Romanico

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Periodo dell’arte medievale compreso tra l’11° e il 12° sec., che coincise con i cambiamenti economici, politici e culturali dell’Europa occidentale.

Cenni storici

L’arte r. è considerata come un insieme unitario, malgrado le profonde diversificazioni tra le varie regioni e tra le diverse arti; essa si sviluppa in un tempo diffuso e in una pluralità di centri, con scambi e influssi reciproci. La sua diffusione è vastissima: gli smalti della Spagna settentrionale e della Francia meridionale (detti di Limoges) arrivano dovunque, come anche gli avori siciliani; maestri costruttori, specialmente lombardi, lavorano in tutta l’Europa; gli ordini monastici diffondono i loro schemi liturgici e architettonici; con la prima crociata, l’arte francese si stabilisce persino in Asia. All’aspetto sacrale dell’arte del primo Medioevo, subentra un nuovo interesse per la narrazione, nelle miniature, negli affreschi, nelle vetrate istoriate, nei capitelli dei chiostri e delle chiese. La scolastica porta a un’elaborazione intensa gli schemi dell’allegoria, nell’illustrazione dei manoscritti, nel disegno delle vetrate, nel programma dei portali e delle facciate, in cicli di affreschi e di sculture, nel disegno delle vesti liturgiche. Il patrimonio formale dell’Alto Medioevo si arricchisce di nuovi apporti, attraverso l’arte islamica e i contatti con l’arte bizantina. Nella Francia meridionale, poi nella regione della Mosa e in Italia il confronto con l’antico diviene sempre più stringente. Si fa strada una committenza più vasta, che ha i suoi episodi salienti nelle ‘opere’ delle cattedrali e nella costruzione degli edifici dei comuni. Al culto delle reliquie subentra quello delle tombe dei santi, favorendo la creazioni di monumenti e di capolavori dell’oreficeria; si stabilisce un nuovo rapporto individuale fra il devoto e l’immagine di culto, che ne determina lo sviluppo nella pittura su tavola, nella statuaria, nell’oreficeria ecc. Importanti le innovazioni tecniche, dallo studio delle volte, fondamento dell’architettura romanica, allo smalto e alla filigrana, al vetro, al bronzo, riscoprendo procedimenti dell’antichità.

L’architettura

L’impiego dei pilastri composti, dei contrafforti, delle volte a costoloni e a crociera caratterizza l’architettura r. che riprende questi elementi, alcuni già presenti in antico e nell’Oriente cristiano, altri nell’Alto Medioevo (Aquisgrana, Cappella Palatina; Roma, cappella presso la chiesa dei SS. Quattro Coronati; S. Michele di Liño, S. Maria di Naranco, S. Salvatore di Valdedios nelle Asturie), in un insieme strutturale nuovo. Il valore assunto dalla muratura, la grandiosità delle dimensioni divengono tratti caratteristici dell’architettura romanica. I maggiori centri di attività furono in Italia, in Francia e in Germania. La ricostruzione, per la terza volta, della chiesa abbaziale di Cluny (1089-1135, 5 navate, doppio transetto, coro con deambulatorio, volte a botte a sezione archiacuta) stabilisce un modello di grandissima suggestione. In relazione con Cluny sono la ricostruzione, sotto Desiderio, della chiesa di Montecassino, e la cattedrale di Autun (1120-50 circa); in contrasto con Cluny, Fontenay (1139-47) appartiene all’elaborazione architettonica dei cistercensi. Nel Poitou, San Savino sul Gartempe ha navate, voltate, della stessa altezza; tra le chiese a cupola, spiccano la cattedrale di Angoulême e Saint-Front nel Périgueux. In Normandia si elabora il sistema della suddivisione delle campate; tra le più antiche costruzioni normanne, St. Albans, in Inghilterra (dopo il 1077), e la cattedrale di Durham (1093-1133). Seguono le cattedrali di Peterborough e di Ely. Non è ancora del tutto definito il ruolo dell’architettura normanna nell’elaborazione delle volte a crociera (Durham); il sistema completo di legami fra volte e pilastri delle campate è esemplato a Jumièges. Il nuovo senso r. di massa e di unità della costruzione si afferma nel duomo di Spira sotto Enrico IV (1080-1106): l’abside è coronata, all’esterno, da una loggia, come nella cattedrale di Modena e in una fase più arcaica in S. Ambrogio di Milano; le mura sono percorse da archeggiature cieche; all’interno è un sistema di volte a crociera, su pilastri, che lega le campate due a due. Gli stessi elementi, in gran parte di origine lombarda, appaiono nel ricostruito duomo di Magonza (1100-37). Nelle chiese abbaziali e nelle cattedrali tedesche, le estremità occidentale e orientale dell’edificio ecclesiastico acquistano una monumentalità preminente (Maria Laach, cattedrale di Worms, duomo di Bamberga), spesso per suggestione del cerimoniale imperiale; in Alsazia (Marmoutier, ted. Maursmünster), in Belgio (Nivelles) e nei Paesi Bassi (Maastricht) la facciata assume uno sviluppo di rilievo; a Colonia uniscono una pianta centrale a una basilicale S. Maria in Kapitol e SS. Apostoli. Sono sensibili i rapporti tra questa architettura e quella di Como (S. Fedele), che sottintendono un’ispirazione alla tarda antichità. Un forte purismo monastico domina altre fabbriche tedesche (Quedlimburg, San Gottardo a Hildesheim, S. Giacomo a Ratisbona, duomo di Gurk). In Italia e in Germania si segue l’elaborazione del significativo elemento della cripta.

