Rom

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Insieme di gruppi migranti e nomadi diffusi in tutto il continente europeo e nelle Americhe. I R. (in lingua romanés «uomo, essere umano») sono indicati anche con il termine Sinti (da Sindh, regione del Pakistan occidentale, dalla quale probabilmente ebbero origine), o con quello più comune di zingari (da Atsigan, Tsigan, adattamento del greco medievale ᾿Αϑίγγανος, «intoccabile», che, al plurale, designava una setta di manichei provenienti dalla Frigia).

Definizione etnica

Il problema della definizione ‘etnica’ dei R. è estremamente complesso, essendo legato da un lato all’ambiguità del concetto stesso di etnia e dall’altro al carattere particolarmente fluido, in termini sia sociali sia culturali, dei diversi gruppi caratterizzati come rom. Alla fine del 18° sec. risale l’ipotesi che essi costituissero un gruppo etnico omogeneo, parlante una lingua neo-indiana, il romanés (o romani), di cui furono evidenziate le somiglianze con alcune lingue dell’India. Nel corso del 19° sec., a partire dalla scoperta di questa parentela linguistica, si costituì una specifica disciplina, la ziganologia (➔), avente come fine quello di classificare e, in ultima analisi, controllare gli ‘zingari’. L’ideologia ‘indianista’ elaborata dagli ziganologi venne fatta propria da istituti e organizzazioni di protezione dei R., e propugnata, dalla seconda metà del 20° sec., da intellettuali che ne fecero uno strumento, spesso utile, di lotta politica e culturale. Tuttavia, da un punto di vista antropologico, tale teoria crea notevoli problemi, come l’individuazione delle sedi indiane d’origine, di volta in volta diverse, e lo studio delle migrazioni. Appare arbitrario ridurre a unità gruppi tra loro diversi per storia, cultura e società e di contro ritenere diversi, sulla base di alcuni parametri, gruppi tra loro simili. Per quanto, per es., molti di questi parlino una qualche variante del romanés (come i R. Kalderasha, presenti nell’Italia centro-meridionale, o i Khorakhané, in quella nord-orientale, per i quali, come per gli altri R., è possibile pensare a un legame linguistico e culturale con l’India), altri, pure considerati R. (come i Minceir, o Travellers, irlandesi, o i Rudari, rumeni), parlano lingue diverse. Nemmeno la mobilità sembra poter costituire un tratto di definizione comune: i R. Kalderasha e i Rudari sono sedentari, mentre i Travellers e gli Khorakhané vivono da nomadi.

Gli stessi tratti appena considerati non possono intendersi come qualità essenziali, intrinsecamente ascritte all’identità dei numerosi gruppi che compongono l’universo rom. Infatti gli uomini e le comunità possono mutare lingua o forma di insediamento nel corso del tempo: gruppi che sicuramente in passato parlavano dialetti del romanés, in seguito sembrano aver abbandonato tale lingua, mentre gli Khorakhané, nomadi in Italia, erano invece sedentari nella ex Iugoslavia.

Cenni storici

Le cronache bizantine riportano che nell’835 gruppi r. si trovavano nella città di Anazarbos, in Cilicia. Dall’Asia Minore si diffusero in Egitto e nell’Africa settentrionale, dalla quale passarono in Spagna (dove vennero chiamati gitani, derivazione del nome egiziani). Un’altra colonia si diresse verso l’Europa centrale stanziandosi in Boemia. Nel 1348 il re serbo Stefano Dusan assegnò dei R. a un monastero, al quale essi dovevano dare un certo numero annuo di ferri da cavallo; nel 1370 comparvero in Valacchia dove nel 1387 Mircea il Grande donò al convento di Tisana 40 famiglie r., in condizione di schiavitù. Alberto Krantius, nell’opera Saxonia, riporta che nell’anno 1417 apparve in Germania un popolo strano: bruno di pelle, sudicio, dedito al furto. Erano gli zingari che, divisi in vari gruppi, fra il 1417 e il 1430 si diffusero, attraverso la Germania, in Svizzera, nella Francia meridionale e in Italia, dove nel 1422, passando per Bologna e Forlì sotto la guida di un leggendario duca Andrea, si spinsero fino a Roma; in Inghilterra, invece, non sono segnalati se non dal 16° secolo.

