MICHELS, Roberto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 74 (2010)

MICHELS, Roberto.

Corrado Malandrino

– Nacque a Colonia il 9 genn. 1876 da Julius e Anna Schnitzler, i quali ebbero anche una figlia di nome Ella.

La famiglia Michels apparteneva alla cerchia alto borghese di imprenditori tessili di Colonia, con parentele internazionali, e faceva parte del patriziato politico cattolico renano. Il nonno paterno Peter, importante industriale e uomo politico, aveva sposato Constance van Halen, discendente di don Juan van Halen de Perecampos, generale e uomo politico spagnolo che ebbe un ruolo anche nella storia del Belgio nella prima metà dell’Ottocento. La famiglia materna, di confessione protestante e di tradizioni bancarie e industriali, aveva ascendenze francesi e ugonotte attraverso la nonna del M., Clara Schmidt. Il nonno materno, Robert, dopo aver ricoperto la carica di sottoprefetto di Colonia abbandonò la carriera politica per consacrarsi alla musica, fondando il conservatorio di Colonia ed entrando in amicizia coi maggiori compositori dell’epoca, da Ch. Gounod a J. Brahms a G. Verdi.

Il padre Julius diede inopinatamente al figlio il nome del nonno materno e fece altre scelte che si distaccarono dalla tradizione familiare, dedicandosi soprattutto all’attività bancaria e assicurativa in Prussia, prendendo una moglie di confessione protestante e optando per una fede politica filoprussiana contrastante con l’approccio tradizionalmente cattolico e austriacante dei Michels.

Trasferito in tenera età lontano dalla città natale, il M. fu istruito dalla madre in casa fino all’età ginnasiale, per frequentare poi, dal 1885, il Collège royal français di Berlino, dal quale mutuò una predilezione per la storia e la cultura francesi del XVII e XVIII secolo. Fu iscritto quindi al Gymnasium Grossherzog Karl Friedrich di Eisenach, dove conseguì la maturità nel 1894. Subito dopo si arruolò (1895) nel reggimento «Grossherzog von Sachsen» di stanza a Weimar e a Jena. Frequentò per qualche tempo anche la scuola di guerra di Hannover.

Si trattò nel complesso di un’esperienza infelice, dalla quale il M. uscì nel 1896 con posizioni anticonformiste e antiautoritarie, disgustato per sua stessa ammissione dai maltrattamenti ai soldati e per le usanze inumane regolanti il codice di vita militare.

In vari scritti il M. fece trasparire la propria appassionata avversione non solo politica e culturale, ma anche psicologica, contro le istituzioni e la disciplina militari prussiane, baluardo invincibile a suo avviso del potere degli Hohenzollern e dell’arretratezza istituzionale della Germania guglielmina.

Deciso a perseguire la carriera universitaria, dopo aver frequentato corsi in diverse sedi (in particolare alla Sorbona di Parigi, a Monaco, a Lipsia e infine a Halle), venendo in contatto con maestri come L. Brentano, K. Lamprecht, G. Droysen e J. Conrad, il M. conseguì nel 1900 il dottorato in filosofia, storia ed economia politica presso l’Università di Halle, discutendo una tesi sull’invasione, nel 1672, di Luigi XIV in Olanda. Nello stesso anno sposò, sempre a Halle, Gisella Lindner, figlia di Theodor, professore in quell’ateneo e fra i maggiori storici coevi. Dal matrimonio nacquero cinque figli.

Gisella, oltre che fedele e appassionata compagna, fu per il M. indispensabile collaboratrice scientifica; attivista socialista, sindacale e femminista a Marburg e a Torino, fu autrice di ricerche originali sulla disoccupazione e sul movimento cooperativo e municipalista tedesco e italiano.

Fra queste si rammentino: Geschichte der modernen Gemeindebetriebe in Italien (Berlin 1909); Das Problem der Arbeitslosigkeit und ihre Bekämpfung durch die deutschen freien Gewerkschaften (con il M., Tübingen 1910); Die italienische Mutterschaftsversicherung und ihre Bedeutung (ibid. 1914).

