Romania

Dizionario di Storia (2011)

Romania


Stato dell’Europa orientale, con capitale Bucarest. Coincide con l’antica regione della Dacia, sottomessa dai romani (2° sec.) e poi assoggettata da varie popolazioni barbariche tra il 3° e il 13° sec.; nel 14° sec. vi sorsero i principati autonomi di Moldavia e Valacchia, che caddero poi sotto il dominio dell’impero ottomano e di quello russo.

Dal Medioevo all’Età moderna

La R. si costituì in Stato, ancora soggetto alla sovranità della Sublime Porta, il 24 gennaio 1862, in conseguenza dell’unione della Moldavia e della Valacchia in un unico principato. L’unità politica si era preparata nel corso delle lotte combattute per secoli dai romeni dei due versanti dei Carpazi, nati dall’antico popolo dei daci, e avente come centro la Transilvania. Esso si è sempre considerato e chiamato rumân o român, cioè «romano», in seguito alla conquista traianea quando nella Dacia furono trasferiti coloni da ogni parte del mondo romano (➔ ). Nell’Alto Medioevo si costituirono le prime formazioni politiche romene (ducati e voivodati), raggruppatesi dal 14° sec. nei «grandi voivodati» di Valacchia e di Moldavia. Le formazioni statali della Transilvania seguirono un’evoluzione storica differente in seguito alla penetrazione dei magiari: nel 10° sec. alcune genti magiare si stabilirono accanto alla popolazione autoctona e dal 12° sec. per oltre quattro secoli la Transilvania fece parte dello Stato ungherese quale voivodato. Nelle tre regioni i romeni conservarono e svilupparono una cultura materiale e spirituale specifica in stretto legame con il mondo bizantino. Il lungo processo di organizzazione statale, in particolare, fu influenzato dal cristianesimo di rito bizantino.

La Valacchia

Suddivisa in judete o giudicati e retta localmente da giudici, tenuti insieme dall’autorità di un voivoda o duca, la Valacchia era nel 14° sec. tributaria dei mongoli dell’Orda d’oro, pur rimanendo soggetta alla sovranità del re d’Ungheria. Nel 14° sec. uno dei voivodi, Basarab di Câmpulung, riuscì a imporsi sugli altri duchi e giudici nella cd. Oltenia; nel 1330, sconfiggendo il re d’Ungheria Carlo Roberto d’Angiò, ottenne il riconoscimento della sua posizione di primato come «Gran voivoda di tutto il Paese romeno». I suoi successori ne continuarono la politica tendente ad affermare la nuova unità statale: da Nicola Alessandro (1352-64) per giungere a Mircea il Vecchio (1386-1418), si assiste a un progressivo estendersi delle conquiste territoriali insieme a una più definita organizzazione dello Stato. Suddivisa in tre classi (boiari, contadini e schiavi), la società valacca dei secc. 14°-16° era tenuta insieme dal principe, capo militare, giudice supremo e padrone di tutte le terre a lui sottoposte. Lo Stato valacco si era appena consolidato che già nei primi anni di regno di Mircea il Vecchio i confini vennero minacciati dai turchi: Mircea, dopo la sconfitta cristiana nella battaglia di Kosovo (1389), fu battuto a Rovine, poi con l’aiuto ungherese batté i turchi a Turnu-Măgurele; ma dopo la sconfitta di Nicopoli (1396), l’indipendenza della Valacchia venne limitata e lo Stato dal 1417 fu assoggettato a tributo da Maometto I. I 20 domn o voivodi che si succedettero sul trono di Valacchia dal 1418 sino alla battaglia di Mohács (1526) riuscirono sì a conservare al Paese una certa autonomia, ma dopo la sconfitta di Mohács la Valacchia di fatto fu sottomessa e i suoi voivodi interamente soggetti al sultano. Solo con la salita al potere di Michele il Valoroso (1593-1601) la riscossa contro il dominio turco trovò un condottiero capace, che riuscì a realizzare per la prima volta l’unione di Valacchia, Transilvania e Moldavia, proclamandosi principe di tutti i romeni. Nel 17° sec. si segnalarono i principi Matei Basarab (1632-54), Şerban Cantacuzeno (1678-88) e Costantino Brâncoveanu (1688-1714), cui seguì il regime fanariota.