Inizialmente i R. erano indovini e chiromanti, soprattutto le donne; queste pratiche, unite al loro aspetto, al modo di vivere e forse a qualche misfatto, fecero sorgere sospetti e circolare la voce che fossero in comunicazione con il demonio. In quasi tutti i paesi d’Europa a partire dalla fine del 16° sec. e sino al 18° si emanarono leggi severissime che davano loro lo sfratto sotto pena di morte. La situazione cominciò a migliorare dalla fine del 18° sec.: nei paesi dove molti R. avevano perduto la libertà personale, come in Ungheria, Transilvania e Moldavia, l’abolizione della servitù della gleba restituì loro la libertà; quasi dovunque venne loro concessa, a certe condizioni, la facoltà di muoversi liberamente e di esercitare i loro mestieri. Il fenomeno della mobilità delle comunità zingare, già attivo dalla seconda metà del 19° sec., andò intensificandosi raggiungendo punte elevate dopo la Prima guerra mondiale, in seguito allo sfacelo dell’impero austro-ungarico, e durante la Seconda guerra mondiale, per sfuggire alle persecuzioni naziste. Il nazismo, infatti, riservò ai R. lo stesso trattamento degli ebrei: nel 1939, con il Decreto di stabilizzazione, furono obbligati a non abbandonare il luogo allora occupato e l’anno successivo ne fu ordinata la deportazione in Polonia. Il 16 dicembre 1942 fu infine promulgato il Decreto di Auschwitz, con il quale tutti i R. dovevano essere internati. Con la fine della Seconda guerra mondiale i R. si rimisero in movimento. Nel dopoguerra R. Kalderasha, Lovara e Churara si spostarono dalla Iugoslavia, dall’Ungheria e dalla Turchia verso l’Europa occidentale mentre altri affluirono dalla Carelia verso la Finlandia. Un altro importante esodo si è avuto dal 1989, in seguito al crollo dei regimi comunisti nei paesi dell’Est Europa e agli eventi bellici nella ex Iugoslavia.

Dal 1992 al 2000 si stima siano arrivati in Italia circa 16.000 R., che si sono insediati in diverse aree del territorio nazionale. Negli anni successivi, e soprattutto dal 1° gennaio 2007, in seguito all’entrata della Romania nell’Unione Europea, è giunto un gran numero di R. rumeni. In totale si stima che in Italia vivono circa 150.000 R.; le più grandi comunità sono stanziate a Roma, Milano, Napoli, Bologna, Bari e Genova.

Usi e costumi

Gli studi antropologici sui R. hanno fatto emergere la presenza di alcuni tratti che, pur non caratterizzando il loro intero universo, denotano comunque la vita di molti gruppi. Tra questi vanno ricordati i complessi rituali e le credenze legati alla morte; la presenza di particolari forme di amministrazione della giustizia e di regolamentazione del conflitto; l’organizzazione sociale fondata su un parentado bilaterale e non, come ritenuto dall’ideologia tardo-romantica di molti ziganologi, su una mai dimostrata matrilinearità; la tendenza a svolgere attività economiche che sfruttino sia la sovrapproduzione delle società con le quali interagiscono sia alcuni disservizi e disfunzionalità dei sistemi economici delle società stesse. Da quest’ultimo tratto deriva la capacità dei diversi gruppi di sfruttare il territorio urbano attraverso l’elemosina e la divinazione, attività prevalentemente femminili, o di praticare commerci, come, per es., quello dei rottami, ritenuti poco redditizi. Allo stesso modo può essere spiegata la specializzazione di numerosi R. europei e nordamericani nel commercio ambulante o in attività come quelle di stagnaio o di calderaio.

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