Stando al carteggio col suocero, dopo un lungo soggiorno torinese tra il 1900 e il 1901 – durante il quale il M. prese contatto con il laboratorio di economia politica fondato da S. Cognetti de Martiis e proseguì le ricerche finalizzate alla abilitation (passaggio imprescindibile per la carriera accademica in Germania) sulla Francia di Luigi XIV e sulle relazioni diplomatiche e militari tra le corti di Berlino e Torino alla fine del XVII secolo –, la coppia rientrò in Germania, stabilendo la propria residenza a Marburgo, la cui Philipps-Universität era ritenuta da Lindner di orientamento più liberale per l’esistenza dell’indirizzo di studi storico-politici e filosofici di H. Cohen e P. Natorp. Tuttavia, contrariamente alle aspettative, il soggiorno a Marburgo protrattosi dal 1901 al 1907 – inframmezzato da molti viaggi a Torino durante i quali il M. consolidò i suoi rapporti con L. Einaudi, A. Loria, G. Mosca, collaborando a riviste di avanguardia come La Riforma sociale – servì soprattutto ad avvicinare Gisella e il M. alle posizioni socialiste.

Iscrittosi al Partito socialista italiano (PSI) già nel 1901, a riprova di un impegno militante sempre più forte sia in Germania sia in Italia, il M. fu delegato al congresso socialdemocratico tedesco di Dresda del 1903 e rappresentò la Sozialdemokratische Partei Deutschlands (SPD) al congresso nazionale socialista italiano di Bologna nel 1904. Di conseguenza si allontanò definitivamente per il M., nella Germania in cui vigeva dal 1898 una legge discriminatoria nei confronti dei socialdemocratici, ogni prospettiva accademica.

La sensibilizzazione alla cultura anticonformista, femminista e alla questione sociale (e attraverso questa agli studi sociologici) si fece strada pertanto nel M. a far tempo dai primi anni del nuovo secolo e fu anche causa della rottura dei rapporti col padre Julius, conservatore irremovibile che lo privò di ogni aiuto economico.

Il M. militò con accesa passione, fra il 1902 e il 1907, nella socialdemocrazia tedesca, nel Partito socialista italiano e fu attivo anche all’interno dell’Internazionale socialista, partecipando all’importante congresso di Amsterdam del 1904. Ma, a partire da quello stesso anno, con la pubblicazione dell’articolo sulle Incoerenze internazionali del socialismo apparso nella Riforma sociale (s. 2, X [1904], 8, pp. 644-652), e con maggior evidenza dopo il 1906 – deluso dai limiti, revisionisti, nazionalisti e opportunisti della socialdemocrazia – si produsse in una critica sempre più aspra e si avvicinò alle posizioni del sindacalismo rivoluzionario stabilendo contatti in Italia con A. Labriola ed E. Leone e in Francia con G. Sorel e H. Lagardelle.

Nel 1907, preso atto dell’impossibilità di proseguire in Germania la carriera accademica e spentosi quasi del tutto il fervore socialista (anche se risulta iscritto al partito fino al 1909), il M. riparò da Marburgo a Torino, dove il rapporto con Loria gli aprì nuove prospettive. Qui maturò sul finire del primo decennio del Novecento il distacco dall’esperienza socialista, favorito dall’adesione alle teorie elitiste elaborate da Mosca e V. Pareto, nonché dall’avvicinamento all’economia storico-sociale di W. Sombart e alla sociologia weberiana della burocrazia.

Sulla scorta di tali premesse, pubblicò in varie riviste italiane e tedesche indagini sociografiche sul proletariato e la borghesia nel movimento socialista italiano, sull’uomo economico e la cooperazione, sul marxismo italiano e sulla morale sessuale.