La Moldavia

La futura Moldavia era invece interamente soggetta al dominio dei mongoli. Solo quando il potere di questi si indebolì, emerse come marca di confine contro il pericolo mongolo. Verso il 1360 Bogdan, voivoda del Maramureş, regione del Nord della Transilvania, si eresse a domn, dando la prima dinastia al Paese e sottraendosi anche alla dipendenza dall’Ungheria. La sua posizione era identica a quella del domn di Valacchia e non diversa si presentava la struttura sociale della popolazione moldava. I suoi successori nell’arco di circa un secolo estesero il proprio potere a tutto il territorio compreso fra il Dnestr, il delta del Danubio e i contrafforti nordorientali dei Carpazi, fino ai confini con la Polonia. Tenere a bada i mongoli, poi i russi che premevano da oltre il Dnestr, i polacchi e i magiari, quindi anche i turchi, rappresentò un problema non facile e solo con Stefano III il Grande (1457-1504) la regione trovò un assestamento che doveva essere decisivo per la formazione della nazione romena. Con la Polonia del re Casimiro IV si giunse a un accordo; verso l’Ungheria Stefano respinse gli attacchi del re Mattia Corvino; più difficile fu il compito di dare sicurezza alla frontiera meridionale: nel 1474 Stefano si collegò di fatto con la grande Lega cristiana insieme al pontefice, a Venezia, a Mattia Corvino e al re di Napoli e il 10 gennaio 1475 batté Solimano l’Eunuco, giunto in forze dall’Albania. Il possesso della linea del Danubio e di tutte le coste del Mar Nero era troppo importante per i turchi perché potesse essere trascurato. Dopo la sconfitta di Valea Alba a opera degli eserciti congiunti ottomano e crimeano (1476), nell’agosto del 1484 Stefano III, attaccato dalle truppe di Bayazid II, perse i porti di Chilia e Cetatea Alba. L’aiuto polacco gli fece vincere i turchi, ma la pace conclusa fra turchi e polacchi nel 1489 lo indusse a pagare un tributo al sultano e a inviare suo figlio Alessandro in ostaggio presso la Sublime Porta. Alla sua morte (1504) la Moldavia era completamente inserita fra i domini ottomani.

La Transilvania

In Transilvania la grande maggioranza della popolazione del voivodato, comprendente anche il Banato, la Crişana e il Maramureş, era romena. I sassoni, insediati come coloni insieme ai secleri dalla Corona ungherese, e i pochi ungheresi stabilitisi nelle città rappresentavano una minoranza. Accanto alle nuove suddivisioni amministrative del voivodato si mantennero i distretti romeni che continuavano i cnesati trovati al loro arrivo dagli ungheresi. Nel 14° e 15° sec. si verificarono varie sommosse di contadini romeni e ungheresi contro il clero cattolico e la nobiltà ungherese e sassone. Dopo il 1541 la Transilvania diventò principato autonomo e dal 1691 provincia dell’impero asburgico. Nel 1784-85 avvennero violenti movimenti contadini guidati dai tre famosi capi Horia, Cloşca e Crişan.

Il Settecento

In queste secolari lotte di principi di Valacchia e Moldavia contro gli ungheresi, padroni dopo il 1000 della Transilvania, contro la Polonia, che tendeva a espandersi verso il Mar Nero, e infine contro i turchi ottomani, che finirono per dominare quasi tutti i Balcani, nei moldo-valacchi si venne a consolidare la coscienza di una propria individualità. Un movimento culturale in questa direzione si ebbe soprattutto nel 18° sec., periodo caratterizzato da un notevole sviluppo economico e culturale, in cui emersero soprattutto le personalità dei principi C. Brâncoveanu in Valacchia e Dimitrie Cantemir (1710-11) in Moldavia. Cantemir, celebre umanista, tese a eliminare le cause dell’instabilità politica della Moldavia. La libertà e l’unità dei romeni furono le idee dominanti della sua opera e delle azioni che intraprese, la più importante delle quali fu l’alleanza con lo zar Pietro il Grande nella lotta contro i turchi (1710-11); il tentativo di liberare il principato dalla soggezione ottomana si concluse, però, con la disfatta di Stănileşti (1711), che costrinse Cantemir a riparare in Russia. Con Cantemir si rafforzò la coscienza della latinità dei romeni dei tre principati. Dalla fine del 18° sec. in poi questi già saldi legami con il mondo latino occidentale si rinsaldarono anche grazie alla diffusione della cultura francese e delle ideologie rivoluzionarie, liberali e poi democratiche. Sotto il profilo politico la situazione delle terre romene appariva però quanto mai sfavorevole a una loro unificazione: contro le aspirazioni ideali di una ristretta élite di intellettuali, il dato reale era offerto dall’inserimento dei due principati di Valacchia e Moldavia nell’ambito dell’impero ottomano con la sostituzione, operata dalla Porta (1711 in Moldavia, 1716 in Valacchia), dei principi locali con fanarioti greci. Gli Asburgo, dopo la Transilvania, nel 1775 avevano esteso il loro dominio anche alla Bucovina, e la Russia dal 1774 (Trattato di Küciük Qainarge) aveva progressivamente accresciuto la sua influenza sui principati.

