Rolling Stones

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Rolling Stones

Ernesto Assante

Il rock che non tramonta

Rock band inglese nata nel 1963 per iniziativa di Mick Jagger, Keith Richards, Brian Jones, Bill Wyman e Charlie Watts, i Rolling Stones sono tra le più longeve e produttive formazioni della scena mondiale della seconda metà del Novecento e rappresentano nell’immaginario del pubblico la rock ’n’ roll band per antonomasia

Gli anni dell’affermazione

La grande popolarità dei Rolling Stones ha avuto il suo apice negli anni Sessanta e Settanta del Novecento; in quegli anni la band produce canzoni e riff memorabili (rock) e assume un’immagine sovversiva, almeno agli esordi, che si contrappone fin da subito all’iconografia rassicurante dei Beatles. Tale popolarità si è perpetuata negli anni successivi alimentando un successo senza pari in termini economici e di immagine.

È nel 1962 che Mick Jagger (voce, 1943) e Keith Richards (chitarra, 1943), giovani studenti del Kent con una smodata passione per il blues di Howlin’ Wolf e il rock ’n’ roll di Chuck Berry, danno vita insieme a Brian Jones (chitarra, 1942) e a Ian Stewart (tastiera, 1938) ai Rolling Stones, il cui nome fu ispirato da una canzone di Muddy Waters, Rolling Stone blues.

Dopo un’intensa attività live nei club londinesi, a cavallo tra il 1962 e il 1963 i Rolling Stones mettono a punto la formazione con l’entrata in pianta stabile di Bill Wyman, pseudonimo di William Perks (basso, 1936), proveniente dalla band dei Cliftons, e di Charlie Watts (batteria, 1941), e con l’uscita di Stewart.

Nel maggio del 1964 i cinque firmano un contratto con la Decca, casa discografica per la quale nel giro di due anni mettono a segno quattro raccolte (England’s newest hit makers, 12 X 5, Rolling Stones N. 2, The Rolling Stones, now!), per lo più composte di versioni di classici blues, rock ’n’ roll e soul. Il peso compositivo di Jagger e Richards si fa sentire maggiormente in Out of our heads (1965), dove compare l’inno generazionale (I can’t get no) satisfaction, il loro brano più conosciuto. Ma il capolavoro del periodo è senza dubbio Aftermath (1966), primo album contenente solo brani originali tra i quali spiccano il beat di Paint it black, Under my thumb e la ballata Lady Jane.

La parabola ascendente degli anni Sessanta

Lo snodo artistico di Aftermath segna un momento cruciale per i Rolling Stones. L’onda del rock psichedelico lambisce la band e i suoi album successivi del 1967, Between the buttons e Their satanic majesties request, il secondo a fare da contraltare ai Beatles di Sergent Pepper’s. Lo stesso anno Jagger e Richards destano scandalo perché arrestati (ma subito rilasciati) per detenzione di stupefacenti.

La svolta ‘acida’ (nel senso di acido lisergico, cioè l’LSD) degli Stones lascia il passo nel 1969 al ritorno alle atmosfere sanguigne del passato di Beggars banquet, uno sguardo disincantato sul mondo, come dimostrano Street fighting man e Sympathy for the devil. Brian Jones decide di abbandonare il gruppo nel giugno del 1969; il 3 luglio viene trovato morto nella piscina della sua abitazione nel Sussex. Jones viene sostituito da Mick Taylor, proveniente dai Bluesbreakers di John Mayall.

Ancora tre decenni di successi

La produzione dei Rolling Stones, a partire da Let it bleed (1969) e lungo tutti gli anni Settanta, subisce una frenata dal punto di vista quantitativo, anche se rimane sempre di ottima qualità: Sticky fingers (1971), Exile on Main St. (1972), It’s only rock ’n’ roll (1974) e Black and blue (1976) mostrano una vena rock originale e robusta, ormai emancipata dai modelli del passato e basata sempre più sull’estro melodico di Richards. Nel 1975 Ron Wood (proveniente dagli Small Faces) subentra al posto di Mick Taylor.

Some girls (1978) ed Emotional rescue (1980) sono in parte influenzati dalla febbre della disco-music e inaugurano un periodo eclettico, testimoniato dagli album degli anni Ottanta Tattoo you (1981), Dirty work (1986) e Steel wheels (1989). Gli anni Novanta sono segnati dall’abbandono di Bill Wyman, che lascia la band nel 1993, sostituito da Darryl Jones e da album come Voodoo lounge (1994) e Bridges To Babylon (1998).

Nel 2005, dopo il più lungo periodo di silenzio tra un album e l’altro mai registrato nella storia dei Rolling Stones, esce A bigger bang, viscerale ritorno alle sonorità degli anni Settanta.

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