Il complesso di queste suggestioni, insieme con le tesi sul partito politico che il M. iniziò a formulare fin dal 1907 – in parte criticando sulla base della propria esperienza di militante socialista e in parte per impulso delle istanze metodologiche provenienti dalla sociologia di M. Weber – trovarono una forma definitiva in Zur Soziologie des Parteiwesens in der modernen Demokratie (Leipzig 1911; 1ª ed. italiana, Torino 1912).

Reputata un «classico» della moderna sociologia del partito politico, della teoria della democrazia e della sociologia delle élites, resta a tutt’oggi l’opera michelsiana più complessa e di maggior peso (al punto che il M. fu considerato da alcuni vir unius libri, volendo così sottolineare la differenza di valore scientifico fra questa e le altre sue numerose pubblicazioni). In essa si mostra come all’interno dei moderni partiti politici di massa (anche in quelli che si richiamano agli ideali della democrazia e del socialismo) si sviluppi un’irresistibile tendenza all’oligarchia, che ha le sue radici nelle necessità oggettive dell’organizzazione, nella psicologia dei capi e in quella delle masse. Dall’analisi di questi fattori il M. ricava una teoria generale dei limiti della rappresentanza e della democrazia, riassunta nella cosiddetta «legge ferrea dell’oligarchia», che a suo giudizio non vale soltanto sulla scala ridotta del partito o di qualunque altra organizzazione politica, ma anche, e a maggior ragione, sulla scala più ampia dello Stato, contro qualsiasi metafisica della sovranità popolare. Il M. parte dall’assunto che i partiti rappresentano una delle forme più importanti della democrazia contemporanea, osservando che in essa coesistono tratti democratici e aristocratici. Questo fatto non è casuale, ma dipende da alcune esigenze insopprimibili dell’organizzazione, che si fanno strada allorché un partito si struttura e si organizza per il proprio interesse che non è più quello originario (per esempio, la rivoluzione sociale), cioè «altro» dal partito stesso, ma è un interesse del partito in sé e per sé. In questa fase si genera la tendenza dei capi a organizzarsi e coalizzarsi, forti della loro indispensabilità tecnica, ai fini della loro affermazione di fronte alla generale passività delle masse. Si crea così un’oligarchia – secondo una logica tipicamente weberiana – con interessi ben definiti e divergenti da quelli della massa degli iscritti, tanto che il M. poteva riassumere in termini sillogistici: «Chi dice democrazia dice organizzazione; chi dice organizzazione dice oligarchia; chi dice democrazia dice oligarchia».

Rispetto al problema del mutamento sociale, che nell’elitismo paretiano è espresso nella teoria della «circolazione delle élites», il M. si differenzia introducendo una sua «teoria dell’amalgama», per cui non si dà un vero e proprio ricambio meccanico delle élites al potere, quanto invece, più realisticamente e gradualmente, queste vengono sostituite attraverso un amalgamarsi dei nuovi elementi con i vecchi. Naturalmente non cambia la conclusione in termini di sociologia del potere, che vede pur sempre in atto la concorrenza ideologica e politica delle élites. Di fronte a queste, la grande maggioranza della società resta l’«eterna minorenne», è costretta per una crudele fatalità storica a cedere ogni prerogativa di dominio a una piccola minoranza sorta dal suo seno. La formulazione della «legge ferrea dell’oligarchia» condusse il M. a mettere in discussione con forza i meccanismi formali della democrazia liberale, pur senza inficiare il nucleo del concetto rousseauiano di democrazia diretta.