Il principato e il regno di Romania

Nel marzo 1821 il greco A. Ipsilanti tentò di sollevare i principati entrando in Moldavia e giungendo fino a Bucarest, mentre una più vasta ribellione, con centro la Valacchia, trovò un capo in T. Vladimirescu. Dopo un inizio di intesa i due movimenti entrarono in contrasto e Vladimirescu fu fatto arrestare e decapitare da Ipsilanti, le cui forze furono poi battute dai turchi. La Porta, tuttavia, temeva che le aspirazioni nazionali greche si saldassero con quelle dei principati e dopo il 1821 i principi di Moldavia e Valacchia non furono più di nazionalità greca ma autoctoni. A seguito della guerra russo-turca i principati furono occupati dalla Russia (1828-34) e affidati al governo del generale P.D. Kiselëv. Nel 1848-49, la rivoluzione nei principati e in Transilvania, punto più avanzato verso oriente della «primavera dei popoli» del 1848, fu soffocata dalle forze collegate di Austria e Turchia; Valacchia e Moldavia furono occupate dalla Russia dall’autunno del 1853 alla primavera del 1854 e, quindi, dall’Austria. Il movimento di indipendenza si concretò con l’elezione (1859) di A. Joan Cuza a principe di Moldavia e Valacchia, unificate nel principato di R., soggetto però alla nominale sovranità ottomana. Furono realizzate allora fondamentali riforme: l’incameramento dei beni ecclesiastici; la creazione di una seconda Camera, nel quadro di una vera e propria Costituzione che rafforzò l’autorità e le prerogative del capo dello Stato; la creazione di un Consiglio di Stato; la riforma agraria; l’unificazione della legislazione civile, penale e commerciale. Questo complesso di riforme ardite e moderne aveva però toccato troppo a fondo gli interessi dei boiari e della borghesia radicale: a Cuza, rovesciato dal trono e costretto all’esilio (1866), succedette Carlo di Hohenzollern-Sigmaringen, che introdusse una Costituzione che accresceva i poteri del sovrano in senso dispotico, mentre una legge elettorale rigidamente censitaria assicurava il monopolio del potere politico agli esponenti della grande proprietà terriera. Nel 1876, con la rivoluzione di Bosnia, Erzegovina e Bulgaria e la guerra della Serbia e del Montenegro (con l’aiuto della Russia) contro la Turchia, il principato si alleò con la Russia che, pur rivendicando la Bessarabia, prometteva la piena sovranità. Riconosciuta indipendente dal Congresso di Berlino (1878), alla R. furono attribuite anche la Dobrugia e la foce del Danubio. Nel 1913 il Paese partecipò alla seconda guerra balcanica; l’anno successivo salì al trono Ferdinando I. Scoppiata la Prima guerra mondiale, la R. entrò nel conflitto nell’agosto 1916, al fianco della Triplice intesa, e nel dicembre fu occupata dagli imperi centrali. Il periodo tra le due guerre fu segnato da violente tensioni e dal succedersi di governi autoritari. Acquistò un ruolo crescente la Guardia di ferro, un’organizzazione paramilitare di stampo fascista e razzista fondata nel 1930. Anche la monarchia espresse, nel corso del decennio, una propria tendenza autoritaria. Alla morte di Ferdinando I (1927), la corona era passata al nipote, Michele, assistito da un consiglio di reggenza; il padre di questi, Carlo, che aveva rinunciato al trono nel 1925, fu richiamato in patria e incoronato re nel 1930; nel 1938 assunse poteri dittatoriali sotto una nuova Costituzione corporativista e costituì il Fronte della rinascita nazionale, partito unico fino al 1940. Sul piano internazionale Bucarest sviluppò, nel corso degli anni Venti, stretti legami con la Francia; nel decennio successivo tuttavia la R. si avvicinò progressivamente alla Germania. Nel 1940, dopo aver perso la Bessarabia e la Bucovina settentrionale (annesse all’URSS in giugno), dovette cedere la Transilvania settentrionale all’Ungheria (agosto) e la Dobrugia meridionale alla Bulgaria (settembre). All’interno, il filonazista maresciallo I. Antonescu assunse i pieni poteri, forzando Carlo I all’abdicazione e richiamando al trono il figlio Michele; la Guardia di ferro fu riconosciuta quale unico partito legale e il Paese sottoposto a un durissimo regime repressivo, mentre dall’ottobre vi si dislocavano truppe tedesche. Con il mutare delle sorti del conflitto, nell’agosto 1944 Antonescu fu destituito dal re Michele, che firmò l’armistizio e dichiarò guerra alla Germania. La R. condusse quindi le ultime fasi della guerra a fianco degli Alleati, occupata dall’esercito sovietico; sul piano politico si affermò progressivamente il ruolo dei comunisti, che divennero la forza egemone nel nuovo esecutivo costituito (marzo 1945) da P. Groza (primo ministro fino al 1952), autore di una radicale riforma agraria.