Caratteri eminentemente italiani sono la separazione del campanile dal corpo della chiesa (Pomposa ecc.), la nuova importanza attribuita alla facciata (S. Michele a Pavia, cattedrale di Assisi ecc.), lo studio degli impianti basilicali, l’uso esteso di archeggiature pensili e di logge, l’integrazione della decorazione scultorea (Modena, Pavia). Emerge, nel panorama italiano, la corrente lombarda (Milano, Pavia). S. Michele di Pavia rispecchia un ulteriore stadio dell’architettura lombarda, rappresentata nel 12° sec. con varianti locali (cattedrali di Modena, di Parma, di Piacenza, di Cremona, S. Zeno di Verona, S. Maria Maggiore di Bergamo). Il sistema di partizione del muro in accordo con la copertura a volte, elaborato in Italia settentrionale, è affine a quello normanno; s’impone anche a nord delle Alpi, da Basilea (collegiata) a Spira, in Svizzera (Zurigo, collegiata e Gross­münster), in Austria e in Ungheria. Decisivo il rapporto con l’architettura pugliese (Bari, Trani). Nel resto d’Italia, a un’adesione a moduli formali r. corrispose essenzialmente un rinnovamento di schemi tradizionali. A Venezia, S. Marco (iniziata nel 1071) rielabora modelli bizantini (SS. Apostoli di Costantinopoli); elementi bizantini classici e r. si riuniscono nel duomo di Torcello (1008 circa), in S. Donato di Murano (1141 circa). Tra i maggiori monumenti pisano-lucchesi (con interventi lombardi) sono il duomo di Pisa (iniziato nel 1063), S. Frediano e S. Michele di Lucca, cui si accompagnano diverse costruzioni della Sardegna. Le suggestioni dell’arte classica conducono a elaborazioni spaziali e formali armoniche e originali; così nell’architettura fiorentina (S. Miniato al Monte), e con forza emulativa, a Roma (S. Maria in Trastevere, 12° sec.), ma con interpretazioni locali (policromia, nuo­ve proporzioni): «casa di Cola di Rienzo» (11° sec.); atrio della cattedrale di Civita Castellana (1209); chiostri del Laterano (prima del 1240) e di S. Paolo (1205-41). Nell’Italia meridionale primeggiano l’architettura della Campania (Sant’Angelo in Formis e duomo di Salerno; in una fase ulteriore, duomo di Sessa Aurunca) e quella delle Puglie, che elaborò elementi dell’architettura pisana, della bizantina e soprattutto della lombarda (S. Nicola di Bari, cattedrali di Troia, di Trani, duomo di Bitonto). Nella Sicilia la fusione di elementi bizantini, musulmani e settentrionali crea organismi singolari (duomo di Monreale, Cappella Palatina a Palermo, duomo di Cefalù). Una conoscenza dei sistemi costruttivi a cupola orientali rivelano S. Cataldo e S. Giovanni degli Eremiti a Palermo, nonché le cattedrali pugliesi di Molfetta, Valenzano, Canosa. Nell’architettura civile, l’Italia offre una grande varietà di forme, dalle costruzioni normanne di Palermo (Zisa, Cuba), che ripetono modelli musulmani, alle case a loggiati dell’Italia centrale (Pisa), ai palazzi comunali dell’Italia settentrionale, all’originalità, se pur ispirata all’arte bizantina, dell’architettura veneziana.