Sebbene si mettesse sempre più in luce come scienziato politico e sociologo, tanto da meritare nel 1913 la cooptazione da parte di Weber e Sombart nella condirezione dell’importante Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik, la posizione accademica del M. restò sempre ancorata all’insegnamento dell’economia politica. Tuttavia, di tale disciplina professò una visione storico-sociale che lo mise in contrasto, per quel che riguardava il proseguimento della carriera in Italia, con i teorici dell’economia «pura» (come M. Pantaleoni e soprattutto U. Ricci, ma per motivo analogo fu criticato anche da Einaudi). Grazie al sostegno di Loria, che invece ne apprezzava l’approccio e la personalità politico-scientifica, il M. fu libero docente di economia politica a Torino dal 1908 fino a quando, a riconoscimento di una solida fama internazionale, non ricevette nel 1913 la chiamata a professore nella stessa disciplina dall’Università di Basilea. Qui insegnò fino al 1928, quando rientrò in Italia come professore di economia corporativa presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Perugia, ove rimase fino al 1936.

Fin dalla guerra di Libia (1911-12), sconfessando le posizioni assunte in precedenza, il M. si convertì a una visione sociale del nazionalismo italiano che illustrò in vari studi politico-demografici, poi riuniti in volume (L’imperialismo italiano, Milano 1914).

Durante la prima guerra mondiale sostenne le ragioni dell’intervento italiano contro l’Austria e s’impegnò in attività patriottiche. Il 24 maggio 1915 inviò agli amici (e a Mosca, che all’epoca era membro del governo italiano in quanto sottosegretario alle Colonie nel ministero Salandra), una lettera circolare a stampa in cui ricordava il suo attaccamento speciale all’Italia, la richiesta di naturalizzazione avviata nel 1913, la sua esclusiva attenzione alla causa irredentistica di Trento e Trieste fin dal 1902. Un patriottismo dimostrato anche con l’assunzione della responsabilità di presidente – lui, legalmente ancora tedesco, in una città piuttosto favorevole alla causa germanica – della sezione di Basilea della Società Dante Alighieri, e con la promozione di numerose iniziative culturali di sostegno alla causa italiana. Tali attestazioni gli valsero la rottura con amici tedeschi, come Weber, e una vera e propria persecuzione morale sui giornali tedeschi, svizzeri e austriaci.

Dopo la guerra, il 3 marzo 1921 con la registrazione del relativo decreto regio si concluse felicemente la lunga e controversa pratica di naturalizzazione italiana avviata fin dal 1913.

A quel punto il M. si adoperò per un ritorno definitivo nella patria d’adozione, che si realizzò – grazie all’intervento di B. Mussolini – solo nel 1928. Proprio il rapporto del M. con Mussolini e il regime fascista rappresenta uno dei capitoli più rilevanti per la biografia michelsiana. L’attenzione del M. nei confronti del fascismo non fu dapprincipio né immediata né intensa, considerato il fatto che visse a Basilea gli anni cruciali della crisi postbellica.

Solo il 3 giugno 1922 egli pubblicò un primo breve articolo in materia, Der Faschismus und Genua, nella Neue Schweizer Zeitung, in cui trattava prevalentemente di temi socioeconomici, mentre un secondo, più meditato e ampio, Der Aufstieg des Faschismus in Italien, apparso a puntate nella Neue Zürcher Zeitung tra il 26 e il 29 dic. 1922, era destinato a informare in modo critico, ma benevolo, l’intelligencija svizzera sui caratteri del movimento che inopinatamente era pervenuto al potere dopo la marcia su Roma, favorito a suo avviso dalla decadenza della classe liberale dominante e dalla sconfitta storica della teoria e della prassi del movimento socialista.

Si può fondatamente presumere che lentamente, e in correlazione con lo svolgimento delle vicende politiche che portarono all’imporsi del fascismo – visto come soggetto politico «giovane» e vitale, salvatore delle sorti della Nazione in preda a tensioni prerivoluzionarie filobolsceviche –, l’assioma del patriottismo nazionale assolse al ruolo di «navetta» per traghettare il M. nell’alveo dapprima del mussolinismo, e quindi del fascismo. Fu infatti il rapporto personale con Mussolini, che il M. incontrò la prima volta durante la Pasqua del 1924, a determinare una conversione piena alla causa fascista.