Il regime comunista

Il 30 dicembre 1947 il re Michele fu forzato all’abdicazione e nell’aprile 1948, con il varo di una nuova Costituzione, la R. divenne formalmente una Repubblica popolare. Nello stesso anno, nazionalizzate le grandi proprietà industriali, fu avviata la pianificazione dell’economia, tendente in particolare allo sviluppo dell’industria pesante. Delle perdite territoriali del 1940, la R. riacquisì nel dopoguerra solo la Transilvania settentrionale. Una serie di accordi bilaterali, conclusi nel corso del 1948, portò all’inserimento del Paese nel blocco sovietico, rafforzato dall’adesione al COMECON (1949) e al Patto di Varsavia (1955). Nei primi anni Cinquanta si verificò un irrigidimento del regime in senso stalinista. Nel 1965, alla morte di G. Gheorghiu-Dej, segretario del Partito romeno dei lavoratori – nato nel 1948 dalla fusione di comunisti e socialdemocratici – divenne segretario generale del partito (dal luglio denominato Partito comunista) N. Ceauşescu, che varò una nuova Costituzione, proclamando la Repubblica socialista. Ceauşescu impose al Paese una dittatura personale, assumendo nel 1967 la carica di capo dello Stato e nel 1974 quella, appena istituita, di presidente della Repubblica con poteri esecutivi. La rivendicazione di una maggiore autonomia nazionale portò Bucarest a condannare l’invasione della Cecoslovacchia da parte delle forze del Patto di Varsavia nel 1968, mentre buone relazioni venivano mantenute con la Cina. Al tempo stesso furono incrementati i rapporti con i Paesi dell’Europa occidentale. Il forte aumento del debito estero, verificatosi nel corso degli anni Settanta, segnò tuttavia la crisi del modello di sviluppo incentrato sulla crescita dell’industria pesante. L’autarchia economica applicata dal 1983, unita al progressivo isolamento internazionale determinato dalla politica di riforme avviata da M.S. Gorbačëv in URSS, portò alla crisi. Nel 1989 l’esplodere della protesta popolare sfociò nel rovesciamento di Ceauşescu, che fu condannato a morte e fucilato.

Il postcomunismo

Caduto Ceauşescu, sino al 1995 fu al potere J. Iliescu, ex comunista e leader del Fronte di salvezza nazionale, in seguito rinominato Partito socialdemocratico. Fin dai primi anni Novanta fu avviata una trasformazione dell’economia del Paese attraverso la ristrutturazione del settore industriale, la privatizzazione dell’agricoltura e il passaggio a un’economia di mercato, suscitando violente proteste per i pesanti costi sociali. Per altro verso, la situazione politica era connotata dall’emergere di sempre più forti spinte nazionaliste e xenofobe che attraversavano tutti gli schieramenti politici. Le opposizioni vinsero per la prima volta le elezioni presidenziali nel 1996 con E. Constantinescu, ma già nelle seguenti consultazioni del 2000 Iliescu tornava alla presidenza. Divenuta Stato associato della CEE nel 1993, la R. sottoscrisse un accordo di cooperazione con la NATO nel 1994 e appoggiò l’intervento aereo contro la Iugoslavia nel 1999. Nel 2004 il Paese entrò a far parte della NATO, nello stesso anno le elezioni presidenziali furono vinte da T. Băsescu, del Partito liberaldemocratico di centrodestra, che annunciò un programma di avvicinamento all’Europa unita e di lotta alla corruzione. Contemporaneamente si svolsero le elezioni legislative, da cui scaturì un governo di coalizione presieduto da C. Tariceanu. Dopo la firma del trattato di adesione (2005), nel 2007 la R., insieme alla Bulgaria, entrò nella UE. Nel 2008, dopo l’esito incerto delle elezioni politiche, si costituì un altro governo di coalizione, a guida di E. Boc. Nel 2009 Băsescu è stato rieletto per un secondo mandato.

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