In Inghilterra l’architettura rientra nell’orbita normanna (abbazia di Westminster, forse con forme normanne già prima del 1066), ma stabilisce presto proprie originali tradizioni, già allusive alle soluzioni gotiche (cattedrale di Norwich). Tra le più notevoli costruzioni inglesi sono la cattedrale di Southwell, la chiesa abbaziale di Tewkesbury, la cattedrale di Durham. La Spagna non araba ebbe un’architettura affine a quella della Francia meridionale, non senza rapporti (Catalogna) con la Lombardia (maestri lombardi lavoravano alla cattedrale di Urgell). La chiesa di Santiago di Compostela (iniziata 1078), S. Isidoro di León, S. Vincenzo di Ávila riprendono esempi francesi, come anche, in Portogallo, la cattedrale di Coimbra. Dai centri maggiori l’architettura r. si diffuse ovunque, dai Paesi Bassi (già ricordati), all’Ungheria (Pécs, Palazzo episcopale di Esztergom), alla Scandinavia (Lund).

La scultura

La scultura r. fonda un nuovo linguaggio. Al sud, in Campania, nel Lazio, in Provenza usa con nuovo interesse espressivo i frammenti della plastica antica, inserendoli nei nuovi edifici; più a nord, profonda è l’influenza ottoniana. Notevoli esempi sono costituiti dai capitelli, figurati, di straordinaria varietà e nuovo dinamismo spaziale; le trattazioni scultoree di temi sacri sono caratterizzate dalla forza del racconto concentrato, fra narrazione ed emblema. Nel 12° sec., a Verona, a Modena, anche i cicli cavallereschi entrano nel repertorio della scultura. Malgrado l’amplissimo raggio di espansione, i frequenti contatti e le migrazioni di singoli maestri e di gruppi di maestranze, la scultura r. ha chiari connotati regionali. Le elaborazioni più originali si hanno in Italia, Francia, Germania e Spagna. In Francia, una posizione particolare spetta alla Linguadoca con il vicino Rossiglione. È a S. Sernino di Tolosa (poco prima del 1118) e a S. Pietro di Moissac (1120 e 1130) che si stabilisce il programma scultoreo delle facciate delle chiese della Francia meridionale, di estrema stilizzazione espressiva. Collegata alla temperie stilistica della Linguadoca è la scultura fiorita sulla via del pellegrinaggio a Santiago (Iaca, León, la stessa Santiago), in uno svolgimento complesso (rapporti stretti esistono anche con l’Italia settentrionale e la Toscana). Al polo opposto Cluny, con le sculture del chiostro (databili al 1095 circa), rivela un intento di controllo della forma che sbocca nell’autonoma classicità e nella perfezione delle sculture borgognone di Autun (1125-30), di Vézelay (1130), di Charlieu (1140). In Provenza è invece la scultura romana (Saint-Gilles-du-Gard, 1160, S. Torpé, o Saint-Trophine, ad Arles, 1170) che esercita un’influenza profonda.

