Romanzo familiare

Dizionario di Medicina (2010)

romanzo familiare


In psicoanalisi, complesso di fantasie consce e inconsce che talvolta si sviluppano in età pre adolescenziale, fino a alla costruzione di articolate storie sui propri natali, immaginando di non essere figli dei genitori naturali ma, per es., di personaggi nobili e potenti. Il concetto di r. f., introdotto da Sigmund Freud nel 1908, ha incontrato larga fortuna in ambito culturale, seppure in virtù di un malinteso. Spesso infatti viene utilizzato come equivalente di saga, racconto delle vicissitudini di una stirpe, narrazioni di origini e parentele, storie romanzate attraverso le generazioni, avventurose biografie. In origine, invece, il cosiddetto r. f. dei nevrotici indicava un complesso di fantasie consce e inconsce che alcuni pazienti sviluppavano in età preadolescenziale, fino a costruire articolate storie sui propri natali. In partic., i giovani immaginano di non essere figli dei genitori che li hanno allevati, ma di personaggi nobili e potenti, ai quali erano stati sottratti con il rapimento o l’inganno. Le fantasie si sviluppavano poi verso la riconquista dell’identità perduta, grazie ad affascinanti traversie nelle quali il protagonista dava prova di valore e coraggio. Tramite un’agnizione finale, l’eroe veniva ricompensato con onore, ricchezza, potere e – soprattutto – con l’amore. La variante femminile, secondo il costume dell’epoca, sviluppava il r. f. secondo linee di maggiore passività, affidando narcisisticamente all’incontro amoroso con un uomo la realizzazione del lieto fine. Il r. f. si poteva mettere in scena con infinite variazioni: dalle fantasie segrete dei nevrotici fino ai più clamorosi deliri dei paranoici; ma il nucleo essenziale era comunque il rinnegamento dei genitori reali (del padre, della madre o di entrambi, con il relativo scompaginamento dei legami di sangue tra fratelli e sorelle), per sostituirli con altri più adeguati ad appagare desideri onnipotenti e megalomani.

Il romanzo familiare normale e patologico

L’aspetto più significativo dell’intuizione freudiana fu però il riconoscere che tali fantasie non erano patrimonio specifico della patologia, bensì appartenevano allo sviluppo psicologico dei cosiddetti normali. Nel processo di crescita, nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza e poi dall’adolescenza all’età adulta, è infatti necessario distaccarsi psicologicamente dai genitori, al fine di raggiungere una propria identità separata e autonoma. Uno dei motori di tale evoluzione sono le inevitabili delusioni che padri e madri infliggono ai figli. Talora, quindi, si trova una soluzione – sia pure momentanea e fittizia – al disincanto del crollo delle immagini genitoriali idealizzate: si immagina quindi di essere trovatelli, figli illegittimi, sottratti alla famiglia ‘vera’, illustre e remota. In questa chiave fantastica ci si vendica dei genitori deludenti, li si può svalutare e attaccare senza colpa e, al tempo stesso, si riesce a salvaguardare la propria megalomania, attribuendosi un superiore lignaggio. A livello inconscio, l’uccisione simbolica dei genitori conserva così per spostamento l’idealizzazione, consente l’esercizio dell’odio e abbassa la temperatura delle angosce per le pulsioni incestuose.Il r. f. è dunque un fattore positivo della crescita, poiché stimola la creatività fantastica, sfida l’autorità dei genitori, aiuta l’emancipazione e il distacco, favorisce la costruzione dell’identità di genere maschile e femminile, orienta i desideri amorosi verso figure nuove, fuori dalla trappola del complesso edipico.

Il romanzo familiare nel mito e nella letteratura

Le tematiche del r. f. sono un ingrediente ubiquitario e assai comune anche del mito, delle leggende, delle favole popolari, della letteratura di tutti i tempi. Le trame di base, secondo la psicoanalisi, sono più scoperte e trasparenti nei prodotti di modesta qualità letteraria, mentre nelle opere di alta qualità risultano invece più elaborate e mascherate. Il successo che riscuotono deriva dal piacere che il lettore ricava per delega, a livello inconscio, dalla narrazione delle fantasie. La struttura del r. f. – sia nella rappresentazione artistica sia nella quotidianità – deve essere storicizzata, perché è materia viva in continua evoluzione, strettamente vincolata alle vicissitudini dei rapporti famigliari nella vita reale. Nella nostra epoca, segnata dal vertiginoso cambiamento dei rapporti nelle coppie e nelle famiglie, non si cercano gli stereotipi e le trame del r. f. messi in luce a suo tempo da Freud, da Otto Rank e da Melanie Klein. La tendenza attuale sembra essere non tanto a fantasticare, quanto ad agire (➔ acting-out) il r. f.: per es., con le dolorose e fallimentari ricerche dei veri genitori che così spesso intraprendono, anche in età adulta, i figli adottivi o di unioni atipiche. Così, anziché cercare vie creative e simboliche nella dimensione della mente e della letteratura, le tematiche inconsce si mettono in scena nella concretezza del reale, senza conseguire il lieto fine né riuscire a promuovere la crescita.