari di Borgo Erizzo, Cerno, Murvizza, Boccagnazzo, Diclo, Kozino e Peterciane, legati territorialmente l'uno all'altro e formanti l'allora Comune politico della città. Solo una soluzione territoriale così ridotta poteva garantire che le elezioni a suffragio universale per la Dieta o Consiglio direttivo, se tenute in data non troppo prossima, avrebbero dato la maggioranza all'elemento italiano.

Per meglio sostenere l'ipotesi dell'annessione, il G. continuò a impegnarsi in una frenetica azione di propaganda che logorò la sua non forte costituzione fisica e ne abbatté il morale. La firma del trattato di Rapallo, poi, rappresentò la fine delle aspirazioni dalmate e, sebbene Zara fosse assegnata all'Italia, costituì una sconfitta anche per il G. di cui, sostanzialmente, non accoglieva i suggerimenti. Non a caso egli fu tra i firmatari della lettera di protesta redatta dallo spalatino E. Salvi il 13 nov. 1920 e, una volta nominato senatore (15 nov. 1920), in sede di discussione parlamentare votò contro la ratifica del trattato.

Un ulteriore peggioramento delle condizioni di salute lo costrinse, poco dopo, ad abbandonare la vita politica per ritirarsi nella sua Zara.

Si spense a Gorizia il 2 sett. 1930.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Carte Sonnino - de Morsier, b. 1; Ibid., Bibl. del Senato, Carte Ghiglianovich; O. Randi, Il senatore R. Ghiglianovich. Profilo aneddotico, in Rivista dalmatica, XII (1930), 1, pp. 3-27; Id., L'opera politica del sen. R. G., ibid., XVI (1935), 4, pp. 41-55; Id., Il sen. R. G., ibid., XXXIV (1963), 3, pp. 15-26; Id., Il sen. R. Ghiglianovich. Mezzo secolo di storia dalmata, ibid., XXXVI (1965), 1, pp. 55-63; 2, pp. 51-58; 3, pp. 31-39; 4, pp. 33-48; XXXVII (1966), 1, pp. 71-80; 2, pp. 79-84; 3, pp. 71-77; XXXVIII (1967), 1, pp. 39-49; 2, pp. 51-72; 3, pp. 35-51; 4, pp. 67-79; XXXIX (1968), 1, pp. 73-80; R. Montini, Lettere inedite di F. Venezian e di R. G. sulla difesa dell'italianità giuliana e dalmata, in Rass. stor. del Risorgimento, XXXVIII (1951), 3-4, pp. 509-522; R. Monteleone, La politica dei fuoriusciti irredenti nella Guerra Mondiale, Udine 1972, ad indicem; D. Salghetti Drioli, R. G., in Istria e Dalmazia. Uomini e tempi, II, a cura di F. Semi - V. Tacconi, Udine 1991, pp. 492-496; L. Monzali, Un contributo alla storia degli Italiani di Dalmazia. Le carte Ghiglianovich, in Rivista dalmatica, LXVIII (1997), pp. 192-215; Id., La Dalmazia e la questione jugoslava negli scritti di R. G. durante la prima guerra mondiale, in Clio, XXIV (1998), 3, pp. 429-441.

CATEGORIE
TAG

Amministrazione pubblica

Prima guerra mondiale

Società delle nazioni

Impresa di d'annunzio

Dante alighieri