Tra il 1924 e il 1925 il M. si impegnò in un’approfondita analisi degli aspetti a suo avviso innovativi del fascismo – anche sul piano sociale e soprattutto in rapporto alla corruzione ideale del socialismo – che sfociarono nei due volumi di Sozialismus und Faschismus in Italien (München 1925). Nella vastissima produzione scientifica michelsiana del periodo ebbero rilievo, oltre ai rinnovati studi sul partito politico, quelli sui movimenti sociali, rielaborati nel Corso di sociologia politica (Milano 1927; rist., a cura di A. Campi - L. Varasano, Soveria Mannelli 2009).

Il 6 giugno 1928, dopo il trasferimento all’Università di Perugia, il M. s’iscrisse al Partito nazionale fascista (PNF) e svolse da allora sempre più intensa attività di «ambasciatore» culturale (Di Nucci) in favore del regime all’estero.

La sua adesione al fascismo fu caratterizzata da una visione scientificamente disincantata e politicamente impegnata in un nazional-patriottismo accentuante consapevolmente la dimensione mitologica dell’antica Roma, della latinità comune a vari popoli europei, della missione dell’Italia nel mondo; caratteristiche che emersero nelle due opere di maggior respiro dedicate all’Italia fascista, Der Patriotismus. Prolegomena zu seiner soziologischen Analyse (München-Leipzig 1929; trad. it., Prolegomena sul patriottismo, Firenze 1933) e Italien von heute. Politische und wirtschäftliche Kulturgeschichte von 1860 bis 1930 (Zürich-Leipzig 1930).

Nell’ambito degli studi sulla sociologia del patriottismo, totalmente ignorati dalla critica della seconda metà del Novecento, il M. enunciò una legge storica altrettanto ferrea, a suo dire, di quella dell’oligarchia, la cosiddetta «legge della trasgressione», che regolerebbe la condotta degli Stati e delle nazionalità nelle relazioni internazionali. Una legge la cui elaborazione gli apparve fondata sulle inclinazioni psicologiche dei popoli (la formulazione fu verosimilmente influenzata dalla Völkerpsychologie di W. Wundt e dal Grundriss der Soziologie di L. Gumplowicz), una legge in virtù della quale «il patriottismo etnico degenera e diviene politica di conquista dei trionfatori ubriacati dalla vittoria»: le guerre d’indipendenza, iniziate a suo parere da un popolo in nome del principio di nazionalità, correvano sulla china che portava alla negazione dei medesimi diritti ad altri popoli.

Una breve sistematizzazione degli elementi dottrinali ed etico-religiosi del fascismo fu condotta dal M. nella voce Faszismus, redatta nel 1928 per conto dell’opera enciclopedica Die Religion in Geschichte und Gegenwart.

Tuttavia l’interpretazione michelsiana del fascismo non fu priva di sfaccettature e di sfumature: la reazione all’assassinio di G. Matteotti e all’aspra fase politica apertasi con esso fu di dichiarata preoccupazione. A giudizio del M. la gestione del potere mussoliniano avrebbe dovuto essere purgata da questi aspetti della «prima ora» squadristica: se la violenza poteva considerarsi giustificata, nel biennio successivo alla guerra, dal fine di riportare ordine, condiviso dai ceti intermedi urbani, dagli agrari del Sud e dal grande capitale del Nord, era ormai necessario per il fascismo «dimostrare la propria qualificazione politico-statuale» e passare al compito rivoluzionario di ricostruire un’Italia patriotticamente pacificata dai conflitti di classe.

Teorico e propagandista della ristrutturazione istituzionale e sociale corporativa scaturente dalla Carta del lavoro, il M. riteneva che allo Stato fascista dovevano esser riconosciuti compiti fondamentali in campo economico ed etico.