In Italia, la Puglia dal 1040 circa ha una scuola di alta originalità, basata su modelli bizantini e islamici, vitale per tutto il 12° secolo. Una scuola con caratteri inconfondibili, diversificati in varie correnti, è attiva in Lombardia; gli stessi maestri sono attivi anche fuori delle Alpi ed esercitano una notevole influenza su altre scuole: a Salisburgo, in Baviera, a Vienna, in Inghilterra, fin alla Scandinavia, alla Polonia, all’Ungheria e alla Dalmazia. Personalità di grande rilievo è Wiligelmo (autore delle sculture sulla facciata del duomo di Modena, primi anni del 12° sec.). È suo allievo Niccolò, attivo a Verona, a Cremona, a Ferrara. Questi maestri realizzano un sistema di scultura in rapporto all’architettura nettamente distinto dalle tendenze contemporanee francesi, diffuso anche fuori d’Italia (nella regione della Mosa, a Basilea, a Peterhausen, in Inghilterra). In seguito, con B. Antelami la scultura lombarda, analogamente a svolgimenti provenzali, osserva gli esempi della plastica antica, ricercando un espressivo realismo, in contrasto con le ricerche del tardoromanico e dell’incipiente gotico d’Oltralpe. In Campania si osserva un vivace classicismo (pulpiti del duomo di Salerno, 1118 circa); in Toscana, maestri lombardi si alternano ai severi scultori locali, finché Nicola Pisano darà un indirizzo proprio a tutta la scultura italiana. La scultura nelle terre dell’Impero è a lungo dominata dai grandi risultati delle scuole ottoniane. In Germania, tra la fine dell’11° e l’inizio del 12° sec., il monaco Teofilo scrive il Liber diversarum artium, primo grande compendio delle risorse tecniche dell’Occidente. Lo sviluppo delle tecniche e delle arti applicate raggiunge vastità di applicazione e ricchezza di elaborazione in tutta l’Europa occidentale; lo stucco, l’oreficeria, l’avorio, la sfragistica, lo smalto continuano a essere campo di ricerche d’avanguardia. Eccezionale importanza ha, in questo senso, la scuola della Mosa (➔).

4. La pittura

La pittura r. ci è nota attraverso testimonianze in contesti diversissimi: mosaici, affreschi, vetrate, miniature, smalti, ricami. Non tutte sono tecniche nuove, ma in taluni casi, per es. per i mosaici, la loro ripresa, a Roma, a Venezia, a Salerno (e Montecassino) e in Sicilia ha un indubbio significato di rinascita dell’antico o di confronto con l’arte imperiale di Bisanzio; per le vetrate, nuovo è il modo in cui esse si prestano all’esposizione di un discorso logico, di carattere teologico, storico o morale, e inedito è il loro rapporto con la nuova architettura; anche per gli affreschi, la cui tematica è la più ampia mai sperimentata, il rapporto con le membrature architettoniche è un fatto nuovo. Di grandi conseguenze è il rapido affermarsi della pittura su tavola (sulle cui origini pesa la tradizione bizantina e il culto locale di antiche icone) che elabora forme totalmente nuove e di profondo significato, come la croce dipinta italiana. La pittura r. affronta la rappresentazione delle speculazioni astratte della filosofia e della teologia (la studiatissima contrapposizione delle adumbrationes del Vecchio Testamento e le illuminationes del Nuovo) e delle allegorie, la pittura monumentale (vetrate, Saint-Denis), l’illustrazione di opere enciclopediche (Liber floridus di Lamberto di Saint-Omer, Biblioteca universitaria di Gand) o mistico-simboliche (Visioni di s. Ildegarda di Bingen, Biblioteca comunale di Lucca; Hortus deliciarum di Herrad di Landsberg, noto da copia del 19° sec.). Nello stesso tempo, il nuovo spirito romanzo si esprime nell’illustrazione, sia in miniatura sia in affreschi (S. Clemente a Roma, ciclo perduto della basilica di Montecassino), delle vite dei santi, di cui un’eco è nella rievocazione della Chanson de Saint Alexis nel salterio di St. Alban’s a Hildesheim. I nuovi ordini religiosi, e con essi la ripresa dello studio della teologia, portano a nuove edizioni della Bibbia, con riferimento ai modelli carolingi e ottoniani nelle scritture e nell’elaborazione delle iniziali (Bibbie ‘atlantiche’ italiane, Bibbie della regione di Salisburgo ecc.). Una decisa avversione alla decorazione si matura invece nell’ordine cistercense, dove si introduce la più grande austerità.

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