A tener insieme il quadro istituzionale era la funzione insostituibile del capo carismatico del partito e del governo. Con evidenti cadute apologetiche, egli cercò senza molto successo di formulare la concezione di una «nuova» democrazia che, mantenendo un aspetto strutturale oligarchico-carismatico, grazie al diretto rapporto tra le masse popolari nazionalizzate e il duce si mostrasse in grado di superare i limiti rilevati nella democrazia formale e borghese. La monarchia restava in tale contesto un elemento di continuità, di conservazione, di rappresentanza nazionale.

Negli anni anni Trenta il M. divenne consuocero di Einaudi per il matrimonio della figlia Manon con Mario, primogenito di Einaudi.

La coppia di giovani, preso atto dell’impossibilità per Mario – che nutriva sentimenti antifascisti – di perseguire la carriera universitaria in un’Italia che pretendeva il giuramento di fedeltà al regime da parte dei docenti, emigrò già nel 1933 negli Stati Uniti d’America. Il M., estremamente legato alla figlia, soffrì molto per tale scelta.

Dal 1928 al 1936 il M. ricoprì sempre più intensamente il ruolo di intellettuale organico dell’Italia fascista, sia come cattedratico, sia come «apostolo dell’italianità» all’estero. Non sentendosi del tutto appagato dalla collocazione accademica di economista corporativo a Perugia, chiese più volte inutilmente un trasferimento a Roma come storico delle dottrine economico-politiche. Compì numerose missioni e tenne conferenze, tra l’altro, a Lipsia, Aquisgrana, Colonia, Parigi, Zurigo, Liegi, illustrando aspetti della storia e della cultura italiana, nonché della politica estera ed economica del regime, che difese contro il boicottaggio delle grandi potenze.

Fu durante uno di questi viaggi intensi e laboriosi che il M., soggetto fin dalla gioventù a malattie circolatorie, fu colpito a Bordeaux il 13 febbr. 1936, nel corso di una conferenza, da un grave attacco emorragico che lo condusse in fin di vita. Ripresosi parzialmente, rientrò a Roma in condizioni precarie. Qui morì il 2 maggio 1936; fu sepolto nel cimitero del Verano.

F.R. Pfetsch, curatore della quarta edizione tedesca della Soziologie des Parteiwesens (Stuttgart 1989), ha scritto che l’opera del M. non appartiene al novero di quelle che imprimono il proprio sigillo a un’epoca, ma a quelle che sono capaci di riflettere il proprio tempo. Si può affermare che il M., acuto e attento intellettuale cosmopolita, rispecchiò, attraverso le proprie contraddittorie vicende, la grande crisi esistenziale e politica europea tra fine e principio di secolo.

Fra le opere: Proletariat und Bourgeoisie in der sozialistischen Bewegung Italiens. Studien zu einer Klassen- und Berufsanalyse des Sozialismus in Italien, in Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik, III (1906), 2, pp. 347-416 (ed. it., Il proletariato e la borghesia nel movimento socialista italiano, Torino 1908); Storia del marxismo in Italia. Compendio critico. Con annessa bibliografia, Roma 1909; Pazifismus und Nationalitätsprinzip in der Geschichte. Ein Beitrag zur Volkspsychologie, in Politisch-Anthropologische Revue, VIII (1909), pp. 1-16; L’imperialismo italiano. Studi politico-demografici, Milano 1914; Probleme der Sozialphilosophie, Leipzig 1914; Psychologie der antikapitalistischen Massenbewegungen, in Grundriss der Sozialökonomik, IX (1925), pp. 241-359; Storia critica del movimento socialista italiano fino al 1911, Firenze 1926 (nuova ed., a cura di G. Sabbatucci, Roma 1979); Corso di sociologia politica, Milano 1927; Francia contemporanea, ibid. 1927; Introduzione alla storia delle dottrine economiche e politiche. Con un saggio sulla economia classica italiana e la sua influenza sulla scienza economica, Bologna 1932; Studi sulla democrazia e sull’autorità, Firenze 1933; Nuovi studi sulla classe politica, Milano 1936.

Il M. curò inoltre l’edizione di Politica ed economia, della «Nuova collana di economisti stranieri e italiani» diretta da G. Bottai - C. Arena, vol. 12, Torino 1934.

Per le più significative riedizioni di scritti, si vedano: La sociologia del partito politico nella democrazia moderna, a cura di J.J. Linz, Bologna 1966; Antologia di scritti sociologici, a cura di G. Sivini, ibid. 1980; Potere e oligarchie. Antologia 1900-1910, a cura di E.A. Albertoni, Milano 1989; Socialismo e fascismo (1925-1934), a cura di G. Panella, ibid. 1991; F. Tuccari, Un inedito michelsiano. La relazione sull’America del 1927, in Annali della Fondazione L. Einaudi, XLI (2007), pp. 369-396; Soziale Bewegungen zwischen Dynamik und Erstarrung. Essays zur Arbeiter-, Frauen- und nationalen Frage, a cura di T. Genett, Berlin 2007.

Fonti e Bibl.: Notizie sulla famiglia Michels sono reperibili in scritti del M.: in particolare R. Michels, Peter Michels und seine Tätigkeit in der rheinischen Industrie, in der rheinischen Politik und im rheinischen Gesellschaftsleben, in Jahrbuch des Kölnischen Geschichtsverein, 1930; F. Schönert-Rölk, Peter Michels (1801 bis 1870) und Gustav Michels (1836 bis 1909), in Rheinisch-westfälische Wirtschaftsbiographien (Münster), 1986, vol. 12, pp. 79-95. Le carte edite e inedite michelsiane sono in grande parte conservate a Torino, Archivio storico della Fondazione «Luigi Einaudi» (cfr. L’Archivio R. M. Inventario, a cura di S. Martinotti Dorigo - P. Giordana, con premessa di C. Malandrino, in Annali della Fondazione L. Einaudi, XXIX [1995], pp. 585-663); altra documentazione in Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 3267, f. Roberto Michels; Arch. di Stato di Torino, Achille Loria (165 pezzi, 1905-36); per edizioni di lettere michelsiane cfr. C. Malandrino, Lettere di A. Pannekoek a R. M. (1905), in Annali della Fondazione Luigi Einaudi, XIX (1985), pp. 467-491; Id., Lettere di R. Michels e di Augustin Hamon (1902-1917), ibid., XXIII (1989), pp. 487-562; T. Genett, Lettere di R. Michels e di Julius Springer (1913-1915), ibid., XXX (1996), pp. 533-555; Id., Lettere di Ladislaus Gumplowicz a R. M. (1902-1907), ibid., XXXI (1997), pp. 417-473. Altre carte inedite sono in possesso degli eredi delle famiglie Einaudi (Dogliani), Gallino (Torino) e Michels (Basilea). La più completa bibliografia è quella curata dalla moglie Gisella Lindner all’indomani della scomparsa: Opere di R. M., in Studi in memoria di R. M., in Annali della Facoltà di giurisprudenza della R. Università di Perugia, XLIX (1937); G. Sola, Organizzazione, partito, classe politica e legge ferrea dell’oligarchia in R. M., Genova 1972; W. Röhrich, R. M. vom sozialistisch-syndikalistischen zum faschistischen Credo, Berlin 1972; E. Ripepe, Gli elitisti italiani, I, Mosca, Pareto, M., Pisa 1974; D. Beetham, From socialism to fascism: the relation between theory and practice in the work of R. M., in Political Studies, XXV (1977), 1, pp. 3-24; 2, pp. 161-181; A.J. Gregor, R. M. e l’ideologia del fascismo, Roma 1979; P. Ferraris, R. M. politico (1901-1907), in Quaderni dell’Istituto di studi economici e sociali, Università di Camerino, 1982, 1; Id., Saggi su R. M., Camerino 1993; R. M. tra politica e sociologia, a cura di G.B. Furiozzi, Firenze 1984; C. Malandrino, Note a margine di nuovi e vecchi studi su M., in Il Pensiero politico, XXV (1992), 3, pp. 448-457; Id., R. e Gisella Michels e il socialismo piemontese, in Democratici e socialisti nel Piemonte dell’Ottocento, a cura di P. Audenino, Milano 1995, pp. 421-433; Id., Affinità elettive e sotterranee divergenze. Il rapporto Loria-M. tra accademia e politica attraverso il carteggio inedito (1905-1936), in Achille Loria, in Quaderni di storia dell’Università di Torino, a cura di A. d’Orsi, IV (1999), 3, pp. 245-288; Id., Pareto e M.: riflessioni sul sentimento del patriottismo, in Economia, sociologia e politica nell’opera di Vilfredo Pareto, a cura di C. Malandrino - R. Marchionatti, Firenze 2000, pp. 363-382; Id., Gramsci e la «Sociologia del partito politico» di M., in Gramsci: il partito politico nei «Quaderni», a cura di S. Mastellone - G. Sola, Firenze 2001, pp. 115-140; Patriottismo, nazione e democrazia nel carteggio Mosca-Michels, in Annali della Fondazione Luigi Einaudi, XXXVIII (2004), pp. 211-226; C. Malandrino, M. «machiavellian» o interprete di Machiavelli?, in Machiavelli nella storiografia e nel pensiero politico del secolo XX, a cura di C. Vivanti - L.M. Bassani, Milano 2005, pp. 177-194; C. Pogliano, Tra passione e scienza. R. M. a Torino (1907-1914), in Piemonte vivo, 1988, n. 1, pp. 20-29; R. M.: economia sociologia politica, a cura di R. Faucci, Torino 1989 (in cui: C. Malandrino, Una polemica di M. con la socialdemocrazia olandese sulla «giustizia dello sciopero» (1905), pp. 123-134); L. Di Nucci, R. M. «ambasciatore» fascista, in Storia contemporanea, XXIII (1992), febbraio, pp. 91-103; M.C. Giuntella, M. professore a Perugia (1928-1936), in Id., Autonomia e nazionalizzazione dell’Università. Il fascismo e l’inquadramento degli atenei, Roma 1992, pp. 109-121; J. Hetscher, R. M. Die herausbildung der modernen politischen Sociologie im Kontext von Herausforderung und Deficit der Arbeiterbewegung, Bonn 1993; F. Tuccari, I dilemmi della democrazia moderna. Max Weber e R. M., Bari 1993; Id., Il leader politico e l’eroe carismatico. Carisma e democrazia nell’opera politica e sociologica di Max Weber e di R. M., in Annali di sociologia (Trento), IX (1993), 2, pp. 77-99; W. Bernsdorff, Frauen in der Arbeiterbewegung, in Frauen in Marburg. Ein Lauf- und Lesebuch, Marburg 1993, pp. 204-213 (su Gisella Michels-Lindner); F. Tuccari, R. M. a Torino 1900-1914, in Annali di storia moderna e contemporanea (Università Cattolica del Sacro Cuore), XII (2007), pp. 125-157; F. Trocini, Tra internazionalismo e nazionalismo. R. M. e i dilemmi del socialismo di fronte alla guerra e all’imperialismo (1900-1915), Roma 2007; T. Genett, Der Fremde im Kriege. Zur politischen Teorie und Biographie von R. M. 1876-1936, Berlin 2008. V. inoltre: M. R., in Il movimento operaio italiano. Diz. biografico, a cura di F. Andreucci - T. Detti, III, Roma 1977, pp. 451-460 (G.M. Bravo); C. Malandrino, R. M., in Diz. del fascismo, Torino 2002-03, II, pp. 173 s.; Id., R. M., in Dictionnaire de la pensée sociologique, diretto da M. Borlandi et al., Paris 2005, pp. 457 s.

C. Malandrino

TAG

Sindacalismo rivoluzionario

Partito socialista italiano

Partito nazionale fascista

Principio di nazionalità

Società dante alighieri